Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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Prossimi eventi pubblici – Donazioni – Sci-Fi Universe
2012/07/31
Vent’anni fa il primo italiano e il primo svizzero nello spazio
Come vola il tempo. Il 31 luglio di vent'anni fa partiva lo Shuttle STS-46 che portava nello spazio il primo astronauta italiano, Franco Malerba, e il primo astronauta svizzero, Claude Nicollier. L'Agenzia Spaziale Europea ricorda l'evento qui (grazie ad @astrosamantha per il promemoria).
Atterraggio su Marte il 6 agosto, come seguire Curiosity nei “sette minuti di terrore”
Illustrazione di Curiosity su Marte. Credit: NASA. |
Tra pochi giorni atterrerà su Marte, dopo un viaggio interplanetario durato otto mesi, la sonda robotica Curiosity, usando una tecnica di atterraggio così incredibilmente complessa da essere descritta come “sette minuti di terrore” dai suoi progettisti (come raccontato in questo articolo e video).
Il robot è grosso e pesante come una Smart e ha un reattore nucleare che alimenta, oltre ai laboratori di analisi a bordo, anche un laser capace di vaporizzare la roccia fino a sette metri di distanza per analizzarne la composizione. Il suo scopo, come descrive la NASA, è raggiungere ed esplorare per due anni uno dei luoghi più interessanti di Marte per scoprire se ha mai offerto un ambiente favorevole alla vita microbica.
L'atterraggio è previsto per le 22:31 PDT del 5 agosto (le 7:31 del 6 agosto ora italiana), ma il commento NASA inizierà un paio d'ore prima, secondo questo annuncio dell'ente spaziale. NASA TV avrà due canali in streaming, uno con commenti e interviste e uno con l'audio diretto del Controllo Missione. Ci sono anche informazioni su Facebook e su Twitter. Maggiori informazioni su Curiosity sono presso www.nasa.gov/msl e mars.jpl.nasa.gov/msl/. La distanza di Curiosity da Marte è aggiornata in tempo reale presso Where is Curiosity (clic sul link Eyes on the Solar System in fondo alla pagina; è richiesto Java).
Io farò un livetweet su AttivissimoLive a partire dalle 5:30; dai commenti segnalo che Orbiter Live Missions seguirà l'evento in diretta in italiano dalle 6:30 e che al Planetario di Lecco ci sarà una conferenza apposita a partire dalle 7 del mattino, ascoltabile anche in streaming tramite Astronauticast, sempre in italiano. Le prime foto da Curiosity verranno pubblicate qui.
2012/08/01 - Collectspace segnala che la Mattel sarà l'unica, almeno per ora, a offrire un modellino di Curiosity: un esemplare in scala 1:64 nella gamma Hot Wheels. Le cose potrebbero cambiare dopo l'atterraggio con successo del veicolo, e sarebbe una buona cosa, perché un modello fisico permetterebbe di apprezzare il meccanismo delle sospensioni che consente a Curiosity di superare ostacoli davvero notevoli del terreno marziano.
Per i veri appassionati c'è però Curiosity in Lego, non disponibile come kit ma offerto su CUUSOO come istruzioni di montaggio in scala 1:20. Chicca: le ha preparate Stephen Pakbaz, uno dei progettisti del veicolo originale.
2012/08/06 - Curiosity è su Marte. Le prime foto sono qui.
2012/07/30
Disinformatico radiofonico, un ultimo podcast prima della pausa estiva
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
È disponibile sul sito della Rete Tre della RSI il podcast della puntata del Disinformatico radiofonico di venerdì scorso. Ecco, come consueto, i temi e i rispettivi articoli di supporto:
La trasmissione fa pausa per un paio di settimane e ritornerà il 17 agosto.
È disponibile sul sito della Rete Tre della RSI il podcast della puntata del Disinformatico radiofonico di venerdì scorso. Ecco, come consueto, i temi e i rispettivi articoli di supporto:
- Iran attaccato dagli AC/DC?
- Microsoft perentoria: aggiornate Java, disabilitatelo o eliminatelo
- Mac: c'è anche il malware governativo
- Le parole di Internet: LOL, ROFL, ROFLASTC e LMFAO
- Arriva Mountain Lion, il nuovo Mac OS X
La trasmissione fa pausa per un paio di settimane e ritornerà il 17 agosto.
OS X Mountain Lion, prova d’installazione
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2012/08/02.
Sto installando OS X 10.8 (Mountain Lion) sul mio Macbook Air 13" (che ha su Lion). Pubblico questi rapidi appunti di viaggio per ricordarmi cosa fare e non fare e per segnalarvi trucchi e magagne della migrazione; se volete una recensione più ampia, consiglio quella di Ars Technica. È sottinteso che prima di un aggiornamento di questa importanza è indispensabile effettuare un backup.
L'acquisto di Mountain Lion è semplice: si avvia l'App Store e si compra OS Mountain Lion a 20 franchi svizzeri (15,99 euro nell'App Store italiano). Lo si può comperare anche senza carta di credito, usando una iTunes Card, da quello che vedo.
Il download è lungo (4,3 gigabyte) e scarsamente segnalato: all'avvio si viene portati automaticamente al LaunchPad, dove compare l'icona di Mountain Lion con la dicitura Trasferimento. Nient'altro. Decisamente poco informativo (immagine qui accanto). Solo dopo un po' mi sono accorto che il puntino bianco sovrapposto all'icona si stava allargando perché era l'inizio di una barra che indicava l'avanzamento del download.
Attenzione a non cliccare sull'icona di Mountain Lion in Launchpad nella speranza di avere maggiori informazioni: se lo fate, l'unico risultato è che la dicitura sotto l'icona cambia da Trasferimento a In pausa e il download si ferma; è quindi facile interrompere inconsapevolmente lo scaricamento. Per avere più informazioni sul download e avere una stima dei tempi previsti bisogna avviare l'App Store e cliccare sull'icona Acquistate.
Le cose vanno meglio se si migra da Snow Leopard: nel Dock compare un'icona di download molto chiara (immagine qui accanto).
Circa due ore dopo. Download completato. Se avete altre macchine da aggiornare, risparmierete molto tempo e molta banda usando la tecnica descritta da 9to5mac per creare una penna USB o scheda SD d'installazione (che comunque può sempre servire in emergenza). Non ho ancora testato questa tecnica; lo farò quando aggiornerò gli altri Mac recenti del Maniero Digitale.
Cliccando su Continua nella finestra che compare a fine download, bisogna accettare la licenza del software, che specifica che c'è una clausola di rimborso come quella di Windows (hmmmm....) e che se avete più di un Mac non è obbligatorio acquistare una copia di Mountain Lion per ciascun computer (punto 2B). Sembrebbe esclusa la possibilità di far girare Mountain Lion virtualizzato su hardware non Apple.
Dando il consenso alla licenza e all'avvio dell'installazione, Mountain Lion macina un paio di minuti e poi riavvia il computer. Macina per altri venti minuti circa, poi riavvia di nuovo. Chiede l'ID Apple (ignorabile se non l'avete o non lo volete usare): dice che la richiesta della data di nascita che compare a questo punto servirebbe anche "per recuperare la tua password nel caso in cui la dimenticassi", ma non mi sembra un buon sistema di protezione, dato che scoprire la data di nascita di qualcuno è assolutamente banale. Potrebbe essere saggio immettere una data fasulla (da ricordare).
Compare una serie interminabile di termini e condizioni da accettare (una copia è sul computer e un'altra è presso Apple qui). Poi è il turno di iCloud, che ho rifiutato di configurare: prima voglio valutarne le implicazioni, e finora ho vissuto benissimo senza iCloud, per cui non ho fretta.
Fatto questo, il Mac è pronto per l'uso di base con Mountain Lion, ma ci possono essere altri aggiornamenti: per esempio, se usate Mail il suo primo avvio chiede di aggiornare l'archivio di posta. Nel caso del mio Air, c'è anche un aggiornamento firmware che richiede un altro riavvio. Poi ci sono le configurazioni di tutte le funzioni nuove di condivisione, come l'area delle notifiche (icona in alto a destra sulla barra menu), fonte di distrazione continua se non la s'imposta in modo meno garrulo del suo default, e l'eventuale pulizia del Dock (nel quale ricompaiono l'App Store e Launchpad – due cose che non uso quasi mai e quindi trovo inutile avere nel Dock – e fanno la propria comparsa Promemoria e Note). Fra l'altro, se dovete rimuovere un'icona dal Dock, ricordate che in Mountain Lion dovete trascinarla più lontano del solito dal Dock per far comparire la nuvoletta di rimozione.
In conclusione. Tutto sommato, l'aggiornamento è stato indolore (almeno per ora) e ha richiesto circa tre ore. Vale la pena di farlo? Per quanto riguarda le novità del sistema operativo, a mio avviso no (magari salterà fuori qualche miglioria poco visibile che scoprirò con l'uso, ma per ora l'impatto è particolarmente blando); per restare aggiornati sul fronte della sicurezza, sì, visto che anche il Mac oggi è preso di mira dal malware e visto anche il prezzo più che ragionevole. Ma non è certo un aggiornamento epocale che invoca di essere installato il più presto possibile.
