2013/03/22

Ricerca UE: vendite di musica non danneggiate dalla pirateria

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente il 22/03/2013 sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.


È una notizia che non mancherà di far discutere: uno studio del Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea indica che “la pirateria musicale digitale non dovrebbe essere vista come un problema crescente per i titolari di diritti d’autore”.

Lo studio, pubblicato come documento piuttosto corposo (una quarantina di pagine), afferma inoltre che “i nuovi canali di consumo musicale, come lo streaming online, hanno un effetto positivo sui titolari di diritti d’autore” e che “nonostante vi sia una violazione dei diritti di proprietà (copyright), è improbabile che gli introiti derivanti dalla musica digitale ne risentano molto”.

Al tempo stesso, però, i ricercatori ammoniscono che il mercato sta cambiando e nel passaggio dalla vendita di supporti fisici a quella di file audio scaricabili “gli effetti della pirateria sugli introiti complessivi dell’industria musicale potrebbero anche essere negativi”.

Secondo questa ricerca non ci sarebbe, insomma, quella certezza scientifica del danno che molti esponenti del settore musicale hanno dichiarato più volte in passato.

La ricerca si basa sull'analisi del comportamento di alcune migliaia di utenti suddivisi fra Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito e rivela forti differenze tra i vari paesi. Rispetto ai tedeschi, gli spagnoli cliccano il 230% in più sui siti di scaricamento illegale, gli italiani il 134%, i francesi il 35% e i britannici il 43%. La Francia è prima nello streaming, con il 150% in più rispetto alla Germania, che è superata dalla Spagna con un buon 20%, mentre l'Italia ha un 25% in meno.

Secondo gli autori, una delle cause di queste differenze è la disponibilità o meno di un'alternativa legale per l'acquisto. La ricerca nota inoltre che se da un lato gli introiti musicali sono diminuiti regolarmente ogni anno dal 1999, i dati globali per il 2012 rivelano il primo aumento da 14 anni a questa parte: solo uno 0,3%, ma pur sempre un'inversione di tendenza, per un ammontare di 16,5 milioni di dollari.

L'IFPI (federazione internazionale delle industrie fonografiche), che è la fonte di queste cifre, ha risposto ai risultati della ricerca definendola fra l'altro "difettosa, ingannevole e scollegata dalla realtà commerciale" e proponendo una dettagliata controanalisi.

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