2018/03/22

Avventurette in auto elettrica: l’importanza di una rete di ricarica informatizzata

Ultimo aggiornamento: 2018/03/30 7:30.

Sto man mano esplorando i limiti di un’auto elettrica ad autonomia limitata come la mia Peugeot iOn usata (90 km reali, secondo il computer di bordo). L’ho comprata pensando di usarla esclusivamente come city car, per viaggi brevi entro il limite della sua autonomia, ma visto il successo dell’avventuretta precedente a una distanza senza ritorno garantito ho proposto alla Dama del Maniero una sfida leggermente più spinta: andare in un luogo che possiamo raggiungere soltanto facendo tappa per caricare e dove c’è una sola colonnina di ricarica, dalla quale dobbiamo dipendere per poter tornare a casa. E fare tutto questo non per diletto, ma per lavoro, con orari di arrivo da rispettare.

Il luogo è Cevio, dove ho tre lezioni di sicurezza e privacy per gli studenti della Scuola Media locale. Cevio dista dal Maniero Digitale 72 chilometri, per metà autostradali. Ci potremmo arrivare senza far tappa per ricaricare, ma con margini ridottissimi, e fa freddo, per cui servirà un po’ di riscaldamento, che intacca l’autonomia. Troppo rischioso. Girare con soli 16 kWh di batteria richiede una certa arte nel pianificare e bilanciare le esigenze.

L’ottimo Lemnet.org mi segnala che lungo il percorso di andata ci sono ben tre colonnine di ricarica rapida con connettore CHAdeMO (quello della iOn) a circa 33 km dal Maniero. Rispetto all’avventuretta precedente, ne è spuntata una nuova, quella di GOFAST a Cadenazzo, che avevamo trovato in allestimento appunto durante quel giro esplorativo ed è stata inaugurata da poco. Decidiamo di provarla, visto che è nuova e abbiamo ancora un po’ di carica gratis offerta dal gestore Swisscharge. Una fermata di venti minuti e avremo energia più che sufficiente per arrivare a destinazione. Calcoliamo quindi di partire con mezz’ora di anticipo rispetto a un analogo viaggio a carburante.

Il problema sarà il ritorno. Una volta arrivati a Cevio, distante 42 km, per il ritorno dipenderemo da un’unica colonnina Emoti, che secondo Lemnet sta a 450 metri dalla scuola e non ha il connettore veloce CHAdeMO ma ha (per la iOn) solo il Tipo 1, che è a carica lenta. Dovremo assolutamente ricaricare lì almeno un po’, perché altrimenti non avremo autonomia sufficiente a raggiungere di nuovo la colonnina veloce usata all’andata. Fra l’altro, non ce ne sono altre di nessun genere nel raggio di 40 km da Cevio.

Il piano di viaggio è insomma questo: partenza dal Maniero col “pieno” (fatto durante la notte con la presa domestica), tappa per ricaricare rapidamente a metà strada, arrivo; poi carica lenta durante le lezioni, tappa a metà strada per ricaricare di nuovo e tornare al Maniero. La durata prevista del viaggio, fra andata e ritorno, si allunga quindi in totale di circa 40 minuti rispetto a un viaggio a benzina, ma il tempo non è un problema, visto che durante la carica possiamo lavorare.

Come sempre, quando si viaggia con un’auto elettrica ad autonomia limitata la pianificazione è tutto. Ma le cose non andranno esattamente come pianificato.


Andata: tutto liscio


Partiamo quindi dal Maniero la mattina presto. Fa freddo (8 gradi e c’è vento gelido), e il riscaldamento (elettrico) della iOn rischia di intaccare la nostra autonomia, per cui lo teniamo basso. Ma anche così consuma parecchio: il computer di bordo che segnava 101 km di autonomia alla partenza scende dopo pochi minuti a 47. Poi si ridimensiona, ma sono piccoli momenti di angoscia.

La Dama del Maniero inaugura la coperta che teniamo in auto proprio per questo motivo e conferma che è efficace: tenuta sulle gambe, fa una notevole differenza. Altra lezione imparata: se avete una piccola auto elettrica, vi serve una coperta. Farete la figura dei nonnini, ma fa niente. Prossimamente proverò anche a preriscaldare l’auto mentre è ancora sotto carica, usando il riscaldatore interno oppure una soluzione esterna.

