2005/12/20

Repubblica.it conferma la propria “tolleranza zero per le fandonie”

Ironia della sorte: bufala su investigatore "smaschera-bufale" in un aticolo antibufala


Grazie ai tanti lettori che mi hanno segnalato un articolo sul sito di Repubblica che mi cita e nel contempo partorisce una bufala su di me, cosa particolarmente ironica se considerate che l'articolo si occupa dell'affidabilità delle notizie pubblicate sul Web e s'intitola "Operazione verità sul web tolleranza zero per le fandonie".

L'articolo, infatti, contiene questa perla:

A cercare di venirne fuori ci ha pensato un giovane signore che si è inventato la professione di scova bufale online. Ha creato un "Servizio Antibufala" per scoprire e consigliare cosa fare, caso per caso, di fronte alle false notizie che si propagano in rete. Si chiama Paolo Attivissimo, dopo un soggiorno negli Stati Uniti vive nel Canton Ticino, gira il mondo come moderatore di convegni, scrive, è esperto informatico e sul suo sito www.attivissimo.net fornisce informazioni e strategie di difesa.

Già dire che sono "giovane" è un po' azzardato (ma apprezzo la buona intenzione), e darmi dell'"esperto informatico" sfiora l'usurpazione di titolo, ma la faccenda del "soggiorno negli Stati Uniti" è una bufala inventata di sana pianta. Non ho mai soggiornato negli USA: ci sono andato in vacanza qualche volta, ma nulla più.

Come è possibile un errore del genere, considerato che dal resto dell'articolo si capisce chiaramente che la giornalista (Laura Kiss) ha consultato le informazioni personali presenti nel mio sito e la mia mini-biografia per documentarsi? Ho un'ipotesi che prego ardentemente sia sbagliata: che abbia letto distrattamente York (la città dove sono nato e dove ho vissuto per circa sei anni prima di trasferirmi con la famiglia in Svizzera) e l'abbia interpretato come New York.

Errori macroscopici come questo dimostrano, per chi si diletta di indagini antibufala, che una singola fonte, per quanto apparentemente autorevole, è raramente sufficiente, e che anche i giornali (alcuni più di altri) prendono delle cantonate e quindi non possono essere considerati fonte assolutamente certa.

Be', io il mio lavoro di "scova bufale" l'ho fatto. Adesso speriamo che Repubblica.it faccia la propria parte. Sarebbe un gesto di coerenza nobile, specialmente se considerate che l'articolo critica l'affidabilità delle fonti informative indipendenti della Rete, come la Wikipedia, e oltretutto tira in ballo l'open source quando non c'entra nulla:

Orrore e delizia di Internet e dell’open source: chiunque può scrivere qualsiasi cosa su chiunque e questa cosa va in rete. Fosse anche la bufala più incredibile.

A quanto pare, invece, questi orrori possono capitare anche a chi non usa il software open source.

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