Per esempio, la novità apparentemente promettente del riconoscimento vocale (attivabile premendo due volte il tasto fn in qualunque applicazione dopo aver attivato l'opzione di dettatura) si smorza per gli italofoni, perché l'italiano non è supportato (attualmente ci sono solo francese, giapponese, inglese in tre varianti e tedesco), e comunque c'è il problema della privacy, perché tutto quello che dite durante la dettatura viene inviato ad Apple per l'analisi. Come se non bastasse, ad Apple "vengono inviate anche altre informazioni, come ad esempio i tuoi contatti". Tutto questo viene indicato molto chiaramente, come mostrato nell'immagine qui accanto, ma è un approccio "alla Siri" che chi ha esigenze di riservatezza professionale difficilmente troverà accettabile. Perché non fare il riconoscimento vocale direttamente sul computer, che non ha le limitazioni di potenza di uno smartphone?
Per quel che mi riguarda, paradossalmente la novità più immediatamente utile di Mountain Lion è un ritorno al passato e al buon senso: la ricomparsa della voce di menu Salva con nome o Salva come, che era stata sostituita dal sistema delle versioni dei documenti in Lion. Era sparita la possibilità di un gesto classico come quello di aprire un documento e poi salvarlo con un altro nome (o meglio, era nascostissima e farraginosa). Ora in Mountain Lion la voce di menu, ribattezzata Salva col nome, è richiamabile tenendo premuto il tasto Opzione quando si sceglie il menu File e circolano già trucchetti (grazie a @l_rsa) per renderla direttamente accessibile.
Se avete applicazioni che richiedono Java (come per esempio OpenOffice, NeoOffice o LibreOffice), ricordatevi di scaricare e installare il runtime Java più recente anche se l'avevate installato in precedenza. Io l'avevo installato in Lion proprio per LibreOffice, ma l'installazione di Mountain Lion l'ha eliminato.
La procedura è indolore: lanciate l'applicazione che richiede Java e aspettate che Mountain Lion segnali il bisogno del runtime Java (notate il refuso nella finestra di dialogo: runtine al posto di runtime), poi cliccate su Installa mentre siete connessi a Internet.
Un tocco di piacevole semplicità: se avete più di un Mac collegato allo stesso Apple ID, quando visitate l'App Store per scaricare Mountain Lion di nuovo e installarlo sui Mac successivi al primo non pagate nulla. Cliccando su Acquista compare l'avviso che avete già scaricato una volta Mountain Lion e che gli scaricamenti successivi sono gratuiti. Parte subito il download, senza addebiti. Una bella differenza rispetto alla politica commerciale di Microsoft.
Prima magagnina: l'indicatore di stato delle applicazioni nel Dock mi appare in modo casuale e non indica correttamente se l'applicazione è aperta o no. Nello screenshot qui sotto, per esempio, sono vistosamente aperti e attivi Mail, LibreOffice, Twitter, Namely e Firefox, ma il trattino azzurro sotto le rispettive nel Dock c'è solo per Twitter e Namely. Inoltre facendo Alt-Tab mi risultano disponibili solo Finder, Twitter e Namely. I cinque rettangoli bianchi nel Dock qui sotto erano icone di Firefox, stranamente prive del logo dell'applicazione. Bizzarro. Dopo un reboot tutto ha ripreso a funzionare normalmente.
Migrando da Snow Leopard viene attivato automaticamente quello che Apple chiama “scorrimento naturale”, che potrà anche avere vagamente senso su un touchpad ma che sulla rotellina di un mouse è, almeno per i vecchietti come me, assolutamente contro natura. Per fortuna un giretto nelle Preferenze di Sistema risolve tutto.
Attenzione anche ai driver e alle applicazioni, che potrebbero risultare incompatibili. Per esempio, il driver per monitor supplementare tramite porta USB della Diamond (BVU195, che ho descritto qui) per Snow Leopard smette di funzionare sotto Mountain Lion, e stando alle reazioni iraconde nei forum di supporto i driver versione 1.8 Displaylink per Mountain Lion sono inutilizzabili. L'antivirus di Sophos va aggiornato scaricando l'apposita versione e rimuovendo quella preesistente prima di installare quella nuova.
Altra cosa: perché diavolo in Mountain Lion le applicazioni mi chiedono di poter accedere ai miei contatti? Me l'ha chiesto Camino, e pazienza, perché è un browser e la cosa potrebbe avere un barlume di senso. Ma me l'ha chiesto anche Final Cut, che come programma di montaggio video dovrebbe farsi i fatti propri e non avere nessun bisogno di ficcare il proprio naso digitale nei miei contatti.
Se avete un archivio di mail piuttosto corposo, possono passare diverse ore prima che Mountain Lion vi consenta di farvi ricerche approfondite, per cui scegliete bene il momento in cui effettuare la migrazione. Sembra infatti che Mail.app di ML reindicizzi tutto l'archivio. Infatti nelle prime ore dopo l'installazione Mail.app mi offriva solo ricerche nei mittenti e negli argomenti delle mail ma non nel corpo del loro testo. Dopo qualche ora è comparsa anche l'opzione di ricerca “il messaggio contiene...”.
Se volete regolare la dimensione del font nella barra laterale di Mail.app, quest'impostazione è stata spostata (già dai tempi di Lion) alle Preferenze di Sistema, sezione Generali, e nascosta con il nome poco intuitivo di Dimensioni icona barra laterale.
Per eliminare l'irritazione e la distrazione della comparsa del riquadrino-banner di notifica ogni volta che arriva una mail si va nelle Preferenze di Sistema e si sceglie Notifiche, Mail, Nessuno.
Mountain Lion ha una nuova funzione di sicurezza, Gatekeeper, che blocca il lancio di qualunque applicazione che a suo parere “proviene da uno sviluppatore non identificato”. Ë una protezione antimalware basata sulla firma digitale delle singole applicazioni, che però tende a bloccare anche applicazioni legittime di sviluppatori molto ben identificati: quelli che non hanno ancora firmato le proprie applicazioni con un certificato digitale fornito da Apple, come nel caso illustrato qui accanto, che mostra il blocco di Dragon Dictate. Per aggirare temporaneamente il problema si può andare nella cartella Applicazioni e Ctrl-cliccare sull'icona dell'applicazione: questo fa comparire l'avviso di blocco come prima, ma con l'aggiunta dell'opzione Apri. Maggiori dettagli sulla sicurezza molto relativa di Gatekeeper sono in questo articolo di Macworld.
Sto installando OS X 10.8 (Mountain Lion) sul mio Macbook Air 13" (che ha su Lion). Pubblico questi rapidi appunti di viaggio per ricordarmi cosa fare e non fare e per segnalarvi trucchi e magagne della migrazione; se volete una recensione più ampia, consiglio quella di Ars Technica. È sottinteso che prima di un aggiornamento di questa importanza è indispensabile effettuare un backup.
L'acquisto di Mountain Lion è semplice: si avvia l'App Store e si compra OS Mountain Lion a 20 franchi svizzeri (15,99 euro nell'App Store italiano). Lo si può comperare anche senza carta di credito, usando una iTunes Card, da quello che vedo.
Il download è lungo (4,3 gigabyte) e scarsamente segnalato: all'avvio si viene portati automaticamente al LaunchPad, dove compare l'icona di Mountain Lion con la dicitura Trasferimento. Nient'altro. Decisamente poco informativo (immagine qui accanto). Solo dopo un po' mi sono accorto che il puntino bianco sovrapposto all'icona si stava allargando perché era l'inizio di una barra che indicava l'avanzamento del download.
Attenzione a non cliccare sull'icona di Mountain Lion in Launchpad nella speranza di avere maggiori informazioni: se lo fate, l'unico risultato è che la dicitura sotto l'icona cambia da Trasferimento a In pausa e il download si ferma; è quindi facile interrompere inconsapevolmente lo scaricamento. Per avere più informazioni sul download e avere una stima dei tempi previsti bisogna avviare l'App Store e cliccare sull'icona Acquistate.
Le cose vanno meglio se si migra da Snow Leopard: nel Dock compare un'icona di download molto chiara (immagine qui accanto).
Circa due ore dopo. Download completato. Se avete altre macchine da aggiornare, risparmierete molto tempo e molta banda usando la tecnica descritta da 9to5mac per creare una penna USB o scheda SD d'installazione (che comunque può sempre servire in emergenza). Non ho ancora testato questa tecnica; lo farò quando aggiornerò gli altri Mac recenti del Maniero Digitale.
Cliccando su Continua nella finestra che compare a fine download, bisogna accettare la licenza del software, che specifica che c'è una clausola di rimborso come quella di Windows (hmmmm....) e che se avete più di un Mac non è obbligatorio acquistare una copia di Mountain Lion per ciascun computer (punto 2B). Sembrebbe esclusa la possibilità di far girare Mountain Lion virtualizzato su hardware non Apple.
Dando il consenso alla licenza e all'avvio dell'installazione, Mountain Lion macina un paio di minuti e poi riavvia il computer. Macina per altri venti minuti circa, poi riavvia di nuovo. Chiede l'ID Apple (ignorabile se non l'avete o non lo volete usare): dice che la richiesta della data di nascita che compare a questo punto servirebbe anche "per recuperare la tua password nel caso in cui la dimenticassi", ma non mi sembra un buon sistema di protezione, dato che scoprire la data di nascita di qualcuno è assolutamente banale. Potrebbe essere saggio immettere una data fasulla (da ricordare).
