2020/02/28

Sto per scegliere un’auto elettrica per viaggi lunghi: questi sono i miei criteri

Ultimo aggiornamento: 2020/05/21 16:50.

Sta per finire (a maggio 2020) il leasing della mia attuale auto a benzina, la Opel Mokka che uso ormai solo occasionalmente per i viaggi lunghi (uso una piccola Peugeot iOn elettrica per la maggior parte del tempo), ed è quindi giunto il momento di cominciare a guardarmi intorno per fare il grande passo e abbandonare definitivamente le auto a carburante.

Forse i miei criteri e ragionamenti possono essere utili a qualcun altro che sta pensando di fare altrettanto, per cui li pubblico qui, anche perché così se ho sbagliato o dimenticato qualcosa mi potrete correggere.

Se vi serve un’infarinatura dei concetti di base delle auto elettriche, con le risposte ai dubbi e alle domande più frequenti, ho preparato per voi Fuoriditesla.ch.

Prevengo subito una domanda ricorrente: no, non posso ricorrere a un noleggio occasionale perché non ci sono, al momento, servizi di autonoleggio a prezzi decenti nelle mie vicinanze. Lo stesso vale per il noleggio a lungo termine.


Criteri


I miei criteri fondamentali per l’auto elettrica per grandi viaggi sono i seguenti. Non è detto che i vostri debbano essere uguali.

  • Prezzo: sono disposto a fare un discreto investimento (fino a 50.000 CHF/47.000 euro); me lo posso permettere, dopo tutti questi anni di lavoro, e inoltre ho calcolato che la sostituzione dell’auto a benzina con una equivalente elettrica mi permetterà di risparmiare circa 2500 CHF (circa 2360 euro) l’anno in carburante e un po’ di altri soldi in manutenzione, assicurazione e imposta di circolazione. Mi raccomando: non partite con la solita litania “ma un’auto equivalente a benzina costa molto meno”. Lo so. E una bicicletta costa ancora meno, ma io voglio concedermi un’auto elettrica. Se volete considerarlo uno sfizio, nessun problema. Inoltre bisogna considerare il costo complessivo (prezzo di acquisto + spesa di “carburante”), non solo il prezzo di listino, visto che la corrente costa un quarto della benzina e questo riduce il divario di prezzo. Voi quanto spendete in un anno di carburante?
  • Tasso di leasing. Chiaramente un tasso basso sarà più appetibile di uno alto.
  • Autonomia. Dato che è un’auto per viaggi lunghi (fino a 600 km in un giorno), ho bisogno che abbia un’autonomia realistica (ossia a velocità autostradali) di almeno 300 km. Per realistica non intendo quella calcolata dai produttori secondo criteri come NEDC o WLTP, che danno sempre valori gonfiati e ben diversi dalla realtà, come vedete in questo video di CarWOW. Mi baso sui dati Highway - Mild Weather di EV Database.
  • Velocità di carica rapida. Se parto da casa col “pieno”, la velocità di ricarica gestita dall’auto è un problema solo quando devo fare una tratta superiore all’autonomia del veicolo. 50 kW (150 km di autonomia in più in mezz’ora) sono il minimo indispensabile; 100 kW o più sarebbero anche meglio, anche se per ora sono relativamente poche le colonnine che li offrono (a parte quelle rapide di Tesla, Ionity e di alcuni altri fornitori). Come regola generale, più è alta la velocità di carica, meno tempo devo dedicare a tappe durante le tratte lunghe, anche se la curva di ricarica varia da modello a modello. Per esempio, 100 kW mi consentirebbero di aggiungere 150 km in quindici minuti, che è il tempo di un caffè e una pausa toilette; un’oretta di sosta per un pasto e farei quasi il “pieno”.
  • Connettore di ricarica. Deve essere quello standard europeo, quindi il CCS Combo (carica rapida) o Tipo 2 (carica meno rapida), perché è quello disponibile su tutte le colonnine. È vero che alcune colonnine sono multistandard, ma preferisco avere la massima rosa possibile di punti di ricarica. Per saperne di più c’è questo mio articolo
  • Rete di ricarica. Avere una rete di colonnine di ricarica rapida dedicata sarebbe un grande bonus; eviterebbe il disagio di dovermi procurare le varie tessere di prepagamento e il rischio di trovare le colonnine occupate (da altre auto elettriche o da auto a carburante in divieto di sosta).
  • Posizione di guida alta. Questo, sia chiaro, è un criterio tutto mio. Sono spilungone e sia io, sia la Dama del Maniero troviamo da sempre molto disagevole la posizione di guida delle berline o delle auto sportive e soprattutto entrarvi e uscirne, e per varie ragioni potrei trovarmi a dover portare persone che hanno mobilità limitata, per cui la seduta alta per il conducente e il passeggero è essenziale. Non è detto che sia così per tutti.
  • Abitabilità posteriore. Per motivi che sarebbe lungo spiegare qui, spesso sono seduto dietro e guida qualcun altro, quindi mi serve che anche i posti posteriori siano sufficientemente spaziosi e alti, con spazio abbondante per le gambe.
  • Bagagliaio. Essendo un’auto per viaggi lunghi, deve essere in grado di portare le valigie di almeno tre persone. La capienza dell’attuale Mokka (356 litri) è appena sufficiente per le mie esigenze, per cui questo è per me il valore minimo accettabile.
  • Guida assistita. Un sistema di guida assistita che consenta almeno di mantenere una velocità impostata e la distanza dall’auto che mi precede è praticamente indispensabile per una guida confortevole e non stressante. Il mantenimento automatico della corsia non mi interessa più di tanto. Sensori di angolo cieco, telecamere di parcheggio e frenata d’emergenza anticollisione sarebbero invece altamente desiderabili. Tuttavia non vorrei niente di più; in particolare, dopo varie prove non mi fido dell’Autopilot di Tesla attuale (vi spiegherò perché in un’altra occasione).
  • Gestione via app. Vorrei poter monitorare da remoto l’andamento della sessione di ricarica e attivare da remoto aria condizionata e riscaldamento, per poter entrare in auto senza sciogliermi di caldo o gelare per il freddo.
  • Tempi di consegna. Non ho fretta, ma non vorrei neanche dover aspettare sei mesi o più dal momento dell’ordine.
  • Vicinanza del concessionario. Prima o poi un guasto o un problema può capitare e quindi avere un concessionario che sta a pochi chilometri dal Maniero Digitale è importante. Questo è un punto a sfavore particolarmente per Tesla, la cui officina più vicina (Milano) è attualmente ad almeno 100 km dal Maniero e oltre frontiera. Quella in Svizzera è a 200 km (Cham).
  • Garanzia. La durata della garanzia, soprattutto di quella sul pacco batteria, è importante: visto il costo elevato di cambiare questo componente essenziale dell’auto, devo essere sicuro di avere copertura per un numero significativo di anni (almeno cinque o sei).

Questi criteri riducono le candidate alle seguenti auto, di cui più sotto trovate le schede dettagliate (i litri indicano la capienza del bagagliaio):

  • Hyundai Kona 2020 64 kWh (47.150 CHF; 365 km; 75 kW DC; 332 litri)
  • Opel Ampera-e (42.790 CHF; 310 km; 50 kW DC; 381 litri)
  • Kia e-Niro 2020 64 kWh (52.900 CHF; 345 km; 100 kW DC; 451 litri)

Solo per confronto, aggiungo i dati di questa:

  • Tesla Model 3 Standard Range Plus (45.980 CHF; 295 km; 170 kW DC; 542 litri)


Come? Nessuna Tesla fra le candidate?




