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2015/11/06

Antibufala: se dici certe parole su Facebook ti abbassano il credito!

Sta circolando con una certa inquietudine una notizia (per esempio sul popolarissimo sito Slashdot.org) secondo la quale le parole che scriviamo su Facebook vengono utilizzate dalle agenzie di valutazione della solvibilità economica personale per decidere se concedere prestiti e mutui. In particolare, sarebbe a rischio l’uso della parola inglese wasted, che in questo contesto significa ubriaco fradicio.

La fonte della notizia è una di quelle solitamente attendibili: è il Financial Times, che spiega che due delle principali società statunitensi, la FICO e la Trans Union, stanno esplorando nuovi modi di valutare in modo attendibile la solvibilità dei consumatori che normalmente vengono considerati eccessivamente a rischio.

Il CEO di FICO, Will Lansing, ha dichiarato al Financial Times che i tanti dati dei consumatori coprono una gamma molto varia di attendibilità. I più attendibili sono i pagamenti puntuali delle fatture delle carte di credito; in mezzo ci sono cose come le bollette dei servizi e i cambi d’indirizzo, che possono indicare difficoltà a pagare l’affitto; all'estremo opposto c’è tutto quello che l’utente pubblica sui social network, che può essere analizzato alla ricerca di indizi. Spiega Lansing: “Se guardi quante volte una persona usa la parola ‘ubriaco’ nel proprio profilo, ha un certo valore nel prevedere se sarà in grado di ripagare i propri debiti. Non è molto, ma è più di zero.”

Ma il Financial Times non dice che le parole chiave pubblicate nei social vengono realmente usate: Lansing sta facendo semplicemente un esempio ipotetico e il concetto di attingere ai post nei social network per valutare la solvibilità è sperimentale e riferito ai cittadini americani.

Nessun pericolo imminente, quindi, di vedersi rifiutato un prestito per aver parlato di ubriacature su Facebook; ma è vero che c'è molto interesse per l’analisi del contenuto di quello che scriviamo sui social network, per cui quella che ora è soltanto un’ipotesi potrebbe diventare realtà.

Comunque sia, già ora quello che postiamo nei social network viene usato dai potenziali datori di lavoro per valutare la nostra personalità: il profilo Facebook, i messaggi su Twitter, le pagine su LinkedIn vanno insomma considerati già ora parte integrante del curriculum vitae ed è pertanto il caso di fare subito pulizia di eventuali contenuti potenzialmente imbarazzanti.

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