Compare una serie interminabile di termini e condizioni da accettare (una copia è sul computer e un'altra è presso Apple qui). Poi è il turno di iCloud, che ho rifiutato di configurare: prima voglio valutarne le implicazioni, e finora ho vissuto benissimo senza iCloud, per cui non ho fretta.
Fatto questo, il Mac è pronto per l'uso di base con Mountain Lion, ma ci possono essere altri aggiornamenti: per esempio, se usate Mail il suo primo avvio chiede di aggiornare l'archivio di posta. Nel caso del mio Air, c'è anche un aggiornamento firmware che richiede un altro riavvio. Poi ci sono le configurazioni di tutte le funzioni nuove di condivisione, come l'area delle notifiche (icona in alto a destra sulla barra menu), fonte di distrazione continua se non la s'imposta in modo meno garrulo del suo default, e l'eventuale pulizia del Dock (nel quale ricompaiono l'App Store e Launchpad – due cose che non uso quasi mai e quindi trovo inutile avere nel Dock – e fanno la propria comparsa Promemoria e Note). Fra l'altro, se dovete rimuovere un'icona dal Dock, ricordate che in Mountain Lion dovete trascinarla più lontano del solito dal Dock per far comparire la nuvoletta di rimozione.
In conclusione. Tutto sommato, l'aggiornamento è stato indolore (almeno per ora) e ha richiesto circa tre ore. Vale la pena di farlo? Per quanto riguarda le novità del sistema operativo, a mio avviso no (magari salterà fuori qualche miglioria poco visibile che scoprirò con l'uso, ma per ora l'impatto è particolarmente blando); per restare aggiornati sul fronte della sicurezza, sì, visto che anche il Mac oggi è preso di mira dal malware e visto anche il prezzo più che ragionevole. Ma non è certo un aggiornamento epocale che invoca di essere installato il più presto possibile.
Per esempio, la novità apparentemente promettente del riconoscimento vocale (attivabile premendo due volte il tasto fn in qualunque applicazione dopo aver attivato l'opzione di dettatura) si smorza per gli italofoni, perché l'italiano non è supportato (attualmente ci sono solo francese, giapponese, inglese in tre varianti e tedesco), e comunque c'è il problema della privacy, perché tutto quello che dite durante la dettatura viene inviato ad Apple per l'analisi. Come se non bastasse, ad Apple "vengono inviate anche altre informazioni, come ad esempio i tuoi contatti". Tutto questo viene indicato molto chiaramente, come mostrato nell'immagine qui accanto, ma è un approccio "alla Siri" che chi ha esigenze di riservatezza professionale difficilmente troverà accettabile. Perché non fare il riconoscimento vocale direttamente sul computer, che non ha le limitazioni di potenza di uno smartphone?
Per quel che mi riguarda, paradossalmente la novità più immediatamente utile di Mountain Lion è un ritorno al passato e al buon senso: la ricomparsa della voce di menu Salva con nome o Salva come, che era stata sostituita dal sistema delle versioni dei documenti in Lion. Era sparita la possibilità di un gesto classico come quello di aprire un documento e poi salvarlo con un altro nome (o meglio, era nascostissima e farraginosa). Ora in Mountain Lion la voce di menu, ribattezzata Salva col nome, è richiamabile tenendo premuto il tasto Opzione quando si sceglie il menu File e circolano già trucchetti (grazie a @l_rsa) per renderla direttamente accessibile.
2012/07/31
Se avete applicazioni che richiedono Java (come per esempio OpenOffice, NeoOffice o LibreOffice), ricordatevi di scaricare e installare il runtime Java più recente anche se l'avevate installato in precedenza. Io l'avevo installato in Lion proprio per LibreOffice, ma l'installazione di Mountain Lion l'ha eliminato.
La procedura è indolore: lanciate l'applicazione che richiede Java e aspettate che Mountain Lion segnali il bisogno del runtime Java (notate il refuso nella finestra di dialogo: runtine al posto di runtime), poi cliccate su Installa mentre siete connessi a Internet.
2012/08/01
Un tocco di piacevole semplicità: se avete più di un Mac collegato allo stesso Apple ID, quando visitate l'App Store per scaricare Mountain Lion di nuovo e installarlo sui Mac successivi al primo non pagate nulla. Cliccando su Acquista compare l'avviso che avete già scaricato una volta Mountain Lion e che gli scaricamenti successivi sono gratuiti. Parte subito il download, senza addebiti. Una bella differenza rispetto alla politica commerciale di Microsoft.
Prima magagnina: l'indicatore di stato delle applicazioni nel Dock mi appare in modo casuale e non indica correttamente se l'applicazione è aperta o no. Nello screenshot qui sotto, per esempio, sono vistosamente aperti e attivi Mail, LibreOffice, Twitter, Namely e Firefox, ma il trattino azzurro sotto le rispettive nel Dock c'è solo per Twitter e Namely. Inoltre facendo Alt-Tab mi risultano disponibili solo Finder, Twitter e Namely. I cinque rettangoli bianchi nel Dock qui sotto erano icone di Firefox, stranamente prive del logo dell'applicazione. Bizzarro. Dopo un reboot tutto ha ripreso a funzionare normalmente.
Migrando da Snow Leopard viene attivato automaticamente quello che Apple chiama “scorrimento naturale”, che potrà anche avere vagamente senso su un touchpad ma che sulla rotellina di un mouse è, almeno per i vecchietti come me, assolutamente contro natura. Per fortuna un giretto nelle Preferenze di Sistema risolve tutto.
Attenzione anche ai driver e alle applicazioni, che potrebbero risultare incompatibili. Per esempio, il driver per monitor supplementare tramite porta USB della Diamond (BVU195, che ho descritto qui) per Snow Leopard smette di funzionare sotto Mountain Lion, e stando alle reazioni iraconde nei forum di supporto i driver versione 1.8 Displaylink per Mountain Lion sono inutilizzabili. L'antivirus di Sophos va aggiornato scaricando l'apposita versione e rimuovendo quella preesistente prima di installare quella nuova.
Altra cosa: perché diavolo in Mountain Lion le applicazioni mi chiedono di poter accedere ai miei contatti? Me l'ha chiesto Camino, e pazienza, perché è un browser e la cosa potrebbe avere un barlume di senso. Ma me l'ha chiesto anche Final Cut, che come programma di montaggio video dovrebbe farsi i fatti propri e non avere nessun bisogno di ficcare il proprio naso digitale nei miei contatti.
2012/08/02
Se avete un archivio di mail piuttosto corposo, possono passare diverse ore prima che Mountain Lion vi consenta di farvi ricerche approfondite, per cui scegliete bene il momento in cui effettuare la migrazione. Sembra infatti che Mail.app di ML reindicizzi tutto l'archivio. Infatti nelle prime ore dopo l'installazione Mail.app mi offriva solo ricerche nei mittenti e negli argomenti delle mail ma non nel corpo del loro testo. Dopo qualche ora è comparsa anche l'opzione di ricerca “il messaggio contiene...”.
Se volete regolare la dimensione del font nella barra laterale di Mail.app, quest'impostazione è stata spostata (già dai tempi di Lion) alle Preferenze di Sistema, sezione Generali, e nascosta con il nome poco intuitivo di Dimensioni icona barra laterale.
Per eliminare l'irritazione e la distrazione della comparsa del riquadrino-banner di notifica ogni volta che arriva una mail si va nelle Preferenze di Sistema e si sceglie Notifiche, Mail, Nessuno.
Mountain Lion ha una nuova funzione di sicurezza, Gatekeeper, che blocca il lancio di qualunque applicazione che a suo parere “proviene da uno sviluppatore non identificato”. Ë una protezione antimalware basata sulla firma digitale delle singole applicazioni, che però tende a bloccare anche applicazioni legittime di sviluppatori molto ben identificati: quelli che non hanno ancora firmato le proprie applicazioni con un certificato digitale fornito da Apple, come nel caso illustrato qui accanto, che mostra il blocco di Dragon Dictate. Per aggirare temporaneamente il problema si può andare nella cartella Applicazioni e Ctrl-cliccare sull'icona dell'applicazione: questo fa comparire l'avviso di blocco come prima, ma con l'aggiunta dell'opzione Apri. Maggiori dettagli sulla sicurezza molto relativa di Gatekeeper sono in questo articolo di Macworld.
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2012/07/27
Disinformatico radio, podcast del 2012/07/20
Podcast del Disinformatico radiofonico
Tra poche ore andrò in onda sulla Rete Tre della RSI per una nuova puntata del Disinformatico. Intanto segnalo il podcast della puntata precedente, con gli articoli di approfondimento:
2012/07/24
Ci ha lasciato Sally Ride, prima americana nello spazio
È morta Sally Ride, prima astronauta americana
Sally Ride, la prima donna statunitense a volare nello spazio, è morta ieri a 61 anni di cancro pancreatico. La notizia è stata pubblicata da USA Today e altre testate.
Selezionata dalla NASA nel 1978, Sally aveva volato sullo Shuttle Challenger (STS-7) nel 1983, all'età di 32 anni, diventando l'astronauta statunitense più giovane in assoluto (un record tuttora insuperato) e restando nello spazio per sei giorni. Durante il volo fu anche la prima donna a usare il braccio robotico dello Shuttle, al cui sviluppo aveva contribuito.
