2011/01/06

Recensione di “Tron Legacy”: spettacolare ma senza spessore. Neanche in 3D

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2011/01/07.

Ieri sera ho finalmente visto Tron Legacy e vi posso proporre una breve recensione senza spoiler. Visivamente è bello: il design dei veicoli, dei costumi e delle ambientazioni è molto curato e azzeccato, anche se tende alle atmosfere cupe molto più dell'originale, mitico, fluorescente Tron del 1982 che ispirò tante carriere informatiche.

I due protagonisti (Olivia Wilde e Garrett Hedlund) sono belli da vedere e tentano di fare del loro meglio con le battute che hanno. La colonna sonora (Daft Punk molto orchestrali grazie ad aiuti esterni) è magnifica, gli effetti speciali sono ben fatti (a parte il ringiovanimento digitale di Jeff Bridges, che risulta innaturale e cade dritto nella uncanny valley) e il 3D non è troppo abusato.

Ma Tron Legacy soffre della stessa mancanza di coraggio di tanti film di oggi: una trama scontata, che lascia da parte le allusioni informatiche che avevano fatto la gioia dei geek nel primo film, e dei personaggi privi di spessore, senza alcuna caratterizzazione. Sam Flynn è il solito ragazzo ribelle perché abbandonato dal padre e genio dell'informatica nonostante abbia mollato gli studi: perfettamente intercambiabile con il John Connor di Terminator 2 e già visto in mille altri film. Quorra (Olivia Wilde), la cui genesi le permetterebbe di essere un personaggio memorabile per la sua innocente visione dell'umanità da un punto di vista esterno (spunto classico e splendido per qualche riflessione sulla condizione umana), viene ridotta a semplice (ma indubbiamente gradevole) coprotagonista di una serie interminabile di scene d'azione. I colpi di scena vengono liquidati senza soffermarsi a dare loro l'importanza emotiva che dovrebbero avere, quasi che gli sceneggiatori si vergognassero di ricorrere a dei deus ex machina assolutamente prevedibili.

Viene a mancare, insomma, quella regola fondamentale del cinema: se non si riesce a coinvolgere emotivamente lo spettatore con una buona caratterizzazione, non gliene fregherà nulla della sorte dei personaggi. Questi film dagli effetti speciali ultraperfezionati sono delle attrazioni da parco a tema e nulla più. Esattamente come in Avatar o i prequel di Star Wars, sarebbe bastato così poco, giusto qualche battuta in più nella sceneggiatura, per osare e creare dei personaggi ai quali appassionarsi. Ma quando c'è di mezzo un budget da trecento milioni di dollari (così pare, secondo IMDB), nessuno se la sente di rischiare, e così ci troviamo oggi con tecnologie che ci permettono di rappresentare qualunque storia ma non le usiamo per raccontare storie degne di questo nome.

Il risultato è una serie di film che sanno di risciacquatura di piatti e saturano ma non saziano (faccio un'eccezione per Inception). Tron Legacy è una fiera del già visto. Le citazioni, volontarie o meno, si sprecano. La battuta “l'unico modo per vincere è non giocare” è presa di peso da Wargames; le scenografie di casa Flynn sono copiate pari pari da 2001 Odissea nello spazio (c'è persino la citazione dell'oggetto che cade dal tavolo e si rompe); la scena in cui Sam va a sparare agli inseguitori è spudoratamente uguale a quella in cui Luke Skywalker va a sparare ai caccia imperiali mentre è a bordo del Millennium Falcon in Star Wars; le scene di massa delle truppe del cattivo sono rubate dal Signore degli Anelli e dall'Attacco dei Cloni; l'anziano samurai-maestro che chiede ai compagni d'avventura di lasciare a lui la lotta con il supercattivo è un cliché copiato da Star Wars (dal quale arriva anche l'altro cliché del braccio mozzato); e così via. C'è chi li chiama omaggi e chi li chiama scopiazzature.

Gli informatici resteranno abbastanza delusi: come dicevo, i riferimenti geek all'informatica sono pochissimi, forse nel tentativo di non confondere il pubblico; peccato grave in un film che si svolge tutto nel mondo dei computer. Oltretutto il doppiaggio italiano ha perso per strada (credo necessariamente) parecchi di quei pochi giochi di parole e doppi sensi tecnologici.