Arriviamo spediti al nuovo punto di ricarica di Cadenazzo, viaggiando intorno ai 110 km/h (il limite autostradale in Svizzera è 120 km/h) e lo inauguriamo senza problemi: l’app Swisscharge sul mio telefonino dialoga con la colonnina e attiva la carica.



Dopo 18 minuti (trascorsi produttivamente lavorando) abbiamo già l’80% di carica. La colonnina si spegne automaticamente, ma prima che io riesca a riporre il computer c’è una sorpresa: è già partita la seconda carica, che è lenta e porterebbe la batteria al 100% in 50 minuti. Non sapevo di questa funzione. Comunque non ci serve e non abbiamo 50 minuti di tempo, per cui interrompo la ricarica e il viaggio prosegue. Abbiamo speso 1,52 franchi.

C’è molto traffico, ma questo non fa aumentare i consumi: l’auto elettrica è praticamente spenta quando è ferma in coda. Il silenzio a bordo è splendido.

La strada da Cadenazzo a Cevio è ricca di curve e ha quasi ovunque un limite di 60 km/h, che è ottimale per auto da città come la iOn, che non hanno un’aerodinamica esasperata e consumano parecchio a velocità elevate. È anche una strada molto pittoresca, in mezzo ai boschi, e sto già pregustando l’idea di girare con l’auto da queste parti a finestrini aperti, in estate, accompagnato solo dai suoni dell’ambiente e dal fruscio delle ruote, senza il baccano e le vibrazioni del motore a benzina.

Arriviamo a destinazione puntuali e con 36 km di autonomia residua. Facciamo le lezioni del mattino e dopo la pausa pranzo porto l’auto alla colonnina Emoti, che è libera e funzionante: lo so perché me lo ha detto l’app. Altra lezione molto importante: sapere in che condizioni sono le colonnine prima di visitarle è fondamentale per evitare ritardi e disagi ed è dannatamente rassicurante. Arrivo, collego l’auto, avvio l’app e attivo la ricarica.

Non parte. Panico.

Sto già valutando a chi chiedere una presa elettrica che regga 10 ampere (è il mio piano C ed è il bello delle elettriche: mal che vada, ricarichi ovunque ci sia una presa elettrica decente, anche se ricarichi lentamente). Poi mi ricordo il trucco: con queste colonnine bisogna prima far partire la ricarica e poi inserire il connettore. Poco intuitivo, perlomeno per chi come me viene dal mondo delle pompe di benzina, ma basta non farsi prendere dall’ansia e non presumere subito che ci sia qualche problema di app o di compatibilità.

Riavvio l’app, attivo la ricarica e poi collego l’auto, che saluta il rifornimento con il suo consueto rumore momentaneo di ventole (è il controllo termico della batteria). Altra lezione di questo viaggio: niente panico e memorizzare bene la sequenza in cui vanno fatte le cose.



Torno a scuola per proseguire le lezioni: mezzo chilometro è piacevole da fare a piedi, vista la giornata, ma sotto la pioggia (o la neve, visto che siamo in zona di montagna) sarebbe stato molto meno divertente. Ma online ho visto, prima di partire, che sul posto c’era bel tempo: un altro vantaggio dell’informatica che elimina le preoccupazioni.


Ritorno con sorpresa


Tre ore e mezza dopo finiamo le lezioni e raggiungiamo la iOn, che ha caricato 8,2 kWh con una spesa di 3,46 franchi.


L’app mi consente di monitorare i costi ed è accompagnata anche da una mail e da un SMS che contengono le informazioni sulla carica effettuata. Ripartiamo così con tranquillità con un “pieno”, con 87 km di autonomia per un viaggio di 71. Ma qui cominciano le sorprese.

Alla partenza il computerino di bordo prevede appunto 87 km:



Ma dopo alcuni chilometri sembra essere impazzito: l’autonomia aumenta invece di diminuire. Una decina di minuti dopo la partenza l’autonomia è salita a 99 km.



Cominciano le ansie. “Ecco”, mi metto a pensare, “vedi cosa succede a comperare un’auto usata? Sarà mica che le cariche veloci hanno sballato il computerino? E adesso come faccio a fidarmi delle indicazioni di autonomia? Cosa sto sbagliando?”

Poi guardo l’indicatore dello stato di carica della batteria (sulla sinistra nelle foto e noto che dopo parecchi chilometri dice che ha consumato soltanto una tacca. Impossibile. Stai a vedere che è guasta anche la batteria. Angoscia.

