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2008/01/15

Anticopia: anche Sony BMG abbandona

E poi non ne rimase nessuno: anche Sony BMG rinuncia ai lucchetti digitali


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "naxtia" e "maxime24". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Findlaw.com segnala che la Sony BMG venderà via Internet canzoni prive di DRM, ossia di lucchetti anticopia, a partire da oggi (15 gennaio). Si tratta dell'ultima delle grandi case discografiche a rinunciare al DRM e abbracciare formati che consentono all'acquirente di suonare su qualsiasi lettore la musica che compera. Per ora si tratta di un numero limitato di brani, ma è il principio che conta.

Giusto per dare un'idea dell'importanza di questa svolta, va ricordato che poco più di due anni fa (novembre 2005) la Sony BMG non esitava a infettare i computer degli acquirenti legittimi dei suoi dischi, iniettandovi un rootkit (come raccontai all'epoca), pur di imporre i propri sistemi anticopia.

Il servizio di Sony BMG non è però ancora del tutto libero da lacci e lacciuoli che assillano l'utente che vuole mettersi in regola: Platinum MusicPass, questo il suo nome, partirà soltanto negli Stati Uniti e in Canada. In più sarà prima necessario comperare (in un negozio fisico) una tessera di abilitazione. Andare in un negozio per poter comperare musica via Internet? Geniale. Quelli di Sony hanno capito tutto.

La Warner ha già deciso di vendere la propria musica senza lucchetti tramite Amazon, e Universal ed EMI offrono già brani senza lucchetti. Le etichette minori lo fanno da un pezzo. Per cui ormai non c'è più nessuno d'importante che crede al DRM per la musica.

Predicatori e mastini


In uno di quei paradossi che ogni tanto sconquassano il mondo dell'informatica, si può dire che le case discografiche hanno finalmente capito che il DRM è una politica commerciale suicida, ma non perché hanno dato ascolto ai tanti esperti che glielo dicevano. L'hanno capito perché i loro lucchetti sono stati surclassati da un lucchetto ancora più soffocante: l'iPod, appunto.

L'iPod suona soltanto due tipi di formati: quello lucchettato di Apple e quello senza lucchetti (MP3, AIFF, WAV e altri). Se la musica digitale ha un lucchetto diverso da quello di Apple, non funziona sull'iPod. E l'iPod è il peso massimo nel mercato dei lettori: dal debutto nel 2001 a oggi, ne sono stati venduti oltre 110 milioni di esemplari. Se la musica non suona sull'iPod, chi la vende è spacciato.

Le case discografiche, soprattutto quelle con legami con i produttori di lettori (Sony in testa), hanno pensato inizialmente di poter emulare il successo di Apple e il suo modello commerciale, che "fidelizza" a forza il cliente: una volta che comincia a comperare musica lucchettata da Apple, non avrà altro lettore al di fuori di iPod. Così hanno introdotto sistemi anticopia alternativi a quelli di Apple e supportati soltanto dai loro lettori digitali.

Ma è andata clamorosamente buca, e ora alle case discografiche non restano che due scelte: adottare il lucchetto di Apple, e quindi sottostare ai prezzi imposti dal suo boss Steve Jobs e incentivare ulteriormente le vendite di iPod a discapito di quelle dei lettori di altre marche, oppure (orrore!) togliere del tutto i lucchetti per consentire alla loro musica di essere suonata su lettori di qualsiasi marca, aggirando quindi il quasi-monopolio di Apple.

Con l'attuale capitolazione di Sony BMG, a questo punto tutte le case discografiche hanno scelto la seconda opzione, e il consumatore è finalmente libero di comperare musica che non lo tormenta con protezioni inutili e che può suonare dove gli pare.

Si potrebbe dire, quindi, che in un certo senso la strategia di Steve Jobs ha avuto successo dove le esortazioni e le prediche degli informatici sono rimaste inascoltate: Jobs ha creato un mercato digitale rassicurante per i discografici, timorosi di vendere musica su Internet, offrendo loro la promessa di un sistema anticopia infallibile per sconfiggere la pirateria, ma li ha attirati in realtà in una trappola commerciale, usando la loro musica (e le loro paure) per vendere badilate di iPod. I discografici hanno capito troppo tardi che la mela così desiderabile era avvelenata e non hanno avuto altra scelta che abbandonare il DRM.

Sia ben chiaro: non penso nemmeno per un secondo che Steve Jobs abbia pianificato tutto quest'evoluzione dall'inizio, e di certo non l'ha fatto per il bene dell'umanità o perché trova immorale mettere i lucchetti alla cultura (il DRM sull'iPod lo propose lui). Ma sta di fatto che è anche grazie a lui che finalmente i discografici hanno visto la luce. O per dirla meno agiograficamente, per tenere in riga i mastini valgono poco i discorsi: ci vuole un mastino più grosso.

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