2023/07/31

Stamattina alle 11 sarò a ReteUno (radio) RSI per parlare delle audizioni ufologiche al Congresso USA

Oggi alle 11 sarò in diretta radiofonica (con streaming audio e video durante la diretta) sulla Rete Uno della RSI per parlare delle recenti audizioni ufologiche di David Grusch al Congresso degli Stati Uniti.

Nell’attesa vi anticipo alcuni dati sull’argomento raccolti da Statista: secondo il National UFO Reporting Center, che negli Stati Uniti documenta gli avvistamenti di fenomeni aerei non spiegati in tutto il mondo, gli avvistamenti sono in aumento dopo i cali del 2018 e del 2021: nel 2022 ci sono stati oltre 5000 presunti avvistamenti. Siamo comunque ben al di sotto dei picchi del 2014 (8800) e del 2020 (7400).

La credenza negli alieni, intanto, è in aumento negli Stati Uniti. Secondo i sondaggi di Yougov America citati sempre da Statista, nel 1996 gli americani che credevano che gli UFO fossero veicoli alieni o forme di vita extraterrestri erano il 20%; nel 2022 questa percentuale è salita al 34%. Sull’esistenza di forme di vita extraterrestri (questione ben diversa dalle visite extraterrestri), il 57% degli interpellati risponde affermativamente.

Segnalo anche un aspetto forse poco considerato della recente audizione: Sean Kirkpatrick, che guida l’All-Domain Anomaly Resolution Office (AARO), la sezione del Pentagono costituita per centralizzare le indagini sugli avvistamenti di fenomeni aerei non identificati che potrebbero essere una minaccia per la sicurezza nazionale, ha pubblicato una lettera aperta nella quale dice che le asserzioni di Grusch sono  “offensive” nei confronti di chi lavora alle indagini sugli avvistamenti e rimprovera Grusch e gli altri testimoni che hanno parlato nelle recenti audizioni per non aver collaborato alle indagini governative sull’argomento “contrariamente alle dichiarazioni fatte durante le testimonianze e nei media”.

La critica di Kirkpatrick, fatta a titolo personale, prende le difese dei membri “del Dipartimento della Difesa e della Comunità di Intelligence che hanno scelto di partecipare all’AARO, molti con ansie non irragionevoli a proposito dei rischi di carriera che questo avrebbe comportato.”

In altre parole, al Pentagono c’è gente che sta cercando di lavorare seriamente per capire se questi avvistamenti possono essere un pericolo per la sicurezza delle forze armate e del paese (per esempio se sono indicatori di attività di sorveglianza da parte di altri paesi), lottando contro la tendenza diffusa a ridicolizzare chi si occupa di questi fenomeni e mettendo a repentaglio la propria carriera. Dichiarazioni prive di qualunque prova, come quelle di Grusch, riammantano di ridicolo e sensazionalismo questo lavoro.

C’è anche un altro aspetto burocratico interessante: gli esperti fanno notare che sembra che Grusch abbia seguito i protocolli del Pentagono nel rendere pubbliche le proprie informazioni. Questo vuol dire che il Dipartimento della Difesa (DoD) ha approvato la divulgazione di quelle informazioni, e il DoD approva queste divulgazioni solo se le informazioni non sono classificate. Se Grusch dicesse il vero, le informazioni nelle sue dichiarazioni sarebbero classificate e il DoD non gli avrebbe permesso di renderle pubbliche.

La pagina di Wikipedia in inglese sulla vicenda riassume bene tutta la questione.

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Qui sotto trovate la registrazione della puntata.

2023/07/28

(AGG 2023/08/09 12:30) Avventurette in auto elettrica: Lugano-Spotorno-Lugano per Scienzafantastica.it, ma non in Tesla. Forse

Ultimo aggiornamento: 2023/08/08 10:20.

Tess, l’auto elettrica che la Dama del Maniero ed io usiamo solitamente per i viaggi lunghi, è KO in attesa che arrivi il parabrezza nuovo che rimpiazzi quello danneggiato dalla grandine. Probabilmente il ricambio non arriverà in tempo per il prossimo viaggio che dobbiamo fare, che è da Lugano a Spotorno e ritorno per partecipare a Scienza fantastica il 4 agosto con una conferenza pubblica sulla protezione planetaria (protezione della Terra dalle eventuali contaminazioni aliene e degli altri pianeti dalla contaminazione biologica terrestre).

Andare in treno in questa stagione caldissima e affollatissima rischia di essere una bolgia, fra coincidenze e cambi, e non abbiamo più l’agilità e la resistenza di un tempo. E così stiamo esplorando l’idea di andare comunque a Spotorno in auto elettrica, ma noleggiandone una.

Prevengo la domanda inevitabile: no, andarci con ELSA e i suoi 100 km di autonomia a 90 km/h non mi sembra proprio il caso, anche se la Dama del Maniero me l’ha proposto. A parte i tempi di viaggio lunghissimi, mancano colonnine CHAdeMO lungo il tragitto.

Fare il viaggio con un’elettrica a noleggio sarebbe la prima avventuretta di mobilità elettrica per la quale non avremmo tutti i privilegi e le comodità di Tesla, prima fra tutte l’incredibile facilità d’uso della sua rete di ricarica (attacchi l’auto e via, senza tribolare con app e tessere), e sarebbe una buona occasione per provare un’auto elettrica differente e vedere in concreto come vive l’altra metà del mondo della mobilità elettrica, ossia chi ha un’auto elettrica di una marca che non dispone di una propria rete di ricarica e quindi deve destreggiarsi con i vari gestori delle colonnine.

Noto con piacere che sul sito svizzero di Europcar la differenza di prezzo fra auto elettriche e auto termiche è minima, e la corrente ci costa molto meno che la benzina equivalente (e non è neanche necessario restituire l’auto carica), per cui stiamo pensando di noleggiare una VW ID.3 da 58 kWh per due giorni (circa 315 CHF).

EV-database dice che quest’auto ha un’autonomia autostradale reale di circa 325 km, e da Lugano a Spotorno (deviando sulla A26 per evitare il grande traffico) sono circa 290 km, per cui con una guida ragionevolmente morbida dovremmo riuscire a fare il viaggio senza doverci fermare a caricare; all’arrivo, l’albergo dovrebbe avere una presa di ricarica (gli organizzatori di Scienza Fantastica stanno verificando la disponibilità).

In ogni caso, lungo la strada c’è una colonnina veloce Free to X direttamente in autostrada, all’autogrill Stura Ovest (dopo 220 km), per cui potremmo fermarci lì comunque per una pausa e per provare come funzionano le ricariche rapide non-Tesla su un’auto non-Tesla (in tutti questi anni di guida elettrica ne ho fatte pochissime). 

Possiamo anche usare la rete Tesla, visto che ovviamente ho l’app Tesla e alcune stazioni sono abilitate anche alle auto di altre marche (per esempio Vado Ligure, a 280 km dal Maniero); questo avrebbe il vantaggio non trascurabile di non costare nulla grazie ai referral. La mappa delle colonnine Tesla è consultabile qui.