Già. La Tesla Model 3 rientrerebbe nei criteri come prezzo (45.980 CHF in versione base), ma è una berlina sportiva, e per me è decisamente troppo bassa. Una volta seduti è comoda, ma entrarne e uscirne è per me (e non solo per me) piuttosto disagevole, e non sto certo diventando più atletico col passare degli anni. Forse la funzione easy entry che alza elettricamente il volante e sposta indietro il sedile e lo alza può venirmi incontro (aggiornamento: l’ho provata e in effetti migliora un po’ le cose, almeno per il conducente). Dietro è piuttosto stretta e la seduta è bassa, anche se potrei cavarmela con un cuscino di rialzo (ho provato e funziona; ci ho dormito come un bambino).

Inoltre il bagagliaio, pur essendo molto capiente (542 litri), ha un’apertura ridotta (non è un portellone) e quindi non è adatto ai carichi ingombranti che talvolta devo portare.

Sono tutti difetti sopportabili, ma nel mio caso particolare non aiutano. Chi non ha queste mie restrizioni troverà invece, confrontando i prezzi e le caratteristiche, che la Model 3 offre davvero moltissimo in più rispetto alle concorrenti.

Prezzo Model 3: 45.980 CHF (Model 3 Standard Range Plus base, 47,5 kWh usabili).
Leasing: 3,4% (7000 CHF acconto, 36 mesi a 647 CHF/mese, 19.312 CHF di maxirata finale).
Autonomia autostradale: 295 km; secondo Teslike, 314 km a 130 km/h, 344 km a 120 km/h.
Velocità di carica rapida: fino a 170 kW DC (picco) / 11 kW AC.
Rete di ricarica: Sì. 
Posizione di guida alta: No, verificata.
Abitabilità posteriore: Scarsa, verificata.
Bagagliaio: 542 litri. 
Sedili riscaldati: Anteriori e (in opzione attivabile via software a pagamento) posteriori.
Guida assistita: Cruise control adattivo.
Gestione via app: Sì, e molto sofisticata.
Tempi di consegna: Alcuni mesi (ma ci sono anche esemplari in pronta consegna).
Vicinanza del concessionario: a 100 km dal Maniero.
Garanzia: “Veicolo base - 4 anni oppure 80.000 km, a seconda dell'eventualità che si verifica per prima. Batteria e unità motore - 8 anni o 160.000 km, a seconda dell'evento che si verifica per primo”.
Note: La versione Long Range Dual Motor (70 kWh) ha 435 km di autonomia ma costa un po’ troppo per il mio budget (55.980 CHF).


La Model Y, invece, ha un portellone grande e ha probabilmente una seduta alta e spaziosa anche dietro, oltre a sedili posteriori parzialmente reclinabili che mi farebbero molto comodo quando sono passeggero, ma costa attualmente ben oltre i limiti del mio budget: 63.000 CHF (59.000 euro) nella versione meno cara oggi ordinabile, la Long Range Dual Motor. Inoltre non sarà disponibile in Europa prima del 2021, salvo sorprese, e non vorrei aspettare così a lungo. Inoltre non so se per quell’epoca esisteranno ancora incentivi cantonali (abito in Canton Ticino) per le auto a emissioni zero. Per ora non si sa se e quando verranno offerte versioni a prezzi più bassi. Se dovesse scendere sotto i 50.000 CHF, potrebbe rientrare nelle candidate.



In teoria potrei anche fare quello che ho fatto con la mia prima auto elettrica: comprarne una usata. Ci sono delle Tesla Model S del 2014 e 2015 da 32.900 a 44.900 CHF che rientrerebbero comodamente nel mio budget. Ma la Model S è immensa: ideale per i grandi viaggi, con un bagagliaio enorme, però difficile da parcheggiare una volta arrivati a destinazione. Ho guidato per anni un’auto da cinque metri e so quanto è bello avere un’auto capiente ma anche quanto si tribola.

Inoltre un’elettrica usata avrebbe pochi anni di garanzia residua sulla batteria: un rischio che posso permettermi di correre con il prezzo di un’automobilina come la mia attuale Peugeot iOn, ma non con quello di una Model S. In più resterebbero sempre i problemi della seduta molto bassa e dell’abitabilità posteriore molto modesta.


Prima che me lo chiediate: la Model X, il SUV di Tesla, avrebbe un’abitabilità perfetta per il mio caso e un bagagliaio infinito, ma è ancora più ingombrante della Model S ed è ben oltre il mio limite di spesa anche usata.

Le Tesla attuali sono insomma auto splendide, ipertecnologiche, piene di chicche, ideali per un geek, con i bonus dell’aggiornabilità del software che riduce il normale invecchiamento del veicolo, di una velocità di ricarica altissima (fino a 250 kW sulle colonnine Tesla predisposte) che compenserebbe l’autonomia un pochino risicata della versione base e di una rete di ricarica dedicata, finezze come la memoria personalizzata dell’assetto dei sedili a seconda del conducente, la dashcam omnidirezionale, il Sentry Mode antifurto e gli specchietti che si orientano verso il basso durante le manovre, ma purtroppo non fanno al caso mio per la loro forma e/o per il loro prezzo.

La distanza del concessionario (compensata solo in parte dal servizio a domicilio offerto dai Tesla Ranger) è un altro fattore sfavorevole, anche se recentemente è comparso sul sito Tesla l’annuncio “Coming soon” per un centro di assistenza a Lugano.

Le maniglie a filo carrozzeria sono scomode; le portiere senza cornice sono una complicazione che causa disagi. Lo sblocco d’emergenza dei posti posteriori in caso di mancanza totale di alimentazione (improbabile ma possibile, specialmente in caso di incidente) è complicato a livelli quasi criminali in alcuni modelli: nelle Model S è un cavetto da cercare ad altezza caviglie; nelle Model X è un cavetto nascosto dietro la griglia degli altoparlanti; nelle Model 3 non c’è proprio, come nota allegramente l’Emergency Response Guide a pagina 27; nelle Model Y è nascosto nella tasca della portiera.

Sblocco d’emergenza delle portiere dall’interno nelle Tesla Model S.

Alla Dama del Maniero, poi, non vanno per nulla a genio l’interfaccia minimalista e tutta touch (persino per direzionare la ventilazione) delle Model 3 e la revocabilità o modificabilità imponibili in qualunque momento da parte di Tesla, e anch’io non ne sono del tutto convinto (guidare di notte con il buio al posto del tradizionale cruscotto, per esempio, è inquietante e richiede assuefazione).

Dopo una serie di prove su strada, inoltre, ritengo che l’attuale Autopilot sia spesso potenzialmente pericoloso per natura (spiegherò perché in un altro articolo) e quindi non lo userei quasi mai, accontentandomi (si fa per dire) del mantenimento di distanza offerto dal cruise control adattivo.

Inoltre non voglio un’auto che mi causi ansia perché attira le attenzioni di ladri e vandali e che purtroppo nel clima bilioso attuale rischia di farmi passare per “uno di quei fighetti con l’elettrica”. Preferisco un’auto più discreta, che posso parcheggiare ovunque senza l’ansia di doverla sorvegliare a vista.

Se dovessi prendere una decisione emotiva, insomma, basandomi solo sulla passione e mandando al diavolo il buon senso, ordinerei subito una Model 3 blu con interni bianchi e mi stamperei sulla faccia un sorriso permanente per i prossimi dieci anni, rinnovato da ogni aggiornamento software che mi arriva. Ma devo fare il buon padre di famiglia ed essere pratico e razionale.

Nessuna delle candidate mi appassiona ed entusiasma, e nessuna vincerà mai premi per l’estetica, ma sono auto dannatamente pratiche.


Le altre escluse


Mi limito alle auto già sul mercato o di imminente uscita (entro metà 2020). Quindi non considero veicoli promessi ma non ancora disponibili, tipo la Volkswagen ID.3 Mid Range, che per ora è poco più di una fantasia e ha anche grossi problemi software, da riparare un esemplare per volta in officina. Si stimano 320 km di autonomia autostradali e 385 litri di bagagliaio. Ne riparleremo quando sarà possibile provarla.

