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2015/10/26

56 anni fa l’umanità scopriva la faccia nascosta della Luna


26 ottobre 1959: per la prima volta l’umanità vide la faccia della Luna che da milioni di anni era nascosta al suo sguardo terrestre. L’immagine sgranata e confusa che vedete qui sopra fu il primo colpo d’occhio su un mondo così vicino eppure ignoto per metà.

Fu trasmessa dalla sonda russa Lunik 3, che aveva a bordo una fotocamera a pellicola, un laboratorio automatizzato di sviluppo, uno scanner per acquisire le immagini (una trentina in tutto) e un trasmettitore per inviarle a Terra, dove i russi le analizzarono per poi renderle pubbliche appunto il 26 ottobre del 1959. Per l’epoca questi apparati erano il top della tecnologia.

Le immagini furono autenticate intercettando il segnale radio di Lunik 3 presso l’osservatorio britannico di Jodrell Bank, per assicurarsi che i russi non stessero facendo finta a scopo di propaganda (i russi furono ben lieti di fornire informazioni per l’ascolto agli inglesi, proprio per far autenticare l’impresa).

Chicca: la pellicola resistente alle radiazioni usata a bordo della sonda spaziale russa era di produzione americana, rubata dai palloni-spia militari americani della serie Genetrix caduti per errore o abbattuti in territorio sovietico.

La prima pagina de L'Unità del giorno dopo.
Per gentile concessione di @giaroun.


Oggi abbiamo immagini della faccia nascosta notevolmente migliori, come quella mostrata nel confronto qui sotto: ma la meraviglia di vedere per la prima volta qualcosa che nessun essere umano, in tutta la storia dell’umanità, aveva mai potuto vedere dev’essere stata incredibile. Forse abbiamo vissuto un’ebbrezza simile con le recenti immagini di Plutone.

Fra l'altro, quella prima visione fu una sorpresa enorme: si scoprì, in quelle prime foto, che la faccia nascosta della Luna è diversissima da quella rivolta verso la Terra: i mari sono praticamente assenti. Questo non se l’aspettava nessuno. Ed è per questo che si esplora: perché non sappiamo cosa troveremo, e l’universo ha dimostrato ripetutamente di saperci sorprendere.



Fonti: Sven Grahn, NASA, NASA, Astrosurf, DamnInteresting.

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