Ora che ho TESS, le avventure e le sfide in auto elettrica si fanno più rare ma più complesse. In effetti avere 330 km di autonomia a velocità autostradali significa che per me la stragrande maggioranza dei viaggi è coperta semplicemente con la carica fatta a casa di notte.
Ma cosa succede quando ci sono due viaggi da fare, uno dopo l’altro? Venerdì la Dama del Maniero ed io abbiamo avuto bisogno di andare a Borgo Ticino e ritorno in serata, per una mia conferenza all’Antica Casa Balsari (secondo Google Maps, 150 km dal Maniero, fra andata e ritorno), e sabato mattina abbiamo partecipato al raduno degli utenti Tesla a Riva del Garda (sempre secondo Google, 560 km fra andata e ritorno). La sfida, quindi, non è solo di autonomia, ma anche di ricarica: c’è da fare il “pieno” fra un viaggio e l’altro e durante il viaggio, visto che oltretutto non ci sono punti di ricarica disponibili nelle due destinazioni.
La prima parte è stata semplice: il viaggio di andata e ritorno (196 km effettivi, fra deviazioni varie) è stato coperto dall’autonomia dell’auto, senza aver bisogno di tappe di ricarica, nonostante la velocità sostenuta: al rientro, per arrivare in tempo per prendere una delle mie figlie in stazione a Lugano, abbiamo viaggiato sempre alla massima velocità consentita e abbiamo accelerato, uhm, drasticamente per evitare alcuni automobilisti afflitti da Sindrome della Corsia della Vergogna e ridimensionare alcuni Sfanalatori Impazienti. Risultato: siamo rientrati al Maniero con la batteria abbastanza scarica. Anche con un’auto aerodinamica come una Tesla Model S, la velocità si paga e i consumi salgono ferocemente quando si corre.
Siamo rientrati all’una di notte, con ripartenza alle otto del mattino: poche ore per ricaricare una sessantina di kWh. Ma non abbiamo avuto bisogno di andare di notte alla colonnina: nel nostro posto auto del condominio in cui abitiamo abbiamo infatti fatto installare una presa industriale trifase e abbiamo un UMC1 (il caricatore portatile di Tesla), che eroga 10 kW se collegato a quella presa. Sì, il nostro contratto domestico regge 10 kW e oltre; in Svizzera è normale e non costa di più. Problema risolto: l’indomani mattina ci siamo trovati con il 94% di carica senza aver perso un minuto di sonno.
Perché non il 100%? Ê intenzionale. Lascio qualche punto percentuale di margine per non stressare la batteria e aumentarne la longevità, e per poter usare la frenata rigenerativa sin da subito e quindi non consumare i freni. Se la batteria è al 100%, infatti, non è possibile usare la frenata elettromagnetica, perché l’energia generata non ha “spazio” dove andare (è come cercare di versare altra acqua in un bicchiere già colmo). Sono le piccole accortezze che si imparano a furia di usare un’auto elettrica.
Siamo partiti insomma con il quasi-“pieno”, ma come noterete dalla foto c’è anche un problema software: i sensori di pressione degli pneumatici non rilevavano nulla. Inoltre ci siamo accorti più in là che il contatore di percorrenza non si incrementava. In realtà era solo un problema di visualizzazione che si è risolto poi con un reboot, ma se notate anomalie nelle foto che seguono, il motivo è quello.
Rispondo subito alla domanda inevitabile: sì, fare reboot capita spesso sulle Tesla. Sono dei computer ambulanti e funzionano allo stesso modo. A differenza delle auto tradizionali, non vengono quasi mai realmente spente del tutto (anche da ferme, sono in standby, non spente), per cui ogni tanto hanno bisogno di riavviare il loro sistema operativo (Linux). In realtà anche le auto tradizionali fanno reboot tutti i giorni più volte, ma l’utente non ci fa caso: si riavviano infatti ogni volta che si gira la chiave.
Sulle Tesla, il reboot si fa tenendo premuti per alcuni secondi i due pulsanti sul volante (per il reboot light) oppure il pedale del freno insieme ai due pulsanti sul volante (per il reboot hard). La cosa richiede un paio di minuti. Ovviamente lo si fa da fermi, anche se il reboot light in teoria è fattibile anche durante la marcia (non intendo provarci).