Ho scartato la Nissan LEAF (da 47.600 CHF in versione da 62 kWh) soprattutto per via della sua scelta di un connettore CHAdeMO per la ricarica rapida. Le colonnine che offrono questo connettore sono poche rispetto a quelle che offrono il connettore CCS, che è lo standard europeo.

Ho escluso anche la Opel Corsa-e e la Peugeot e208 principalmente perché i posti posteriori sono strettissimi (e anche la portiera posteriore è assurdamente stretta) e il bagagliaio è minimo (rispettivamente 309 e 265 litri). Per il resto, sono ottime auto, con carica molto rapida (100 kW), ma non fanno per me.

Niente da fare anche per la Peugeot e-2008: autonomia insufficiente (250 km autostradali) con i suoi 47 kWh, a fronte di un grande bagagliaio (405 litri) e di una carica rapida a 100 kW.

La Hyundai Ioniq è una delle auto elettriche più efficienti sul mercato, ma comunque la sua batteria da 38 kWh non le permette di fare più di 240 km autostradali. Inoltre 

La Renault Zoe è interessante, specialmente nella versione con batteria a noleggio, ma il bagagliaio è troppo piccolo (338 litri) e l’autonomia è leggermente insufficiente (250 km autostradali) per le mie esigenze.

La DS3 Crossback ha un’autonomia realistica insufficiente (250 km autostradali) e un bagagliaio piccolo (350 litri). Inoltre l’estetica interna a rombi è per me orrida.

Fra le prossime uscite, la Fisker Ocean avrebbe la forma, il bagagliaio e il prezzo (37.500 USD in USA) giusti, ma non sarà disponibile prima del 2022. Le dimensioni sono un po’ abbondanti (4,64 m di lunghetta, 1,93 di larghezza).


Hyundai Kona EV Amplia 2020 64 kWh



Prezzo: 47.150 CHF (offerta di un concessionario).
Leasing: 0,9% (7000 CHF acconto, 36 mesi a 723 CHF/mese, 15.600 CHF di maxirata finale).
Autonomia autostradale: 365 km.
Velocità di carica rapida: 75 kW DC / 10.5 kW AC (modello trifase).
Rete di ricarica: Nessuna rete dedicata.
Posizione di guida alta: Sì, verificata.
Abitabilità posteriore: Sì, verificata.
Bagagliaio: 332 litri (leggermente inferiore a quello della Mokka, ma c'è un doppio fondo sfruttabile aggiuntivo; ci stanno 5 banana box).
Dimensioni: Lunghezza 418 cm, larghezza 180 cm.
Sedili riscaldati: Solo anteriori.
Guida assistita: Cruise control adattivo, mantenimento di corsia, assistenza angolo morto, allarme traffico trasversale posteriore.
Gestione via app: Sì, si chiama Bluelink. Ricarica programmabile, monitoraggio livello di carica, impostazione riscaldamento/aria condizionata.
Tempi di consegna: Sei mesi.
Vicinanza del concessionario: a pochi km dal Maniero.
Garanzia: 5 anni sul veicolo, 8 anni sulla batteria.
Note: La versione Amplia ha i sedili in stoffa (che preferisco rispetto a quelli in pelle delle versioni superiori). Carica frontale praticissima. Esiste anche una versione con batteria da 39 kWh che a listino costa 32.990 CHF (Pica); con le dotazioni di guida assistita sale a 43.900 CHF (Amplia) e ha 225 km di autonomia autostradale reale. L’autonomia WLTP è stata di recente aumentata dell’8% rispetto ai valori precedenti (da 449 a 484 km WLTP) grazie a pneumatici a bassa resistenza al rotolamento e ad interventi sul telaio (Vaielettrico; Hyundai.de).
Sito: Hyundai.ch.


Opel Ampera-e 2020 60 kWh



Prezzo: 42.790 CHF (offerta di un concessionario).
Leasing: 4,59%.
Autonomia autostradale: 310 km.
Velocità di carica rapida: 50 kW DC / 7.4 kW AC.
Rete di ricarica: Nessuna rete dedicata.
Posizione di guida alta: Sì, verificata e comodissima.
Abitabilità posteriore: Sì, verificata e molto spaziosa. Seduta alta e molto spazio per le gambe, davanti e dietro.
Bagagliaio: 381 litri (5 banana box).
Sedili riscaldati: Solo anteriori.
Guida assistita: Cruise control NON adattivo, mantenimento correttivo della corsia, assistente di parcheggio e frenata automatica d’emergenza.
Gestione via app: Riscaldamento e AC, monitoraggio stato di carica.
Tempi di consegna: 2 mesi.
Vicinanza del concessionario: a pochi km dal Maniero.
Garanzia: 8 anni o 160.000 km sulla batteria.
Note: Dopo una prima selezione, l’ho scartata perché il servizio di soccorso integrato OnStar finirà a fine 2020, non verrà sostituito e la sua cessazione bloccherà anche tutte le funzioni di gestione remota (essenziali in un’auto elettrica) e perché sta uscendo di produzione, anche se la gemella americana Chevrolet Bolt continua ad evolversi (altre info qui): varrà poco o nulla in caso di rivendita. Peccato: l’auto per il resto è notevolissima. L’abitabilità interna è semplicemente eccezionale, sia davanti sia dietro. I sedili sono disponibili soltanto in pelle. La versione proposta non ha telecamere panoramiche che facilitano le manovre con una vista simulata dall’alto (nonostante siano indicate nel manuale) e ha solo una telecamera frontale e quella di retromarcia. La mia recensione (anche video) è qui. I finestrini sono di tipo classico con telaio. La carica laterale anteriore è meno pratica di quella frontale, ma assolutamente accettabile grazie alla posizione alta. Se non fosse in procinto di perdere le funzioni di gestione remota, sarebbe l’auto elettrica perfetta per me. Crash test EuroNCAP: 4/5.
Sito: versione olandese; versione svizzera. Forum USA: Chevybolt.org.


Kia e-Niro 2020 64 kWh



Prezzo: 49.900 CHF più 3000 CHF per kit opzioni (versione da 64 kWh).
Leasing: 3,9% (a 25.000 km/anno e con 7000 CHF di acconto: 36 mesi a 996 CHF/mese, 12.480 CHF di riscatto; 60 mesi a 843 CHF/mese, 535 CHF di riscatto).
Autonomia autostradale: 345 km.
Velocità di carica rapida: 100 kW DC (teorici; 75 kW reali) / 7.2 kW AC. 
Rete di ricarica: Nessuna rete dedicata. 
Posizione di guida alta: Sì, ma non ancora verificata.
Abitabilità posteriore: Non ancora verificata.
Bagagliaio: 451 litri.
Sedili riscaldati: Anteriori ventilati e riscaldati, posteriori riscaldati (tutto solo con kit opzioni).
Guida assistita: Cruise control adattivo (forse come opzione). Assistente di angolo morto, sensori di parcheggio anteriori, avviso di traffico trasversale in retromarcia (solo con kit opzioni).
Gestione via app: Da determinare. 
Tempi di consegna: Da determinare.
Vicinanza del concessionario: a pochi km dal Maniero.
Garanzia: 7 anni.
Note: Disponibile in Svizzera da fine marzo/inizio aprile 2020. Finestrini classici con telaio. Batte Kona in questo video di What Car. Interni molto più capienti e pratici, specialmente nella fila posteriore. 3000 CHF di kit opzioni obbligano ad avere sedili in pelle nella versione ma danno riscaldamento a pompa di calore, presa 220 V posteriore (utilissima per il mio lavoro con laptop), memoria delle posizioni dei sedili multi-conducente e assistenza di guida. Sblocco automatico delle portiere in caso di impatto (versione UK). Bocchette di ventilazione posteriori. La velocità di carica teoria di 100 kW si ha solo in particolari circostanze e per brevi periodi; normalmente l’auto carica a circa 77 kW.
Sito: Kia.ch. Disponibile anche sul sito britannico; le specifiche UK sono qui (PDF); depliant UK. Recensione su Ars Tecnica (maggio 2020).

