2013/10/27

Teamviewer non funziona con OS X Mavericks? Reinstallatelo

Questo sarà probabilmente uno degli articoli più corti che io abbia mai scritto, ma vorrei condividere rapidamente questo suggerimento per farvi risparmiare il tempo che ci ho perso io.

Se avete installato il nuovo OS X (Mavericks) sopra un'installazione esistente di OS X, occhio che Teamviewer smette di funzionare. Quando cercate di collegarvi con Teamviewer al Mac dotato di Mavericks, Teamviewer parte e chiede la password, come se tutto andasse bene. Poi si blocca senza dare alcun segno di vita e alcuna spiegazione del perché.

Soluzione: disinstallare, scaricare e reinstallare Teamviewer. Tutto riprende a funzionare magicamente. Ringrazio Miska_FL che ha segnalato il trucco nei forum Apple.

2013/10/25

Prova su strada dei bitcoin

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Sto testando i bitcoin, la controversa moneta virtuale che farebbe a meno di un'autorità centrale e che è oggetto di molte attenzioni da parte di chi la vede come uno strumento per terroristi e spacciatori di droga. Eppure ci sono molte organizzazioni non criminali che accettano bitcoin (Wikileaks e la Electronic Frontier Foundation, per esempio).

Se già usate bitcoin e volete darmi una mano con questo test, potete inviarmi una donazione (anche simbolica) a sostegno del Disinformatico qui:

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Grazie!


2013/11/02


Grazie a tutti coloro che mi hanno inviato qualche spicciolo in Bitcoin: sono riuscito a fare le prove che volevo e continuerò a testare il sistema. Nel frattempo ho realizzato per la Radiotelevisione svizzera un dossier dettagliato e un podcast sui bitcoin.


2014/01/29


NOTA: Dato che tutti i miei articoli sul sito di ReteTre sono al momento irraggiungibili, ripubblico qui l'articolo sui bitcoin che avevo pubblicato per l'emittente il 25 ottobre 2013.

Ieri il Consiglio federale ha espresso dubbi in merito all'uso della moneta virtuale ‘bitcoin’, usata su Internet”, soprattutto perché questi bitcoin verrebbero usati per il riciclaggio di denaro o per finanziare attività criminali. Vari paesi premono per regolamentarli o vietarli. Ma che cos'è un bitcoin, e perché una moneta che non esiste fisicamente e non ha una banca centrale che la garantisca, esattamente come i soldi del Monopoli, si merita così tante attenzioni?

I bitcoin sono una valuta digitale inventata nel 2008 da uno sviluppatore che usa lo pseudonimo Satoshi Nakamoto. Il suo sito di riferimento è Bitcoin.org. Non ha un'autorità centrale e non è falsificabile o inflazionabile, perché i bitcoin sono autenticati da sistemi di crittografia distribuita e il loro numero è limitato intrinsecamente. È concepita principalmente per effettuare pagamenti via Internet, ma è usabile anche per transazioni locali.

Una transazione fatta con bitcoin ha numerosi vantaggi. Per esempio, avviene senza alcun intermediario e quindi consente pagamenti diretti tra persone, ha commissioni nulle o comunque molto più basse di altri sistemi, ed è utilizzabile in qualunque paese del mondo: basta che ci sia un accesso a Internet. Inoltre un conto in bitcoin non può essere bloccato e chiunque può averne uno. Altri sistemi di pagamento via Internet sono inaccessibili in alcuni paesi e i loro conti possono essere bloccati in caso di controversie o se si è personaggi non graditi agli operatori dei sistemi (come è successo per esempio a Wikileaks, i cui pagamenti tramite carte di credito sono stati congelati da Visa, Mastercard, Paypal e altri operatori).

Non c'è una zecca o una banca centrale che genera i bitcoin e li controlla: vengono prodotti in modo distribuito, da tutti gli utenti che partecipano al circuito di scambio di bitcoin (un po' come avviene per lo scambio di file nei circuiti peer-to-peer) usando un programma che si chiama “bitcoin miner”, letteralmente “minatore di bitcoin” (varie versioni sono scaricabili presso bitcoin.org/it/scarica).

Generare un bitcoin richiede calcoli molto complessi, e per evitare che vengano generati troppi bitcoin questa complessità aumenta progressivamente in modo automatico e c'è un limite matematico al numero di bitcoin che è possibile creare: non più di 21 milioni (il conteggio di quelli attualmente prodotti è presso blockchain.info/charts/total-bitcoins). Tutto il sistema è distribuito, senza un “cervello” centrale che possa creare vulnerabilità o dipendenze. Anche l'archivio delle transazioni è decentrato ed è inoltre pubblico e permanente.

Conviene smontare subito alcuni miti intorno ai bitcoin. Le normali transazioni fatte con questa moneta virtuale non sono realmente anonime: è piuttosto semplice risalire a chi vi ha partecipato, perché ogni movimento e ogni saldo di ogni portafogli di bitcoin sono pubblicamente consultabili per sempre e ogni singolo flusso di denaro virtuale è documentato e tracciabile (anche se i nomi sono cifrati).

Inoltre i bitcoin non sono usati soltanto dai criminali: associazioni come la Electronic Frontier Foundation e Wikileaks e servizi online regolari come Wordpress, Reddit e Baidu accettano donazioni e pagamenti in bitcoin (un elenco di altri siti che accettano bitcoin è presso www.spendbitcoins.com/places/). Fra l'altro, la tracciabilità e la natura pubblica delle transazioni in bitcoin rendono disagevole un uso che eluda le leggi vigenti, anche se esistono sistemi, come il tumbling, che permettono di far perdere le tracce di un flusso di bitcoin, esattamente come esistono sistemi per rendere impraticabile il tracciamento dei contanti e anche delle transazioni bancarie tradizionali.

Di per sé, i bitcoin sono neutrali quando un coltello da cucina: si prestano sia ad usi positivi, sia ad usi criminosi. Paradossalmente, una banconota tradizionale è invece molto più adatta dei bitcoin per gli illeciti, perché è davvero del tutto anonima, è scambiabile privatamente ed è quasi impossibile da tracciare, eppure nessuno si sogna di abolirla.

La prima cosa da fare per usare i bitcoin è, proprio come per i soldi normali, procurarsene un po' e metterli in un portamonete. Uno virtuale, s'intende: in questo caso si tratta di un particolare software, disponibile per Windows, Mac, Linux e Android. I vari portafogli virtuali per bitcoin si possono scaricare da Bitcoin.org, sono liberi e gratuiti e oltretutto completamente ispezionabili: si tratta di software open source, ossia è possibile vederne ogni singola istruzione informatica in un formato che un programmatore può decifrare per capirne il funzionamento e verificare che non contenga falle o trappole. Questa trasparenza è una buona forma di garanzia.

Si può possedere più di un portafogli, in modo da poter avere conti separati per le varie attività. Quando si ha almeno un portafogli per bitcoin si diventa un nodo della rete di calcolo distribuita sulla quale si basa il sistema di questa moneta virtuale.

Dopo aver installato il portafogli occorre mettergli dentro qualche soldo. Ci si può rivolgere a vari “uffici di cambio”, o exchange, che permettono di cambiare monete tradizionali (dollari, euro, franchi, per esempio) in bitcoin. Uno di questi uffici di cambio per bitcoin è Mt. Gox, dove si può creare un account gratuito, protetto da una password robusta, dando semplicemente un indirizzo di mail. Per poter effettuare depositi o prelievi, però, bisogna inviare un'immagine di un documento d'identità: altro che anonimato facile.

In sostanza, i bitcoin si acquisiscono in modo molto simile alle valute tradizionali, nelle quali sono riconvertibili passando sempre dagli “uffici di cambio” appositi. È vero che i tassi di cambio fra bitcoin e altre valute sono molto volatili: per esempio, a maggio 2013 un bitcoin valeva circa 125 dollari, mentre ora ne vale circa 202. Ma soprattutto in passato anche monete “reali” come la sterlina britannica o la lira italiana hanno subìto oscillazioni estreme e improvvise. Per cui il rischio di speculazione sui cambi dei bitcoin c'è, ma c'è anche con altre monete tradizionali.