Abbiamo fatto una deviazione di qualche chilometro per prendere su due amiche e siamo ripartiti in direzione di Riva del Garda: l’autonomia ci sarebbe bastata per arrivarci, ma non per il ritorno, per cui abbiamo pianificato una tappa di ricarica al Supercharger di Affi, che è letteralmente a ridosso del casello autostradale. Abbiamo detto a TESS di navigare verso il Supercharger e ci ha visualizzato subito lo stato delle colonnine: nove stalli liberi su sedici.
La parte più difficile è stata arrivare al casello, a causa della coda interminabile di persone che ancora oggi si ostinano a voler pagare in contanti invece di usare il Telepass o almeno le corsie FastPay. C’è tanta gente che dice che fermarsi mezz'ora per ricaricare un'auto elettrica in viaggio è intollerabile, ma è dispostissima a fare pazientemente mezz'ora di coda ai caselli pur di non comprare un Telepass da un euro e spicci al mese.
Arrivati finalmente al Supercharger con il 22% di carica residua, abbiamo messo TESS sotto carica (nessuna formalità, nessuna app o tessera: si infila il connettore e si va via), abbiamo chiacchierato con un Disinformatico che abita lì vicino (ci eravamo messi d’accordo) e che ci ha portato della squisita focaccia dolce (grazie!), e siamo andati a pranzo lì vicino.
Non abbiamo aspettato che l’auto finisse di caricare: abbiamo mangiato prendendoci il tempo che ci voleva per un pranzo decente, poco meno di un’ora, e quando siamo tornati alla colonnina TESS aveva già caricato fino al 91%. Gratis, fra l’altro, come vedete sul display centrale, in basso a destra, nella foto qui sotto.
Il tempo del rifornimento, insomma, è stato pienamente integrato nel tempo che ci avremmo messo comunque a mangiare. È stato il pasto a dettare la durata della sosta, non l’esigenza di ricaricare.
Siamo ripartiti verso Riva del Garda, dove dopo una deviazione imprevista (errore mio) siamo arrivati con il 64% di carica residua alla bellissima esposizione di auto Tesla organizzata da Teslari.it, su base puramente volontaria, ossia senza sponsor o altro, ma con una colletta fra partecipanti. Questo è il colpo d’occhio del raduno, visto dal cielo grazie a un drone: una quarantina di Model S, Model X e Model 3, con molti dei rispettivi conducenti a disposizione per le infinite domande del pubblico (se volete approfondire l’argomento, visitate Teslari.it o il mio mini-sito Fuoriditesla.ch). TESS è quella blu in basso.
Siamo poi andati a visitare le affascinanti fortificazioni costruite dentro la montagna prima e durante le due Guerre Mondiali, accompagnati da un’ottima guida, apprezzando la fortuna di poter vedere strutture normalmente non aperte al pubblico...
... e poi abbiamo festeggiato insieme agli utenti Tesla e ai passanti, alcuni dei quali hanno riconosciuto TESS, che ormai comincia ad avere dei follower tutti suoi (grazie, fra l’altro, di avermi inviato le foto).
Il viaggio di ritorno ha incluso l'unica tappa dedicata esclusivamente alla ricarica: il pianificatore di TESS ci ha detto che avremmo potuto raggiungere il Supercharger di Brescia, cosa che abbiamo fatto (non senza fatica, perché non è indicato bene: sta in fondo al parcheggio del centro commerciale Elnòs, in posizione sopraelevata, qui). Ci siamo arrivati con il 14% di carica residua e ci siamo fermati per 35 minuti, portando la carica al 64%.
Complice un errore di navigazione in autostrada e una deviazione per riportare a casa un’amica, il tragitto di ritorno si è allungato un po', oltre la nostra autonomia, ma è bastato guidare per un tratto di strada a 105 km/h invece che a 130 km/h per veder crescere a vista d’occhio l’autonomia calcolata. Ancora una volta, la velocità si è dimostrata il fattore più importante e più facilmente manipolabile per ottenere autonomia maggiore. Siamo così rientrati al Maniero Digitale senza ulteriori soste, con il 9% di carica residua. Ho rimesso subito sotto carica TESS per averla pronta l’indomani mattina per qualunque evenienza.
In sintesi: abbiamo percorso 663 chilometri in un giorno con una sola pausa di 35 minuti dedicata esclusivamente alla ricarica; l’altra faceva parte delle pause che avremmo fatto comunque. E va considerato che TESS è un’auto con una batteria relativamente piccola (70 kWh teorici) che carica relativamente piano (a circa 90 kW quando è quasi scarica); le auto elettriche più recenti caricano molto più rapidamente e spesso hanno batterie ben più capienti.