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Per il momento, insomma, sulla carta l’auto più promettente è la Kia e-Niro: ha il bagagliaio più grande, una delle due autonomie maggiori e la dotazione più completa. Il prezzo, però, è parecchio alto; vedremo cosa mi proporranno i concessionari. La Kona è una via di mezzo: costa parecchio meno della e-Niro a fronte di un bagagliaio leggermente piccolo. L’Ampera è la soluzione a costo più basso, con un bagagliaio accettabile ma senza assistenza alla guida e purtroppo, da fine 2020, senza gestione remota; ha anche 35-55 km di autonomia in meno delle concorrenti.

Una delle sorprese di questo confronto è la scoperta che la Tesla Model 3 dimostra di offrire moltissimo come dotazioni e prestazioni a un prezzo molto competitivo (solo 3000 CHF in più di un’Ampera-e che sta uscendo di produzione ed è molto meno equipaggiata). Peccato che per il mio caso specifico sia un’auto disagevole. Aggiornerò questo articolo man mano che ci saranno novità.


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Puntata del Disinformatico RSI del 2020/02/28

È disponibile la puntata di oggi del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, condotta da me insieme a Francesca Margiotta.

Podcast solo audio: link diretto alla puntata.

Argomenti trattati: link diretto.

Podcast audio precedenti: archivio sul sito RSI, archivio su iTunes e archivio su TuneIn, archivio su Spotify.

App RSI (iOS/Android): qui.

Video: lo trovate qui sotto.

Archivio dei video precedenti: La radio da guardare sul sito della RSI.

Buona visione e buon ascolto!


Antibufala: la Cina invia centomila anatre contro le locuste in Pakistan. Lo dice(va) Associated Press

Di solito quando la Associated Press pubblica una notizia, ci si fida ciecamente, ma stavolta la fiducia è stata un po’ tirata per i capelli.

La AP ha infatti pubblicato la notizia che le autorità cinesi avrebbero trasportato centomila anatre per portarle in Pakistan allo scopo di aiutare nella lotta agli sciami immensi di locuste che stanno devastando il paese.

Molti altri canali d’informazione (Bloomberg, New York Times, ABC News) hanno ripreso la notizia senza farsi la domanda fondamentale: ma che senso ha mandare le anatre a combattere le locuste?

L’agenzia di stampa ha poi ritirato la notizia, che proveniva dal Ningo Evening News e citava Lu Lizhi, ricercatore all’Accademia di Scienze Agricole di Zhejiang. Nel ritirare la notizia, AP ha detto che erano stati “sollevati alcuni dubbi” sull’annuncio. Alcuni dubbi? Ma non mi dire.

Il problema delle locuste in Pakistan è in realtà serissimo, tanto che il paese ha dichiarato un’emergenza nazionale. Secondo la FAO, uno sciame grande come Parigi è in grado di divorare l’equivalente di metà del cibo consumato in tutta la Francia in un solo giorno. E anche centomila anatre sarebbero incapaci di contenere questa piaga: sempre secondo le stime FAO, riuscirebbero a mangiare 20 milioni di locuste al giorno, pari a mezzo chilometro quadrato di sciame. Ma alcuni sciami, anche in Africa, si estendono per centinaia di chilometri quadrati. Stavolta AP ha preso, è il caso di dire, non un granchio, ma una papera.


Fonte: Gizmodo.

Una truffa Bancomat da conoscere per evitarla

Credit: yatsenkoalexey / VectorStock.
Ho ricevuto da un lettore, Filippo (che ringrazio), la segnalazione di una truffa riguardante i Bancomat che credo sia importante conoscere per evitare di esserne colpiti, perché è talmente sofisticata da poter ingannare anche utenti particolarmente attenti. La riassumo qui con il suo permesso.

Filippo ha ricevuto ieri una chiamata sul suo cellulare da un numero che corrisponde al numero verde dell’assistenza clienti della sua banca.

Una voce maschile distinta e gentilissima gli ha detto che stava chiamando dalla banca per un problema relativo al rinnovo del bancomat di Filippo in scadenza. Ha spiegato che per errore il bancomat nuovo era stato spedito ad un indirizzo sbagliato ed era ritornato in banca.

La voce ha quindi chiesto conferma dei dati di Filippo, elencando vari dati personali, compresi nome, cognome, numero di conto corrente, città di residenza, via e numero civico. Era tutto giusto, tranne una cifra del numero civico, che Filippo gli ha corretto.

Dopodiché, sempre con toni gentilissimi e amichevoli, l’uomo al telefono ha spiegato che a Filippo sarebbe arrivato un PIN nuovo via SMS e gli ha chiesto di rispondere, per sicurezza e autenticazione, mandando il PIN vecchio, sempre via SMS. L’uomo ha precisato che se Filippo non si fidava non c’era alcun problema: la procedura telefonica sarebbe stata bloccata e Filippo, presentandosi in banca, avrebbe ricevuto un’altra tessera.

Filippo ha accettato, dopo qualche esitazione. Gli è arrivato un SMS, stavolta da un numero non verde, ha risposto inviando il suo PIN e poi gli è arrivato il nuovo PIN. La telefonata si è chiusa cordialmente con l'assicurazione che il bancomat gli sarebbe arrivato entro due giorni lavorativi.

Filippo ha avuto la sensazione di qualcosa di storto e così ha chiamato il servizio clienti della banca (allo stesso numero verde dal quale aveva ricevuto la chiamata). La banca gli ha confermato che era stato vittima di una truffa e ha bloccato la carta prima di qualunque addebito. Filippo ha poi sporto denuncia in polizia.

Non è finita: nel primo pomeriggio gli è arrivata una nuova chiamata, da un numero non verde, da una persona che ha detto di essere un agente di polizia postale che stava seguendo la pratica del suo tentativo di truffa. Filippo ha riattaccato.

Parlando con la banca (quella vera) e con gli agenti (quelli veri), a Filippo risulta che la truffa probabilmente si è svolta in questo modo:

  • i truffatori sono entrati in possesso della busta con il suo bancomat nuovo, che viaggia con posta ordinaria e ha lo stesso PIN della tessera vecchia;
  • con un po’ di ricerche online sono riusciti a trovare informazioni aggiuntive su di lui;
  • hanno chiamato Filippo camuffando il numero del chiamante in modo da far sembrare che fosse quello della banca (non è difficile);
  • visto il blocco immediato della carta, hanno riprovato spacciandosi per la polizia.

Come vedete, il livello di sofisticazione di queste truffe è molto alto: sono stati usati tutti i trucchi tecnici e di social engineering per conquistare la fiducia della vittima. Non è facile resistere, ma bisogna ricordarsi la regola fondamentale: mai dare il proprio PIN a nessuno, per nessun motivo, anche se si presenta con tutte le credenziali in ordine. Nessun operatore umano, neanche quello della vostra banca, è tenuto a conoscere il vostro PIN.

“La sensazione che si prova quando si capisce di essere stati truffati è disarmante”, mi scrive Filippo. “A me è andata bene, ma vorrei che quello che mi è successo avesse la maggior diffusione possibile per aiutare e per informare tutti.” Prudenza.

Ci ha lasciato il creatore del Konami Code

Credit: Konami.
Su, su, giù, giù, sinistra, destra, sinistra, destra, B, A, Start. Se per caso non riconoscete questa strana sequenza di comandi, vi siete persi una parte importante della storia dei videogiochi: è il cosiddetto Konami code. Se la riconoscete e sapete cosa vuol dire, ho una brutta notizia per voi: è morto il suo creatore, Kazuhisa Hashimoto. Aveva 61 anni.