La differenza fondamentale fra bitcoin e valute tradizionali emerge potentemente quando si tratta di fare o ricevere un pagamento. Mentre una transazione convenzionale via Internet richiede l'intermediazione di una banca o di un operatore analogo (per esempio Paypal), con i bitcoin il passaggio di denaro è diretto. Per ricevere un pagamento in bitcoin è sufficiente dare al debitore l'“indirizzo” pubblico del proprio portafogli virtuale, che ha un aspetto del tipo 175tWpb8K1S7NmH4Zx6rewF9WQrcZv245W; per inviare un pagamento, viceversa, basta conoscere l'indirizzo del portafogli del creditore.

È anche possibile assegnare allo stesso portafogli più di un indirizzo, in modo da avere flussi di denaro suddivisi. Per evitare di dover trascrivere il complicatissimo indirizzo di un portafogli, si può inoltre creare un codice QR da stampare o mostrare sullo schermo dello smartphone, oppure generare un pratico pulsante da incorporare in una pagina Web; questo, insieme alle commissioni inesistenti o quasi e all'assenza di spese di avvio del servizio, rende i bitcoin molto appetibili per i piccoli negozi via Internet e per le piccole transazioni private.

Chi ha preoccupazioni di sicurezza, inoltre, troverà confortante il fatto che pagando in bitcoin non occorre affidare al venditore i dati della propria carta di credito o farli viaggiare via Internet e non è neanche necessario comunicare il proprio nome o indirizzo di e-mail (cosa invece necessaria con i sistemi alternativi). Ma attenzione: come già accennato e a differenza dei normali sistemi di pagamento, la cronologia di ogni transazione in bitcoin è pubblica e consultabile via Internet da chiunque. Per esempio, è sufficiente visitare blockchain.info oppure blockexplorer.com e immettere l'indirizzo di un portafogli o un indirizzo IP per vedere tutte le transazioni associate a quelle coordinate identificative.

La matematica che sta alla base del sistema bitcoin (la cosiddetta crittografia a chiave pubblica) non è particolarmente intuitiva e comporta delle conseguenze altrettanto poco evidenti. Per esempio, un portafogli virtuale è rubabile esattamente quanto un portafogli tradizionale: se il computer sul quale lo custodiamo viene violato da un attacco informatico o da un virus, i file che contengono il portafogli possono essere trasferiti altrove e utilizzati dal ladro, oppure l'intruso digitale può disporre un trasferimento verso il proprio portafogli. In tutti questi casi è estremamente difficile risalire al colpevole, e a differenza dei conti bancari non c'è nessun obbligo legale di rimborso.

Allo stesso modo, un danneggiamento o un guasto del computer contenente il portafogli di bitcoin può rendere illeggibile il portafogli stesso e quindi far perdere il valore contenuto. Anche dimenticarsi la password che protegge il proprio portafogli è quasi sempre fatale: in pratica non ci sono opzioni di recupero. Infine va ricordato che le transazioni in bitcoin non sono revocabili: una volta che un pagamento è stato fatto, non ci si può più ripensare, come è invece possibile in altri sistemi. In questo senso i bitcoin sono come il denaro contante tradizionale.

L'aspetto in assoluto meno intuitivo del sistema bitcoin è che in caso di furto della chiave privata del portafogli digitale il ladro può rubare non solo il suo contenuto attuale, ma anche quello futuro. Però c'è un modo semplice e sorprendente per tenere al sicuro il proprio portafogli digitale: stamparlo e riporlo in un luogo fisicamente sicuro. Siti come BitAddress.org e BitcoinPaperWallet.com offrono tutto quello che serve per generare una copia cartacea (ma leggibile con sistemi informatici, come scanner o fotocamere) di un portafogli per bitcoin.

La massa monetaria attuale di bitcoin equivale a circa un miliardo e mezzo di dollari: quasi nulla rispetto alle masse delle altre valute tradizionali. Eppure è sufficiente a impensierire alcune autorità politiche ed economiche. La ragione più immediata è che i bitcoin consentono transazioni anonime che possono agevolare attività criminali (traffico di droga o di armi) ma anche facilitare l'evasione fiscale o il gioco d'azzardo non autorizzato (l'FBI ha recentemente sequestrato circa 28 milioni di dollari in bitcoin appartenenti a Silk Road, un'organizzazione dedita allo spaccio di stupefacenti via Internet). Se dovessero prendere piede, sarebbe necessario ripensare drasticamente i sistemi fiscali e riaddestrare le forze dell'ordine per conoscere questo nuovo canale di crimine potenziale.

Ma oltre a questo c'è la preoccupazione che un successo dei bitcoin come valuta di scambio diretto e gratuito fra persone e aziende possa rendere inutili gli operatori delle carte di credito e le banche, eliminando il mercato delle commissioni sulle transazioni con la stessa tecnica con la quale la musica online ha soppiantato il mercato dei CD musicali.

Per contro, una riduzione del costo delle transazioni economiche via Internet potrebbe aprire nuove opportunità di lavoro e di commercio, soprattutto nei paesi emergenti e per le piccole imprese. Cosa ancora più insidiosa, i bitcoin, essendo slegati dalle altre valute convenzionali e non soggetti alle decisioni delle banche centrali, potrebbero rendere obsoleto l'attuale monopolio di queste banche centrali sull'emissione di moneta, come ipotizzato in un rapporto della Banca Centrale Europea sulle monete virtuali, che sottolinea che alcuni economisti ritengono che questo porterebbe a “un sistema monetario altamente efficiente nel quale coesisterebbero soltanto valute stabili”. Internet e l'informatica, insomma, produrrebbero un'altra trasformazione epocale della società oltre a quelle già compiute nel settore delle comunicazioni e della cultura. Staremo a vedere.

“Perché ti scoccia se ti sorveglio? Hai qualcosa da nascondere?”

In tutto questo pasticcio delle intercettazioni statunitensi rivelate da Edward Snowden sento levarsi una puzza d'ipocrisia. Troppe volte i governanti (anche europei) hanno detto che la sorveglianza elettronica sistematica, il tracciamento di tutte le transazioni economiche e la raccolta a lungo termine di dati sono una necessità anche nelle società che si definiscono democratiche, perché c'è il terrorismo, e soprattutto hanno spesso zittito chi osava chiedere il rispetto del diritto fondamentale alla privacy insinuando che soltanto chi ha qualcosa da nascondere ha paura della sorveglianza.

È un mantra che sento ripetere anche a tante persone comuni, che sono indifferenti alla marea montante di rivelazioni su quanto siamo spiati perché, dicono, tanto non hanno nulla da nascondere.

La notizia di stasera, proveniente dal Guardian, è che l'NSA avrebbe spiato le comunicazioni telefoniche di almeno 35 leader politici e militari del mondo. È partito subito il coro degli indignati, in Francia e Germania (con Hollande e Merkel in testa) ma anche in Italia.

Cari politici, adesso che siete voi a essere intercettati, la cosa improvvisamente dà fastidio ed è uno scandalo inaccettabile. Ma scusate un momento: se non avete niente da nascondere, perché vi indignate?

È il solito teatrino della sicurezza: i politici strilleranno, manderanno lettere di ferma protesta a Washington, il governo americano giurerà che davvero non lo farà mai più (ma in realtà continuerà a farlo, perché così fan tutti – perlomeno tutti quelli che possono), i nostri governanti potranno vantarsi pubblicamente di aver risolto il problema e noi, che eleggiamo questi commedianti della sicurezza, faremo finta di crederci. E il teatrino riprenderà come prima, come fa da decenni. Che pena.

La postazione d'ascolto statunitense di Menwith Hill, nel Regno Unito (2003).

2013/10/24

Sabato 26 a Milano parlo di complotti lunari. Bonus: in una focacceria

Questo sabato (dopodomani, 26 ottobre) alle 17 sarò alla Focacceria San Francesco di via San Paolo 15 a Milano per una conferenza dedicata specificamente al tema del complottismo lunare organizzata dal Rotaract Visconteo. Questa conferenza è distinta dall'incontro di lunedì 28 al Museoscienza insieme a Giovanni Caprara, che sarà dedicato alla riscoperta dell'avventura spaziale che ha portato un pezzo di Luna a Milano, non alle tesi di complotto.