Volò di nuovo nello spazio per altri otto giorni nel 1984, sempre a bordo dello Shuttle Challenger, con la missione STS-41-G. Sarebbe andata in orbita una terza volta, con la missione STS-61M, ma il volo fu annullato dopo l'esplosione al decollo del Challenger, che costò la vita ai sette membri dell'equipaggio. Sally Ride fu incaricata di far parte della commissione d'indagine sul disastro dello Shuttle che l'aveva portata due volte nello spazio. Fu anche membro della commissione che indagò sull'incidente dello Shuttle Columbia.
La NASA ha una sua biografia che elenca i suoi notevoli contributi al programma spaziale statunitense ma forse non sottolinea adeguatamente l'altro contributo essenziale di Sally Ride: quello di aver dato agli Stati Uniti un segnale sociale potente, dimostrando con la propria esperienza che la carriera di astronauta, regno assoluto del machismo (come ben racconta Mike Mullane in Riding Rockets), e più in generale le carriere tecniche e scientifiche, erano aperte e ricche di soddisfazioni anche per le donne, anche se dovevano fare i conti con la stupidità sessista di alcuni colleghi e giornalisti (che le chiedevano, per esempio, se si metteva a piangere quando le cose andavano storte sul lavoro, che tipo di biancheria avrebbe indossato nello spazio, e anche di peggio).
Il fatto che oggi quest'accessibilità sembri ai più una constatazione ovvia e banale è la migliore conferma che l'esempio di Sally Ride ha lasciato il segno non solo nello spazio, ma anche qui sulla Terra.
2012/07/21
Ci vediamo a Verrone oggi per festeggiare l’allunaggio?
Alle 4:57 del mattino (ora italiana) del 21 luglio 1969, Neil Armstrong poggiava
il piede sinistro sul suolo lunare, in diretta TV planetaria; pochi minuti dopo
fu raggiunto dal collega Buzz Aldrin. Oggi sarò al Castello di Verrone, in
provincia di Biella, alle 16:57 (orario non casuale) per festeggiare la
ricorrenza presso il Museo del Falso con
una conferenza-chiacchierata sulle chicche poco conosciute di quest'avventura e
sulle tesi che sostengono che fu tutta una messinscena.
Porterò con me molto materiale video e fotografico, vari oggetti relativi alle missioni, alcune copie dell'edizione 2012 del mio libro “Luna? Sì, ci siamo andati!” e la versione 1.0 del documentario libero e gratuito Moonscape, che debutta oggi completa di titoli di testa e di coda. L'ingresso è gratuito.
Vorrei festeggiare l'anniversario con una foto un po' diversa da quelle classiche: l'ho ricevuta stamattina da Colin Mackellar, che all'epoca lavorava a Honeysuckle Creek, la stazione ricevente australiana che captò il debole segnale televisivo dalla Luna e lo ritrasmise al mondo.
Da sinistra, Ted Knotts, Richard Holl e Elmer Fredd brindano davanti allo Scan Converter (l'apparato che convertiva il segnale TV lunare allo standard televisivo normale. Sullo sfondo, il monitor slow-scan mostra la diretta lunare dopo che Buzz Aldrin e Neil Armstrong sono rientrati nel modulo lunare. La foto fu scattata con la fotocamera Polaroid usata per fotografare il monitor e documentare su pellicola la diretta dello sbarco. L'immagine è stata conservata da Dick Holl e restaurata da Colin Mackellar.
Sono nomi sconosciuti ai più, ma è grazie a loro, e a tanti come loro, che abbiamo una traccia visiva della prima visita dell'umanità a un altro corpo celeste. Brindiamo virtualmente con loro attraverso il tempo e ricordiamoci cosa siamo capaci di fare quando ci rimbocchiamo le maniche e mettiamo da parte le rivalità.
Altre foto di questo "dietro le quinte" del momento storico sono presso Honeysucklecreek.net.
Porterò con me molto materiale video e fotografico, vari oggetti relativi alle missioni, alcune copie dell'edizione 2012 del mio libro “Luna? Sì, ci siamo andati!” e la versione 1.0 del documentario libero e gratuito Moonscape, che debutta oggi completa di titoli di testa e di coda. L'ingresso è gratuito.
Vorrei festeggiare l'anniversario con una foto un po' diversa da quelle classiche: l'ho ricevuta stamattina da Colin Mackellar, che all'epoca lavorava a Honeysuckle Creek, la stazione ricevente australiana che captò il debole segnale televisivo dalla Luna e lo ritrasmise al mondo.
Da sinistra, Ted Knotts, Richard Holl e Elmer Fredd brindano davanti allo Scan Converter (l'apparato che convertiva il segnale TV lunare allo standard televisivo normale. Sullo sfondo, il monitor slow-scan mostra la diretta lunare dopo che Buzz Aldrin e Neil Armstrong sono rientrati nel modulo lunare. La foto fu scattata con la fotocamera Polaroid usata per fotografare il monitor e documentare su pellicola la diretta dello sbarco. L'immagine è stata conservata da Dick Holl e restaurata da Colin Mackellar.
Sono nomi sconosciuti ai più, ma è grazie a loro, e a tanti come loro, che abbiamo una traccia visiva della prima visita dell'umanità a un altro corpo celeste. Brindiamo virtualmente con loro attraverso il tempo e ricordiamoci cosa siamo capaci di fare quando ci rimbocchiamo le maniche e mettiamo da parte le rivalità.
Altre foto di questo "dietro le quinte" del momento storico sono presso Honeysucklecreek.net.
2012/07/17
I miracoli d’Hollande
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Detesto occuparmi di politica, ma da stamattina vengo tempestato di segnalazioni di un appello che descrive delle imprese decisamente straordinarie realizzate dal presidente francese Hollande in meno di due mesi di governo e che sta circolando furiosamente su Facebook e dintorni, sospinto dall'orda degl'iracondi dall'inoltro facile. Eccone il testo integrale.
Per farla molto breve: è una serie di balle. La prima cosa da notare è che tutta questa dettagliatissima elencazione di risultati non cita uno straccio di fonte. Seriamente: siamo nell'era di Internet, non ci vuole niente ad aggiungere un link a fonti (che so, articoli di giornali francesi) che confermino quanto detto. Se non ci sono questi link, l'appello (come tutti gli appelli senza fonti) è da considerare come aria fritta. Chi lo diffonde fidandosene ciecamente, magari perché corrisponde ai propri pregiudizi, è un irresponsabile.
Già questo basterebbe per liquidare quest'appello come l'ennesima bufala mandata in giro da chi non ha niente di meglio da fare con il proprio neurone vagante. Ma c'è chi ha avuto la pazienza d'indagare, come Beatrice Mautino su Wired Italia, notando che nella stampa francese non c'è traccia degli eventi descritti nell'appello. È credibile che un presidente faccia tutte queste innovazioni positive e non se ne vanti in giro?
Secondo Beatrice (amica e collega del CICAP), la fonte originale dell'appello è questo post di Sergio Di Cori Modigliani. Il presunto autore, criticato nei commenti al suo post, ha risposto rifiutando di fornire fonti e dicendo che “è scritto tutto sui siti indipendenti bretoni, provenzali, baschi, i più liberi dell'Europa mediterranea”, ma senza indicarne neanche uno. Però ha chiesto ai commentatori che lo smentivano di indicare le fonti delle loro smentite. Un bell'esempio di coerenza.
Ma la cosa più vergognosa e patetica è che Leonardo Coen, sul suo blog targato Repubblica, non solo ha copiaincollato pari pari il post senza verificarne il contenuto, ma non ne ha neanche riconosciuto la fonte originale, spacciandolo invece per farina del proprio sacco mentre fa la morale agli altri.
Complimenti per la splendida dimostrazione di deontologia giornalistica. Nelle redazioni serie, chi ruba gli articoli e non fa il benché minimo sforzo di verifica di quello che ha rubato si manda a casa e si cancella dall'elenco dei collaboratori. Sarà interessante vedere cosa farà Repubblica.
L'articolo di Coen è stato riscritto per far sembrare che il furto del post altrui non sia mai successo e che Coen non abbia mai abboccato. Non una parola di rettifica o di scuse; non una riga di ammissione di aver copiato spudoratamente.
Complimenti, quindi, non solo a Coen per la lezione di giornalismo ma ai responsabili di Repubblica per aver consentito e incoraggiato questo genere di comportamento. E poi si chiedono perché la gente legge poco i giornali.
Conoscendo i miei polli, ho salvato uno screenshot della versione originale pubblicata da Leonardo Coen. Lo trovate qui accanto. Inutile, insomma, cercare di rifarsi una verginità e far finta che il tutto non sia mai avvenuto.
Sveglia, signori. L'epoca in cui potevate fare le vostre porcate e poi farle sparire, perché tanto eravate gli unici proprietari di rotative e mezzi di comunicazione, è finita. Adesso tutti vi possono fare le pulci. Adesso un tweet che mette in piazza la vostra pochezza arriva a più di ottantamila persone. Se volete che smettiamo di sbugiardarvi, c'è un modo molto semplice: lavorate bene e non dite bugie. Adattarsi o perire.
Detesto occuparmi di politica, ma da stamattina vengo tempestato di segnalazioni di un appello che descrive delle imprese decisamente straordinarie realizzate dal presidente francese Hollande in meno di due mesi di governo e che sta circolando furiosamente su Facebook e dintorni, sospinto dall'orda degl'iracondi dall'inoltro facile. Eccone il testo integrale.
