2015/10/13

Perché si scrive un libro di debunking? Per momenti come questo

Non ho mai conosciuto di persona Neil Armstrong, il primo uomo ad atterrare e mettere piede sulla Luna, figura chiave della mia gioventù e di quella di tanti miei coetanei. È morto pochi mesi prima che mi capitasse, finalmente, l'occasione di andare negli Stati Uniti a incontrarlo. L'unico contatto diretto che ho avuto con lui è stata una mail che mi ha mandato di sua iniziativa in risposta a una domanda che avevo mandato al suo biografo.

Presso la Purdue University, dove si laureò in ingegneria aeronautica, c'è una statua molto semplice che lo commemora. Poco fa @Lorentz83 mi ha fatto un regalo bellissimo che mi ha commosso: ha fotografato una copia del mio libro Luna? Sì, ci siamo andati! accanto a quella statua.




Ogni tanto mi chiedono perché mi dedico al debunking dei complottismi e in particolare dei lunacomplottismi. C'è chi dice che non serve a niente; tanto gli irriducibili non cambieranno mai idea. Ma non è per loro che scrivo; si tengano pure le loro idiozie, l'astio invidioso, l'incapacità di accettare che ci sia al mondo gente meno piccola di loro.

Scrivo per i dubbiosi che vogliono saperne di più, per gli appassionati, per le persone che condividono con me l'entusiasmo per una delle pagine più belle e pure della storia dell'esplorazione e dell'avventura. Scrivo perché spesso vedo, negli occhi delle persone che incontro dopo una conferenza sulle missioni lunari, la stessa meraviglia ed emozione che persone come Neil Armstrong hanno regalato a me e che cerco di regalare a mia volta. E perché gesti come quello di Lorentz83, che ringrazio di cuore, compensano qualunque polemica, insulto o minaccia che possa arrivarmi dai diversamente furbi.

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