Poi, finalmente, mi si accende la proverbiale lampadina sopra la testa. O come dicono qui, mi scende il ventino (la moneta da venti centesimi era quella tipica per far funzionare i distributori automatici).

Siamo in discesa.

Fra Cevio e Cadenazzo, dove abbiamo caricato, c’è una differenza d’altitudine di circa 200 metri (trucco: per sapere la variazione altimetrica fra due luoghi in Google Maps basta impostare la bici come veicolo). Di conseguenza, adesso stiamo scendendo: l’auto consuma meno del normale e quindi il computer di bordo stima un’autonomia maggiore per via dei consumi ridotti. Dopo 28 chilometri, arrivati a Locarno, l’autonomia prevista è addirittura salita a 107 km.

Ed è a quel punto che ti rendi conto veramente che la Svizzera non è piatta e per un’auto elettrica l’altimetria conta. In auto a carburante queste differenze quasi non si sentono: qui le percepisci molto chiaramente.



Il risparmio di energia è talmente vistoso che possiamo addirittura saltare la tappa di ricarica veloce prevista per il ritorno. Torniamo al Maniero senza fermarci, risparmiando così anche venti minuti sulla tabella di marcia. All'arrivo restano ancora 31 km di autonomia: sufficienti per fare un altro giretto serale in città, per poi mettere la iOn sotto carica per la notte e trovarla l’indomani di nuovo col “pieno”.


Facciamo due conti


Se avessi percorso i 145 km di quest’avventuretta con la mia auto a benzina (Opel Mokka), avrei speso circa 16 franchi di carburante. Andando in auto elettrica, invece, ho speso un ”pieno” notturno domestico (2,3 CHF) più una ricarica veloce (1,52 CHF) più una ricarica lenta (3,46 CHF): in totale 7,28 franchi. In altre parole, pur caricando presso le colonnine, dove la corrente costa molto più che a casa, ho speso meno della metà di quello che avrei speso a benzina, senza particolari disagi. In realtà stavolta ho speso anche meno, perché la ricarica veloce è pagata dai 30 CHF di omaggio per i nuovi utenti Swisscharge, ma lasciamo stare. Ah, e ho anche inquinato molto meno.

So che sto confrontando due auto di categorie ben diverse e che il confronto andrebbe fatto con un’auto a benzina/diesel equivalente alla iOn, ma per me la scelta è fra andare con una Mokka e andare con una iOn, e poi non ho dati precisi su un’auto paragonabile alla iOn. Secondo Equaindex (scovata nei commenti da Kaguya, che ringrazio), l’auto endotermica pura più parsimoniosa è la Opel Corsa Life diesel del 2006 (Euro 4), che fa 26,7 km/l. Per fare 145 km avrebbe consumato circa 5,5 litri, al costo (in Svizzera) di 1,62 CHF/litro, quindi 8,91 CHF. Un franco e mezzo in più rispetto alla iOn,* ma inquinando molto di più.

*Con un’auto elettrica ad autonomia maggiore avrei potuto evitare la carica alle colonnine e usare solo energia domestica. In questo caso avrei speso 4,23 CHF contro gli 8,91 della Opel diesel.

Tutto questo è possibile, persino con un’auto ad autonomia ridotta come questa, perché la rete di ricarica è informatizzata: posso sapere se una colonnina è attiva e libera direttamente dal telefonino, e spesso posso addirittura prenotarla, quasi come fanno le Tesla sul loro gigantesco display da 17 pollici. Se si vuole incoraggiare l’uso delle auto elettriche, è fondamentale fornire una rete di punti di ricarica affidabile e capillare, e soprattutto dare agli utenti il modo di essere sicuri di trovare un posto dove caricare prima di arrivarci. L’informatica, abbinata alla telefonia mobile, è la soluzione ideale.

La Dama del Maniero è contenta della nuova avventuretta: vuole trovare un nome per la iOn. La Mokka, per via dei suoi sensori di parcheggio e dei suoi allarmi anticollisione piuttosto striduli che si attivano continuamente e spesso a sproposito, è stata battezzata Petula (perché è petulante, appunto). Avete qualche suggerimento?


Aggiornamento (2017/03/27): Dopo lunga e attenta valutazione, abbiamo scelto di chiamarla Elsa, come suggerito da Loristeo nei commenti, perché è azzurra e fredda, ma anche perché è l’acronimo di ELectric Silent Automobile. Grazie!


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