La conferenza di sabato sarà seguita da un aperitivo alle 19:30. L'ingresso include conferenza e aperitivo e costa 15 euro: il ricavato sarà devoluto al Service Keep on Smiling, che si occupa di assistere i bambini ricoverati presso la Clinica De Marchi di Milano giocando con loro e intrattenendoli attivamente e sta raccogliendo fondi, insieme ad altre associazioni, per una borsa di studio per un ricercatore biologo che operi presso la Clinica e per l'acquisto di materiale per il reparto di pediatria.

È necessario confermare la propria presenza iscrivendosi per garantirsi un posto (vanno compilati almeno i primi due campi). Chi arriva senza essersi iscritto rischia di non poter entrare, perché verrà data precedenza a chi ha effettuato la registrazione.

Come consueto, porterò con me qualche copia del mio libro sui complotti lunari e delle penne USB con l'edizione più recente del mio documentario Moonscape (riprese restaurate del primo sbarco sulla Luna). Porterò le versioni in italiano, ma se a qualcuno interessano le edizioni in inglese (anche su carta), basta che me lo dica nei commenti qui sotto o via mail. A sabato!

2013/10/18

Sapere tutto di un utente Twitter: FollowerWonk

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 18/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Followerwonk è un sito che permette di esplorare in lungo e in largo gli account Twitter: sia il proprio, sia quelli altrui. Anche senza iscriversi al servizio (facendo login con il proprio account Twitter) è possibile effettuare ricerche nelle descrizioni dei profili, per esempio immettendo parole chiave che definiscano una professione o una categoria e poi cercando, all'interno dei profili risultanti, chi ha scritto il maggior numero di tweet, chi ha il maggior numero di follower, chi ha l'account più vecchio e chi ha la “social authority” più alta.

Si possono anche creare grafici che confrontano vari account Twitter, per scoprire quanti sono i follower condivisi e i followed (utenti seguiti dagli account analizzati) in comune, insieme a tante statistiche, come la percentuale di retweet o di tweet contenenti un link. Nella sezione Analyze follower è possibile generare una mappa della distribuzione geografica e delle fasce d'età dei follower, mentre in Track followers si può produrre un grafico dell'evoluzione dei follower: quanti ne arrivano, quanti se ne vanno, gli orari nei quali sono maggiormente attivi, se sono uomini o donne, le lingue utilizzate e altro ancora.

Alcuni di questi servizi possono richiedere un account a pagamento, specialmente se l'utente Twitter da analizzare ha un numero elevato di follower. C'è insomma da sbizzarrirsi se si tratta di misurare l'efficacia di una presenza su Twitter o la significatività di un utente in questo social network: gli appassionati di marketing faranno festa.

Facebook, nuove impostazioni di privacy per i teenager

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 18/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

A partire dal 16 ottobre scorso, qualunque contenuto pubblicato dagli utenti di Facebook che hanno meno di 17 anni sarà automaticamente visibile soltanto agli amici, ma sarà anche possibile pubblicare contenuti visibili a chiunque. Prima di questo cambiamento ogni post scritto da utenti che si dichiarano minorenni era visibile anche agli amici di amici come impostazione predefinita e non c'era l'opzione di rendere visibile a chiunque un post.

Questa novità, annunciata pochi giorni fa da Facebook, verrà attivata progressivamente a tutti gli utenti. Da un lato, insomma, c'è un giro di vite sulla privacy: i destinatari predefiniti sono d'ora in poi gli amici, invece degli amici di amici. Dall'altro c'è un'apertura agli sconosciuti: diventa possibile anche per i minorenni scrivere post pubblici. Questa nuova possibilità, potenzialmente rischiosa, verrà accompagnata da un avviso esplicito quando verrà selezionata.

LINK:

http://techland.time.com/2013/10/16/facebook-now-lets-teens-live-out-their-awkward-years-in-public/

Autoscatti? Mica sono una novità. Risalgono almeno al 1839

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 18/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Nonostante la dichiarazione semiseria di Sir Paul McCartney di essere l'inventore del selfie, ossia dell'autoritratto fotografico, fatta recentemente alla TV statunitense, questo genere d'immagine, così popolare oggi nel bene e nel male, è in realtà molto antico. Così antico che risale a prima dell'invenzione della pellicola fotografica.

Uno degli autoscatti più lontani nel tempo che si conoscano ci arriva infatti dal 1839: è un dagherrotipo che ritrae il chimico Robert Cornelius. Per tramandarci questo ritratto fu costretto a stare immobile per parecchi minuti davanti alla macchina fotografica, perché i prodotti chimici fotosensibili usati dalla dagherrotipia richiedevano tempi di posa lunghissimi: è per questo che nelle foto antiche tutti hanno espressioni serie.

Dal 1914, invece, ci arriva un autoritratto di una giovane adolescente, che a parte il vestiario potrebbe essere stata scattata da una teenager di oggi: lo stesso uso dello specchio e lo stesso sguardo rivolto appunto allo specchio anziché al mirino della fotocamera. Ma lei è una teenager che ha fatto la storia, o meglio, l'ha subita: è la principessa russa Anastasia Romanova, la cui breve vita avrà un epilogo tragico nella Rivoluzione Russa.

Altrettanto inquietanti sono gli autoscatti dei soldati della Grande Guerra, realizzati spendendo non poco (la fotografia era ancora un privilegio costoso) con la consapevolezza amarissima di sapere che quell'immagine rischiava di essere l'unico ricordo che rimaneva ai propri cari.

Se siete affascinati da questi messaggi così personali che ci arrivano dal passato e vi interrogate su come verranno interpretati dai posteri i nostri autoscatti attuali, sfogliate la rassegna di queste immagini d'epoca presso News.com.au.

Pirateria, i film più scaricati sono quelli meno disponibili legalmente

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 18/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

I pirati del cinema sono degli “scariconi” inguaribili? Una ricerca basata sui dati recenti raccolti dai circuiti di distribuzione alternativi (quelli che non remunerano le case cinematografiche) sembra smentire questo luogo comune. Nessuno dei dieci film più piratati di questa settimana è offerto in download da servizi regolari come Netflix. Questa è la classifica:

1. Pacific Rim

2. White House Down

3. Elysium

4. The Internship

5. The Lone Ranger

6. Monsters University

7. The Mortal Instruments City of Bones

8. 2 Guns

9. After Earth

10. This is the End

Nessuno di questi dieci, inoltre, è disponibile nei cinema degli Stati Uniti, che sono il mercato di riferimento dell'indagine. Questo vuol dire che l'unico modo per vederli è comperare il DVD (eccezion fatta per tre di questi titoli).

Questi dati possono essere interpretati come un'indicazione che gli utenti piratano quello che non possono avere come download legale e non se la sentono di pagare un DVD di prima visione a prezzo pieno, magari per vederlo una sola volta, e soprattutto di doverselo andare a comperare quando c'è ormai l'abitudine di poter vedere i film tramite download legali.

Le vendite dei DVD, infatti, stanno precipitando e l'approccio attuale di non offrire per il noleggio digitale regolare i film subito dopo averli tolti dalle sale, ma di aspettare ad offrirlo in modo da incoraggiare gli acquisti di DVD, comincia a sembrare antiquato rispetto all'immediatezza e alla comodità del download.

Ovviamente gli scrocconi a qualunque costo ci sono eccome, e infatti titoli come The Lone Ranger, After Earth e This is the End sono in classifica nonostante siano disponibili per il noleggio in streaming. Ma sono i consumatori a fare il mercato, e i consumatori sembrano dire, secondo questi dati, che il modo migliore per contrastare la pirateria audiovisiva è abbandonare i DVD e offrire l'acquisto legale in download subito dopo la fine della disponibilità nelle sale cinematografiche. 

Asteroide ci colpirà nel 2032? Niente panico

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 18/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.


Se una testata autorevole come Time lancia un titolo che dice “Questo asteroide gigante potrebbe colpire la Terra entro vent'anni”, il brivido di panico è un po' più giustificato di quando lo annuncia, come capita spesso, qualche blog catastrofista.