Per il ritorno, c’è per esempio una stazione Free to X sull’autostrada (sempre la A26), a Occimiano (Autogrill Monferrato Est), dopo 130 km di viaggio, oppure il Supercharger Tesla a Vicolungo, dopo 177 km, che è abilitato anche alle auto non-Tesla.

Ho la tessera Enel X e la tessera ChargeMap, per cui dovrei poter caricare senza troppi problemi, sempre che la stazione di ricarica abbia una colonnina libera quando ci arriviamo. Staremo a vedere.

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2023/08/03 22:10. Il centro riparazioni Tesla locale (la Automek di Mezzovico) sta facendo acrobazie logistiche per sistemare almeno il parabrezza in tempo per la partenza per Spotorno di domani. Sul parabrezza sono montati lo specchietto e le telecamere frontali, per cui è un intervento complesso. Forse alla fine riusciamo ad andare con TESS nonostante tutto!

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2023/08/08 10:20. Alla fine ce l’abbiamo fatta: la Automek ha sostituito il parabrezza in tempo. Ho ritirato l’auto la mattina della partenza, l’ho messa sotto carica fino al 100% a casa e siamo partiti insieme a nostro figlio Liam alla volta di Spotorno, percorrendo la A26 invece della A7 (che è più breve ma è molto più trafficata). Abbiamo colto l’occasione di una delle soste fisiologiche per fare una breve ricarica a una colonnina non-Tesla, quella di Free to X presso l’autogrill Stura, sulla A26, dopo 214 chilometri, fatti alle velocità autostradali massime consentite, con pochissimo traffico e solo qualche breve coda per i cantieri. 

Ho usato la tessera di EnelX, che la colonnina ha accettato subito: niente perdita di tempo o complicazione con app varie, cosa oltretutto utile visto che pioveva (sì, si può caricare un’auto elettrica anche sotto la pioggia).

Abbiamo caricato a 50 kW, che non è il massimo ma si trattava comunque un biberonaggio (si chiama così il rabbocco breve ed estemporaneo, fatto mentre si fa altro, approfittando dell’occasione non prevista). Non ne avevamo necessità: era soprattutto un’occasione per provare in pratica le colonnine non-Tesla, che non mi capita mai di usare. Devo dire che avere le colonnine di ricarica agli autogrill, direttamente in autostrada, senza dover uscire come succede quasi sempre con quelle Tesla, è una comodità davvero notevole. Parcheggi, attivi la carica e te ne vai a fare altro, poi quando hai finito riparti. Zero perdite di tempo. Le colonnine erano piuttosto affollate di turisti: buon segno.

Da lì siamo arrivati a Spotorno con ampia riserva di carica. Ho fatto la mia conferenza sulla protezione planetaria (e anche una scenetta di Star Wars improvvisata con due Sith; sì, esiste un video della serata, spero di poterlo pubblicare presto) e bevuto una buona birra con gli amici che ci hanno raggiunto (grazie a tutti per le dosi massiccie di focaccia!).

L’indomani mattina ho fatto una Colazione Galattica con i giovanissimi di Spotorno, chiacchierando di alieni e improvvisando con Liam (che è illustratore) un identikit degli alieni immaginati dai bambini e dalle bambine presenti. Non abbiamo caricato in loco durante la notte, perché per ora a Spotorno non ci sono colonnine, ma tanto avevamo carica più che sufficiente per arrivare al Supercharger di Varazze, cosa che abbiamo fatto dopo un ottimo pranzo in riva al mare e un test drive di Tess per l’organizzatore.

A Varazze ci siamo fermati per ricaricare e intanto riposare un momento (io sono raffreddatissimo, come avrete forse sentito dal podcast, ed eravamo tutti stanchissimi dopo le corse per organizzare la riparazione di Tess e un paio di emergenze di famiglia felicemente risolte). Da lì siamo andati verso casa, sempre lungo una A26 deserta (è un piacere guidare in queste condizioni, nel silenzio, chiacchierando e ascoltando buona musica), con un biberonaggio veloce (un quarto d’ora) durante una pausa per pipì e acquisti di cibarie all’Autogrill Monferrato Est.

Da lì siamo andati velocemente a casa. Abbiamo percorso in tutto 580 chilometri, consumando 111 kWh (consumo medio 192 Wh/km) e spendendo... boh, mi è morto il telefono e devo reinstallare l’app di EnelX su quello d’emergenza per scoprirlo. Datemi tempo.

(qualche minuto dopo) Fatto, ma l’app di EnelX non mi indica i costi (mostra solo i kWh). Il “pieno” a casa mi è costato circa 14 CHF. La prima carica in viaggio, all’andata, è stata di 9,79 kWh in 12 minuti; la seconda, al ritorno, è stata di 10,92 kWh in 14 minuti; in totale ho speso 19,52 euro (ho una tessera EnelX Pay per Use Basic, per cui i pochi kWh che consumo li pago cari, oltre 80 centesimi l’uno). La carica di ritorno al Supercharger è stata gratuita (grazie ai referral) e lo è stata anche la carica dopo il ritorno, fatta anch’essa al Supercharger vicino al Maniero. Fare 580 km con 35 euro di energia non è male.

2023/08/09 12:30. È arrivata via mail la fattura di EnelX, per cui ho aggiunto i dati di spesa qui sopra.



Podcast RSI - Story: TETRA:BURST, la falla segreta e voluta delle radio di polizia e militari

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È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

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[CLIP: Suoni radio]

Da quasi trent’anni uno dei sistemi di radiocomunicazione più usati al mondo, adottato dalle forze di polizia, dalle grandi aziende, dai gestori di infrastrutture critiche e dai servizi di sicurezza e protezione civile, ha una falla informatica che consente ascolti e intercettazioni delle comunicazioni, teoricamente criptate, e interferenze nei comandi di gestione degli impianti.

La falla non è il risultato di un errore: è stata inserita intenzionalmente, e i venditori di questa tecnologia lo sapevano ma hanno taciuto. 

Questa è la storia di come un gruppo di ricercatori è riuscito a scoprire l’esistenza di questa falla, superando la barriera di segretezza che la circondava, e a convincere i centri nazionali di cibersicurezza ad agire in segreto per correggerla. Ed è anche la storia del perché chi sapeva è stato zitto.

Benvenuti alla puntata del 28 luglio 2023 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA di apertura]

È il primo gennaio del 2021. Un gruppo olandese di analisti di sicurezza informatica che va sotto il nome di Midnight Blue [immagine qui accanto] inizia a studiare la crittografia del sistema TETRA, quello usato per proteggere le comunicazioni radio delle forze di polizia [per esempio in Italia, in Belgio e nei paesi della Scandinavia], dei servizi di emergenza, dei militari e delle agenzie di intelligence di molti paesi, oltre che di molti operatori commerciali per il settore industriale e delle infrastrutture, per esempio negli oleodotti e nelle reti ferroviarie ed elettriche.