Il Konami Code è una sequenza di comandi molto speciale: permette al giocatore di avere nuove vite o pieni poteri in un videogioco o sbloccare funzioni nascoste. Comparve per la prima volta nel videogioco Gradius nel 1986. La Konami, l’azienda che aveva progettato Gradius, aveva dato a Hashimoto l’incarico di convertirlo dalla versione arcade (da sala giochi) alla console di gioco personale NES della Nintendo. Era un gioco difficile, e siccome Hashimoto aveva difficoltà a completare il gioco per verificare che funzionasse, creò questa sequenza come codice temporaneo per darsi più poteri: una prassi molto comune durante il collaudo di un videogioco.

Ma Hashimoto si dimenticò di togliere il codice dalla versione definitiva di Gradius, che quindi fu messo in circolazione con questa funzione nascosta. Il segreto non durò a lungo, e fu festa grande per tutti i giocatori.

La sequenza divenne così popolare che molti sviluppatori iniziarono ad aggiungerla di nascosto ai propri giochi per attivare funzioni nascoste, e da allora è diventata una tradizione: è stata attivata almeno temporaneamente in tantissimi giochi classici e anche recenti, come Fortnite Battle Royale e GTA Online, e anche in numerosi siti e dispositivi. C’è in Google Hangouts, in Twitch, nella wiki di Team Fortress 2, e c’è anche nell’Assistente Google (dicendola in inglese vi regala un “bonus di 30 vite extra”), in Alexa e in Siri, se lo recitate nel modo giusto.

Il Konami Code circola infatti in numerose varianti, come “U,U,D,D,L,R,L,R,B,A,S” (le iniziali delle parole inglesi corrispondenti ai comandi) o nella versione inglese “Up, Up, Down, Down, Left, Right, Left, Right, B, A, Start”. Divertitevi e non dimenticate di rivolgere un pensiero di gratitudine a Kazuhisa Hashimoto.


Stalking con Telegram, come rimediare

Ultimo aggiornamento: 2020/03/13 23:40.

Un video di Matteo Flora segnala una funzione di Telegram che permetterebbe di fare stalking usando, paradossalmente, proprio quest’app che viene presentata come più rispettosa della privacy rispetto a tante altre.

La funzione esiste da giugno 2019 (versione 5.8) e si trova nella sezione Contatti: si chiama Trova persone vicine e ovviamente richiede che abbiate autorizzato Telegram a rilevare la geolocalizzazione del vostro telefono (se non l’avete già fatto, quando toccate Trova persone vicine Telegram vi chiederà di farlo): comparirà una lista di persone con l’indicazione della loro distanza approssimativa da voi.

Questa funzione è molto comoda per aggiungere rapidamente tanti amici ad una festa oppure tanti nuovi contatti di lavoro durante una conferenza o un incontro professionale: basta che i partecipanti entrino in questa funzione e facciano un clic sui nomi per scambiarsi tutte le informazioni di contatto.

Il problema è che Telegram considera “vicine” anche le persone che si trovano a vari chilometri di distanza ed elenca anche persone sconosciute, non solo i vostri contatti.

In altre parole, la funzione si presta allo stalking: se vedo che la mia distanza da una persona diminuisce o aumenta quando mi sposto, posso facilmente dedurre in che direzione si trova e da lì capire la sua posizione esatta. Se due o tre persone si coordinano, possono triangolare la posizione di una persona quasi istantaneamente.

Questo stalking è particolarmente efficace perché non esiste reciprocità: voi potete localizzare gli altri anche quando gli altri non possono localizzare voi. Infatti risulta visibile e localizzabile soltanto chi ha attivato l’opzione Rendimi visibile di Telegram (e ha una foto di profilo pubblica). Quindi se voi non la attivate, siete invisibili ma vedete tutti coloro che l’hanno attivata.

In Trova persone vicine c’è anche una sezione Gruppi, composta appunto da gruppi a tema di persone che si trovano geograficamente vicino a voi. Come nota Matteo Flora, potete sfogliare le immagini, i video e anche la musica condivisa (si presume illegalmente) da questi utenti.

Se non volete essere tracciabili e rintracciabili da sconosciuti, non attivate Rendimi visibile. E se volete disattivare la geolocalizzazione in Telegram:

  • per i dispositivi Android recenti andate in Impostazioni - Applicazioni - Telegram - Autorizzazioni - Geolocalizzazione
  • per quelli iOS, andate nelle Impostazioni di iOS, scegliete Telegram - Posizione - Mai (se non trovate la voce Posizione, vuol dire che la geolocalizzazione in Telegram è già disattivata).


Fonti aggiuntive: GSM Arena, XDA Developers.

2020/02/27

Non mandate ai debunker presunte bufale sul coronavirus da indagare: cestinatele e basta

Avrete forse notato che a parte qualche tweet, finora non ho scritto nulla a proposito dei tanti video e audio, circolanti soprattutto su WhatsApp, che parlano di allarmi e catastrofi per il coronavirus. No, non mi paga Big Pharma o l’industria dei fabbricanti di mascherine per stare zitto: la ragione è molto più semplice.

Prima di tutto, i colleghi antibufala stanno già facendo un lavoro egregio nello sbufalare questo materiale, e io ho ben poco da aggiungere. Ma anche loro sono sovraccarichi, perché l’industria delle fake news, dei mitomani, della propaganda e degli sciacalli sta lavorando a pieno ritmo per ottenere visibilità o fare soldi sulle paure. In particolare, i mitomani sono in fregola.

La seconda ragione del mio relativo silenzio è che in moltissime segnalazioni non ci sono fonti, non ci sono nomi, non ci sono riferimenti: in altre parole, non c’è nulla che si possa usare per indagare. Un audio WhatsApp in cui una persona senza nome dice che un tizio che lavora in un ministero imprecisato gli ha detto qualcosa non è indagabile da un debunker. Lo possono fare soltanto le autorità che hanno accesso al tracciamento di quell’audio, e anche così è una faticaccia.

Ma anche se ci fossero appigli per un’indagine, cosa ne ricaveremmo, se non un blando appagamento intellettuale? Se scopriamo che le immagini di presunte sepolture di massa in Cina sono in realtà tratte da un film catastrofico, cosa abbiamo ottenuto? I mercanti del nulla partoriranno un’altra notizia falsa, e si dovrà ricominciare da capo.

Per cui è inutile mandare a me, o ai miei colleghi debunker, l’ennesima segnalazione di allarmi sul coronavirus. Se lo fate pubblicamente, è peggio che inutile: è dannoso. Regalate visibilità a queste cialtronate e a questi sciacallaggi.

Per battere questa piaga delle fake news non dobbiamo diffonderle, neanche per denunciarle. Dobbiamo usare contro le fake news gli stessi metodi che usiamo per bloccare le infezioni: non corriamo dal medico a dire “Dottore, guardi, che cos’ho, sarà il coronavirus?” spandendo così il contagio. Serve la quarantena volontaria. Serve la prevenzione.

Ho quindi un solo consiglio: scegliete il silenzio. Scegliete di non diffondere notizie incontrollate. Scegliete di non farvi fregare dai ciarlatani, dai seminatori di panico, dai complottisti e dagli imbecilli. Non fatevi ingannare dalle foto di articoli di testate giornalistiche: ne circolano parecchie falsificate intenzionalmente. Ascoltate gli esperti e cestinate qualunque “notizia” che non provenga da una fonte esperta e attendibile.

E per chi dice “ma questo video anonimo che ho trovato chissà dove su Internet potrebbe rivelare qualcosa di importante”, ricordate la regola di fondo del buon giornalismo: tutto quello che viene affermato senza prove può essere liquidato senza indagine. Non sta a noi debunker smentire: spetta a chi fa l’affermazione portarne le prove. Niente prove? niente fonti? Allora niente clic, niente inoltri, niente condivisioni, niente commenti.

Il coronavirus muore se lo isoli. Allo stesso modo, le fake news muoiono se le isoliamo. Postate gattini, non cazzate.