L'asteroide in questione è un macigno di circa 400 metri di diametro, denominato 2013 TV135, che è stato scoperto dieci giorni fa da un gruppo di astronomi dell'Ucraina. La scoperta è stata confermata da altri cinque gruppi di astronomi in vari paesi del mondo. La data d'impatto prevista è il 26 agosto 2032 e l'esplosione sarebbe equivalente a 50 delle bombe atomiche più grandi mai fatte esplodere: circa 2500 megatoni.

È il caso di correre verso le colline? Di costruirsi un rifugio nel cuore di una montagna nell'Himalaya? Parrebbe di sì, fino al momento in cui si legge tutto l'annuncio della rivista statunitense e si scopre che “gli scienziati non sono certi che il pianetino colpirà davvero la Terra”.

Se poi si va a leggere una fonte tecnica, come il comunicato stampa della NASA sulla stessa notizia, salta fuori che quel “non sono certi che colpirà” è in realtà un “sono praticamente sicuri che non colpirà”. Le probabilità calcolate dalla NASA sono infatti attualmente una su 63.000, e si prevede che diminuiranno ulteriormente man mano che verranno raccolti dati sulla traiettoria dell'oggetto.

Don Yeomans, responsabile del Near-Earth Object Program Office della NASA a Pasadena, in California, ha dichiarato che “l'attuale probabilità di un mancato impatto è circa il 99,998%”. Sonni tranquilli, dunque, ma con un pensiero grato a chi sorveglia il cielo e magari uno meno grato a chi fa allarmismi ingannevoli.

2013/10/15

Le foto “temporanee” di Snapchat non sono temporanee. Ma che sorpresa

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “multijog” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Sarebbe anche ora di piantarla di chiamarli “nativi digitali”, questi giovani d'oggi. Come se avessero chissà quale naturale, istintiva dimestichezza con il funzionamento degli aggeggi digitali. Certo, cliccano icone colorate e pigiano bottoni, ma con pochissime eccezioni non sanno un bel nulla dei principi di base dell'informatica. Chiedi loro anche solo cos'è un tag HTML e ti guardano come comparse prelevate di peso da Idiocracy.

Nativi dei miei stivali. Non che gli adulti siano molto meglio, s'intende; ma almeno non vengono etichettati coniando espressioni tanto trendy quanto vuote di significato.

L'unica accezione decente di “nativo digitale” sarebbe “persona che è nata quando le tecnologie digitali già erano capillarmente diffuse”, con la precisazione “ma non per questo ci capisce automaticamente qualcosa”. Ma è raro sentirla usata così. Mamme e papà adoranti contemplano il loro pargoletto che tocca iconcine sullo schermo touch e credono che questo faccia di lui un informatico provetto. Più in là gli faranno vedere Rocco invades Poland e penseranno che questo lo renderà un ginecologo sensibile e premuroso.

Fine del pistolotto da vecchietto. Passiamo alle cose concrete.

Prendiamo il caso di Snapchat, l'app che promette di mandare delle foto che scompaiono dal telefonino del destinatario entro un certo numero di secondi senza che sia possibile salvarle. Questi “nativi digitali” (e non solo loro, perché lo fanno anche molti adulti) si bevono la promessa e si mandano foto stra-intime con Snapchat pensando che vengano cancellate poco dopo e che sia impossibile salvarle. Che gonzi.

Se avessero un briciolo di conoscenza dell'informatica, saprebbero che un dato digitale è fatto apposta per essere duplicato facilmente e che una volta arrivato su un dispositivo che è al di fuori del loro controllo non ha alcuna garanzia di cancellazione. I bit son fatti così, e non c'è promessa di venditore che tenga.

Puntualmente, infatti, arriva l'app che permette di salvare le foto che non dovevano essere salvabili. Stavolta si chiama Snaphack. La trovate, almeno per ora, sull'App Store di Apple, accompagnata da un bel “ve l'avevamo detto” cantato dal Coro dei Nativi Analogici.

Fra l'altro, secondo Ars Technica SnapChat non purga affatto le foto dal dispositivo del destinatario dopo la loro scadenza: si limita a cambiarne l'estensione a .nomedia (nella cartella RECEIVED_IMAGES_SNAPS, su Android) e poi le cancella senza sovrascriverle o cifrarle. Per cui un po' di competenza nel recupero di file cancellati da un filesystem Android permette di recuperarle (anche se non è facilissimo, secondo TechCrunch). Utente avvisato, mezzo salvato.

Maggiori info: Business Insider, Heavy, BBC.





Come non far comparire il vostro nome nelle inserzioni di Google

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “maurizio.rond*” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Se siete allarmati all'idea che prossimamente (dall'11 novembre) Google potrà usare il vostro nome e la vostra foto del profilo Google nelle proprie inserzioni, niente panico. Basta andare a questa sezione delle impostazioni dell'account, disattivare la casella di spunta A seconda della mia attività, Google può mostrare il nome e la foto del mio profilo nei consigli condivisi che vengono visualizzate [sic] negli annunci e poi cliccare su Salva. Così:


In ogni caso il vostro nome e la vostra foto possono essere usati soltanto in relazione a contenuti sui quali avete cliccato “+1” (l'equivalente in Google+ del “Mi piace” di Facebook) o avete fatto un commento o che avete deciso di seguire. Inoltre foto e nome verrebbero mostrati soltanto ai vostri amici e contatti in Google+.

Anche disattivando quest'impostazione, il nome e la foto possono essere usati altrove da Google, per esempio in Google Play, secondo l'annuncio di Google.

C'è chi sta protestando contro la novità usando un metodo originale: sostituire la propria foto con quella di Eric Schmidt (executive chairman di Google).

Ecco il libro sui cosmonauti perduti (ed ecco le copertine)

È stata lunga (in parte anche per colpa mia), ma alla fine ce l'abbiamo fatta: il libro di Luca Boschini che finalmente chiarisce le teorie e le dicerie sui presunti “cosmonauti perduti” (comprese quelle dei fratelli Judica-Cordiglia) è ora disponibile sia in forma cartacea, sia come e-book.

S'intitola Il mistero dei cosmonauti perduti – Leggende, bugie e segreti della cosmonautica sovietica e lo trovate da ordinare via Internet qui su Cicap.org rispettivamente a 14,90€ e 4,99€.

Quella che vedete qui accanto è la copertina finale, scelta fra tutte quelle pervenute a Luca e realizzate per passione dai lettori del Disinformatico, come raccontato qui. Le altre copertine proposte (quelle i cui autori hanno dato il permesso) sono pubblicate qui.

Buona lettura!

2013/10/14

FAQ: “Paolo, ma il blog ‘il Re della Bufala’ è tuo?

Da anni ricevo segnalazioni di lettori che cercano informazioni su Google usando il mio cognome come una delle parole chiave, in modo da trovare eventuali articoli scritti da me sull'argomento cercato, e incappano in un sito fake:

http://attivissimo-bufala blogspot it

che usa il titolo “Paolo Attivissimo il Re della Bufala”, imita la grafica del Disinformatico, usa la stessa piattaforma di blogging e pubblica una marea di scempiaggini complottiste (screenshot qui accanto).

Il blog ingannevole giace privo di aggiornamenti da novembre 2009 ma continua a confondere molti utenti, anche se i commenti in coda ai post sono piuttosto eloquenti.

Ho segnalato la questione a Google/Blogger come possibile furto d'identità, ma non c'è stato alcun risultato concreto, nonostante il fatto che il gestore del blog usi il mio vero nome e cognome nel proprio profilo e il fatto che il nome del blog causi confusione nei lettori. Forse rientra nel caso di “parodia o satira di persone” previsto dalle condizioni di Google.

Sia come sia, scrivo questo post per chiarire a chi mi segnala quel blog che:
  • sono al corrente della sua esistenza
  • non è roba mia
  • non so chi c'è dietro
  • l'ho già segnalato a Google come possibile abuso (e l'ho segnalato di nuovo a settembre 2014), ma senza risultato
  • non ho tempo per insistere sulla questione, ma se volete provarci voi, non ho nulla in contrario
  • Internet è fatta così
  • una risata lo seppellirà

Grazie a tutti, comunque, per l'interessamento!


Aggiornamento (2014/10/02): il blog è stato rimosso.

Ci vediamo a Calavino il 18?