Si tratta di uno standard sviluppato negli anni Novanta del secolo scorso dall’ente di normazione europeo ETSI [European Telecommunications Standards Institute], che include quattro diversi algoritmi di crittografia. Il primo, denominato TEA1, è destinato alle applicazioni commerciali, per esempio per gli impianti radio usati nelle infrastrutture critiche europee, ma viene usato anche da alcune forze di polizia.

Il secondo algoritmo, TEA2, è riservato per l’uso in Europa da parte della polizia, dei servizi di emergenza, dei militari e delle agenzie di intelligence (la Svizzera usa uno standard differente, che però ha un nome molto simile: TETRAPOL).

Il terzo, che come avrete probabilmente intuito si chiama TEA3, è riservato invece per le forze di polizia e i servizi di emergenza al di fuori dell’Europa, nei paesi considerati “amici” dell’Unione Europea. Il quarto algoritmo, TEA4, è praticamente inutilizzato.

Lo standard TETRA è pubblico, ma gli algoritmi no: vengono forniti solo sotto accordo di riservatezza, e chi vende apparati di questo tipo è tenuto a usare misure di protezione che rendano difficile estrarre e analizzare questi algoritmi. 

Nella crittografia, però, la presenza di questo tipo di protezione è considerata spesso un sintomo di debolezza. Una delle regole di base della crittografia, infatti, è il cosiddetto Principio di Kerckhoffs, enunciato dall’omonimo crittografo olandese addirittura alla fine del 1880, che dice in sostanza che la sicurezza di un sistema di crittografia non deve dipendere dal tenere segreto il modo in cui funziona, ossia il suo algoritmo. Il sistema in sé deve poter cadere in mano nemica senza causare problemi; solo le sue chiavi crittografiche devono restare segrete.

Ma molto spesso, nella sicurezza non solo informatica, si pensa che tenere segreto il funzionamento delle misure di protezione sia un ingrediente fondamentale della sicurezza, e che a volte basti solo questo. Questo modo di pensare oggi viene chiamato comunemente security through obscurity, o “sicurezza tramite segretezza”, e purtroppo si è visto che in molte occasioni la segretezza e il divieto di analizzare un sistema sono in realtà delle scuse per non rivelare le malefatte o i difetti del prodotto. È successo, per esempio, per il GSM e per il GPRS.

È quindi comprensibile che i ricercatori di Midnight Blue siano stati attratti da un sistema crittografico così diffusamente utilizzato, oltretutto in contesti molto delicati, e tenuto segreto per quasi tre decenni. E così i ricercatori si sono procurati una radio della Motorola che usa lo standard TETRA ed è commercialmente disponibile. Trascorrono quattro mesi nel tentativo di localizzare ed estrarre gli algoritmi dall’area protetta del dispositivo, la sua cosiddetta secure enclave, nel firmware dell’apparato. E alla fine ci riescono.


La rivincita di Kerckhoffs

I ricercatori comunicano a Motorola le tecniche che hanno usato per scavalcare le protezioni messe dall’azienda, affinché Motorola possa rimediare, e poi iniziano ad analizzare gli algoritmi che erano rimasti segreti per così tanto tempo.

E qui arriva la prima, grossa sorpresa: nell’algoritmo TEA1, quello per uso commerciale, c’è un difetto intenzionale, una cosiddetta backdoor, che riduce la lunghezza della sua chiave dagli 80 bit ufficiali a soli 32 bit. Una chiave così corta è l’equivalente di usare una password di tre cifre, e infatti gli esperti di Midnight Blue riescono a scavalcarla in meno di un minuto usando un normale laptop. Questo consentirebbe di decifrare le trasmissioni di dati e di ascoltare le conversazioni fatte dalle forze di polizia o dagli altri utenti di questa versione del sistema TETRA.

La seconda sorpresa è che questo difetto intenzionale è in realtà noto alle industrie del settore e ad alcuni governi. Lo testimonia una comunicazione confidenziale del governo statunitense, risalente al 2006 e resa pubblica da Wikileaks, nella quale si nota che l’azienda italiana Finmeccanica voleva vendere dei sistemi TETRA a due forze di polizia municipali iraniane e che il governo degli Stati Uniti aveva espresso la propria opposizione al trasferimento di tecnologie così sofisticate, ricevendo però rassicurazioni sul fatto che gli apparati avrebbero avuto una chiave crittografica lunga “meno di 40 bit”. Non è chiaro se il cliente della commessa, che valeva sei milioni e mezzo di euro, fosse al corrente del fatto che gli veniva venduta una tecnologia menomata e soprattutto facilmente intercettabile. Anche le informazioni segrete rivelate da Edward Snowden indicano che i servizi segreti britannici intercettavano le comunicazioni TETRA in Argentina nel 2010. 


 

La terza sorpresa è che esiste un difetto tecnico che tocca tutti e quattro gli algoritmi nella fase di sincronizzazione e che consente di intercettare le comunicazioni e i messaggi e anche di trasmettere messaggi falsi, usando una trasmittente appositamente modificata che costa poche migliaia di euro o franchi.

Tutti questi difetti sono rimasti nello standard per più di due decenni perché gli esperti indipendenti non potevano ispezionarne liberamente gli algoritmi. Questo conferma il principio che la sicurezza basata sulla segretezza non è affidabile, rende difficile le verifiche indipendenti e rende invece facile tenere nascosti eventuali difetti o sabotaggi intenzionali. Kerckhoffs aveva ragione.

Verso la fine del 2021 i ricercatori di Midnight Blue si trovano così in una posizione molto delicata. Sono riusciti a scoprire falle molto importanti in un sistema di radiocomunicazione usato in moltissimi paesi, nelle situazioni più critiche, da imprese, polizie e soccorritori. A questo punto hanno un problema: come riuscire ad avvisare tutti senza far trapelare queste falle e senza farle cadere nelle mani di chi potrebbe sfruttarle per sabotare infrastrutture, intercettare comunicazioni sensibili o seminare il caos?

Rivelazioni d’agosto

Il 14 dicembre 2021 gli esperti di Midnight Blue contattano per la prima volta il centro nazionale per la cybersicurezza del loro paese e lo informano delle loro scoperte. A gennaio 2022 iniziano gli incontri con i rappresentanti delle forze di polizia, dei servizi di sicurezza, dell’ETSI e dei fabbricanti degli apparati TETRA, e a febbraio il centro nazionale per la cybersicurezza olandese distribuisce un avviso tecnico solo agli addetti ai lavori. L’ETSI, intanto, corregge il difetto di sincronizzazione pubblicando uno standard aggiornato a ottobre 2022 e crea tre nuovi algoritmi sostitutivi, anche questi segreti.

I fabbricanti creano degli aggiornamenti del firmware, ma la falla nell’algoritmo TEA1 non è rimediabile con uno di questi aggiornamenti: bisogna proprio cambiare algoritmo in ogni singolo dispositivo e bisogna sospendere l’erogazione del servizio durante questo cambiamento, cosa spesso impraticabile nel caso di infrastrutture essenziali.