Ecco cosa ha fatto Hollande (non parole, fatti) in 56 giorni di governo: ha abolito il 100% delle auto blu e le ha messe all’asta; il ricavato va al fondo welfare da distribuire alle regioni con il più alto numero di centri urbani con periferie dissestate.
Ha fatto inviare un documento (dodici righe) a tutti gli enti statali dipendenti dall’amministrazione centrale in cui comunicava l’abolizione delle “vetture aziendali” sfidando e insultando provocatoriamente gli alti funzionari, con frasi del tipo “un dirigente che guadagna 650.000 euro all’anno, se non può permettersi il lusso di acquistare una bella vettura con il proprio guadagno meritato, vuol dire che è troppo avaro, o è stupido, o è disonesto. La nazione non ha bisogno di nessuna di queste tre figure”. Touchè. Via con le Peugeot e le Citroen. 345 milioni di euro risparmiati subito, spostati per creare (apertura il 15 agosto 2012) 175 istituti di ricerca scientifica avanzata ad alta tecnologia assumendo 2.560 giovani scienziati disoccupati “per aumentare la competitività e la produttività della nazione”.
Ha abolito il concetto di scudo fiscale (definito “socialmente immorale”) e ha emanato un urgente decreto presidenziale stabilendo un’aliquota del 75% di aumento nella tassazione per tutte le famiglie che, al netto, guadagnano più di 5 milioni di euro all’anno. Con quei soldi (rispettando quindi il fiscal compact) senza intaccare il bilancio di un euro ha assunto 59.870 laureati disoccupati, di cui 6.900 dal 1 luglio del 2012, e poi altri 12.500 dal 1 settembre come insegnanti nella pubblica istruzione.
Ha sottratto alla Chiesa sovvenzioni statali per il valore di 2,3 miliardi di euro che finanziavano licei privati esclusivi, e ha varato (con quei soldi) un piano per la costruzione di 4.500 asili nido e 3.700 scuole elementari avviando un piano di rilancio degli investimenti nelle infrastrutture nazionali.
Ha istituito il “bonus cultura” presidenziale, un dispositivo che consente di pagare tasse zero a chiunque si costituisca come cooperativa e apra una libreria indipendente assumendo almeno due laureati disoccupati iscritti alla lista dei disoccupati oppure cassintegrati, in modo tale da far risparmiare soldi della spesa pubblica, dare un minimo contributo all’occupazione e rilanciare dei nuovi status sociale.
Ha abolito tutti i sussidi governativi a riviste, rivistucole, fondazioni, e case editrici, sostituite da comitati di “imprenditori statali” che finanziano aziende culturali sulla base di presentazione di piani business legati a strategie di mercato avanzate. Ha varato un provvedimento molto complesso nel quale si offre alle banche una scelta (non imposizione): chi offre crediti agevolati ad aziende che producono merci francesi riceve agevolazioni fiscali, chi offre strumenti finanziari paga una tassa supplementare: prendere o lasciare.
Ha decurtato del 25% lo stipendio di tutti i funzionari governativi, del 32% di tutti i parlamentari, e del 40% di tutti gli alti dirigenti statali che guadagnano più di 800 mila euro all’anno. Con quella cifra (circa 4 miliardi di euro) ha istituito un fondo garanzia welfare che attribuisce a “donne mamme singole” in condizioni finanziarie disagiate uno stipendio garantito mensile per la durata di cinque anni, finchè il bambino non va alle scuole elementari, e per tre anni se il bambino è più grande. Il tutto senza toccare il pareggio di bilancio.
Risultato: ma guarda un po’ SURPRISE!! Lo spread con i bund tedeschi è sceso, per magia. E’ arrivato a 101 (da noi viaggia intorno a 470). L’inflazione non è salita. La competitività re la produttività nazionale è aumentata nel mese di giugno per la prima volta da tre anni a questa parte.
Hollande è un genio dell’economia?
No. E’ una persona normale. E’ un socialista normale. E’ una persona di sinistra normale.
Per farla molto breve: è una serie di balle. La prima cosa da notare è che tutta questa dettagliatissima elencazione di risultati non cita uno straccio di fonte. Seriamente: siamo nell'era di Internet, non ci vuole niente ad aggiungere un link a fonti (che so, articoli di giornali francesi) che confermino quanto detto. Se non ci sono questi link, l'appello (come tutti gli appelli senza fonti) è da considerare come aria fritta. Chi lo diffonde fidandosene ciecamente, magari perché corrisponde ai propri pregiudizi, è un irresponsabile.
Già questo basterebbe per liquidare quest'appello come l'ennesima bufala mandata in giro da chi non ha niente di meglio da fare con il proprio neurone vagante. Ma c'è chi ha avuto la pazienza d'indagare, come Beatrice Mautino su Wired Italia, notando che nella stampa francese non c'è traccia degli eventi descritti nell'appello. È credibile che un presidente faccia tutte queste innovazioni positive e non se ne vanti in giro?
Secondo Beatrice (amica e collega del CICAP), la fonte originale dell'appello è questo post di Sergio Di Cori Modigliani. Il presunto autore, criticato nei commenti al suo post, ha risposto rifiutando di fornire fonti e dicendo che “è scritto tutto sui siti indipendenti bretoni, provenzali, baschi, i più liberi dell'Europa mediterranea”, ma senza indicarne neanche uno. Però ha chiesto ai commentatori che lo smentivano di indicare le fonti delle loro smentite. Un bell'esempio di coerenza.
Ma la cosa più vergognosa e patetica è che Leonardo Coen, sul suo blog targato Repubblica, non solo ha copiaincollato pari pari il post senza verificarne il contenuto, ma non ne ha neanche riconosciuto la fonte originale, spacciandolo invece per farina del proprio sacco mentre fa la morale agli altri.
Complimenti per la splendida dimostrazione di deontologia giornalistica. Nelle redazioni serie, chi ruba gli articoli e non fa il benché minimo sforzo di verifica di quello che ha rubato si manda a casa e si cancella dall'elenco dei collaboratori. Sarà interessante vedere cosa farà Repubblica.
2012/07/18 00:40
L'articolo di Coen è stato riscritto per far sembrare che il furto del post altrui non sia mai successo e che Coen non abbia mai abboccato. Non una parola di rettifica o di scuse; non una riga di ammissione di aver copiato spudoratamente.
Complimenti, quindi, non solo a Coen per la lezione di giornalismo ma ai responsabili di Repubblica per aver consentito e incoraggiato questo genere di comportamento. E poi si chiedono perché la gente legge poco i giornali.
Conoscendo i miei polli, ho salvato uno screenshot della versione originale pubblicata da Leonardo Coen. Lo trovate qui accanto. Inutile, insomma, cercare di rifarsi una verginità e far finta che il tutto non sia mai avvenuto.
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2012/07/13
Il 14/7 conferenza su missioni Apollo a Lugano
Promemoria: domani (14/7) a Lugano si parla di missioni lunari, con cimeli d'epoca e aneddoti personali
Credit: Fausto Branchi |
La conferenza si terrà presso la Sala Conferenze dell'Hotel Pestalozzi (piazza Indipendenza 9). Io sarò lì come moderatore e presidente del CICAP Ticino. L'ingresso è gratuito; ci sarà ampio spazio per le domande e sarà possibile acquistare il libro di Pizzimenti Progetto Apollo - Il sogno più grande dell'uomo.
Post eventum
Luigi Pizzimenti si è confermato un relatore accattivante e sensibile, raccontando sia aspetti tecnici, sia dettagli umani che hanno dato un taglio molto speciale alla conferenza. Sto caricando su Vimeo i video dell'incontro; intanto pubblico qui qualche foto tweetata al volo da Chiara Codecà durante la conferenza.
Sala quasi pronta x l'incontro del #Cicap a Lugano... @disinformatico twitter.com/ChiaraCodeca/s…
— Chiara Codecà (@ChiaraCodeca) July 14, 2012
"La memoria conta e queste storie vanno raccontate ora che i protagonisti sono qui" L.Pizzimenti @disinformatico #cicap twitter.com/ChiaraCodeca/s…
— Chiara Codecà (@ChiaraCodeca) July 14, 2012
"Cosa accomuna tutti gli astronauti? Hanno visto davvero quanto siamo piccoli." Luigi Pizzimenti #cicap @disinformatico twitter.com/ChiaraCodeca/s…
— Chiara Codecà (@ChiaraCodeca) July 14, 2012
Ecco i video. Buona visione!
Disinformatico radio, pronto il podcast di oggi
Ê disponibile temporaneamente sul sito della Rete Tre della RSI il podcast della puntata di oggi del Disinformatico radiofonico. Ecco i temi e i rispettivi articoli di supporto:
2012/07/10
Dietro le quinte di “2001”
Dietro le quinte di 2001 Odissea nello Spazio. Bonus: Arthur Clarke visita il modulo lunare. Quello vero
Se 2001 Odissea nello Spazio è uno dei vostri oggetti di culto, sopportate i sottotitoli e la pessima musica (ah, il copyright) di questo documentario strapieno di chicche: 2001 A Space Odyssey - The Making of a Myth. Il narratore è James Cameron; Arthur Clarke ha un monolite in giardino e va a visitare le sale della NASA dove si sta costruendo il modulo lunare Apollo; c'è anche la hostess della famosa scena della biro in assenza di peso, che spiega come fu realizzata senza effetti digitali (che all'epoca erano sostanzialmente inesistenti), e ci sono tutti i tecnici degli effetti speciali e del trucco. Ci sono anche un paio di sorprese che non voglio guastarvi. Se vi piace, comprate l'originale. Buona visione.