2020/02/26

Coronavirus: la luce alla fine del tunnel l’accende la scienza

Siamo tutti un po’ fermi, tappati in casa, inquietati dalla pioggia di disdette di eventi e incontri (a proposito: la mia conferenza a Bologna del 7 marzo è stata annullata), incerti su cosa fare per questo coronavirus. L’unico beneficio di questa situazione è che gli antivaccinisti stanno spettacolarmente zitti. Ma che strano: così baldanzosi nel negare la scienza eppure così rapidi nel rifugiarsi sotto le sue sottane al primo allarme.

Per fortuna ci sono persone che usano la scienza, non la pancia, per ragionare sul problema.

Nino Cartabellotta, medico chirurgo specializzato in gastroenterologia e in medicina interna della Fondazione GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze), sta monitorando la situazione sulla base dei dati disponibili e ha pubblicato questo modello predittivo che sembra dare una speranza e una scadenza. Se stiamo tranquilli e fermi il più possibile, potremmo rallentare la diffusione e trovarci presto liberi da quest’inquietudine.



Pubblicherò gli aggiornamenti man mano che verranno rilasciati.


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2020/02/24

Iniziativa internazionale di 1300 giornalisti in favore di Julian Assange: no all’estradizione in USA



Ultimo aggiornamento: 2020/02/25 14:15.


Oggi, 24 febbraio, sono iniziate nel Regno Unito le udienze del processo per l’estradizione di Julian Assange, accusato di aver reso pubblici documenti militari statunitensi sulle guerre in Afghanistan e Iraq che hanno fatto conoscere al mondo la realtà di come gli Stati Uniti operano nel mondo. Questi documenti sono stati utilizzati dalle redazioni giornalistiche di mezzo mondo.

Il fine politico di punire Julian Assange con isolamento e diffamazione per aver fatto giornalismo è evidente: è un monito e un precedente pericoloso per chiunque faccia giornalismo. Il messaggio è “Pubblica qualcosa che non ci piace e farai la fine di Assange”. Se Assange verrà estradato, ogni giornalista sarà meno libero; si autocensurerà per non fare la stessa fine.

Oltre 1300 giornalisti hanno aderito a un’iniziativa internazionale per un appello in difesa di Julian Assange. L’ho sottoscritto anch’io. Il testo dell’appello è questo:

Julian Assange, fondatore ed editore di WikiLeaks, è attualmente detenuto nel carcere di alta sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito, in attesa di essere estradato e poi processato negli Stati Uniti in base all’Espionage Act. Assange rischia una condanna a 175 anni di prigione per avere contribuito a rendere pubblici documenti militari statunitensi relativi alle guerre in Afghanistan e Iraq e una raccolta di cablogrammi del Dipartimento di Stato USA. I ‘War Diaries’ hanno provato che il governo statunitense ha ingannato l’opinione pubblica sulle proprie attività in Afghanistan e Iraq e lì vi ha commesso crimini di guerra. WikiLeaks ha collaborato con un grande numero di media in tutto il mondo, media che hanno pubblicato a loro volta i ‘War Diaries’ e i cablogrammi del Dipartimento di Stato americano. L’azione legale promossa contro Assange, dunque, rappresenta un precedente estremamente pericoloso per giornalisti, per i mezzi di informazione e per la libertà di stampa.

Noi, giornalisti e associazioni giornalistiche di tutto il mondo, esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per la sorte di Assange, per la sua detenzione e le pesantissime accuse di spionaggio che gli vengono mosse.

Il suo caso è centrale per la difesa del principio della libertà di espressione. Se il governo statunitense può perseguire Assange per avere pubblicato documenti segreti, in futuro i governi potranno perseguire ogni giornalista: si tratta di un precedente pericoloso per la libertà di stampa a livello planetario. Inoltre, l’accusa di spionaggio contro chi pubblichi documenti forniti da whistleblower è una prima assoluta che dovrebbe inquietare ogni giornalista e ogni editore.

In una democrazia, i giornalisti devono poter rivelare crimini di guerra e casi di tortura senza il rischio di finire in prigione. Questo è il ruolo dei mass media in una democrazia. L’utilizzo da parte di governi contro giornalisti e editori di leggi che perseguono lo spionaggio, li privano del loro più importante argomento di difesa – l’avere agito nel pubblico interesse – un argomento non previsto dalle leggi contro lo spionaggio.

Prima di essere imprigionato nel carcere di Belmarsh, Assange ha trascorso oltre un anno agli arresti domiciliari e sette anni all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove gli era stato riconosciuto l’asilo politico. In questo tempo, sono stati violati i suoi più essenziali diritti: basti pensare che è stato spiato durante conversazioni confidenziali con i suoi legali da organizzazioni alle dirette dipendenze dei servizi USA. I giornalisti che, in questi anni, si sono recati a visitarlo sono stati sottoposti a una sorveglianza invasiva. Assange ha subito restrizioni nell’accesso all’assistenza legale e alle cure mediche, è stato privato dell’esercizio fisico e dell’esposizione alla luce del sole. Nell’aprile del 2019, il governo Moreno ha permesso alla polizia britannica di entrare nell’ambasciata per arrestarlo. Da allora, Assange è detenuto in regime di isolamento per 23 ore al giorno e, secondo la testimonianza di chi lo ha potuto incontrare, è “fortemente sedato”. Le sue condizioni fisiche e psichiche nel tempo sono nettamente peggiorate.

Già nel 2015 il Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria delle Nazioni Unite (GLDA) ha stabilito che Assange era detenuto e privato della liberta in modo arbitrario, ha chiesto che fosse liberato e gli fosse versato un risarcimento. Nel maggio del 2019 il GLDA ha ribadito le sue preoccupazioni e la richiesta che Assange sia rimesso in libertà. Riteniamo i governi di Stati Uniti, Regno Unito, Ecuador e Svezia responsabili delle violazioni dei diritti umani di cui Julian Assange è vittima.

Julian Assange ha dato un contributo straordinario al giornalismo, alla trasparenza e ha permesso di richiamare i governi alle loro responsabilità. È stato preso di mira e perseguitato per avere diffuso informazioni che non avrebbero mai dovuto essere celate all’opinione pubblica. Il suo lavoro gli è valso riconoscimenti come: Walkley Award per il più straordinario contributo al giornalismo nel 2011, premio Martha Gellhorn per il giornalismo, premio dell’Index on Censorship, New Media Award dell’Economist, Amnesty International e nel 2019 il premio Gavin MacFadyen. WikiLeaks è stata, inoltre, nominata per il Premio Mandela delle Nazioni Unite nel 2015 e sette volte per il Premio Nobel della Pace (2010-2015, 2019).

Le informazioni fornite da Assange sulle violazioni dei diritti umani e sui crimini di guerra sono di importanza storica, al pari delle rivelazioni dei whistleblower Edward Snowden, Chelsea Manning e Reality Winner, che oggi sono in esilio o in prigione. Contro tutti loro sono state lanciate campagne diffamatorie che spesso si sono tradotte sui media in informazioni errate e in un’attenzione insufficiente alle difficili condizioni in cui si trovano. L’abuso sistematico dei diritti di Julian Assange negli ultimi nove anni è stato sottolineato dal Committee to Protect Journalists, dalla Federazione Internazionale dei giornalisti e dalle più importanti organizzazioni di difesa dei diritti umani. Eppure nei media c’è stata una pericolosa tendenza a considerare normale il modo in cui è stato trattato.