Venerdì 18 ottobre sarò al Teatro di Calavino (TN), alle 20:30, per un incontro pubblico sul tema degli inganni e autoinganni del giornalismo nell'era di Internet e su come difendersi da bufale, incompetenze, propaganda, sensazionalismo e comunicatori sottopagati.

I dettagli sono qui; l'incontro si tiene nell'ambito della Settimana della Cooperazione organizzata dalla Cassa Rurale della Valle dei Laghi.

La cometa ISON è “scortata” da due oggetti. Sono i neuroni dei fUFOlogi

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “maxwell49”.

Stanno comparendo già da un po' articoli e post deliranti come questo su Antikitera.net, tratto da CentroMeteoItaliano, secondo i quali la cometa ISON sarebbe “scortata da due oggetti sconosciuti” che sarebbero “a forma di sigaro”.

Il fenomeno sarebbe documentato da un video ripreso da “un radar spaziale cinese”.

Cosa sia di preciso un “radar spaziale cinese” non è spiegato, né viene chiarito come facciano i cinesi ad avere immagini così dettagliate di un oggetto relativamente piccolo (circa 5 km di nucleo) che si trova a 262 milioni di chilometri dalla Terra (dati WolframAlpha di oggi), quando l'immagine radar migliore di un asteroide largo 1 chilometro e 32 volte più vicino (acquisita ad Arecibo) è questa.

La tesi della “scorta” cometaria è diffusa da molti altri siti (basta cercare "Chinese space radar" comet ison), ma non c'è nessun sito astronomico serio che ne parli. Lascio a voi decidere se il silenzio collettivo degli astronomi è dovuto a una congiura mondiale o al fatto che l'annuncio è una corbelleria.

Altri dettagli e analisi sono su Godlikeproductions.

2013/10/13

Adesso smonto i complotti lunari in inglese anche su carta

Ci ho messo quasi quattro anni, ma alla fine ce l'ho fatta: ho trovato il tempo di scrivere e impaginare anche in edizione inglese il mio libro dedicato alle tesi di complotto intorno agli sbarchi sulla Luna.

Se vi interessa questa versione cartacea o avete qualche amico anglofono al quale volete regalarla, la trovate qui su Lulu.com. Tenete presente, comunque, che è disponibile anche come e-book per Kindle qui su Amazon e in versione gratuita PDF ed EPUB light (con immagini a risoluzione ridotta) sostenuta dalle donazioni.

L'edizione italiana, già in circolazione da tempo e periodicamente aggiornata, resta a disposizione qui come PDF ed EPUB light e come libro cartaceo ed e-book.

SpaceX: razzo Grasshopper decolla, sale a 750 m e riatterra


Nuovo record di arrampicata per Grasshopper, il razzo sperimentale riutilizzabile di SpaceX in grado di tornare al punto di partenza e atterrare verticalmente, proprio come nei film di fantascienza classici (compresa la fiammella laterale tipica degli effetti speciali dei film di serie B). Lunedì scorso Grasshopper è salito fino a 744 metri ed è poi atterrato dolcemente sul punto di partenza. Le riprese ravvicinatissime dall'esacottero sono splendide.

Lo scopo finale è ridurre i costi dei lanci spaziali usando razzi il più possibile riutilizzabili invece degli attuali usa-e-getta. Immaginatevi quanto sarebbe proibitivo viaggiare se dovessimo distruggere e ricomprare l'auto o l'aereo ogni volta che ci spostiamo.

2013/10/12

Disinformatico radiofonico del 2013/10/11

Come ti arresto il guardone delle webcam. Lei è Cassidy Wolf, diventata celebre per due ragioni. La prima è che è stata eletta Miss Teen USA. La seconda è che è stata spiata in camera propria, mentre si svestiva, tramite la webcam del suo computer.Il guardone ha registrato le immagini e le ha inviate via mail alla ragazza, minacciando di trasmetterle a tutti gli amici della miss se lei non gli avesse mandato altre immagini di “buona qualità” (indovinate in che senso) o se non fosse andata in video su Skype con lui per fare quello che le chiedeva (continua).

Facebook: basta utenti invisibili e arriva la ricerca completa nei post pubblici. Nel prossimo futuro sarà possibile cercare qualunque post e aggiornamento di stato mai scritto su Facebook come post pubblico e i nostri amici potranno cercare tutti i post che abbiamo condiviso con loro. Sparisce, insomma, l'oblio prodotto dall'accumulo cronologico di post. Inoltre è già stata rimossa un'opzione che permetteva a un utente di non essere trovato se veniva cercato in base al nome e cognome (dettagli).

La T-shirt contro il riconoscimento facciale. Una proposta originale per confondere i sistemi automatici di riconoscimento dei volti, considerati spesso troppo invasivi da parte di molti utenti, per esempio quando vengono usati nei social network per consentire il tagging automatico delle foto: indossare una T-shirt decorata con volti di sosia di persone famose (dettagli).

WhatsApp, cifratura dei messaggi fallata (di nuovo). La popolarissima app di messaggistica WhatsApp è ancora nei guai per i buchi nella sicurezza apparentemente promessa ai propri utenti. Lo ha scoperto uno studente olandese: WhatsApp usa una cifratura inadeguata (RC4, che ha falle note) e genera una sorta di one-time pad... che viene riusato (dettagli).

Super Mario in HTML5: giocare nel browser senza installare nulla. L'HTML5 è il futuro standard per la creazione di pagine Web. Molto promettente, ma se volete una demo subito di quello che si potrà fare con questo nuovo standard, provate Full Screen Mario. Non occorre Flash o Java, ma solo un browser compatibile (Chrome).

Il podcast della puntata è scaricabile qui.

Il CICAP abbraccia la magia. Quella vera. Stasera

Questa sera alle 21, al Teatro Fontana di Milano, sarà possibile vedere dal vivo Aurelio Paviato, campione del mondo di Close-Up Magic. Forse lo avete visto al Costanzo Show, dove è stato ospite frequente: questa è la vostra occasione per assistere dal vivo al suo spettacolo di magia e storia della magia.

È un viaggio nel tempo che fa scoprire quanto i giochi di prestigio di 300, 500, ma anche di più di 2000 anni fa restino vivi ed attuali. Io l'ho visto all'opera e il suo spettacolo è davvero notevole per il suo talento di accompagnare gli effetti di illusionismo al racconto della loro storia secolare. Ci si diverte, ci si meraviglia e intanto s'impara.

Il biglietto intero costa 20 €; il ridotto (ragazzi fino a 14 anni e adulti oltre i 65) 15 €. Se vi interessa prenotare telefonicamente o via Internet, trovate tutti i dettagli qui sul sito del CICAP. Sì, il sito del CICAP: perché l'illusionismo e la sua conoscenza fanno parte del bagaglio utile di chiunque sia interessato ai misteri e perché anche gli scettici allegri amano farsi incantare, ogni tanto. Nel foyer del teatro sarà presente una postazione CICAP dove sarà possibile aderire al Comitato, rinnovare la propria adesione, prendere contatto con il CICAP-Lombardia e abbonarsi alla rivista Magia.

2013/10/11

Super Mario in HTML5: giocare nel browser senza installare nulla

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 11/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

L'HTML5 è il futuro standard per la creazione di pagine Web: promette contenuti più multimediali senza ricorrere ad accessori (plug-in) esterni, come Java, Flash o Silverlight, lenti e vulnerabili. Ma non occorre aspettare il futuro: molti dispositivi, sia smartphone sia computer tradizionali, sono già compatibili con HTML5 e permettono di vedere subito come sarà l'aspetto futuro del Web.

Parlarne in astratto, però, non è efficace e illuminante quanto vederne una dimostrazione concreta. Josh Goldberg ha creato per questo Full Screen Mario: una ricostruzione completa del videogioco classico che usa esclusivamente le funzionalità di HTML5 per giocare dentro il browser (è necessario Google Chrome o altro browser che supporti pienamente HTML5). Potete creare nuovi livelli in un editor (anch'esso basato su HTML5), scaricare il software per modificarlo o semplicemente sbizzarrirvi con i livelli di gioco già pronti.

Non c'è bisogno di scaricare o installare il gioco: si apre come se fosse una pagina Web tradizionale. Provatelo presso www.fullscreenmario.com. Buon divertimento.

