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2012/05/19

Disinformatico radio, podcast del 2012/05/19

È disponibile temporaneamente sul sito della Rete Tre della RSI il podcast della scorsa puntata del Disinformatico radiofonico. Ecco i temi e i rispettivi articoli di supporto:


Facebook sta uccidendo gli SMS?


Per molti operatori di telefonia cellulare gli SMS sono la gallina dalle uova d'oro: hanno costi di gestione incredibilmente bassi ma vengono venduti a prezzi esorbitanti in proporzione a questi costi. Ma questa gallina sta cominciando a essere meno produttiva. Di chi è la colpa? Abbiamo smesso di mandarci TVB, LOL e altre abbreviazioni in 160 caratteri? No: è colpa di Facebook.

O almeno così teorizza ZDNet di fronte al calo nell'utilizzo di questo servizio nell'ultimo anno in molti paesi: secondo Forbes, il giorno di Natale, tradizionale appuntamento per l'invio di massa di SMS, ha visto nel 2011 un'erosione drastica quasi ovunque (da quasi 11 milioni a 8,5 in Finlandia, 14% in meno a Hong Kong, per esempio). In Spagna il calo è stato del 13,8%; in Olanda del 10%, secondo Unwired.

Gli utenti preferiscono usare altri sistemi meno costosi e più facili per mandare messaggi tramite il telefonino: ora che molti hanno un abbonamento che include la trasmissione di dati, scelgono di usare applicazioni di messaggistica come BlackBerry Messenger, iMessage di Apple o WhatsApp. Però il vero gigante in questo senso è Facebook, il cui Messenger (disponibile per Android, iPhone e BlackBerry, oltre che per Windows e prossimamente per Mac e iPad) sta avendo un effetto massiccio sugli introiti da SMS degli operatori cellulari, che vedono un numero crescente di cliente spostare il proprio traffico di SMS a Facebook.

La differenza di Facebook rispetto agli altri servizi analoghi è che Facebook è un servizio che hanno già quasi tutti gli utenti e quindi il suo sistema di messaggistica permette di comunicare senza dover installare nulla di nuovo sul telefonino o computer.

Di fronte a questo calo dei consumi, sarà interessante vedere se gli operatori sceglieranno di adeguare i prezzi degli SMS, per esempio abbassandoli a quelli statunitensi: un centesimo a messaggio.


Telecamere di sorveglianza via Internet troppo facili da violare


Qualche mese fa ho raccontato il problema delle telecamere di sorveglianza della Trendnet, la cui password si scavalca con pochi caratteri, rendendole accessibili a chiunque via Internet. Una telecamera installata per tenere d'occhio la propria casa di vacanza, l'ufficio o la culla diventa così uno strumento che permette agli sconosciuti di spiare la vita altrui.

Ma il problema non è circoscritto a questa marca. Secondo quanto riportato da Gizmodo, che cita una ricerca di Gotham Digital Science, tre delle più diffuse marche di telecamere di sorveglianza (MicroDigital, HIVISION, CTRing) vengono vendute con l'accesso remoto via Internet attivato e con una gestione delle password facilmente scavalcabile. Questo permette ai ficcanaso e ai malintenzionati di guardare immagini in diretta o registrate e orientare o zoomare a piacimento l'immagine attraverso Internet. I ricercatori hanno trovato in Rete oltre mille telecamere accessibili in questo modo.

Fra i casi più significativi, hanno segnalato quelle installate negli uffici, che hanno permesso di sorvegliare le ronde delle guardie di sicurezza, quelle piazzate in ascensori, che hanno rivelato "immagini eccezionalmente interessanti ed esplicite", e almeno una telecamera di un college che era in grado di zoomare per sbirciare nelle camere degli studenti attraverso le finestre.

Normalmente l'accesso via Internet è un servizio utile per chi installa e gestisce queste telecamere, perché permette al personale di sicurezza di sorvegliarle e comandarle attraverso una semplice connessione Internet e un computer portatile o un telefono cellulare, ma se non vengono impostate correttamente possono essere un boomerang. E capita molto spesso, perché le password predefinite di questi apparati sono banalissime: "1234" oppure "1111", con nome utente "admin" o "user". Inoltre le telecamere non bloccano la connessione dopo un certo numero di tentativi, per cui un aggressore può trovare la password per forza bruta, a furia di tentativi automatizzati.

Se usate questo tipo di telecamera, dunque, leggete il suo manuale, cambiate la password predefinita e controllate la sua accessibilità via Internet. Altrimenti da sorveglianti potreste diventare sorvegliati.


Wikipedia ha le pubblicità? No, le ha aggiunte un malware


Benché sia un sito popolarissimo, con conseguenti costi di gestione, Wikipedia non ha mai ospitato pubblicità, preferendo chiedere donazioni ai suoi utenti. Ma da qualche tempo a questa parte molti utenti hanno iniziato a vedere degli striscioni pubblicitari nelle sue pagine.