L’inviato speciale delle Nazioni Unite contro la tortura Nils Melzer dopo avere indagato il caso ha scritto:

per finire mi sono reso conto che ero stato accecato dalla propaganda e che Assange è stato sistematicamente denigrato per distogliere l’attenzione dai crimini che ha denunciato. Una volta spogliato della sua umanità tramite l’isolamento, la diffamazione e la derisione, come si faceva con le streghe bruciate sui roghi, è stato facile privarlo dei suoi diritti più fondamentali senza suscitare l’indignazione dell’opinione pubblica mondiale. In questo modo, grazie alla nostra stessa compiacenza, si sta stabilendo un precedente che in futuro potrà e sarà applicato anche dinanzi a rivelazioni pubblicate dal Guardian, dal New York Times e da ABC News. (..) Mostrando un atteggiamento di compiacenza nel migliore dei casi, di complicità nel peggiore, Svezia, Ecuador, Regno Unito e Stati Uniti hanno creato un’atmosfera di impunità, incoraggiando calunnie e soprusi nei confronti di Julian Assange. In vent’anni di attività a contatto con vittime di guerra, violenza e persecuzione politica non ho mai visto un gruppo di Paesi democratici in combutta per deliberatamente isolare, demonizzare e violare i diritti di un singolo individuo così a lungo e con così poca considerazione per la dignità umana e lo Stato di diritto”.

Nel novembre del 2019, Melzer ha raccomandato di impedire l’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti e di rimetterlo al più presto in libertà: “Continua a essere detenuto in condizioni opprimenti di isolamento e sorveglianza che non si giustificano per il suo stato di detenzione (…) La prolungata esposizione all’arbitrio e agli abusi potrebbe presto finire per costargli la vita”.

Nel 1898 lo scrittore francese Emile Zola scrisse la lettera aperta J’accuse…! (Io accuso) per denunciare l’ingiusta condanna all’ergastolo per spionaggio dell’ufficiale Alfred Dreyfus. La presa di posizione di Zola è entrata nella storia e ancora oggi simboleggia il dovere di battersi contro gli errori giudiziari e di mettere i potenti dinanzi alle loro responsabilità. Questo dovere vale ancora oggi, mentre Julian Assange è preso di mira dai governi e deve fare fronte a 17 capi di imputazione1 in base all’Espionage Act statunitense, una legge vecchia più di cento anni.

Come giornalisti e associazioni giornalistiche che credono nei diritti umani, nella libertà di informazione e nel diritto della pubblica opinione di conoscere la verità, chiediamo l’immediata liberazione di Julian Assange. Esortiamo i nostri governi, tutte le agenzie nazionali e internazionali e i nostri colleghi giornalisti a chiedere la fine della campagna scatenata contro di lui per avere rivelato dei crimini di guerra. Esortiamo i nostri colleghi giornalisti ad informare il pubblico in modo accurato sugli abusi dei diritti umani da lui subìti.

In questi frangenti decisivi, esortiamo tutti i giornalisti a prendere posizione in difesa di Julian Assange. Tempi pericolosi richiedono un giornalismo senza paura.

1 Vi è un altro capo di imputazione in base a un’altra legge, portando il totale a 18 capi di imputazione.

C‘è anche un video:



La posizione di Amnesty International:



Quella della Electronic Frontier Foundation:




C’è chi obietterà che Julian Assange non è un giornalista o non ha fatto giornalismo. Al di fuori dell’Italia, dove esiste un Ordine dei Giornalisti (peraltro del tutto inefficace, come ho documentato tante volte), chiunque faccia giornalismo è automaticamente giornalista. Non ci sono esami o tesserini.

Ma soprattutto, oggi la pubblica accusa ha affermato che quello che ha fatto Assange verrebbe punito anche se venisse fatto da una testata giornalistica tradizionale invece che da Wikileaks:



Ma la pubblica accusa non sa indicare chi sarebbero le persone messe in pericolo da Assange:



Secondo Le Monde, estradare Assange equivarrebbe ad assimilare allo spionaggio qualunque pubblicazione di documenti segreti provenienti dallo Stato americano e questo sarebbe un terribile passo indietro per la democrazia:




Se volete capire meglio questa intricata vicenda, potete seguire online la Courage Foundation, Stefania Maurizi, Il Post e l’hashtag #JournalistsSpeakUpForAssange. Di Assange ho scritto qui e qui; su Repubblica trovate questa sintesi video di Stefania Maurizi; su Defend.wikileaks.org trovate il resoconto del processo in corso; e se avete il coraggio di guardare i crimini di guerra denunciati da Assange, guardate Collateral Murder. Poi ditemi se è giusto perseguitare chi rivela questi crimini. Ossia i giornalisti che lavorano bene. Ce ne sono.


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Due anni di auto elettrica: un bilancio

Ieri (23 febbraio) ho festeggiato insieme alla Dama del Maniero i primi due anni d’uso della mia prima auto elettrica, ELSA, una Peugeot iOn del 2011 acquistata di seconda mano.

Quello che era nato come un cauto esperimento di mobilità elettrica, ispirato dalla necessità di risolvere un problema molto specifico e personale come il trasporto della spesa e degli oggetti ingombranti fino alla porta di casa per compensare un mio acciacco di salute,* è diventato un divertimento che va ben oltre la semplice mobilità locale che io e la Dama avevamo immaginato inizialmente. Trovate i dettagli delle nostre avventurette in auto elettrica sia nel blog che state leggendo sia, in forma più estesa, nei Capitoli 3 e 4 del mio libro-blog gratuito Fuori di Tesla.

* Se ci tenete a saperlo: qualche anno fa ho perso temporaneamente l’uso di una gamba a causa della compressione di un nervo fra due vertebre. Normalmente sto benissimo e cammino senza problemi, ma ogni tanto, a caso, quel simpatico nervetto si risveglia, e son dolori. Da allora devo stare attentissimo a non portare pesi, soprattutto se sbilanciati. Da qui l’esigenza di portare la spesa e ogni altro peso fino alla porta di casa invece di fare le scale e attraversare il prato della residenza.


Abbiamo superato da poco i 16.000 km di percorrenza e ormai usiamo l’auto a benzina (una Opel Mokka) sempre meno, e solo per i viaggi lunghi: negli ultimi 180 giorni abbiamo viaggiato a carburante solo 28 volte (4 a luglio 2019, 2 ad agosto, 3 a settembre, 5 a ottobre, 7 a novembre, 5 a dicembre e 2 a gennaio 2020). Niente male, per un’auto elettrica di nove anni fa, che ha ancora la sua batteria originale, con buona pace di chi pensa che le batterie non durino.

Usiamo talmente di rado l’auto a benzina che paradossalmente abbiamo dovuto acquistare un dispositivo per mantenere carica la sua batteria: non quella dell’auto elettrica, ma quella d’avviamento della Mokka, che ci ha infatti lasciato a piedi in occasione di un viaggio (siamo riusciti a ripartire grazie alla cortesia di un gestore di una stazione di servizio). L’ironia di essere un automobilista elettrico e trovarmi appiedato dalla batteria di un’auto tradizionale è stata sublime.

In termini di chilometraggio, l’autonomia molto limitata della iOn (100 km se guidata bene) comporta il fatto che il 73% dei 59.900 chilometri percorsi complessivamente in auto negli ultimi due anni è ancora a benzina, anche se non sono mancati mesi nei quali la percentuale di chilometri elettrici è stata ben più alta (anche il 67%, a gennaio 2020).



In termini di risparmio, abbiamo speso circa 1360 CHF (1282 €) in meno di quello che avremmo speso per percorrere a benzina quei 16.000 elettrici. La riduzione di costi, insomma, è significativa. Soprattutto abbiamo calcolato che se avessimo potuto percorrere tutti quei 59.900 chilometri con un’auto elettrica, avremmo risparmiato circa 5100 CHF (4807 €) solo di carburante, senza contare la minor spesa di manutenzione, imposta di circolazione e assicurazione.

Ed è per questo che tra poco sostituiremo l’auto a benzina con un’elettrica a lunga autonomia. Quale? Ancora non è deciso, ma la rosa delle candidate si sta riducendo man mano, a volte in modo inaspettato. Ma questa è un’altra storia, che vi racconterò prossimamente.


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2020/02/23

Non ci vedremo il 6 marzo a Cinisello (MI): tutto rinviato per l’emergenza sanitaria

So che in questo momento avete ben altre preoccupazioni in mente, soprattutto se siete nel Nord Italia, ma devo fare comunque questa comunicazione di servizio: a seguito dell’ordinanza della Regione Lombardia legata al contenimento della diffusione del coronavirus, la mia conferenza prevista per il 6 marzo a Cinisello è stata rinviata a data da definirsi.

