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2009/01/16

Truffa alla nigeriana, vittima perde oltre 90˙000 euro

Possibile che la gente ci caschi? Possibile eccome


La truffa alla nigeriana (quella in cui uno sconosciuto vi contatta dicendo di essere una persona importante che ha una grossa somma che vi spetta, ma vi chiede di anticipare dei soldi per presunte spese burocratiche) sembrerebbe a prima vista troppo stupidamente evidente perché qualcuno ci caschi. Ma la cronaca di questi giorni testimonia il contrario e lo fa con cifre da capogiro.

Il Windsor Star racconta che John Rempel (nella foto), un ventiduenne di Leamington (Ontario, Canada), e alcuni suoi familiari hanno abboccato all'esca lanciata a casaccio dai truffatori, che lo hanno tenuto in ballo per oltre un anno, mungendogli a vario titolo 150.000 dollari canadesi (al cambio attuale, 90.000 euro, circa 135.000 franchi svizzeri).

La sua storia merita di essere raccontata in dettaglio perché mostra i livelli incredibili di spavalderia ai quali arrivano questi criminali e gli altrettanto incredibili livelli d'ingenuità dimostrati non soltanto dal giovane Rempel ma anche dai suoi parenti che avrebbero dovuto avere un po' più di sale in zucca.

A luglio 2007, Rempel ricevette un e-mail da una persona che diceva di essere un avvocato che rappresentava un certo David Rempel, morto negli attentati di Londra del 2005. Il defunto, diceva la mail, aveva lasciato un'eredità di 12,8 milioni di dollari canadesi (7,8 milioni di euro; 11,5 milioni di franchi), ma non aveva famiglia, per cui aveva dato disposizioni affinché l'eredità andasse a qualcuno di nome Rempel. "Sembrava tutto a posto, così lo chiamai" ha detto Rempel. "Sembrava molto contento e disse 'Dio ti benedica'".

Non stupisce che il suo interlocutore fosse "molto contento": aveva trovato il pollo da spennare, visto che Rempel non aveva chiesto alcuna conferma documentale e si fidava di una persona che aveva conosciuto soltanto via e-mail e per telefono. Il finto avvocato disse a Rempel che doveva pagare 2500 dollari canadesi per trasferire i soldi. In seguito disse che c'erano altri documenti, alcuni dei quali costavano anche 5000 dollari.

A Rempel fu detto poi che doveva aprire un conto presso una banca londinese, con un versamento minimo di 5000 dollari. Ricevette poi dall'"avvocato" un e-mail che indicava gli estremi del suo nuovo conto, sul quale erano stati bonificati dei soldi.

E' a questo punto che l'avidità dei truffatori s'impennò: Rempel ricevette un e-mail da un ufficio governativo (non si ricorda di quale paese) che lo accusava di avere un debito col fisco di 250.000 dollari dovuto alle tasse di successione.

Che cosa fece Rempel? Chiamò l'ufficio delle imposte? Si chiese come mai il fisco usasse un e-mail invece di contattarlo per lettera? Macché: chiamò l'"avvocato", che riuscì miracolosamente a ridurre le tasse del 90%. Rempel, insomma, doveva soltanto 25.000 dollari grazie alla sapiente intercessione dell'"avvocato".

Così il giovane canadese andò in Messico a trovare uno zio, che gli diede 10.000 dollari in contanti e i soldi per il biglietto aereo per Londra, per sincerarsi che tutto fosse regolare. Anche lo zio, quindi, abboccò senza troppa esitazione: anzi, gli mandò altri 25.000 dollari.

Arrivato a Londra, Rempel incontrò delle persone e diede loro i diecimila dollari. Il giorno successivo queste persone si ripresentarono con una valigia che, a loro dire, conteneva l'equivalente in dollari USA di oltre 10 milioni di dollari canadesi (6 milioni di euro, 9 milioni di franchi). Rempel chiese ulteriori prove: i truffatori tirarono fuori una banconota che recava uno strano timbro, che fecero sparire con uno speciale liquido, rendendola (così dissero) di corso legale.

Rempel dice al Windsor Star che a questo punto "tutto gli sembrava regolare". Tornò alla propria camera d'albergo ad aspettare che i suoi soci "ripulissero" tutto il denaro, ma non si fecero più vedere. Il flacone di liquido speciale che Rempel aveva ricevuto cadde e si ruppe. Il giovane canadese rientrò a Leamington, naturalmente senza i soldi dell'eredità.

Qualche settimana dopo, i truffatori, senza pietà, lo chiamarono dicendo di aver recuperato altro liquido speciale: sarebbe costato 120.000 dollari, e loro ne avevano racimolati 115.000: Rempel poteva fornire i 5000 restanti? Rempel prese in prestito dei soldi e smise di pagare la propria carta di credito e le rate dell'auto.

Una settimana dopo, i truffatori richiamarono dicendo che mancavano soltanto 6900 dollari per le spese di viaggio e di noleggio dei furgoni per trasportare il denaro.

Poi chiamarono dicendo di essere all'aeroporto di New York e che erano stati fermati dalla sicurezza: servivano 12.500 dollari per sistemare la cosa corrompendo gli agenti. Soltanto a questo punto Rempel si tirò indietro. Andò a New York, passò un giorno a cercare i suoi "soci" all'aeroporto insieme ai genitori e al fratello, poi tornò a casa e (finalmente) chiamò la polizia.

In totale, aveva dato ai truffatori 55.000 dollari canadesi (33.500 euro; 49.500 franchi) dello zio in Messico, 60.000 dollari (36.600 euro; 54.000 franchi) dei propri genitori, e il resto ce l'aveva messo di tasca propria per arrivare a 150.000 dollari (90.000 euro, 135.000 franchi).

La storia di John Rempel contiene tutti gli ingredienti classici delle truffe basate non sulla tecnologia, ma sull'ingegneria sociale: la leva dell'avidità della vittima, il principio d'autorità del truffatore che si presenta come una persona di alto livello (un avvocato), il compare del truffatore che si finge un'altra autorità e sembra mettere nei guai la vittima (così il primo criminale può giocare il ruolo del salvatore). Tutte cose che esistono da ben prima di Internet. La novità sta in quello che avviene prima della truffa vera e propria: la selezione della vittima.

Mentre nell'epoca pre-Internet il truffatore doveva spendere tempo e risorse per tentare il raggiro con ciascuna vittima potenziale, con Internet può gettare diecimila esche (a costo zero e senza perdere tempo, grazie allo spamming) e aspettare che qualcuno risponda. E' la vittima ad autoselezionarsi.

Ed è per questo che la truffa alla nigeriana prospera tuttora: per la legge dei grandi numeri, qualche ingenuo (o, in questo caso, un'intera famiglia d'ingenui) si trova sempre; è un crimine a basso rischio e alto rendimento; e richiede un investimento iniziale molto modesto (niente abiti di lusso, niente carte intestate false, soltanto un po' di copiaincolla in Photoshop). Inoltre spesso non viene neanche denunciato, perché la vittima si vergogna di essere stata gabbata.

Infatti al povero John almeno un merito bisogna riconoscerlo: ha avuto il coraggio di raccontare pubblicamente la propria vicenda, e questo aiuterà gli altri a sapere dell'esistenza di queste truffe e a starne alla larga.

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