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2015/11/01

Lezione magistrale di un veterano dello spazio: Jim Lovell

L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/11/02 00:35.


Oggi (30 ottobre) l’astronauta Jim Lovell ha incantato circa 500 persone a Pontefract, in Inghilterra, dove era ospite di Space Lectures. Parlando per un’ora ininterrotta, con una chiarezza e una lucidità invidiabili a qualunque età e attingendo soltanto ai suoi appunti su carta, ha raccontato le sue quattro missioni spaziali, i drammi di Apollo 13, l’esperienza di essere uno dei tre primi esseri umani a vedere la faccia nascosta della Luna con i propri occhi (con lo storico volo di Apollo 8), i disagi e i divertimenti di due missioni Gemini altamente sperimentali, e mille altre chicche della vita nello spazio e sulla Terra dopo essere stati nello spazio e aver partecipato a ben due viaggi spaziali assolutamente storici: il primo volo umano intorno alla Luna e il primo grave incidente nello spazio.

Non solo: ha poi risposto alle domande del pubblico, con la moderazione di Brian Cox, e infine ha firmato autografi a tutti i presenti: una resistenza ammirevole. Ho poche foto della giornata, ma ho l'audio completo della conferenza (che non ho il permesso di pubblicare, ma tradurrò) e ho soprattutto il ricordo indelebile dell’incontro con una persona che non solo ha saputo fare cose grandiose ma sa tuttora emozionare e commuovere chi lo ascolta.

Vi racconterò i dettagli man mano che riascolto il suo intervento, ma vi anticipo questa sua riflessione: cosa sarebbe successo se la missione Apollo 13 non fosse fallita? Cosa prova una persona che ha affrontato il viaggio incredibile verso la Luna, il più lungo mai compiuto da esseri umani in tutta la storia, non una volta ma due, eppure non ha potuto mettere piede sulla propria destinazione? La risposta è decisamente notevole e la trascrivo sommariamente (segnalatemi eventuali errori).


“I often wonder what would have happened if Apollo 13 was successful, there was no explosion, we landed on moon, picked up some rocks, said some forgettable words, then got back safely. Eleven, or seven, successful lunar landings. The history of Apollo 13 would have been swept into the dustbin of space history. I wouldn't be here, probably, to talk about it: same thing, third time. For years I was very much disappointed, frustrated that I could not land on the Moon. This was the end of my active space career, perhaps the end of my naval career. That's what I wanted to do. But then, after the years came by, we wrote a book, first of all called “Lost Moon”, then “Apollo 13”, and I thought to myself, You know, if we had landed on the Moon and come back, there would be no “Houston we have a problem” in the English language. No “Failure is not an option”. And I said, it did bring out what people could do when there was a crisis. And so it finally determined on me that the best thing that could have happened in our space program at that particular time was to have an explosion like this that brought up various things, allowed talented people to bring an almost certain catastrophe back to a safe landing.”

Traduzione spiccia (anche qui, segnalatemi errori):
“Mi sono chiesto spesso cosa sarebbe successo se Apollo 13 avesse avuto successo; se non ci fosse stata nessuna esplosione, fossimo atterrati sulla Luna, avessimo raccolto delle rocce, pronunciato frasi dimenticabili, e poi fossimo tornati sani e salvi. Undici, o sette, missioni lunari completate con successo. La storia di Apollo 13 sarebbe stata sepolta nel bidone della spazzatura della storia dello spazio. Probabilmente non sarei qui a parlarne: la stessa cosa fatta per la terza volta. Per anni sono rimasto molto deluso di non aver potuto atterrare sulla Luna. Era la fine della mia carriera spaziale attiva e forse di quella navale. Era quello che avrei voluto fare. Ma con gli anni abbiamo scritto un libro, intitolato inizialmente “Lost Moon” (Luna perduta) e poi “Apollo 13”, e mi sono detto che se fossimo atterrati sulla Luna e fossimo tornati non ci sarebbe la frase "Houston, abbiamo un problema” nella lingua inglese. Non ci sarebbe “Il fallimento non è contemplato”. E mi sono detto che ha tirato fuori quello che la gente sa fare quando c'è una crisi. E quindi mi sono reso conto che la cosa migliore che poteva succedere nel nostro programma spaziale, in quel momento specifico, era avere un’esplosione come questa, che ha fatto emergere tante cose e ha consentito a gente di talento di trasformare una catastrofe quasi garantita in un atterraggio sicuro.”


2015/11/01. Sono rientrato oggi al Maniero Digitale con un carico di ricordi e di incontri eccezionali (compreso anche David Woods, dalle cui mani ho comperato il magnifico libro How Apollo Flew to the Moon, testo tecnico impareggiabile) e alcuni cimeli speciali, che porterò alle mie conferenze sulle missioni spaziali per condividerle con voi: uno è il modello del veicolo Apollo firmato da Lovell.

Se questo genere di incontri vi piace, vi ricordo che il 9 aprile 2016 nello stesso posto ci sarà Gene Cernan, l’ultimo uomo sulla Luna: un’occasione rara per incontrarlo senza svenarvi con un volo intercontinentale (a Pontefract si arriva anche con le compagnie aeree low-cost da molte città d’Europa, come ho fatto anch’io), e se la passione c’è davvero i soldi si trovano. Le prenotazioni sono già aperte presso Space Lectures.

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