2012/07/08
Ancora immagini fantastiche dallo spazio: Marte in superpanoramica
Guardatevi intorno. Siete su Marte
Questa foto composita è una panoramica a 360°del suolo marziano come l'ha visto la sonda automatica Opportunity, che da più di
Potete scaricare una versione di questa foto a maggiore risoluzione (23096 x 7981 pixel) presso JPL.Nasa.gov, ma se volete la sensazione di essere su Marte e di potervi guardare intorno, non perdetevi questa versione interattiva di Nasatech.net. Fantastico. Grazie a @xfranky per la segnalazione.
2012/07/07
Antibufala: annunciato “lunedì nero” per Internet. La piantiamo con questi isterismi?
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
"Internet oscurato da un virus - lunedì il rischio Apocalisse". Il rischio imbecillità, invece Repubblica ce lo offre subito, con titoli assurdi e spudoratamente falsi come questo.
Non ci sarà nessuna Apocalisse o oscuramento globale di Internet lunedì. Molto, molto più banalmente, quei pochi che hanno il computer ancora infettato dal malware DNS Changer non potranno più accedere a siti Internet da lunedì. Tutti gli altri continueranno a navigare come sempre. Fine della storia.
Se vi interessano i dettagli tecnici, ho scritto un articolo apposito per la Radiotelevisione Svizzera che spiega anche come verificare se per caso siete infetti da DNS Changer.
Le probabilità che lo siate sono minime. Secondo i dati più recenti, in Italia ci sono circa 26.000 computer (Windows o Mac) tuttora infetti da questo malware; in Svizzera sono meno di milleseicento. In totale, gli infetti nel mondo sono circa 300.000. Fate comunque il test; male non fa.
Per dirla tutta, chi è così inetto da essere ancora infettato da DNS Changer (un malware di cinque anni fa, riconosciuto da tutti i principali antivirus) merita di essere scollegato. Purtroppo non si può fare la stessa cosa con i giornalisti e titolisti che scrivono bubbole catastrofiste e causano panico senza motivo.
Repubblica ha cambiato il titolo. Due volte. Prima ha scritto “Internet oscurato da un virus – Lunedì rischio di black out”. Poi ha ricorretto in “Lunedì, se il vostro PC è infetto non potrà collegarsi a Internet”. Una bella differenza rispetto al “rischio Apocalisse” iniziale. Ecco gli screenshot:
Il testo dell'articolo, però, non è stato sistemato a dovere. Stefano Zanero (@raistolo su Twitter), docente di computer security e informatica forense al Politecnico di Milano, ha mandato a Repubblica una strigliata epica che ripubblico qui con il suo permesso:
"Internet oscurato da un virus - lunedì il rischio Apocalisse". Il rischio imbecillità, invece Repubblica ce lo offre subito, con titoli assurdi e spudoratamente falsi come questo.
Non ci sarà nessuna Apocalisse o oscuramento globale di Internet lunedì. Molto, molto più banalmente, quei pochi che hanno il computer ancora infettato dal malware DNS Changer non potranno più accedere a siti Internet da lunedì. Tutti gli altri continueranno a navigare come sempre. Fine della storia.
Se vi interessano i dettagli tecnici, ho scritto un articolo apposito per la Radiotelevisione Svizzera che spiega anche come verificare se per caso siete infetti da DNS Changer.
Le probabilità che lo siate sono minime. Secondo i dati più recenti, in Italia ci sono circa 26.000 computer (Windows o Mac) tuttora infetti da questo malware; in Svizzera sono meno di milleseicento. In totale, gli infetti nel mondo sono circa 300.000. Fate comunque il test; male non fa.
Per dirla tutta, chi è così inetto da essere ancora infettato da DNS Changer (un malware di cinque anni fa, riconosciuto da tutti i principali antivirus) merita di essere scollegato. Purtroppo non si può fare la stessa cosa con i giornalisti e titolisti che scrivono bubbole catastrofiste e causano panico senza motivo.
2012/07/08
Repubblica ha cambiato il titolo. Due volte. Prima ha scritto “Internet oscurato da un virus – Lunedì rischio di black out”. Poi ha ricorretto in “Lunedì, se il vostro PC è infetto non potrà collegarsi a Internet”. Una bella differenza rispetto al “rischio Apocalisse” iniziale. Ecco gli screenshot:
Il testo dell'articolo, però, non è stato sistemato a dovere. Stefano Zanero (@raistolo su Twitter), docente di computer security e informatica forense al Politecnico di Milano, ha mandato a Repubblica una strigliata epica che ripubblico qui con il suo permesso:
Subject: Articolo imbarazzante su tecnologia
Date: Sat, 07 Jul 2012 10:59:16 +0200
From: Stefano Zanero [indirizzo omesso per netiquette]
Organization: DEI - Politecnico di Milano
To: desk_repubblica.it@repubblica.it
Carissimi,
come spesso accade, l'articolo all'URL:
http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/07/07/news/luned_nero_internet_stop-38668271/?ref=fbpr
contiene numerose, imbarazzanti imprecisioni, a cominciare dal titolo: "Internet" non sara' oscurato da nulla. E non ci sara' nessuna apocalisse.
Lunedi' i computer non saranno "a rischio infezione" (l'infezione ormai e' stroncata). Gli unici computer a rischio saranno quelli infettati mesi e mesi fa e da allora mai curati.
E no, non saranno "sbattuti fuori dal web", e tantomeno dall'FBI. Dite proprio bene: "Sembra la trama di un cyberthriller", e il vostro articolo lo e', perche' non riflette nemmeno lontanamente la realta'.
Non e' nemmeno vero che il malware "scatterà appena i pc o i tablet tenteranno di collegarsi al web, agendo sull'indirizzo Dns, quello cioè che ci consente di indirizzarci per le autostrade del web".
Il malware e' gia' "scattato", e ha gia' agito sull'impostazione DNS dei computer infettati. In buona sostanza, ha "sostituito" l'elenco telefonico che ognuno dei computer infettati consulta per navigare in rete.
Quando l'FBI ha abbattuto la gang che lo ha scritto, non e' stata "costretta così a 'ricostruire' il mondo Internet dei computer infetti". Ha semplicemente messo in rete, al posto del server DNS in questione, una batteria di server normali (ovvero, delle copie dell'elenco telefonico giusto).
Quello che succedera' lunedi' e' che questo sistema-tampone verra' spento. Quindi, senza panico e terrore, semplicemente quei computer non ancora rimessi a posto avranno delle difficolta' a navigare e dovranno rimettere l'impostazione del server DNS corretto, quello del loro provider. Tempo di una telefonata di 15 secondi a un tecnico.
Per cui e' sbagliato dire "Da questo momento in poi, insomma, i nostri computer non saranno più protetti: ma visto che i siti pirata sono già stati bloccati, la conseguenza sarà il blocco totale di Internet. Non riusciremo più a collegarci. Black Out. Buio completo."
Come si coglie dal resto dell'articolo, si tratta ormai di una minaccia residuale. Sono ben altri i problemi seri e correnti di sicurezza che meriterebbero una trattazione. Ma forse, vista la qualita' di questo articolo (e altri precedenti), meglio che non li trattiate.
Non commentero', perche' sarebbe tempo perso, sul fatto che chiamare gli autori di malware "hacker" sia sbagliato. Se volete, chiamatemi e ve lo spiego, ma sono certo che ci vorra' un lungo corso di rieducazione al corretto uso dei termini.
--
Cordiali saluti,
Stefano Zanero
Docente di "Computer Security" e "Informatica Forense"
Politecnico di Milano - Dip. Elettronica e Informazione
Un altro fantastico timelapse dalla ISS
Cliccate sull'originale HD a tutto schermo. Non ve ne pentirete
Una piccola collezione di fotocamere
Avete un amico noioso che si vanta della propria fotocamera? Zittitelo con questa foto
L'astronauta Don Pettit mostra la collezione di fotocamere della Stazione Spaziale Internazionale. L'originale è qui.
Disinformatico radio, podcast del 2012/07/06
Pronto il podcast del Disinformatico
È disponibile temporaneamente sul sito della Rete Tre della RSI il podcast della scorsa puntata del Disinformatico radiofonico. Ecco i temi e i rispettivi articoli di supporto:
2012/07/05
Conferenza sulle missioni lunari con Luigi Pizzimenti a Lugano il 14 luglio
Credit: Fausto Branchi |
La conferenza di Pizzimenti, intitolata Programma Apollo: le missioni, i protagonisti, le curiosità, si terrà a Lugano sabato 14 luglio 2012, alle 18, alla Sala Conferenze dell'Hotel Pestalozzi (piazza Indipendenza 9) per raccontare la storia di queste missioni e rispondere alle domande e alle curiosità del pubblico. Io sarò lì come moderatore e presidente del CICAP Ticino. L'ingresso è gratuito.
Aggiornamento: è disponibile il video della conferenza.
Nasce il Museo del Falso a Verrone (BI). Ci vediamo lì? [UPD 2012/07/19]
Sabato 7 luglio alle 18 verrà inaugurato al Castello di Verrone, in provincia di Biella, il Museo del Falso, per il quale ho preparato del materiale interattivo sulle tesi di falsificazione delle immagini dello sbarco sulla Luna, sulle “scie chimiche”, sulle immagini ufologiche fasulle e su altri falsi celebri della storia, dal Mostro di Loch Ness alle fate di Cottingley. La mostra rimarrà aperta al pubblico nei weekend del 7/8, 13/14/15 e 20/21/22 luglio.
