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2006/12/11

Barenaked Ladies fanno lezione ai discografici


Barenaked Ladies: facciamo soldi distribuendo musica senza sistemi anticopia. Discografici: e noi evochiamo gli zombi

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BoingBoing segnala un bell'esempio di come si può vivere facendo musica senza dover sottostare alla paranoia delle case discografiche, alle loro ossessive pretese di pagamento di diritti su ogni e qualsiasi cosa, e ai loro sistemi anticopia (DRM), che inviperiscono gli utenti e non fermano comunque la pirateria.

La band canadese incoraggia i fan a creare video basati sulle loro canzoni (e li pubblica sul proprio sito) e a scaricare le registrazioni dei concerti; i discografici invece chiedono a siti come Youtube di pagare i diritti di sfruttamento anche sui video dei fan (come la celebre Numa Numa Dance). I Barenaked Ladies vendono, ai propri concerti, l'intero album Barenaked Ladies Are Me su una chiavetta USB da 256 MB, in formato MP3, con l'aggiunta di versioni dal vivo, videoclip, suonerie e molto altro, liberamente copiabili. Prezzo: 25 dollari. E una volta copiati i file al proprio computer e/o lettore musicale, si resta con una chiavetta USB perfettamente riutilizzabile.

Per chi non ha la fortuna di andare ai loro concerti, i BNL vendono sul proprio sito album e tracce singole, in formato MP3 a 196 kbps o FLAC (alta fedeltà), senza alcuna protezione anticopia. Chi preferisce il CD tradizionale può comunque acquistarlo via Internet, sempre senza protezione anticopia.

Funziona? I BNL hanno piazzato singoli e album nelle top ten, hanno album d'oro e di platino, due nomination per i Grammy, e molti altri riconoscimenti.

Il successo dei Barenaked Ladies li ha portati a fondare un'associazione di musicisti canadesi che ha generato l'esodo in massa delle etichette discografiche di quel paese dalla CRIA (Canadian Recording Industry Association), grosso modo l'equivalente della RIAA statunitense o della FIMI italiana. Un vero terremoto: la CRIA ora si trova nella posizione imbarazzante di rappresentare soltanto etichette non canadesi (in pratica, le multinazionali statunitensi del disco), che hanno una politica pro-DRM che è in totale contrasto con i desideri degli artisti nazionali.

I discograficosauri potrebbero imparare qualche lezione da casi come quello dei Barenaked Ladies, ma preferiscono far rivivere i morti affinché firmino le petizioni per prolungare la durata dei diritti d'autore sulle registrazioni esistenti.

Ebbene sì: come segnala Lawrence Lessig, oltre 4000 artisti inglesi hanno partecipato a una petizione, pubblicata sul Financial Times, per protestare contro la probabile decisione del governo inglese, basata sull'analisi degli esperti di settore nota come Rapporto Gowers, di non estendere da 50 a 95 anni la durata dei diritti sulle registrazioni esistenti (diritti ben distinti da quelli di composizione, che spettano all'autore per 70 anni dopo la sua morte).

Il bello è che fra i "firmatari" della petizione risultano anche degli artisti defunti. Per esempio, nota Lessig, Lonnie Donegan è morto a novembre del 2002, e Freddie Garrity è deceduto a maggio del 2006. Come hanno potuto prestare il proprio assenso alla petizione? L'impressione che se ne ricava è che i disonesti, nell'industria della musica, non siano i consumatori.

Il problema è di attualità perché le prime registrazioni di alcuni artisti storici stanno per uscire dal periodo di tutela nel Regno Unito. Per esempio, Love Me Do dei Beatles è stata pubblicata nel 1962, e quindi secondo l'attuale legge britannica quella registrazione (non la canzone, ma la specifica registrazione) sarà liberamente copiabile a partire dal 2012. Gli artisti (o meglio, le case discografiche che possiedono i loro diritti) sono preoccupati di perdere questa fonte di reddito e spingono per ottenere un'estensione del periodo di tutela.

Ma il rapporto commissionato dal governo inglese dice che siccome il vero scopo del diritto d'autore è dare un incentivo agli artisti affinché creino cultura, non ha senso prolungare quest'incentivo retroattivamente. Quando gli artisti hanno registrato le proprie canzoni, erano consapevoli della durata di 50 anni del diritto sulla registrazione e hanno avuto mezzo secolo per sfruttare quella registrazione; parrebbe sufficiente. Perché cambiare i patti e portare ora la durata dello sfruttamento a 95 anni? Qual è il beneficio per la collettività dei contribuenti?

Chiediamolo agli zombi.

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