Il 24 luglio scorso, infine, il problema viene reso pubblico, sperando che nel frattempo gli utenti di questi sistemi li abbiano aggiornati. Il 9 agosto prossimo i dettagli tecnici delle ricerche svolte da Midnight Blue verranno pubblicati presso Tetraburst.com, dove per ora c’è solo una sintesi della situazione insieme ad alcuni video dimostrativi e ai link delle numerose conferenze di sicurezza internazionali nelle quali i ricercatori presenteranno i risultati delle loro indagini e renderanno pubblici gli algoritmi finora segreti.

Chiunque usi sistemi TETRA, insomma, dovrà verificare che siano stati applicati tutti gli aggiornamenti di sicurezza, altrimenti le comunicazioni che crede siano protette saranno in realtà facilmente intercettabili. E intanto, ancora una volta, la mancanza di trasparenza ha ostacolato la sicurezza invece di rinforzarla e ha creato un’illusione di sicurezza che è stata sfruttata da alcuni governi per spiare gli altri per decenni (come nel caso dello scandalo della Crypto AG, risalente al 2020). 

Conviene ricordarsi tutto questo la prossima volta che qualcuno ci propone un prodotto di sicurezza, anche al di fuori del campo informatico, e ci racconta che non può discutere i dettagli di come funziona perché quei dettagli sono e devono restare segreti, altrimenti addio sicurezza: è una foglia di fico che il buon Auguste Kerckhoffs aveva già tolto più di un secolo fa. 

 

Fonte (con molti dettagli tecnici in più): Wired.com.

2023/07/27

Ufologia: come al solito, zero prove concrete nelle audizioni al Congresso USA

David Grusch, ex addetto dell’intelligence dell’aviazione militare statunitense, ha fatto una serie di dichiarazioni ufologiche durante un’audizione davanti a una commissione del Congresso degli Stati Uniti. La cosa ha suscitato una notevole risonanza mediatica, come al solito, ma come altrettanto solito le dichiarazioni sono completamente prive di qualunque prova concreta.

Grusch ha dichiarato che il governo USA avrebbe recuperato dei veicoli e che da questi veicoli sarebbero stati estratti “elementi biologici” che sarebbero “non umani”. Lo dice, però, sulla base di una dichiarazione fatta da “persone che hanno conoscenza diretta” alle quali ha parlato; ha precisato di non aver mai visto direttamente corpi alieni. Siamo insomma nel campo delle dicerie riportate di seconda mano.

Grusch non è nuovo a dichiarazioni di questo genere. Forbes, a giugno 2023, ne scriveva lucidamente, con obiezioni di buon senso.

La prima obiezione è che secondo Grusch e altri ufologi, gli extraterrestri schianterebbero regolarmente le proprie astronavi sulla Terra. Ma se sono sufficientemente evoluti da avere veicoli interstellari (o interdimensionali, come sostiene Grusch, sempre senza prove), come mai continuano a sfracellarsi? Sono incapaci di pilotare? Anzi, perché mai dovrebbero avere a bordo degli equipaggi? Già adesso noi facciamo ricognizione con i droni.

La seconda obiezione è che gli ufologi sostengono spesso che da questi ipotetici veicoli schiantati sarebbero state estratte delle tecnologie che oggi vengono usate in segreto dai potenti di turno. Ma è un’idea idiota e arrogante, perché parliamoci chiaro: il divario tecnologico fra noi e qualunque civiltà capace di viaggi interstellari è equivalente a quello fra noi e un abitante dell’antica Roma. Le speranze di poter decifrare e addirittura usare tecnologie così avanzate sono nulle. 

Immaginate Giulio Cesare che vede sfracellarsi un Boeing 757, e ditemi se sarebbe capace di dedurne i principi dei motori a reazione o anche solo di capire cos’è lo smartphone trovato tra i rottami. Le tecnologie elettroniche sarebbero totalmente incomprensibili per qualunque persona dell’antichità. Sarebbero indistinguibili dalla magia. Immaginate di spiegare a Cesare che possiamo catturare la sua voce e farla riprodurre a una tavoletta sottile e lucida, tanto per fare un esempio.

Come ho già scritto, qui gli extraterrestri non c’entrano nulla. L’interesse del Congresso per gli UFO o UAP che dir si voglia non è dettato dalla credenza negli alieni, ma nella preoccupazione molto concreta che dietro questi avvistamenti insoliti ci possano essere veicoli molto terrestri e molto poco americani, che qualche potenza straniera userebbe per sorvegliare le attività militari. Ma ai giornalisti in cerca di clamore e clic interessa solo parlare di omini verdi.

(AGG 2023/08/18) Antibufala: nave in fiamme con 3000 auto a bordo, la Guardia Costiera non ha detto che è colpa di un’auto elettrica. E le elettriche sono tutte intatte, incendio scoppiato altrove

Ultimo aggiornamento: 2023/08/18 16:20.

Il Corriere della Sera, in un articolo firmato da Maurizio Bertera, titola “Nave in fiamme con 3 mila auto a bordo: un morto. L’incendio forse è partito da un’elettrica”, con il sottotitolo “La Guardia Costiera olandese ritiene probabile che l’enorme rogo sia partito da una delle 25 vetture elettriche a bordo” (link intenzionalmente alterato; copia permanente). È falso.

Nel corpo dell’articolo, Bertera scrive che “Un portavoce della Guardia Costiera ha rivelato all’agenzia di stampa Reuters che l’origine del fuoco può essere ricondotta a un’auto elettrica a bordo della nave”. È falso anche questo.

Non c’è nessuna conferma che l’incendio sia partito da un’auto elettrica e la Guardia Costiera olandese non ha affatto rilasciato la dichiarazione riportata dal Corriere. Il liveblog della Guardia Costiera olandese dice esplicitamente che “la causa dell’incendio non è ancora nota” (“De oorzaak van de brand is nog onbekend”). Inoltre il sito Electrek ha chiamato la Guardia Costiera olandese, che ha dichiarato di non aver affatto attribuito l’incendio a un’auto elettrica.

Reuters, citata dal Corriere, conferma che la causa dell’incendio è ancora ignota e aggiunge che “un portavoce della Guardia Costiera aveva detto a Reuters che l’incendio era iniziato vicino a un’auto elettrica” (“The coastguard said on its website the cause of the fire was unknown, but a coastguard spokesperson had earlier told Reuters it began near an electric car”).

Da nessuna parte viene detto quello che scrive il Corriere, ossia che l’origine del fuoco possa essere ricondotta a un’auto elettrica.

La nave in questione, la Fremantle Highway, ha preso fuoco nel Mare del Nord. Trasporta 2832 auto a carburante e 25 auto elettriche dalla Germania all’Egitto. Una persona dell’equipaggio è morta.

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2023/08/02 17:40. Un articolo di NOS news, segnalato nei commenti qui sotto da CheshireCat, precisa che le auto elettriche o ibride a bordo sono 498, non 25, su un totale di 3783 veicoli, non 2832 come annunciato inizialmente.

