È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate qui sul sito della RSI (si apre in una finestra/scheda separata) e lo potete scaricare qui.
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[CLIP: Rumore di auto elettrica che parte da ferma e accelera]
Le automobili di oggi sono dei computer su ruote, hanno un numero sempre maggiore di funzioni e servizi, e si pone il problema di come permettere al conducente di gestire tutta questa complessità. Per usare il gergo informatico, è necessario adeguare la cosiddetta interfaccia utente.
La soluzione sempre più diffusa è uno schermo tattile, che sostituisce le levette e i pulsanti fisici, ma ci sono anche i comandi capacitivi, ossia finti pulsanti che si azionano semplicemente sfiorandoli e non si muovono fisicamente.
Eppure la sensazione di molte persone che guidano questi veicoli è che le interfacce touch, una volta passato l’effetto wow e superato l’impatto estetico seducente, siano scomode e in alcuni casi addirittura pericolose. Cominciano a essere pubblicate anche delle ricerche tecniche che sembrano confermare questa sensazione. Ma allora perché quasi tutti i costruttori di automobili insistono a usare questo tipo di interfaccia?
Questa è la storia delle interfacce touch nelle automobili. Una storia che comincia, sorprendentemente, nel 1986, quasi quarant’anni fa, e che rivela il lungo flirt dell’industria automobilistica con una tecnologia in apparenza avveniristica ma in realtà perlomeno controversa. Un flirt nel quale la persona più importante, cioè il conducente, finisce spesso per trovarsi nel ruolo del terzo incomodo che deve fare buon viso a cattivo gioco.
Benvenuti alla puntata del 2 agosto 2024 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.
[SIGLA di apertura]
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Se qualcuno nomina il concetto di interfaccia touch per le auto, o in altre parole parla di automobili che si comandano in gran parte non con dei pulsanti, delle manopole o delle levette fisiche ma usando uno schermo interattivo e sensibile al tocco, il pensiero corre facilmente a una marca ben precisa: Tesla. Le sue auto, esclusivamente elettriche, sono famose per i loro schermi giganti incastonati nel cruscotto, da usare per comandarne le mille funzioni offerte dal software di bordo.
Ma in realtà la prima interfaccia touch, ossia il primo schermo sensibile al tocco presente in un’automobile risale a molto prima della nascita del marchio Tesla: risale addirittura al 1986. In quell’anno la casa automobilistica statunitense Buick presentò il Graphic Control Center, uno schermo tattile da nove pollici, incastonato nel cruscotto della sua coupé Riviera di settima generazione. Era un monitor a tubo catodico, monocromatico, con caratteri verdi su sfondo nero, e a detta della casa costruttrice riuniva in un unico elemento ben 91 funzioni che altrimenti avrebbero richiesto pulsanti, selettori, interruttori e manopole sul cruscotto. Da questo schermo sensibile al tatto si comandavano per esempio l’aria condizionata, l’autoradio, i sistemi diagnostici e si monitoravano i consumi di carburante.
Fu un fiasco, perché i conducenti si lamentarono che usare lo schermo tattile era scomodo e li distraeva troppo dalla guida, obbligandoli a togliere gli occhi dalla strada molto di più di quanto facessero quei comandi fisici che il monitor tattile aveva sostituito. Buick non installò più questo sistema touch, e l’idea delle interfacce tattili rimase parcheggiata con le quattro frecce per circa vent’anni.
Nel 2001 arrivò infatti BMW, che introdusse iDrive, un’interfaccia di gestione incentrata su uno schermo da quasi 9 pollici di diagonale, finalmente piatto e non a tubo catodico ma a LCD, che sostituiva tutta la pulsantiera del sistema di intrattenimento di bordo. Non era comandabile toccandolo: la persona alla guida vi interagiva tramite una manopola fisica che permetteva di esplorare i suoi vari menu e sottomenu.