Non è un'iniziativa sperimentale di Wikipedia: è colpa di un malware, un codice di attacco informatico che usa una strategia piuttosto originale per monetizzare l'infezione. Wikipedia ha infatti pubblicato un avviso che segnala l'esistenza di un'estensione per Google Chrome, chiamata "I Want This", che invece di potenziare il browser, come fanno normalmente le estensioni, inietta nelle pagine di Wikipedia delle pubblicità.

I guadagni della visualizzazione di queste pubblicità vanno ai criminali che hanno realizzato l'estensione e hanno convinto gli utenti a installarla con l'inganno. Ci sono estensioni analoghe per Firefox, Internet Explorer e altri browser molto diffusi, stando a Wikipedia. Per rimuovere l'infezione occorre andare nelle impostazioni del browser e disinstallare l'estensione.

C'è un altro caso in cui appaiono pubblicità in Wikipedia senza che all'enciclopedia gratuita vada un soldo: quando la si consulta attraverso un Internet café o una connessione gratuita Wifi, per esempio in albergo. In questo caso la pubblicità viene iniettata dal fornitore di accesso a Internet e non è causata da un'infezione del computer, per cui non c'è da preoccuparsi.

Resta però l'inganno, perché questo genere di iniezione fa sembrare che Wikipedia sia diventata commerciale e guadagni dalle pubblicità quando non è così, e più in generale questo comportamento danneggia i siti che si mantengono con le pubblicità: è come se un albergatore sostituisse, nel giornale che trovate in hotel, le pubblicità del quotidiano con altre sulle quali guadagna lui.


Perché usiamo icone obsolete?


Guardate le icone usate dai vostri programmi. Perché il salvataggio di un file è rappresentato con un dischetto da 3,5"? Non li usa più nessuno. E il simbolo dell'"incolla" è una tavoletta con la molla per reggere fogli di carta: quand'è l'ultima volta che ne avete vista o usata una? E perché la si usa per "Incolla" invece che "Copia" o magari per “compila formulario"?

Queste e altre domande sul senso delle icone se l'è poste Scott Hanselman sul suo sito, Hanselman.com, proponendo degli esempi visivi molto efficaci. La sua lista di osservazioni include le icone delle rubriche di indirizzi e dei calendari, che rappresentano agende o calendari rilegati a spirale (ormai in via di estinzione), e l'icona di registrazione di messaggi, spesso costituita da due bobine di nastro: ma i giovani d'oggi hanno mai visto un nastro magnetico, specialmente su bobine? Un'icona del genere, per loro, non ha alcun significato e non è affatto un ausilio visivo.

Anche l'icona del telefono è spesso incredibilmente obsoleta: usa la forma di una cornetta, che ormai non esiste più. E guardate l'icona del microfono, per esempio per il riconoscimento vocale sui telefonini Android: è un microfono d'anteguerra, con la staffa a U e la griglia ovoidale. Vista con gli occhi di oggi sembra più un bicchiere nel quale è ficcata un'enorme pillola medicinale. E infine le icone per i programmi TV o per i video, che sono spesso a forma di televisore: non solo hanno ancora i bordi stondati, come i vecchi televisori a tubo catodico, ma hanno le antennine, i "baffi".

L'obsolescenza delle icone è un problema serio per chi si occupa di design ma soprattutto per gli utenti, che invece di essere aiutati vengono confusi. E non è una questione limitata all'informatica: mi volete dire perché l'icona del passaggio a livello senza barriere è, in molti paesi, una locomotiva a vapore, con tanto di sbuffo di vapore sopra?


Scollegarsi bene da Facebook è importante, specialmente prima di rapinare il locale


Una delle tante maniere per rubare la password a un utente di un servizio online come Facebook o Gmail è approfittare del fatto che molti utenti, quando entrano nel proprio account usando un computer altrui, per esempio quello di un amico o collega, di un albergo o di un locale pubblico, non lo fanno correttamente: entrano lasciando attiva la casella "Ricordami su questo computer", per cui i loro codici d'accesso restano memorizzati nel computer, oppure dimenticano completamente di uscire e lasciano la sessione attiva, pronta per essere usata dal prossimo burlone o malintenzionato che usa lo stesso computer.

Un promemoria un po' bizzarro dell'importanza di scollegarsi bene dagli account quando si usa il computer o altro dispositivo digitale di qualcun altro arriva dal sito colombiano El Tiempo, che racconta quello che è successo a Calima, a nord di Calì. Due rapinatori hanno aggredito l'esercente di un locale per prendere possesso del contenuto del registratore di cassa e poi sono fuggiti.

Gli autori della rapina sarebbero rimasti ignoti, ma durante il sopralluogo iniziale della polizia è emerso che uno dei rapinatori aveva usato un computer del locale per aggiornare il proprio profilo Facebook e lo aveva lasciato aperto. È stato quindi molto facile raggiungerlo presso la sua abitazione e arrestarlo.

Anche se non siete rapinatori, ricordate di non lasciare mai aperto il vostro account Facebook su un computer altrui e di non lasciare incustodito il vostro computer quando ha l'account aperto.

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