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2023/08/18: 16:20. CleanTechnica segnala che le auto elettriche sono tutte intatte e l’incendio è partito da un altro punto della nave. Il direttore delle operazioni di recupero, Peter Berdowski, ha dichiarato alla stampa olandese che le 498 auto elettriche a bordo sono tutte intatte e che l’incendio è probabilmente iniziato sull’ottavo ponte dei dodici. Le auto elettriche erano situate molto più in basso. 

Sono curioso di vedere quanti dei giornali, dei siti e degli hater che hanno diffuso con entusiasmo la notizia della presunta colpa delle auto elettriche pubblicheranno con altrettanta evidenza la smentita della balla che hanno disseminato.

2023/07/22

(AGG 2023/08/03 22:00) Ci vediamo oggi a Torano Nuovo per un TEDx, nonostante Tess danneggiata dalla grandine?

Come avevo preannunciato, oggi alle 16 sarò ospite del TEDxToranoNuovo, al Palazzo Ducale Della Montagnola di Corropoli, in Abruzzo, per parlare di fake news pilotate con l’intelligenza artificiale. L’elenco completo dei relatori partecipanti è qui. Tutte le informazioni su come raggiungere il luogo dell’evento e partecipare sono sul sito www.tedxtoranonuovo.it.

Il viaggio di 620 chilometri in auto elettrica da Lugano a Torano Nuovo ha avuto un grosso contrattempo di natura non elettrica: ieri siamo rimasti bloccati in coda in autostrada intorno a Milano e, come tanti altri automobilisti, siamo stati travolti da una violentissima grandinata.

La Dama e io stiamo bene, anche se un po’ scossi, ma Tess, la nostra auto, ne è uscita parecchio malconcia: parabrezza incrinato in più punti e carrozzeria piena di ammaccature ovunque.

Ci siamo fermati al Service Center Tesla di Peschiera Borromeo per verificare che fosse ancora in grado di affrontare il viaggio. Sarà un’impresa ripararla (è completamente assicurata), ma è marciante.

A parte questo e il traffico molto intenso, il viaggio è andato bene: abbiamo fatto tappa per un pranzo leggero al Supercharger di Modena, caricando più che a sufficienza per arrivare al Supercharger di Fano un paio d’ore più tardi. Dopo una pausa per caffè e bombolino e un giretto per i negozi, siamo ripartiti per Torano, anche qui con molta più carica del necessario. A destinazione c’è una colonnina di ricarica. Non abbiamo speso nulla di “carburante”: le ricariche sulla rete Tesla per noi sono gratuite grazie ai referral. Spero di vedervi oggi!

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2023/07/25 9:30. Siamo alle prese con le conseguenze del danno a Tess e della nuova grandinata che ha colpito la zona del Maniero stanotte, per cui faccio solo un breve aggiornamento per dire che il TEDx è andato benissimo, con interventi molto interessanti e spesso poetici e con una cena fra relatori e pubblico che è stata insolitamente ricca di occasioni di scambi di conoscenze personali e professionali (spero un giorno di potervi raccontare un episodio che ci ha fatti restare... di sasso). Ora le riprese devono essere vagliate e preparate da TED; vi aggiornerò non appena verranno pubblicate.

Ieri, dopo una giornata di riposo e recupero con gli amici di Torano, siamo rientrati al Maniero senza particolari problemi (626 km, 122,6 kWh, 196 Wh/km andando quasi sempre a 130 km/h ove possibile), con due tappe di ricarica gratuita (Fano e Modena), una delle quali ha coinciso, come consueto, con il pranzo ed è stata un’occasione per incontrare un amico. Tess adesso dorme, malconcia, al coperto e sto coordinando le riparazioni.

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Il mio TEDx Talk è stato appena pubblicato. Intanto TESS sta iniziando le riparazioni a partire dal parabrezza.

2023/07/21

Podcast RSI - Copie digitali dei defunti, Threads contro Twitter contro Mastodon, addio a un grande hacker

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È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

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[CLIP: Video di Re;memory]

Il signor Lee sapeva che gli restava poco da vivere ed era preoccupato per sua moglie, che sarebbe rimasta sola, e così le ha lasciato il suo gemello digitale. Pochi mesi dopo la sua morte, la moglie è andata a trovarlo. “Tesoro, sono io. È passato molto tempo” le ha detto. 

Sembra l’inizio di una puntata di Black Mirror, ma è invece l’inizio di un video commerciale che promuove i servizi molto concreti di un’azienda coreana che offre griefbot: repliche digitali interattive, audio e video, delle persone decedute.

Benvenuti alla puntata del 21 luglio 2023 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo, e in questo podcast vi racconterò i dettagli di questi griefbot e dei loro usi inattesi, insieme alle ultime novità riguardanti lo scontro fra Threads e Twitter e la storia di uno degli hacker più famosi di sempre, Kevin Mitnick.

[SIGLA di apertura]

Griefbot e intelligenze artificiali

La visionaria serie televisiva distopica Black Mirror ha ormai una lunga tradizione di previsioni tecnologiche che qualche anno dopo si avverano. Dieci anni fa, nella puntata Be Right Back (Torna da me nella versione italiana), aveva immaginato un servizio online che raccoglieva tutte le informazioni pubblicate sui social network da una persona defunta e tutti i suoi messaggi vocali e video e li usava per creare un avatar che, sullo schermo dello smartphone, parlava esattamente come quella persona e aveva il suo stesso aspetto.

Con l’arrivo di ChatGPT e delle altre tecnologie di intelligenza artificiale, quest’idea è diventata fattibile, e ha un nome tecnico, griefbot, che combina il termine inglese “grief” (cioè “lutto”), con “bot”, vale a dire “programma o agente automatico”.

Già alcuni anni fa erano stati realizzati in Russia, Canada, Stati Uniti e Cina dei griefbot elementari, capaci di scrivere messaggi e di chattare online imitando più o meno lo stile e, in alcuni casi, anche la voce di una persona defunta, e proprio un anno fa in questi giorni Amazon proponeva di dare al suo assistente vocale Alexa la voce di un familiare deceduto. Ma questi griefbot erano abbastanza limitati come fedeltà delle loro conversazioni e non erano in grado di mostrare interazioni video.

Ora, però, l’azienda coreana Deepbrain AI, che produce assistenti virtuali e conduttori sintetici per telegiornali, offre anche queste interazioni su schermo, tramite Re;memory, un servizio che permette alle persone di dialogare anche in video con chi non c’è più.

A differenza dei griefbot realizzati fin qui, che si basano sui dati lasciati dalla persona deceduta, Re;memory si appoggia a suoni, immagini e dati forniti appositamente e preventivamente. Chi vuole lasciare ai posteri un proprio avatar interattivo deve farsi videoregistrare per circa sette ore, durante le quali avviene un colloquio dettagliato, il cui contenuto viene poi usato per fornire a un’intelligenza artificiale una serie di campioni audio e video e di informazioni personali sulle quali basare l’avatar che replicherà l’aspetto fisico e la voce della persona.

I familiari potranno incontrare l’avatar, e interagirvi in vere e proprie conversazioni, recandosi in apposite sedi, dove vedranno l’immagine della persona su un grande schermo, a grandezza naturale, seduta comodamente in poltrona, che parla e si muove in risposta alle loro parole.