WhatsApp, cifratura dei messaggi fallata (di nuovo)

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 11/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

La popolarissima app di messaggistica WhatsApp è ancora nei guai per i buchi nella sicurezza apparentemente promessa ai propri utenti. Già in passato era emerso che la cifratura di WhatsApp che dovrebbe garantire che i messaggi non siano intercettabili e leggibili da altri utenti era risultata lacunosa e che la società che gestisce WhatsApp raccoglieva e conservava troppi dati dalle rubriche degli utenti. La cifratura di WhatsApp era stata cambiata, ma anche quella nuova ha dei problemi fondamentali, secondo le ricerche pubblicate dallo studente di matematica e informatica olandese Thijs Alkemade.

Se in passato le chiavi crittografiche di WhatsApp si erano basate incautamente su dati facilmente reperibili (e trasmessi in chiaro) come il codice IMEI identificativo del cellulare o il MAC address del dispositivo mobile, stavolta viene usata una cifratura inadeguata (RC4, che ha falle note) che oltretutto genera una chiave di sessione che viene usata per cifrare sia i messaggi trasmessi, sia quelli ricevuti: un errore fondamentale, perché queste chiavi di sessione sono, per definizione, da usare una sola volta (sono simili agli one-time pad, che come dice il nome sono pensati per essere utilizzati una singola occasione e poi sostituiti).

Riutilizzare la stessa chiave significa che chiunque riesca a intercettare uno scambio di messaggi cifrati li può decifrare con un'operazione di calcolo banalissima (una serie di XOR).

In altre parole, chi usa WhatsApp dovrebbe presumere che tutto quello che scrive, legge, invia o riceve non abbia alcuna garanzia di privacy o segretezza.

La T-shirt contro il riconoscimento facciale

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 11/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Una proposta originale per confondere i sistemi automatici di riconoscimento dei volti, considerati spesso troppo invasivi da parte di molti utenti, per esempio quando vengono usati nei social network per consentire il tagging automatico delle foto: indossare una T-shirt decorata con volti di sosia di persone famose.

È la proposta-provocazione dell'olandese Simone C. Nyquille, realizzata nell'ambito della sua tesi in design presso il Sandberg Institute di Amsterdam. Fatte e stampate su misura, costano circa 65 dollari. L'idea di fondo è creare “uno strumento di protezione della privacy che non richieda grande sforzo” per l'uso.

Secondo Nyquille, più è aderente la T-shirt, più è efficace nel confondere i sistemi di riconoscimento facciale. Un'altra idea originale di Nyquille è una serie di lenti a contatto riflettenti, che rimandano verso la fotocamera una luce accecante se vengono fatte foto con il flash. Se volete saperne di più sulla T-shirt o volete crearne una personalizzata, trovate tutte le informazioni presso realface.s-c-n.biz.

http://nakedsecurity.sophos.com/2013/10/03/creepy-t-shirts-designed-to-baffle-facebook-facial-reconition-software

Come ti arresto il guardone dalla webcam

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 11/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Lei è Cassidy Wolf, diventata celebre per due ragioni. La prima è che è stata eletta Miss Teen USA. La seconda è che è stata spiata in camera propria, mentre si svestiva, tramite la webcam del suo computer.

Il guardone ha registrato le immagini e le ha inviate via mail alla ragazza, minacciando di trasmetterle a tutti gli amici della miss se lei non gli avesse mandato altre immagini di “buona qualità" (indovinate in che senso) o se non fosse andata in video su Skype con lui per fare quello che le chiedeva.

Cassidy non si è piegata al ricatto ma ha chiamato l'FBI, che ha trovato sul laptop della ragazza due RAT, ossia due software ostili di comando a distanza, scaricati e installati non si sa bene come. Rintracciare chi li stava usando non è stato facile: le mail provenivano da un indirizzo non tracciabile. Ma il guardone ha commesso un errore, perché le sue sessioni di voyeurismo passavano da No-ip.org, che ha fornito i dati delle sessioni all'FBI.

L'account No-ip.org usato per quelle sessioni era intestato a un signor Abrahams con l'alias "cutefuzzypuppy". A quel punto è stato sufficiente fare una ricerca in Google con quell'alias per scoprire i messaggl pubblici lasciati dallo spione e fare una capatina su Facebook per trovare il profilo di Jared, figlio diciannovenne del signor Abrahams. Lo hanno pedinato a scuola, in California, e hanno scoperto, grazie alla collaborazione dei servizi informatici dell'istituto, che il giovane si era collegato ai computer delle vittime usando i PC scolastici. Jared è stato arrestato.

Quel "vittime", al plurale, è purtroppo corretto: l'FBI ha infatti trovato altre ragazze spiate da Jared Abrahams. Fra l'altro, Cassidy Wolf non aveva alcun sentore di essere sorvegliata tramite la webcam del computer perché la spia della telecamera non si accendeva quando Abrahams la usava per guardarla. Jared aveva infatti raccolto informazioni su quali marche e modelli di laptop potevano essere comandati in modo da accendere la webcam senza far illuminare la spia.

Facebook: basta utenti invisibili, arriva la ricerca completa nei post pubblici

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 11/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.


Nel prossimo futuro sarà possibile cercare qualunque post e aggiornamento di stato mai pubblicato au Facebook, grazie a Graph Search, un'opzione che viene progressivamente attivata a tutti gli utenti che usano l'inglese come lingua per l'interfaccia di Facebook. Lo ha annunciato il social network pochi giorni fa. Saranno possibili ricerche in base alla cronologia ("all of my posts from 2012", per esempio), ai partecipanti o alla posizione geografica.

Con questa nuova opzione diventerà cercabile tutto quello che è stato condiviso con la persona che effettua la ricerca ma soprattutto tutti i i post pubblici (quelli visibili senza aver ottenuto l'amicizia di chi li ha scritti). I post pubblici saranno insomma analizzabili per aggregazione e non ci sarà più l'oblio prodotto dal passare del tempo che rendeva difficile scorrere la cronologia alla ricerca di un post specifico.

Fate quindi attenzione alle impostazioni dei vostri post e assicuratevi che siano pubblici soltanto quelli che volete davvero condividere con chiunque. Se volete ripassare i livelli di visibilità dei vostri post, cliccate sul lucchettino nella barra superiore di Facebook, scegliete Chi può vedere le mie cose? e poi Usa il registro attività.

Nel frattempo Facebook ha già rimosso un'altra funzione: l'opzione che permetteva di rendersi irreperibili a chi ci cercava tramite nome e cognome. Nelle Impostazioni sulla privacy potevate scegliere, nella colonna di sinistra, la sezione Privacy e da lì decidere chi poteva trovarvi su Facebook. D'ora in poi non ci si potrà più nascondere. Secondo l'annuncio di Facebook, non lo facevano in molti ed è per questo che l'opzione è stata rimossa.

http://readwrite.com/2013/10/10/facebook-privacy-setting-checkup#awesm=~ojW173PStbnAbi

http://techland.time.com/2013/10/10/facebook-no-longer-lets-users-hide-their-profiles-in-search/

http://newsroom.fb.com/News/735/Reminder-Finishing-the-Removal-of-an-Old-Search-Setting

2013/10/08

Pensare prima di postare: @needadebitcard

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “stefano” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Conoscete @needadebitcard? È un account Twitter che raccatta e ripubblica qualunque tweet pubblico contenga parole che descrivano una carta di credito o debito accompagnata da un'immagine.

Vedere così gli atti di furbizia di chi si vanta col mondo intero di aver ricevuto la propria nuova carta di credito e ne pubblica una foto, con tanto di numeri e data di scadenza, è ormai un classico che fa riflettere su quanto sia evidentemente difficile, per molta gente, pensare alle conseguenze dei propri atti.

Poco fa, però, qualcuno ha voluto dare ancora di più:




Sì, avete capito bene. È una richiesta di aiuto perché la persona ha rovesciato del solvente per unghie sulla propria carta di credito. Che già in sé non è una grande furbata, ma pazienza.

Il bello è che la richiesta include una foto della carta. Non una foto qualsiasi, ma una del retro della carta. Che ha quindi in bella mostra non solo il numero della carta, la sua data di scadenza e il nome e cognome della persona (visibili perché impressi in rilievo nello spessore della carta), ma anche il codice CVV.