Per esempio, tradurre “the grid” con “la rete” è impreciso e confonde, perché “la rete” sembra un riferimento a Internet, ma in realtà l'intera vicenda si svolge dentro un singolo computer. “User” è stato tradotto con “creativo” anziché “utente”: peccato, perché così si perde il senso della battuta che per creare un sistema informatico perfetto occorre eliminare tutti gli utenti (va detto che questa scelta di traduzione è uguale a quella fatta per il Tron originale). Il “fine messaggio” ripetuto dai personaggi in originale è “end of line”, che ha un sapore molto più marcato e vintage per gli informatici. Anche l'“epurazione” è, in inglese, un molto più significativo e informatico “purge”. Ma mi rendo conto che una traduzione italiana efficace sarebbe stata praticamente impossibile.


Alcune allusioni per smanettoni sono rimaste e sono gradevoli: le elenco qui man mano che le scopro.

  • la stretta di mano fra due personaggi importanti è apparentemente insensata nel contesto di una fuga precipitosa, ma è ovviamente un handshake;
  • un personaggio si chiama GEM, come l'ambiente grafico della Digital Research per DOS e Atari);
  • i giocatori nell'arena si chiamano Cray, Wulf (da Beowulf), Hurd, Turing, Eckert (uno dei padri di ENIAC), Backus (da John Backus, padre di FORTRAN e ALGOL), come si vede per un istante sul tabellone mostrato qui sopra;
  • uno dei personaggi si chiama Zuse e secondo la Tron Wiki è a immagine e somiglianza di Konrad Zuse, pioniere informatico considerato padre dei moderni computer;
  • il titolo stesso del film è informaticamente allusivo (“legacy” indica sia l'eredità morale, sia apparecchiature o software vecchi ereditati da sistemi informatici precedenti);
  • c'è un SolarOS che è un'allusione al sistema operativo SunOS;
  • e c'è una breve ma splendida parodia di Steve Jobs fatta da Cillian Murphy (non citato nei titoli di coda) che purtroppo si perde completamente nel doppiaggio.

I cammei* degni di nota sono giusto un paio: i Daft Punk come DJ in un locale in cui Steven Lisberger, regista del Tron originale e produttore e cosceneggiatore di questo film, è un barista. Purtroppo anche due elementi fondamentali del primo film, Bit e i carri armati, sono relegati a due apparizioni fugaci; va un po' meglio con i Recognizer e altri veicoli cari ai fan del mondo di Tron.

*Sì, è giusto così. Vedere discussione nei commenti.

Come nel primo Tron, le metafore religiose abbondano, ammesso che sia sensato cercarle in un film d'intrattenimento: il figlio del creatore (addirittura “son of the maker” in originale) che viene a salvare il mondo, il braccio destro del creatore che viene creato a sua immagine e somiglianza e che lo tradisce per diventare il suo peggior nemico.

Correzione: pensavo che ci fosse anche un'allusione alle divinità pagane rese obsolete dal nuovo dio, perché avevo capito che il personaggio Zuse si chiamasse Zuus come imitazione della pronuncia inglese di Zeus. La Tron Wiki mi smentisce. Grazie a Marina e Giovanni per la correzione.

Qui potete vedere uno spezzone della realizzazione degli effetti speciali (sempre che la Disney non lo rimuova):


In questo spettacolo fragoroso e coreografico ma freddo e superficiale (e buio – pessima idea usare il 3D attuale, che scurisce tutto, in un film così scuro in partenza) si perde una delle poche allusioni che può spingere lo spettatore, soprattutto quello informatico, a una riflessione: Sam Flynn, il protagonista, è paladino del software libero. Sogna esplicitamente un sistema nel quale tutte le informazioni sono libere e aperte e si mette nei guai pur di realizzarlo, e questo viene presentato come un comportamento eroico, mentre i sostenitori del software chiuso vengono presentati come avidi e aridi cattivi. È molto ironico che tutto questo avvenga in un film della Disney, che è una delle multinazionali che perseguita maggiormente chi vuole liberare e condividere certi tipi di informazioni digitali: i suoi film.

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