Io ci sarò il 7 per presenziare all'inaugurazione e di nuovo il 21, alle 16:57 (dodici ore dopo la ricorrenza del primo passo sulla Luna), per tenere una conferenza: se vi va, venite a vedere insieme con me i video rimasterizzati della NASA dello sbarco lunare (che il 21 avrò con me in copia, per chi la vuole) e gli altri elementi di una mostra-gioco unica nel suo genere e pensata per divertire e insegnare come riconoscere le bufale e sviluppare il senso critico attraverso la possibilità di partecipare a un quiz su complotti e falsi miti e a presentazioni interattive con Kinect. All’interno del Palazzo Comunale ci sarà anche una seconda mostra sui sistemi elettromeccanici ed elettronici dell'Olivetti. Tutte le informazioni sono qui e su Museodelfalso.org.
Gran bella giornata al Museo del Falso ieri: tanta gente, tanto interesse e un allestimento compatto ma molto intrigante. Se siete appassionati d'informatica, non perdetevi la Perottina e le altre chicche dell'esposizione di macchine per scrivere e computer Olivetti (funzionanti!) che si trova sempre nel Castello di Verrone.
In quest'intervista vedete qualche scorcio della mostra:
Io ci sarò il 7 per presenziare all'inaugurazione e di nuovo il 21, alle 16:57 (dodici ore dopo la ricorrenza del primo passo sulla Luna), per tenere una conferenza: se vi va, venite a vedere insieme con me i video rimasterizzati della NASA dello sbarco lunare (che il 21 avrò con me in copia, per chi la vuole) e gli altri elementi di una mostra-gioco unica nel suo genere e pensata per divertire e insegnare come riconoscere le bufale e sviluppare il senso critico attraverso la possibilità di partecipare a un quiz su complotti e falsi miti e a presentazioni interattive con Kinect. All’interno del Palazzo Comunale ci sarà anche una seconda mostra sui sistemi elettromeccanici ed elettronici dell'Olivetti. Tutte le informazioni sono qui e su Museodelfalso.org.
2012/07/08
Gran bella giornata al Museo del Falso ieri: tanta gente, tanto interesse e un allestimento compatto ma molto intrigante. Se siete appassionati d'informatica, non perdetevi la Perottina e le altre chicche dell'esposizione di macchine per scrivere e computer Olivetti (funzionanti!) che si trova sempre nel Castello di Verrone.
In quest'intervista vedete qualche scorcio della mostra:
2012/07/03
Samantha Cristoforetti, prima astronauta italiana, volerà nel 2014. Seguite qui il suo addestramento
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Oggi è stato comunicato ufficialmente che nel 2014 volerà nello spazio Samantha Cristoforetti, che insieme a Luca Parmitano, Andreas Mogensen, Alexander Gerst, Timothy Peake e Thomas Pesquet forma la classe 2009 degli astronauti dell'Agenzia Spaziale Europea. Partirà il 30 novembre e resterà a bordo della Stazione Spaziale Internazionale per circa sei mesi.
Samantha ha, fra i suoi numerosi talenti, quello di essere una geek blogger molto coinvolgente. Mi ha gentilmente concesso il permesso di ospitare qui la traduzione in italiano dei suoi post, che descrivono l'avventura del suo addestramento e che per ragioni di tempo lei scrive in inglese.
Se volete conoscere da vicino cosa significa prepararsi per vivere nello spazio e vi interessa scoprire tanti dettagli poco noti di questa sfida tecnica e umana internazionale, seguite Samantha in originale (in inglese) nel blog degli astronauti ESA del 2009, via Twitter (@AstroSamantha) e attraverso le sue magnifiche foto su Flickr, oppure in italiano nei post che pubblicherò man mano qui. Qui sotto trovate il primo.
di Samantha Cristoforetti, tradotto e pubblicato con il suo permesso dal post originale in inglese del 30 gennaio 2012. Diversamente dal resto di questo blog, questo articolo non è liberamente distribuibile senza il permesso esplicito del suo autore. Le parentesi quadre indicano note del traduttore. La parte in corsivo è così anche nell'originale.
Il 18 gennaio Thomas [Pesquet] ed io abbiamo preso parte a un programma di addestramento di sopravvivenza di due giorni che è obbligatorio per tutti i membri degli equipaggi Soyuz e serve per dare agli astronauti e ai cosmonauti le competenze e la fiducia che servono per sopravvivere nei climi freddi. Anche se le squadre di soccorso di solito arrivano al sito di atterraggio della Soyuz ancor prima che la capsula abbia toccato terra nel caso di una discesa che si svolga secondo i piani, un rientro d'emergenza non pianificato può avvenire in qualunque momento durante il volo indipendente o mentre si è attraccati alla Stazione Spaziale Internazionale. Nel caso peggiore può capitare persino durante il decollo a causa di un'avaria del razzo lanciatore.
Questo è il mio tentativo di condividere con voi la nostra esperienza nei boschi intorno a Star City [il centro di addestramento per cosmonauti a circa 180 km da Mosca].
Potrei stare a guardare in eterno la danza ipnotica delle fiamme. Ma il mio
turno di veglia notturna di un'ora è finito: è ora di svegliare il mio collega
d'equipaggio e cercare di dormire un po'. Mentre Thomas si stiracchia le membra
irrigidite dal freddo e dallo spartano giaciglio di foglie e rami, faccio una
rapida chiamata via radio per riferire che il nostro equipaggio sta bene. Ieri,
durante la nostra prima notte di sopravvivenza, la procedura è stata diversa:
bloccati e senza contatti con le squadre di soccorso, facevamo tre chiamate di
MAYDAY alla cieca allo scoccare di ogni ora a intervalli di due minuti.
Procedura ora non più necessaria, dato che siamo stati localizzati!
Ieri notte abbiamo effettuato un contatto simulato con un elicottero di soccorso. Su loro richiesta abbiamo acceso il nostro fuoco di segnalazione e un bengala in modo che potessero definire con precisione la nostra posizione. Come previsto, ci hanno detto che saremmo stati recuperati soltanto l'indomani mattina, e così eccoci qui, nel nostro tepee [tenda in stile pellerossa], in quello che a questo punto è principalmente un esercizio di pazienza e di sopportazione del freddo.
A dirla tutta non possiamo lamentarci. Stanotte ci sono -15°C, con pochissimo
vento; la neve sul terreno arriva al ginocchio. Gioisco al pensiero di quanto
siamo fortunati, rammentando i tanti resoconti di equipaggi che hanno affrontato
l'addestramento con la neve alta fino al petto e -30°C. Anche così, sembrava una
sfida molto impegnativa quando, due giorni fa, ci hanno aiutato a infilarci le
tute di volo Sokol e ci hanno detto di salire a bordo di un vecchio modulo di
discesa Soyuz coricato su un fianco nell'area di sopravvivenza. Dentro ci
aspettavano il kit standard di sopravvivenza delle Soyuz e degli indumenti
contro il freddo, impacchettati nel poco spazio disponibile. Fuori ci
aspettavano la calotta e le corde del paracadute, tre fodere dei sedili che
normalmente avremmo tolto dai sedili stessi e degli stivali impermeabili alti
fino alla coscia che di norma avremmo ricavato tagliandoli dalla tuta di
sopravvivenza in acqua Forel.
Thomas è entrato per primo. Lo trovo bizzarramente appollaiato sopra il pannello di controllo, e così mi accuccio in un angolo, cercando di lasciare spazio affinché anche il nostro comandante, Sergey, possa entrare e chiudere dietro di sé il portello. Una veloce chiamata via radio e l'addestramento ha inizio.
Ci hanno sottolineato che il consiglio numero uno per prevenire l'ipotermia è
restare asciutti e muoversi senza fretta per non sudare, e ho ben chiaro in
testa questo proposito. Ma nonostante tutto dopo pochi minuti siamo tutti
sudati. Nello spazio ristretto cerchiamo e spacchettiamo i componenti dei
nostri indumenti di sopravvivenza invernale, ciascuno contrassegnato con il
nostro nome: la tuta leggera
[jumper suit], il maglione, la giacca leggera, la tuta intera, la giacca pesante. E poi
guanti, cappello, scarpe. Mentre aiuto Sergey a uscire dalla
[tuta]
Sokol e cerco di passargli gli indumenti adatti, non riesco a fare a meno di
essere grata del fatto che nessuno di noi è particolarmente grande!
Quando riusciamo a incamminarci nel bosco, dopo aver raccolto dentro le fodere dei sedili l'attrezzatura di sopravvivenza e il paracadute, ci restano circa quattro ore di luce del giorno.
Non dobbiamo preoccuparci del cibo, dato che abbiamo scorte per almeno tre
giorni, ma dobbiamo lavorare in fretta per prepararci un riparo, un fuoco di
segnalazione e la legna per il fuoco prima che cali la notte. Sergey individua
un buon punto per il nostro accampamento: due alberi diritti a circa due metri
dal nostro riparo a falda singola, e davanti spazio in abbondanza per
costruire il nostro tepee
l'indomani, sulla zona che verrà scaldata dal fuoco di stanotte, e una radura
a circa 100 metri di distanza per il nostro fuoco di segnalazione.
