Credit: Facebook/The Register. |
Le intenzioni, stando ai documenti, sono buone: fornire un sistema di pagamento facile e a bassissimo costo, o addirittura a costo zero, a chi ne ha più bisogno, ossia a chi ha pochi soldi e ha solo uno smartphone. La criptovaluta sarà vincolata a un paniere di valute convenzionali per evitare gli sbalzi di valore che affliggono le altre criptovalute.
Ma le obiezioni non mancano: la reputazione di Facebook in fatto di tutela dei dati degli utenti non è particolarmente robusta, per usare un eufemismo. Si spera che custodisca i soldi meglio di quanto custodisca le foto cosiddette “private” degli utenti.
Sarà infatti interessante vedere quanti se la sentiranno di affidare i propri soldi e le proprie transazioni personali o di lavoro a un’azienda che ha dichiarato pubblicamente, in tribunale, che “non c’è nessuna attesa di privacy” su Facebook e che “non c‘è nessuna invasione della privacy, perché non c’è privacy”?
Si spera che gli utenti custodiranno meglio di quanto facciano adesso i propri account social, visto che finora se li sono fatti rubare in massa dai criminali anche se già contengono cose di valore come, appunto, le proprie immagini intime. Le occasioni di saccheggio per i malintenzionati saranno ancora più ghiotte. Per non parlare del rischio che il Libra diventi la valuta ufficiale necessaria in un’economia basata sui social network, come insegna Black Mirror.
Dalla puntata Nosedive di Black Mirror. |
L’esperta informatica Sarah Jamie Lewis (quella delle falle nel sistema di e-voting svizzero) ha riassunto bene il problema:
The only mention of "privacy" in the whitepaper is in a citation defining "Pseudonymity" which just about sums up Facebook's entire approach to privacy. Names don't matter when they have locations, dates, times, social graphs and transaction amounts.— Sarah Jamie Lewis (@SarahJamieLewis) June 20, 2019
Per prima cosa cita Matthew Green (professore associato di informatica presso il Johns Hopkins Information Security Institute statunitense), che scrive che “Francamente mi sbigottisce che un’azienda con un enorme problema di riservatezza dei dati abbia lanciato una valuta globale non privata”, e poi nota che “L’unico riferimento alla privacy nel whitepaper è in una nota che definisce lo ‘pseudoanonimato’, e questo riassume bene l’intero approccio di Facebook alla privacy. I nomi non importano, se loro hanno luoghi, date, orari, grafi dei rapporti sociali e importi delle transazioni”.
Fonti aggiuntive: The Register, Ars Technica.
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