Nel video promozionale del servizio, che costa circa 10.000 dollari e si paga anche ogni volta che lo si usa, si vede che l’avatar dialoga per esempio con la figlia di un defunto, rispondendo a senso alle sue parole e creando in lei una forte commozione anche se il tono dell’avatar è poco dinamico e molto pacato, perché il software si basa solo sui campioni registrati in queste sedute apposite, che comprensibilmente non sono ricolme di entusiasmo.

Re;memory non è l’unico griefbot sul mercato: aziende come Hereafter AI offrono avatar più vivaci, ma solo in versione audio, che dialogano con i familiari e sono anche in grado di citare storie e aneddoti del passato della persona scomparsa.

L’avvento di questi fantasmi digitali era facilmente prevedibile, ma come capita spesso queste nuove possibilità, concepite con uno scopo di conforto ben preciso, hanno anche delle applicazioni meno facili da anticipare.

Per esempio, nulla vieta, almeno dal punto di vista tecnico, di creare un avatar di una persona e di usarlo mentre quella persona è ancora in vita, al posto di quella persona. Immaginate un adolescente che passa moltissimo tempo al telefonino a dialogare con i propri amici e si rende conto che preferisce interagire con gli avatar di quegli amici, che sono meno impulsivi e più socievoli e non sono mai stanchi o scocciati, e comincia a preferirli agli amici in carne e ossa. Per citare il futurologo Ian Beacraft in un suo recente intervento pubblico, una sfida dei genitori di domani non sarà decidere quanto tempo è giusto lasciare che i propri figli stiano online, ma decidere quanti dei loro amici possano essere sintetici.

[CLIP: Beacraft che dice “as many of you with kids, the challenges aren't going to be about how much time they spend on their digital devices but deciding how many of their friends should be synthetic versus organic”]

Oppure immaginate uno stalker che si crea un avatar della persona dalla quale è ossessionata, attingendo ai testi, ai video e ai messaggi vocali pubblicati sui social network da quella persona. Tutti quei dati che abbiamo così disinvoltamente condiviso in questi anni verranno custoditi tecnicamente, e verranno protetti legalmente, contro questo tipo di abuso? Non si sa.

Ma ci sono anche delle applicazioni potenzialmente positive: una persona molto timida o che ha difficoltà di relazione o si trova a dover affrontare una conversazione molto difficile potrebbe per esempio esercitarsi e acquisire fiducia in se stessa usando un avatar interattivo. In ogni caso, è ormai chiaro che la frontiera delle persone virtuali è stata aperta e non si chiude.

Fonte aggiuntiva: Engadget.

Threads vs Twitter

Non capita spesso di sentire che un social network impedisce intenzionalmente ai propri utenti di frequentarlo più di tanto, ma è quello che succede da qualche tempo su Twitter. Proprio mentre sto preparando questo podcast mi è comparso l’avviso che ho “raggiunto il limite giornaliero di visualizzazione di post” e mi è stato proposto di abbonarmi “per vedere più post giornalmente”

La limitazione è stata decisa ai primi di luglio ufficialmente per contenere il cosiddetto data scraping, ossia la copiatura su vasta scala dei contenuti pubblicati dagli utenti, però è anche un modo per incoraggiare gli utenti a pagare per abbonarsi.

Queste limitazioni sono insolite e non piacciono né agli utenti né agli inserzionisti, perché ovviamente impediscono agli utenti di vedere le loro pubblicità, eppure anche Threads, il rivale di Twitter creato da Meta e rilasciato in fretta e furia pochi giorni fa in versione incompleta, ha dovuto prendere una misura analoga per difendersi dagli attacchi degli spammer. Anche in questo caso, ci stanno andando di mezzo anche gli utenti onesti che sfogliano tanto il servizio.

Threads ha ovviamente anche una limitazione ben più forte per noi utenti dell’Europa continentale. Ufficialmente, infatti, l’app non è disponibile per chi risiede in Europa, salvo nel Regno Unito, perché acquisisce dati personali in modi incompatibili con le principali norme europee. Questo blocco fino a pochi giorni fa era aggirabile in vari modi, ma ora è stato reso più robusto: molti di coloro che riuscivano a usare Threads dall’Europa passando attraverso una VPN si sono visti comparire un messaggio di errore e non possono più postare messaggi ma solo leggere quelli degli altri.

Nel frattempo, anche senza gli utenti europei, Threads ha battuto ogni record di velocità di adozione di un servizio online, raggiungendo i primi 100 milioni di iscritti complessivi nel giro di una settimana dal suo debutto e superando anche il primatista precedente, ChatGPT, che ci aveva impiegato due mesi. Ma dopo l’entusiasmo iniziale, il numero di utenti attivi giornalmente su Threads si è dimezzato rispetto all’inizio, scendendo da 49 milioni [nel podcast per errore dico 40] a circa 24, ossia poco meno di un quinto di quelli di Twitter. La strada per rimpiazzare Twitter come fonte di notizie in tempo reale è insomma ancora lunga.

Nonostante il calo molto significativo, Threads rimane comunque enorme rispetto a Mastodon, altra piattaforma simile a Twitter, caratterizzata dalla sua indipendenza federata e dal fatto che non raccoglie dati personali, come fanno invece Threads e Twitter. Il confronto è particolarmente significativo perché Meta, proprietaria di Threads, ha avviato formalmente presso il World Wide Web Consortium, uno dei principali enti di standardizzazione di Internet, la procedura di adozione dello standard ActivityPub, lo stesso usato da Mastodon e da tanti altri servizi analoghi, e questo in teoria permetterebbe agli utenti di Mastodon di interagire con quelli di Threads e viceversa. Ma molti degli amministratori delle varie istanze di Mastodon, le “isole” che compongono questa piattaforma federata, non vedono di buon occhio l’arrivo di un colosso commerciale come Threads, che li potrebbe travolgere sommergendole di traffico, e stanno già pensando di bloccare o defederare Threads. Altri, invece, sperano che la popolarità di Threads possa dare maggiore visibilità a questo ideale di libera migrazione e interoperabilità proposto da ActivityPub e da Mastodon.

Twitter, da parte sua, non se la passa bene economicamente. Il suo proprietario, Elon Musk, aveva detto in un’intervista recente che Twitter era a un passo dal generare profitti e che gli inserzionisti che erano scappati dopo la sua acquisizione della piattaforma stavano tornando, ma pochi giorni fa ha invece dichiarato che i ricavi pubblicitari sono scesi del 50%. E su Twitter grava anche il debito di 13 miliardi di dollari che Musk ha usato per acquistare questa piattaforma a ottobre 2022. Quel debito sta costando circa un miliardo e mezzo di dollari l’anno, e il bilancio rimane in rosso nonostante i licenziamenti massicci e, a quanto risulta perlomeno dalla ventina di cause avviate contro Twitter, nonostante le bollette non pagate e i compensi di liquidazione ai dipendenti licenziati che non sono stati corrisposti. Non è chiaro quanto possa ancora durare Twitter in queste condizioni. Se non avete ancora fatto una copia dei vostri dati pubblicati su Twitter, forse è il caso di cominciare a pensarci.