Con lo stile di comando deciso ma irresistibilmente garbato che Thomas e io apprezzeremo ben presto, Sergey distribuisce i compiti e avvia il lavoro. È un ex pilota di Blackjack [Tupolev TU-160, bombardiere strategico supersonico] dell'Aviazione Militare Russa e ha un gran talento per la vita all'aria aperta e un istinto naturale di prendersi cura dei bisogni di tutti. È un'altra grande fortuna; una di quelle che saranno fondamentali nel creare fra noi l'atmosfera calorosa ed efficiente che ci resterà come ricordo da serbare con affetto.
Condividendo un coltello e un machete dell'equipaggiamento di sopravvivenza,
usiamo rami di media grandezza e le corde del paracadute per costruire
l'intelaiatura del nostro riparo a falda singola. Poi copriamo il fondo e il
tetto con una notevole quantità di rami e foglie e avvolgiamo il tutto nella
stoffa del paracedute e nella coperta di sopravvivenza riflettente. Non è una
reggia, ma ce lo faremo bastare, e riuscirò addirittura a dormire qualche ora,
a tappe di venti-trenta minuti.
Naturalmente non c'è paragone con il nostro riparo per la seconda notte. Avendo a disposizione l'intera giornata, le istruzioni sono di costruire un tepee. Dopo aver fabbricato l'intelaiatura conica usando sei tronchi lunghi, vi avvolgiamo intorno il paracadute: uno strato inferiore interno, alto all'incirca fino al petto, e uno strato superiore esterno, che lascia un'apertura in alto. Inserendo dei rametti lunghi una trentina di centimetri fra i due strati creiamo una fessura dal quale può entrare aria fresca mentre il fumo esce dall'apertura in cima.
Ed eccomi qui che passo la radio a Thomas e cerco di addormentarmi. Tra poche
ore verremo contattati dall'elicottero di soccorso e ci verrà dato un azimut da
seguire fino alla zona di recupero. Sappiamo dal briefing che uno di noi
dovrà simulare un arto rotto, per cui avremo approntato dei paletti per creare
una barella improvvisata a partire da una fodera dei sedili.
Quando tutto sarà finito, mi viene l'idea che accenderemo un bengala per festeggiare. E ho un ultimo pensiero prima di scivolare in un sonno leggero: che quella sauna post-addestramento, domani, sia bella calda!
Oggi è stato comunicato ufficialmente che nel 2014 volerà nello spazio Samantha Cristoforetti, che insieme a Luca Parmitano, Andreas Mogensen, Alexander Gerst, Timothy Peake e Thomas Pesquet forma la classe 2009 degli astronauti dell'Agenzia Spaziale Europea. Partirà il 30 novembre e resterà a bordo della Stazione Spaziale Internazionale per circa sei mesi.
Samantha ha, fra i suoi numerosi talenti, quello di essere una geek blogger molto coinvolgente. Mi ha gentilmente concesso il permesso di ospitare qui la traduzione in italiano dei suoi post, che descrivono l'avventura del suo addestramento e che per ragioni di tempo lei scrive in inglese.
Se volete conoscere da vicino cosa significa prepararsi per vivere nello spazio e vi interessa scoprire tanti dettagli poco noti di questa sfida tecnica e umana internazionale, seguite Samantha in originale (in inglese) nel blog degli astronauti ESA del 2009, via Twitter (@AstroSamantha) e attraverso le sue magnifiche foto su Flickr, oppure in italiano nei post che pubblicherò man mano qui. Qui sotto trovate il primo.
Sopravvivere all'inverno russo
di Samantha Cristoforetti, tradotto e pubblicato con il suo permesso dal post originale in inglese del 30 gennaio 2012. Diversamente dal resto di questo blog, questo articolo non è liberamente distribuibile senza il permesso esplicito del suo autore. Le parentesi quadre indicano note del traduttore. La parte in corsivo è così anche nell'originale.
Il 18 gennaio Thomas [Pesquet] ed io abbiamo preso parte a un programma di addestramento di sopravvivenza di due giorni che è obbligatorio per tutti i membri degli equipaggi Soyuz e serve per dare agli astronauti e ai cosmonauti le competenze e la fiducia che servono per sopravvivere nei climi freddi. Anche se le squadre di soccorso di solito arrivano al sito di atterraggio della Soyuz ancor prima che la capsula abbia toccato terra nel caso di una discesa che si svolga secondo i piani, un rientro d'emergenza non pianificato può avvenire in qualunque momento durante il volo indipendente o mentre si è attraccati alla Stazione Spaziale Internazionale. Nel caso peggiore può capitare persino durante il decollo a causa di un'avaria del razzo lanciatore.
Questo è il mio tentativo di condividere con voi la nostra esperienza nei boschi intorno a Star City [il centro di addestramento per cosmonauti a circa 180 km da Mosca].
Accendere il fuoco. Credit: GCTC. |
Ieri notte abbiamo effettuato un contatto simulato con un elicottero di soccorso. Su loro richiesta abbiamo acceso il nostro fuoco di segnalazione e un bengala in modo che potessero definire con precisione la nostra posizione. Come previsto, ci hanno detto che saremmo stati recuperati soltanto l'indomani mattina, e così eccoci qui, nel nostro tepee [tenda in stile pellerossa], in quello che a questo punto è principalmente un esercizio di pazienza e di sopportazione del freddo.
Thomas raccoglie legna per il fuoco. Credit: GCTC. |
Thomas è entrato per primo. Lo trovo bizzarramente appollaiato sopra il pannello di controllo, e così mi accuccio in un angolo, cercando di lasciare spazio affinché anche il nostro comandante, Sergey, possa entrare e chiudere dietro di sé il portello. Una veloce chiamata via radio e l'addestramento ha inizio.
Thomas entra nel modulo di discesa. Credit: GCTC. |
Quando riusciamo a incamminarci nel bosco, dopo aver raccolto dentro le fodere dei sedili l'attrezzatura di sopravvivenza e il paracadute, ci restano circa quattro ore di luce del giorno.
Il tepee. Credit: GCTC. |
Con lo stile di comando deciso ma irresistibilmente garbato che Thomas e io apprezzeremo ben presto, Sergey distribuisce i compiti e avvia il lavoro. È un ex pilota di Blackjack [Tupolev TU-160, bombardiere strategico supersonico] dell'Aviazione Militare Russa e ha un gran talento per la vita all'aria aperta e un istinto naturale di prendersi cura dei bisogni di tutti. È un'altra grande fortuna; una di quelle che saranno fondamentali nel creare fra noi l'atmosfera calorosa ed efficiente che ci resterà come ricordo da serbare con affetto.
Costruzione del riparo a falda singola. Credit: GCTC. |
Naturalmente non c'è paragone con il nostro riparo per la seconda notte. Avendo a disposizione l'intera giornata, le istruzioni sono di costruire un tepee. Dopo aver fabbricato l'intelaiatura conica usando sei tronchi lunghi, vi avvolgiamo intorno il paracadute: uno strato inferiore interno, alto all'incirca fino al petto, e uno strato superiore esterno, che lascia un'apertura in alto. Inserendo dei rametti lunghi una trentina di centimetri fra i due strati creiamo una fessura dal quale può entrare aria fresca mentre il fumo esce dall'apertura in cima.
Simulazione di una gamba rotta. Credit: GCTC. |
Quando tutto sarà finito, mi viene l'idea che accenderemo un bengala per festeggiare. E ho un ultimo pensiero prima di scivolare in un sonno leggero: che quella sauna post-addestramento, domani, sia bella calda!
Si festeggia la fine dell'addestramento con un bengala. Credit: GCTC. |
2012/07/02
Disinformatico radio, podcast del 2012/06/29
Pronto il podcast del Disinformatico
È disponibile temporaneamente sul sito della Rete Tre della RSI il podcast della scorsa puntata del Disinformatico radiofonico. Ecco i temi e i rispettivi articoli di supporto:
2012/07/01
Chiude il Minitel, precursore di Internet
Adieu, Minitel
Credit: Wikipedia. |
La chiave del suo successo fu la cessione gratuita dei terminali, affidati agli abbonati in sostituzione della guida telefonica cartacea (i numeri di telefono di tutta la Francia erano cercabili gratuitamente tramite Minitel), che favorì una diffusione rapidissima. Il fatto che ci fossero servizi a pagamento (prenotazioni di biglietti ferroviari e aerei, per esempio) aiutò inoltre a creare un mercato dell'informazione e dell'intrattenimento digitale (chat e servizi d'ogni genere, anche a luci rosse).
Il sistema di pagamento era semplice: il fatto stesso di sfogliare una data pagina comportava un costo, che veniva addebitato direttamente sulla bolletta telefonica dell'abbonato. Un sistema gestito in regime di monopolio da France Télécom e che Internet non è ancora riuscita a implementare decentemente, nel bene e nel male.
Ci sono lezioni da imparare da questo antenato della Rete (e dal flop del suo omologo italiano, il Videotel), perché dalla libertà e flessibilità del personal computer stiamo tornando verso terminali “stupidi” e lucchettati sui quali non siamo più liberi di installare quello che desideriamo (iPad) e verso fornitori unici di servizi (Facebook, Google). Funziona, certo: ma è quello che vogliamo?
Ars Technica ha un bell'articolo sulla storia del Minitel.
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