L'utente ha insomma pubblicato volontariamente tutti i dati necessari per consentire a chiunque di usare fraudolentemente la carta. I dati erano perfettamente leggibili nell'immagine originale, che qui ho degradato e ridotto per sicurezza. Il tweet originale è stato rimosso dall'utente dietro mio consiglio.

Quando si cerca di spiegare la sicurezza informatica, questo è il genere di mentalità con il quale si ha troppo spesso a che fare. Sono senza parole.

Disinformatico radio, un po’ di podcast e argomenti in arretrato

Nella puntata di venerdì scorso (4/10) del Disinformatico di Rete Tre (podcast qui) ho parlato dei seguenti argomenti:

  • Antibufala: il lago Natron che pietrifica gli animali che lo toccano! Circola su Facebook e sui blog la notizia che in Tanzania c'è un lago in cui gli uccelli si pietrificano. Si chiama lago Natron ed è diventato improvvisamente oggetto di attenzione da parte degli internauti per via di una serie di fotografie impressionanti che ritraggono animali apparentemente pietrificati di colpo nel mezzo di un movimento. Indovinate un po': è una bufala (dettagli).
  • Dieci anni di Martedì delle Pezze: il “Patch Tuesday”. Oggi (8 ottobre) Microsoft rilascia otto aggiornamenti di sicurezza, che riguardano Windows, Internet Explorer, .NET, Office, SharePoint e Silverlight. Almeno una di queste falle viene già sfruttata attivamente su Internet dai criminali informatici, per cui non è il caso di tentennare sull'aggiornamento. Il rilascio degli aggiornamenti coincide con il decimo anniversario del cosiddetto “patch Tuesday”, letteralmente il “martedì delle pezze (o delle patch)” (dettagli).
  • Adobe, sottratte password e carte di credito di quasi 3 milioni di clienti. Se usate Flash o Acrobat o una delle tante tecnologie marchiate Adobe onnipresenti nei computer e dei dispositivi digital di oggi, per esempio tramite i servizi Creative Cloud, tenetevi forte. Adobe Systems Inc. è stata violata da intrusi informatici che hanno sottratto il codice sorgente di molti dei suoi prodotti e quasi tre milioni di password e coordinate di carte di credito (nomi, numeri e date di scadenza) dei suoi clienti (dettagli).
  • Twitter va in Borsa e rivela i propri numeri. Twitter ha pubblicato i dettagli del proprio piano di quotazione in Borsa, rendendo pubbliche molte informazioni sulle proprie attività e dimensioni che prima erano riservate e stimate soltanto indirettamente dagli esperti. Il “social network” (più propriamente piattaforma di microblogging) dichiara alle autorità statunitensi di avere circa 218 milioni di utenti attivi mensili (49 negli USA, 169 nel resto del mondo) e di gestire oltre mezzo miliardo di tweet al giorno (dettagli).
  • Flutter comanda il computer senza toccarlo. Comandare il computer con i gesti, senza toccarlo, sembra una cosa da film di fantascienza, ma oggi potete provare quest'ebbrezza non solo con alcuni televisori ma anche con il vostro computer grazie a Flutter: un'applicazione che usa la webcam di un PC Windows o di un computer con Mac OS X per riconoscere i gesti e usarli per comandare le altre applicazioni (dettagli).


Nella puntata del 27 settembre (podcast) invece ho toccato questi temi:

  • Facebook permette di correggere i post, ma non dimentica. Senza troppa fanfara Facebook ha attivato una funzione che farà piacere ai pignoli dell'ortografia e chi si pente facilmente di quello che scrive: ora è possibile modificare e correggere i post dopo che sono stati pubblicati. Prima questa possibilità di modifica esisteva soltanto nei commenti (dettagli).
  • Apple, iOS7 aggiornato ma blocco tastiera ancora scavalcabile. Apple ha pubblicato un aggiornamento di iOS 7 che corregge due falle che permettevano di scavalcare la password di protezione e visualizzare o condividere foto e fare telefonate. Ma rimane ancora una caratteristica di iOS 7 che permette di aggirare la password di protezione: non è una falla in senso stretto, ma una funzione del telefonino (dettagli).
  • La mappa aggiornata dei rischi in Rete. I rischi su Internet si evolvono e cambiano in continuazione: un rapporto appena pubblicato dalla società di sicurezza F-Secure fa il punto della situazione delle minacce informatiche nei primi mesi del 2013. Java al primo posto, ma anche bizzarrie: estrazione di Bitcoin e attacchi tramite font (dettagli).

Ho parlato anche del quindicesimo compleanno di Google e della scelta di Popular Science di abolire i commenti perché sono inefficienti e inutili (con dimostrazione scientifica) e influenzano eccessivamente la percezione degli articoli.


Nella puntata del 20 settembre (scaricabile qui) ho inoltre parlato di queste cose:

  • Antibufala: alieni nella stratosfera! “Trovate 'alghe aliene' su un pallone sonda ad alta quota” annunciano vari siti dedicati all'ufologia e anche testate giornalistiche come Panorama e i britannici Telegraph e Independent. Indovinate come stanno realmente le cose (dettagli).
  • Debutta iOS 7, confusione e bachi: meglio aspettare. Server stracarichi, attese estenuanti e qualche baco per chi non sa pazientare e vuole subito l'ultima novità di Apple (dettagli).
  • Falla grave in Internet Explorer, pronto l'aggiornamento urgente. Un evento piuttosto raro: Microsoft rilascia un aggiornamento per IE al di fuori delle scadenze standard, perché c'è da rattoppare una falla che viene già sfruttata attivamente dai criminali informatici (dettagli).
  • Uomo si finge Justin Bieber su Internet, seduce minorenni alla webcam. Condannato a 14 anni di carcere un uomo che convinceva ragazzi e ragazze molto giovani a spogliarsi davanti alla webam fingendo di essere una celebrità. La vile tecnica di un ricatto progressivo (dettagli).
  • Lavorare gratis su documenti Office sui tablet con QuickOffice. Editare sul tablet o telefonino i documenti Microsoft Office senza pagare per il software è diventato più facile (dettagli).

2013/10/07

Tiriamo fuori la roccia lunare italiana! Ci vediamo il 28 ottobre al Museoscienza di Milano

Non so quanti sono al corrente del fatto che a Milano c'è un frammento di Luna, portato dagli astronauti Apollo oltre quarant'anni fa.

Salvo rare occasioni, sta rinchiuso nei depositi del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci”, ed è un vero peccato che questo tesoro non sia visibile.

Ma il Museo ha avviato una campagna di raccolta fondi per consentirne l'esposizione permanente e protetta all'interno della nuova area Spazio del Museo: un progetto che richiede 50.000 euro.

La campagna s'intitola Conquistiamoci la luna e ne trovate i dettagli presso museoscienza.org/luna. È possibile fare donazioni anche via Internet.

Io parteciperò alla campagna con una serata dedicata all'avventura spaziale che ci ha portato quel frammento: mostrerò le fotografie e le immagini restaurate, a colori, di quell'impresa e sarò a vostra disposizione per tutte le domande che vorrete fare per conoscere meglio questo pezzo di Storia. L'appuntamento è per il 28 ottobre alle 18:30, presso l'Auditorium del Museo. Avrò con me, da donare al Museo, la versione più recente di Moonscape in italiano. Vi aspetto.

2013/10/06

Dropbox e la cache da 40 gigabyte su disco

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “c.bocc*” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Disco pieno. Su un MacBook Air, che ha un disco a stato solido da 128 GB, può capitare. Quello che non mi aspettavo è l'origine del riempimento: la cache di Dropbox, che aveva assunto la ragguardevole dimensione di 40 gigabyte. In una cartella nascosta, oltretutto, per cui non avrei mai scoperto la causa dell'intasamento se non avessi usato Disk Inventory (utility gratuita sostenuta dalle donazioni).