Storia di un hacker

È il 1979. Un ragazzino di sedici anni riesce a farsi dare il numero telefonico di accesso ad Ark, il sistema informatico sul quale la Digital Equipment Corporation, uno dei grandi nomi dell’informatica dell’epoca, sta sviluppando il suo nuovo sistema operativo. Il ragazzino entra nel sistema e si copia il software. Per questo reato trascorre un mese in carcere e resta per tre anni in libertà vigilata. Verso la fine del periodo di sorveglianza, riesce a entrare nei computer della società telefonica Pacific Bell che gestiscono le segreterie telefoniche e per i successivi due anni e mezzo si rende irreperibile, usando telefoni cellulari clonati per nascondere la sua localizzazione e violando numerosi sistemi informatici.

Il ragazzo viene inseguito a lungo dall’FBI, che lo arresta nel 1995 per una lunga serie di reati informatici, e trascorre cinque anni in carcere. 

Ma questa non è la storia di un criminale informatico qualunque, perché l’allora nascente Internet insorge in sua difesa. Il sito Yahoo, popolarissimo in quel periodo, viene violato e ospita un messaggio che chiede la scarcerazione del giovane hacker. Lo stesso succede al sito del New York Times [13 settembre 1998]. La rivista informatica 2600 Magazine, lettura fondamentale degli hacker di allora, distribuisce un adesivo con due semplici parole che faranno la storia dell’informatica: FREE KEVIN.

Fonte: Wikipedia.
Fonte: Kevin Kopec.

Quel ragazzo, infatti, è Kevin Mitnick, uno degli hacker più famosi e temuti della storia dell’informatica, e la punizione inflittagli dalle autorità viene vista da molti informatici come eccessiva e gonfiata dalle pressioni dei media, anche perché le tecniche di penetrazione usate da Mitnick sono spesso elementari e basate più sulla persuasione delle persone (il cosiddetto social engineering) e sull’inettitudine delle aziende in fatto di protezione dei dati e di sicurezza dei sistemi che su chissà quali acrobazie informatiche, e Mitnick ha avuto accesso a tantissimi sistemi ma non ne ha tratto grande profitto economico.

Kevin Mitnick viene rilasciato nel 2000, con il divieto di usare qualunque sistema di comunicazione diverso dal telefono fisso, e diventa un affermatissimo consulente informatico, che insegna le proprie tecniche di social engineering agli addetti alla sicurezza di moltissime aziende in tutto il mondo. Scrive alcuni dei libri fondamentali della sicurezza informatica, come The Art of Deception, in italiano L’arte dell’inganno, e The Art of Intrusion, che diventa L’arte dell’intrusione in italiano, e racconta il proprio punto di vista sulle sue scorribande informatiche nel libro The Ghost in the Wires, altra lettura obbligatoria per chiunque voglia fare sicurezza informatica seriamente, tradotta in italiano con il titolo Il fantasma nella rete.

Una delle sue caratteristiche, oltre alla fama mondiale nel suo campo, è il suo biglietto da visita: è realizzato in lamina di metallo, fustellata in modo da formare dei grimaldelli che sono funzionanti e adatti per aprire la maggior parte delle serrature. 

Mentre preparo questo podcast, il New York Times, quello violato tanti anni fa dai sostenitori di Kevin Mitnick, ha pubblicato la notizia della sua morte a 59 anni in seguito alle complicanze di un tumore pancreatico. Lascia la moglie Kimberley, che aspetta da lui il primo figlio. E qualcuno, su Twitter, si augura caldamente che l’inferno e il paradiso abbiano installato l’autenticazione a due fattori. Kevin is free.

2023/07/20

Kevin Mitnick, 1963-2023

Pubblicazione iniziale: 2023/07/20 9:40. Ultimo aggiornamento: 2023/07/20 16:30. L’articolo è stato riscritto estesamente per tenere conto delle nuove informazioni.

Kevin Mitnick, uno degli hacker e social engineer più famosi del mondo, è morto il 16 luglio scorso. Ne ha dato l’annuncio inizialmente stanotte (ora italiana) solo un sito di necrologi, Dignitymemorial.com; poi il New York Times (copia permanente) ha confermato la notizia tramite una portavoce dell’azienda KnowBe4, per la quale Mitnick lavorava come chief hacking officer, e SecurityWeek ha scritto di aver confermato tramite proprie fonti imprecisate. 

Solo qualche ora più tardi è comparso un avviso sul sito di KnowBe4 e sull’account Twitter di Mitnick; la moglie Kimberley ha dato l’annuncio su Twitter poco fa; il sito della Mitnick Security ha attiva tuttora (16:30) la pagina per prenotare una conferenza con lui e la sua pagina LinkedIn non riporta alcuna informazione sul suo decesso. Visto che purtroppo ci sono molti siti e account social che speculano sulle morti annunciate, questa inconsueta penuria iniziale di aggiornamenti e di fonti mi ha imposto cautela nel riportare la notizia nelle prime ore.

Secondo il NYT, Mitnick ci ha lasciato in seguito a complicanze legate a un tumore al pancreas. Se volete ripassare chi era Kevin Mitnick, ho scritto alcuni articoli che raccontano alcuni episodi della sua straordinaria carriera e dedicherò a lui parte del podcast del Disinformatico di domattina.

2023/07/19

Da dove nasce #IlGattoDelGiorno?

La mia “rubrica” Il Gatto Del Giorno è nata sull’impulso del momento, senza un piano preciso, ma vedo che piace a parecchia gente, per cui riassumo qui le sue origini per rispondere a una curiosità ricorrente e tenerne traccia prima che i dettagli sfumino nella memoria.

Premessa: anni fa ero iscritto a un feed RSS che, fra le tante offerte, proponeva quotidianamente delle bellissime collezioni di sfondi, con titoli come Widescreen Wallpapers for your desktop, Desktop Wallpapers 4K Ultra HD, Classy Wallpapers, ComputerDesktopWallpapersCollection, HD Wallpaper Mix, Desktop Wallpapers HD, SuperWallpapers, High-Quality Wallpaper Pack, New Best Wallpapers Pack, eccetera. Contenevano foto splendide tratte da film e telefilm, immagini spettacolari di automobili, aerei e veicoli spaziali civili e militari, sfondi astratti, modelle, attrici e attori, animali e in particolare tanti gatti, in altissima risoluzione (4K o superiori). Facevano un figurone come screen saver a rotazione sul mio monitor gigante ed erano (e tuttora sono) ottimi supporti per le mie lezioni e presentazioni pubbliche.



Vista la quantità, la qualità e soprattutto l’assiduità con la quale venivano pubblicate queste collezioni (un centinaio di foto ognuna, con alcune collezioni che si avvicinavano al migliaio di collezioni pubblicate), mi sono sempre chiesto chi preparasse tutto questo materiale e perché, visto che non c’era un ritorno economico diretto o indiretto (niente pubblicità, nessuna richiesta di denaro). 