Credo che ognuno di noi debba fare tutto il possibile per limitare la possibilità di diffusione del virus e quindi debba ridurre o eliminare tutti i contatti e raduni pubblici non indispensabili. Io farò la mia parte, senza allarmi ma con vigilanza.

Sarà un lunedì difficile. Nervi saldi.

2020/02/21

Conoscete Minecraft? Aiutate un giovane gamer

Mi è arrivata questa domanda da un giovane giocatore di Minecraft, e siccome non conosco a sufficienza l’argomento la giro a voi. Avete dimostrato tante volte di essere una risorsa di conoscenze inesauribile e inaspettate. Se potete dargli una mano, scrivete nei commenti, che il gamer leggerà. Grazie!

Ti scrivo perché sono un giocatore di Minecraft da PC (ci gioco circa ogni tre giorni) e vorrei giocare sul server Hypixel perché mi alletta molto l’idea dei minigiochi (tipo bedwars, skywars, ecc).

I miei genitori però sono contrari a quest’idea e dicono che giocare online è troppo pericoloso, si può cadere in tranelli di persone malintenzionate e via dicendo.

Io non riesco a comprendere il motivo di tutta questa preoccupazione, visto che non capisco come il mio computer possa essere a rischio in un server quasi ufficiale della Mojang e come possa essere adescato se non comunico!

Perciò ti chiedo per favore se puoi dirmi se veramente c’è questo enorme pericolo, che io purtroppo non riesco ancora a vedere, e cosa potrebbe mai succedermi.

Grazie in anticipo

Cordiali saluti


2020/02/23 21:40. Il giocatore, che (preciso per i tanti che hanno chiesto) ha quattordici anni, mi ha scritto chiedendo di pubblicare i suoi ringraziamenti per il vostro aiuto:

hai veramente dei bravissimi fans!!
Hanno scritto veramente dei bei commenti, lunghi, interessanti, in poco tempo ma con tanti concetti all’interno. Si vede che ci tengono e si prendono il tempo ad aiutare altre persone in difficoltà.

Ho scoperto nuove cose dei server di Minecraft (per esempio il fatto delle url) che prima non sapevo neanche esistessero.

Ora ho capito concretamente quali sono i pericoli in un server di Minecraft, perché da come mi spiegavano i miei genitori sembrava che avrei preso un virus appena entrato nella lobby.

Come ogni gioco online non è completamente sicuro ma ci sono dei rischi a cui bisogna fare molta attenzione.

Ti informerò su ciò che ne pensano i miei genitori.

Grazie ancora per la tua disponibilità


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2020/02/20

Per La Stampa, sono cartelli che invitano i cinesi a stare in casa. Ma sono annunci di compagnia femminile

Su La Stampa di oggi, edizione cartacea, è stata pubblicata questa foto, che mostrerebbe “I cartelli in cinese che invitano a stare a casa chi torna dalla Cina”.




In realtà, nota Peizhen Lin su Facebook, si tratta di “una serie di annunci di ragazze/donne che si offrono per massaggi e compagnia”. Il cartello si trova a Prato, in Italia, qui su Google Maps.


La versione online mostra la foto più nitidamente:




Strano che un blogger qualsiasi, in pochi minuti e con una semplice richiesta su Twitter, riesca a fare quello che evidentemente una redazione di un quotidiano nazionale non fa o non vuole fare.

Però mi raccomando, le fake news sono colpa di Internet.

---

16:00. La Stampa ha corretto.


Ringrazio @AlexRedolfi, @Gwilbor e gli altri lettori che hanno collaborato all’indagine. Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.

Kit di risposta rapida agli imbecilli: “Addio, e grazie per tutto il pesce”

Ieri su Twitter mi si sono scatenati contro i sovranisti e i noeuro (ammesso che ci sia una differenza), lamentandosi sia che non indagavo su una serie di affermazioni sui danni di un’uscita dall’euro dell’Italia e quindi non facevo il mio “dovere” di debunker, sia che indagavo su quelle affermazioni e quindi se mi ero scomodato per debunkarle dovevano essere serie e veritiere. Alla fine hanno deciso che ero al soldo del PD e anche di George Soros e di Carletto dei Sofficini, e da lì è stato tutto in discesa verso abissi di imbecillità che in confronto la Fossa delle Marianne è una pozzanghera estiva.

Così ho preparato una serie di memi di risposta rapida per chiudere garbatamente ma con fermezza la conversazione con questi monetariani che pensano che la soluzione magica a tutti i mali dell’Italia sia cambiare banconote. Visto che comunque sono memi utilizzabili per qualunque altra forma di imbecillità, li metto a vostra disposizione.

Per gli iracondi che s’offendono: se rispondo a un vostro tweet con una di queste immagini, vuol dire che vi ho Silenziato. Per cui non perdete tempo a rispondermi, attaccarmi o insultarmi. Non vi sento. State strillando nel vuoto. Che vi siete ampiamente meritati.


























È solo questione di tempo prima che qualche economista rubato all’agricoltura pensi che questi memi si riferiscano alle “sardine” o faccia il saputello dicendo “ma il delfino non è un pesce, è un mammifero, debunker dei miei stivali”, per cui spiego il significato della frase: è una citazione dalla Guida Galattica per Autostoppisti di Douglas Adams (se non lo avete letto, la vostra vita è profondamente incompleta e dovete rimediare) ed è anche il titolo di uno dei volumi della Guida.


ATTENZIONE - SPOILER DA QUI IN POI

NON DITE CHE NON VI HO AVVISATO
 

Nella Guida, la Terra viene demolita disinvoltamente dagli alieni Vogon per fare spazio per una superstrada spaziale. I delfini, più intelligenti degli umani, sanno da tempo della distruzione imminente e quindi se ne vanno dal pianeta prima della demolizione, lasciando agli umani un messaggio di saluto: “Addio, e grazie per tutto il pesce.”

“...sul pianeta Terra, l’uomo aveva sempre dato per scontato di essere più intelligente dei delfini perché aveva realizzato così tante cose -- la ruota, New York, le guerre e così via -- mentre tutto quello che avevano fatto i delfini era stato giocherellare in acqua e spassarsela. Ma i delfini, dal canto loro, avevano sempre pensato di essere molto più intelligenti degli umani, esattamente per le stesse ragioni.

Stranamente, i delfini sapevano da tempo della distruzione imminente del pianeta Terra e avevano fatto molti tentativi per avvisare l’umanità di questo pericolo; ma la maggior parte delle loro comunicazioni furono fraintese come tentativi divertenti di colpire palloni o fischiare per avere bocconcini, per cui alla fine ci rinunciarono e abbandonarono la Terra con i propri mezzi poco prima che arrivassero i Vogon.

L’ultimo messaggio mai inviato dai delfini fu interpretato erroneamente come un tentativo sorprendentemente sofisticato di fare una capriola doppia all’indietro passando attraverso un anello e fischiettando l’inno nazionale degli Stati Uniti d’America, ma in realtà il messaggio era questo: ‘Addio, e grazie per tutto il pesce’.”

Se non fosse sufficientemente chiaro, quindi, so benissimo che il delfino non è un pesce: il pesce citato nel meme è quello che i delfini hanno mangiato ricevendolo dagli umani. E dire a qualcuno “Addio, e grazie per tutto il pesce” significa “Nonostante miei ripetuti tentativi di comunicare e spiegarti le cose, la tua boria e la tua stupidità ti impediscono di capire che cosa ti sto dicendo e quindi è inutile che io ti dedichi tempo. Anche se ti sembra impossibile, vivo benissimo e me la spasso anche senza di te e non sento il bisogno insopprimibile di dialogare con te. La conversazione è finita.”


Fonte: Google Books.

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