Una cache gigantesca del genere mi è capitata probabilmente perché ho un Dropbox da 100 gigabyte, che però non sono tutti occupati e non sono neanche tutti condivisi sull'Air, quindi magari a voi non capiterà mai. Ma vi segnalo comunque l'episodio, caso mai dovesse capitarvi o semplicemente se volete dare un'occhiata alle dimensioni della vostra cache Dropbox su un Mac: andate nel Finder e (con il menu Go) scegliete di andare alla cartella ~/Dropbox/.dropbox.cache. Visualizzatela, cancellatene il contenuto e sarete a posto, come descritto nell'help di Dropbox (solo in inglese).

2013/10/04

Rememberthe13th, la NASA ha un mega-annuncio per il 13 novembre o 6 ottobre? Non penso proprio

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “sporting3” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Mi sono arrivate parecchie segnalazioni di un sito, rememberthe13th.com, che annuncia che la NASA avrebbe “effettuato una scoperta storica che scuoterà l'intero pianeta”. L'annuncio era inizialmente previsto per il 13 novembre (donde il nome del sito) ma è stato anticipato al 6 ottobre, come potete leggere nello screenshot qui accanto.

Tutta la cosa puzza di patacca, o di marketing virale, lontano un miglio:
  • Il sito mostra il logo NASA, ma la NASA non usa domini .com; essendo un ente federale statunitense, usa il suffisso .gov;
  • In questo momento, grazie alla monumentale idiozia di un branco di imbecilli che si credono politici ma sarebbero molto più a loro agio nella gabbia delle scimmie a tirarsi cacca, tutti i siti NASA sono offline;
  • il dominio è stato registrato il primo ottobre scorso, e non a nome della NASA ma attraverso una società panamense;
  • Stranamente, quando si copia e incolla il contenuto testuale del sito, si ottiene in coda questa stringa: - See more at: http://www.rememberthe13th.com/#sthash.LbS1soOb.dpuf, che decisamente non è nello stile NASA;
  • C'è chi segnala che dopo aver affidato al sito un indirizzo di mail vi ha ricevuto dello spam.

La cosa è piuttosto intrigante perché l'uso del logo NASA è vietato a chiunque non sia dipendente NASA o ai siti non-NASA (“These images may not be used by persons who are not NASA employees or on products (including Web pages) that are not NASA-sponsored”). Chi ha fatto questo sito, se non è stato autorizzato, potrebbe pentirsene.

Per ora è tutto quello che so. In teoria dopodomani si dovrebbe chiarire tutto, per cui a mio avviso non vale la pena spendere tempo in ulteriori indagini. Direi, soprattutto, di non preoccuparsi che ci possano essere annunci catastrofici dietro questo preavviso.

Aggiornamento (2013/10/05 00:20): Secondo AndroidMalwareDump, l'indirizzo IP (192.111.149.82) indica che si tratta di un sito dedicato alla raccolta di indirizzi di mail e profili sui social network, che verranno poi bombardati di spam. Dietro ci sarebbe Adixy.com, “un sito che permette di acquistare ‘mi piace’ e condivisioni”. Da evitare, insomma.

Antibufala: il lago Natron che pietrifica gli animali che lo toccano!

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 04/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Circola su Facebook e sui blog la notizia che in Tanzania c'è un lago in cui gli uccelli si pietrificano. Si chiama lago Natron ed è diventato improvvisamente oggetto di attenzione da parte degli internauti per via di una serie di fotografie impressionanti che ritraggono animali apparentemente pietrificati di colpo nel mezzo di un movimento.

Le immagini, scattate dal fotografo Nick Brandt e pubblicate in un libro, sono però ingannevoli se non vengono accompagnate dalla spiegazione (fornita da Brandt stesso ma ignorata da molti utenti di Internet) di come sono state ottenute: non è vero, come hanno scritto in molti, che il lago uccide e pietrifica di colpo qualunque animale che lo tocchi.

Il lago Natron è certamente un luogo molto particolare: uno specchio d'acqua profondo circa tre metri e caratterizzato da una salinità elevatissima, da temperature altrettanto estreme (anche 60°C) e dalla presenza di natron (carbonato idrato di sodio). Queste particolarità rendono l'acqua del lago tossica e caustica, ma non istantaneamente letale e pietrificante come la mitica Gorgone.

Infatti il lago Natron è frequentatissimo dai fenicotteri, che vi nidificano nelle vicinanze senza per questo finire pietrificati, e nel lago stesso vivono alghe e pesci estremofili. Anche loro si guardano bene dal farsi pietrificare.

Ma allora come stanno le cose? Il natron è un potente antibatterico e disseccante: veniva usato dagli egizi per la mummificazione dei cadaveri. E infatti gli animali “pietrificati” in realtà sono morti per altre cause e sono finiti nel lago, dove le sostanze naturali presenti li hanno in pratica preservati e mummificati. Brandt li ha raccolti e messi in posa per fotografarli: cosa impossibile se fossero davvero pietrificati. La spiegazione dei fatti non toglie certo fascino a queste immagini magnificamente spettrali.

Dieci anni di Martedì delle Pezze: il “Patch Tuesday”

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 4/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.


Martedì prossimo (8 ottobre) Microsoft rilascerà otto aggiornamenti di sicurezza, che riguardano Windows, Internet Explorer, .NET, Office, SharePoint e Silverlight. Almeno una di queste falle viene già sfruttata attivamente su Internet dai criminali informatici, per cui non è il caso di tentennare sull'aggiornamento.

Il rilascio degli aggiornamenti coinciderà con il decimo anniversario del cosiddetto “patch Tuesday”, letteralmente il “martedì delle pezze (o delle patch)”: questo è il nome che Microsoft usa per indicare il secondo martedì di ogni mese, che è il giorno scelto dall'azienda per rilasciare in blocco gli aggiornamenti di sicurezza che Microsoft ha preparato e accumulato nel corso del mese. Questa tecnica di rilascio fu introdotta a ottobre del 2003 per dare agli amministratori di sistema una data certa e regolare per la quale prepararsi agli aggiornamenti. Le eccezioni alla regola del secondo martedì vengono riservate soltanto per le vulnerabilità più gravi attivamente sfruttate per attacchi informatici.

Oltre al “patch Tuesday” esiste anche l'“exploit Wednesday”, ossia (traducendo un po' liberamente) il “mercoledì dello sfruttamento del mancato rattoppo”: i criminali informatici analizzano infatti gli aggiornamenti, li confrontano con le versioni precedenti del software e osservano le differenze. Questo permette loro di scoprire i punti vulnerabili dei vari software e di creare attacchi che li prendono di mira, contando sul fatto che molti utenti sono pigri o riluttanti ad installare gli aggiornamenti (oppure non possono farlo a causa di politiche aziendali) e quindi restano vulnerabili. Non rendete la vita facile ai criminali digitali: aggiornate sempre e subito il vostro software.

Adobe, sottratte password e carte di credito di quasi 3 milioni di clienti

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 04/10/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Se usate Flash o Acrobat o una delle tante tecnologie marchiate Adobe onnipresenti nei computer e dei dispositivi digital di oggi, per esempio tramite i servizi Creative Cloud, tenetevi forte. Adobe Systems Inc. è stata violata da intrusi informatici che hanno sottratto il codice sorgente di molti dei suoi prodotti e quasi tre milioni di password e coordinate di carte di credito (nomi, numeri e date di scadenza) dei suoi clienti.

Gli annunci formali di queste violazioni sono stati pubblicati da Adobe qui e qui: in sintesi, sono sicuramente coinvolti Acrobat e ColdFusion, prodotti molto importanti dell'azienda, e i dati delle carte di credito rubati erano cifrati, per cui i ladri devono riuscire a decifrarli prima di poterli eventualmente sfruttare.

Adobe, a titolo precauzionale, reimposterà le password degli utenti coinvolti per evitare che i ladri possano usare le password rubate e avviserà via mail chi è stato colpito dall'attacco (attenzione, quindi, alle mail false che si spacceranno sicuramente per avvisi di Adobe ma in realtà servono a rubarvi le credenziali).

La sottrazione del codice sorgente dei prodotti Adobe potrebbe facilitare la ricerca di falle da parte dei malfattori, ma al momento non risulta nessun attacco basato su questa fuga di dati, che è iniziata a metà settembre. Nel frattempo ha preannunciato un aggiornamento di sicurezza critico per Reader e Acrobat XI su Windows che verrà distribuito l'8 ottobre.

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