La gestione dei viaggi lunghi, insomma, è fattibile con una pianificazione meno approfondita e paranoica di quella che ho usato in passato per i viaggi con ELSA (la piccola elettrica che uso ormai solo come city car), e con 10 kW per caricare a casa non sono un problema neppure i viaggi lunghi in giorni consecutivi. Merito della capienza della batteria e soprattutto dell’integrazione dell’auto con la rete di ricarica, che è uno dei bonus più importanti di una Tesla rispetto a tutte le altre marche. Vuol dire che l’auto elettrica è già per tutti? No. Però è una realtà praticabile oggi per molta più gente di quel che si immagina comunemente.
La cosa più piacevole di tutto il viaggio, a parte la fluidità della guida senza marce e la ripresa fenomenale quando serve disimpegnarsi nel traffico o c’è da sorpassare un trattore su un rettilineo corto a doppio senso di marcia, è il silenzio. Nessun rumore di motore che sale e scende, nessuna sensazione di sforzo: semplicemente il fruscio del vento e il rotolamento delle gomme. È di gran lunga la mia feature preferita delle auto elettriche ed è quella che maggiormente contribuisce a rendere il viaggio non faticoso.
I problemi, però, non mancano. Il primo è che il navigatore delle Tesla è impreciso e poco chiaro (e, in questa auto del 2016, lentissimo, mentre in quelle recenti è veloce): non zooma agli incroci e alle rotonde e non ha la visuale in prospettiva (presente invece nel secondo navigatore visualizzabile sul cruscotto davanti al volante). La Dama del Maniero, che è l’addetta alla navigazione, lo detesta profondamente. Abbiamo deciso di installare un TomTom che abbiamo già.
Il secondo problema è il cruise control adattivo (CCA). Quando funziona bene è utilissimo e mantiene perfettamente la distanza e la velocità rispetto al veicolo che mi precede, ma in alcune occasioni frena e accelera come un ubriaco. Roba da mal di mare. Bisogna quindi capirne la logica e usarlo con accortezze per nulla intuitive. Ne scriverò un articolo dettagliato, perché credo che questi problemi e potenziali pericoli valgano per qualunque auto moderna dotata di questi accessori di ausilio alla guida, ma accenno un paio di bizzarrie capitate nel viaggio di ieri e in altre occasioni.
- Sono nella corsia di destra. L’auto davanti a me, che TESS sta seguendo con il CCA, prende la corsia di uscita, che è parallela alla corsia di destra ed è delimitata da una riga bianca (niente guardrail). Quindi la corsia davanti a TESS è libera. L’auto che sta uscendo rallenta... e anche TESS fa altrettanto, e pure bruscamente. Se avessimo avuto dietro qualcuno, ci avrebbe visto frenare senza alcun motivo. Inaccettabile e pericolosissimo.
- Sono nella corsia centrale e il CCA di TESS sta seguendo l’auto davanti a me. Siccome sta andando piano, più lentamente del limite impostato sul CCA, decido di sorpassarla e quindi metto la freccia per iniziare la manovra. Quando mi sposto nella corsia di sinistra, il CCA dovrebbe “vedere” libero davanti a sé e quindi accelerare fino al limite che ho dato al CCA. Invece esita, rallenta leggermente e poi accelera di scatto. Anche qui, inaccettabile.
- Se metto l’auto in modalità Standard di accelerazione, lo scatto quando la corsia davanti a TESS si libera è esageratamente violento.
- Se metto l’auto in modalità Standard di recupero energetico, la frenata del CCA quando si avvicina a un veicolo più lento è assurdamente brusca.
Per ciascuno di questi comportamenti c’è una soluzione, come per esempio cambiare le modalità per ottenere una risposta più morbida, e disattivare il CCA per effettuare i sorpassi, e sottolineo che TESS monta un assistente di guida del 2016, successivamente sostituito nelle Tesla più recenti. Ma questi sono casi inaspettati e non ovvi, che i conducenti di qualunque auto assistita devono imparare a gestire per evitare di causare incidenti e non nauseare i passeggeri.
Insomma, per guidare un computer su ruote bisogna imparare da capo a ragionare e bisogna cercare di immaginarsi come “pensa” un computer. Non è facile.
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