2013/03/15

Nomi infelici di prodotti informatici (ma non solo)

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 15/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

È una delle regole fondamentali del commercio: quando si sceglie il nome di un prodotto bisogna sempre pensare se rischia di essere letto in modo ambiguo o se ha un significato imbarazzante in un'altra lingua molto diffusa, specialmente se la lingua in questione è quella di un paese nel quale verrà messo in vendita.

La storia del marketing è ricca di passi falsi. Alcuni hanno avuto poche conseguenze, come Wii per Nintendo (“wee” in inglese significa “pipì”), altri hanno giocato intenzionalmente con i doppi sensi, come la marca di palle da biliardo Elephant Balls. In Nuova Zelanda esisteva una bibita denominata SARS (come il virus della famigerata pandemia). Ma la maggior parte dei migliori (o peggiori) nomi inadatti di prodotti è figlia della disattenzione. Per esempio, intorno al 2006 Ikea mise in vendita un tavolino per bambini chiamato "Fartfull" (“pieno di flatulenza”). Notevole anche lo scivolone del sito d'arte Speed of Art, che scelse www.speedofart.com senza considerare che significava "peto dentro un costume da bagno" (Speedo fart). E come dimenticare la FART, Ferrovie Autolinee Regionali Ticinesi, il cui acronimo FART suscita l'ilarità di tanti turisti anglofoni increduli.

Ma è in campo informatico che si registrano le perle più bizzarre. Experts Exchange, un sito per la consultazione di esperti in informatica e tecnologia, scelse il nome Expertsexchange.com, che molti interpretarono come “expert sex change”, ossia “cambiamento di sesso da esperti”. Oggi il sito ha aggiunto un trattino per evitare richieste non pertinenti. Nel 2002 il sito della Powergen Italia di Arezzo aveva il nome Powergenitalia.com (come documentato da Archive.org qui) senza considerare che gli inglesi l'avrebbero interpretato come “power genitalia”, ossia “genitali potenti”. Oggi il nome è stato acquisito da un'attività più pertinente, per cui non è opportuno visitarlo dal luogo di lavoro.

Infelice fu anche la scelta della tedesca Trekstor, che mise in vendita un lettore MP3 denominato i.Beat e ne fece una versione nera chiamata “i.Beat blaxx": un nome che fu subito interpretato come “io picchio i neri”.

L'apoteosi del doppio senso involontario, però, arriva dal Windows Store di Microsoft, dove fino a pochi giorni fa c'era un'applicazione della canadese SurfaceSoft che era una calcolatrice nella quale si scrivevano i numeri tracciandoli con le dita: il software decodificava la scrittura e risolveva il calcolo. Le dita erano insomma pennini d'inchiostro e l'app era una calcolatrice. In inglese, “inchiostro" si dice “ink" e "calcolatrice" si dice "calculator". Indovinate in che modo gli autori dell'app hanno fuso le due parole per dare un nome alla propria creatura.

L'app è stata rimossa e ribattezzata Kanakku (parola tamil che significa “matematica”), ma il link al vecchio nome funziona tuttora.


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