Ho un sospetto, che non posso confermare: considerato che le foto di veicoli militari includevano moltissime immagini di aerei, carri armati e sommergibili russi, e che le foto delle auto e delle modelle mostravano targhe e ambientazioni indiscutibilmente russe e fra le illustrazioni di animali spiccavano spesso orsi con la stella rossa, può darsi che si trattasse di una forma di propaganda pro-Russia. Ma i dati EXIF che ho controllato non hanno rivelato nulla.






 

Sia come sia, mi sono ritrovato con decine di migliaia di fotografie di vario genere, che ho selezionato e archiviato in cartelle tematiche. Le foto del Gatto Del Giorno provengono da lì.

Prevengo l’inevitabile battuta: no, non ho intenzione di avviare una rubrica La Modella Scosciata Davanti a BMW Tamarra del Giorno; se è questo il materiale che cercate, potete procurarvelo per i fatti vostri. Gli indizi ve li ho forniti.

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L’idea di usare queste immagini di gatti per una rubrica quotidiana mi è venuta a febbraio 2020, in piena pandemia, quando eravamo tutti chiusi in casa, senza vaccini, con bollettini sanitari catastrofici e senza speranze all’orizzonte. Ho pensato che una foto al giorno di un bel gatto, pubblicata di mattina come prima cosa non appena mi svegliavo, avrebbe forse dato un piccolo momento di sollievo a qualcuno, e così ho attinto a quella cartella felina e ho cominciato a postare quotidianamente.

Non mi aspettavo che sarebbe diventato un appuntamento così seguito, con gente che mi scrive chiedendo se sto bene visto che non ho ancora pubblicato il Gatto del Giorno (a volte faccio tardi la notte e quindi mi alzo tardi la mattina, o sono in viaggio e sto guidando). Ed è stato bello vedere che i colleghi di ReteTre hanno addirittura creato questo omaggio:

Non sono sicuro della data precisa di quando ho iniziato la rubrica. Su Instagram, il mio primo post con il testo “Il gatto del giorno” dovrebbe essere quello del 10 febbraio 2020, mentre il primo con l’hashtag #IlGattoDelGiorno (in maiuscolo o minuscolo) è dell’11 febbraio 2020. Su Twitter, invece, ho iniziato a usare l’hashtag il 17 febbraio 2020, perlomeno secondo la ricerca di Twitter, che però in questo periodo mi sembra decisamente inaffidabile. Dopo lo sconquasso di Twitter causato da Elon Musk, ho smesso di postare il GDG su quella piattaforma e ho iniziato a farlo invece su Mastodon il 25 novembre 2022 e sul mio canale Telegram il 29 novembre 2022. Se per caso scoprite qualcosa di diverso, avvisatemi.

2023/07/15

Mi tocca fare un po’ di body hacking: installo cristallini nuovi - terza parte

Ultimo aggiornamento: 2023/11/07. Segue dalla prima parte e dalla seconda parte.

Piccolo aggiornamento sul mio body hacking (intervento di sostituzione del cristallino): va tutto bene e finalmente posso andare al cinema a vedere un film nitidamente (ho scelto Indiana Jones e il Quadrante del Destino). I puntini scuri nel campo visivo sono scomparsi, la guida notturna è tornata a essere un piacere e il bagliore luminoso stellato al centro del campo visivo è diventato quasi impercettibile.

La vista dell’occhio operato è decisamente migliore di quella dell’occhio non ancora operato (per il quale l’intervento è previsto per i primi di settembre). A parte una leggera striatura luminosa a ore 11 e a ore 5 quando guardo oggetti luminosi su fondo scuro (fanali, lampioni, la Luna), la vista è tornata com’era anni fa, prima che io iniziassi a mettere gli occhiali, che ora indosso solo per il lavoro a distanza ravvicinata (per leggere o guardare lo schermo del computer).

Adesso devo decidere cosa fare per il secondo occhio (il destro). La procedura standard consisterebbe nell’installare anche lì un cristallino artificiale dello stesso tipo già installato nel sinistro, ossia una lente che mette a fuoco da circa un metro fino all’infinito (il cristallino artificiale non ha accomodamenti come li ha invece il cristallino naturale), ma mi sto accorgendo che l’occhio non operato vede sfuocato da lontano e a fuoco da vicino (almeno di giorno) e che nonostante io abbia in questo momento due occhi che mettono a fuoco a distanze differenti non ho alcun fastidio o disorientamento: anzi, vedo bene sia gli oggetti lontani, sia quelli vicini. E quindi sto considerando l’idea di installare un cristallino che metta a fuoco da vicino, in modo da avere un occhio per la visione di oggetti lontani e l’altro per quella degli oggetti vicini. In questo modo non dovrei indossare occhiali praticamente mai.

Ho chiesto al medico che mi sta seguendo, e mi ha detto che sì, c’è gente che lo fa; è solo questione di preferenze personali. Ma ovviamente non ci sono garanzie su come il mio cervello elaborerà due immagini con focalizzazioni così dissimili. Per ora se la sta cavando bene, tutto sommato, ma va detto che il cristallino naturale che ho ancora è in grado di regolare la propria messa a fuoco, mentre un cristallino artificiale non potrà farlo. Mal che vada, comunque, metterei gli occhiali per correggere la “miopia” del secondo cristallino. Chissà che effetto farebbe con i visori per realtà virtuale o con gli occhialini per il cinema 3D. Ci devo pensare.

Nel frattempo è scomparso l’effetto Pulfrich (non vedo più in 3D le immagini 2D con movimenti da sinistra a destra) e ho notato una particolarità dell’occhio operato: quando lo muovo di scatto, percepisco una leggera oscillazione dell’immagine, che si stabilizza quasi subito. Anche questo, mi dice il medico, è normale. L’effetto è molto insolito, non fastidioso, e ho provato a documentarlo con un paio di video ripresi usando semplicemente una webcam con una lente d’ingrandimento apposita. Se guardate bene, dovreste intravedere il bordo della lente artificiale (un circolino più piccolo rispetto alla pupilla) e l’oscillazione dell’umor acqueo sotto la cornea (una sorta di “effetto budino di gelatina”).

I video sono stati girati rispettivamente 7 e 22 giorni dopo l’intervento. Anche se vista da fuori l’oscillazione può sembrare impressionante, io in realtà non la noto affatto, salvo in particolari condizioni di luce (per esempio quando ho una luce laterale molto intensa), probabilmente per via della cecità saccadica, ossia la breve interruzione della visione che si ha normalmente ogni volta che si sposta lo sguardo.

2023/08/31. Piccolo aggiornamento all’aggiornamento: il secondo intervento è stato rinviato al 7 novembre su richiesta del chirurgo, per esigenze sue non legate al mio decorso. Non ho potuto scegliere una data più vicina a causa dei miei impegni già presi e non spostabili, come il CicapFest e varie conferenze alle quali non posso presentarmi con un occhio bendato.

2023/11/07. Intervento eseguito: i dettagli sono qui.

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