Gli schermi nei cruscotti cominciarono man mano a diffondersi, ma solo come coprotagonisti di un pannello comandi che restava affollato di bottoni. Tesla arrivò con la sua interfaccia touch soltanto nel 2012, ma lo fece col botto, piazzando al centro del cruscotto della sua prima berlina, la Model S, un monumentale schermo tattile da ben 17 pollici, ed eliminando quasi completamente i pulsanti fisici. Praticamente tutte le funzioni dell’auto, comprese quelle importanti per la sicurezza di guida come l’accensione dei fendinebbia, passavano da quello schermo, con un effetto avveniristico che fece immediatamente presa nell’opinione pubblica. E la tendenza di questa marca al minimalismo dei pulsanti è proseguita con i modelli successivi. Nelle Tesla più recenti, anche la direzione delle bocchette di ventilazione si comanda dallo schermo touch, è scomparso il quadrante degli strumenti, quello che stava dietro il volante, e sono sparite anche le levette per azionare le frecce, sostituite da tasti capacitivi, ossia delle superfici a sfioramento integrate nelle razze del volante. Anche le marce si selezionano toccando lo schermo oppure dei tasti capacitivi inseriti in modo quasi invisible nella plafoniera.
Ora moltissimi costruttori di automobili mettono un grande schermo tattile al centro dei loro cruscotti: è la moda di design del momento, perché fa colpo sul cliente, elimina tantissimi anfratti che attirano antiestetica polvere, ma soprattutto fa risparmiare tanti soldi al costruttore, che si trova ad avere meno componenti e sottocomponenti da montare durante la fabbricazione, quindi meno costi di manodopera, e non deve gestire una selva di pulsanti, cavi, levette e relativi ricambi da tenere a magazzino per anni. Inoltre consente di aggiungere nuove funzioni con un semplice aggiornamento software, senza dover installare pulsanti extra o dover rifare gli stampi e le procedure di assemblaggio per offrire un cruscotto modificato.
Il caso forse più estremo è quello di Mercedes, che nella sua EQS offre in opzione il cosiddetto Hyperscreen, uno schermo largo 56 pollici, circa un metro e mezzo, composto da tre pannelli da 12 pollici e da uno da quasi 18 pollici.
Ma non è un po’ troppo tutto questo?
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Euro NCAP, una delle più prestigiose organizzazioni europee per la sicurezza automobilistica, sostenuta dall’Unione Europea e da numerosi ministeri nazionali dei trasporti, ha annunciato a marzo del 2024 che i suoi nuovi test di sicurezza, previsti per il 2026, incoraggeranno le case automobilistiche a usare “comandi fisici e separati per le funzioni di base in maniera intuitiva per limitare il tempo trascorso con gli occhi distolti dalla strada e quindi promuovere una guida più sicura”. Inoltre ha dichiarato che “l’uso eccessivo degli schermi tattili è un problema che tocca l’intero settore” perché “obbliga i conducenti a spostare lo sguardo dalla strada e aumenta il rischio di incidenti dovuti alla distrazione” [Interesting Engineering].
Già nel 2022 una rivista di settore svedese aveva dimostrato che i pulsanti fisici sono solitamente più sicuri degli schermi tattili. Lo aveva fatto misurando il tempo di spostamento dello sguardo necessario per compiere quattro compiti relativamente semplici. Su una Volvo V70 del 2005, dotata solo di pulsanti, il tempo complessivo era stato di dieci secondi. Sulla BMW iX, basata su uno schermo touch, le stesse operazioni avevano richiesto il triplo del tempo, trenta secondi, e su una MG Marvel R erano serviti addirittura 45 secondi di distrazione.
Anche senza arrivare al rigore di un test come questo, è abbastanza intuitivo che se ci si trova improvvisamente in un banco di nebbia è molto più sicuro avere un pulsante per accendere i fendinebbia, un pulsante che si può trovare e premere senza togliere lo sguardo dalla strada in un momento critico del genere, che avere una zona specifica dello schermo che bisogna toccare per attivare un menu dal quale bisogna poi scegliere l’icona giusta e centrarla con il dito, senza nessun riscontro fisico di averla toccata correttamente.
Va detto che pulsanti e interfacce fisiche non sono automaticamente una garanzia di sicurezza. Come gli informatici e i piloti collaudatori ben sanno, qualunque interfaccia può causare confusione, distrazione e disastri anche fatali se non è pensata bene. Un caso tristemente noto in campo automobilistico è quello della leva del cambio della Fiat Chrysler Grand Cherokee del 2015. Una leva tangibile, impugnabile, che però era stata concepita in modo da non mantenere fisicamente una posizione differente a seconda della marcia inserita. Tornava sempre alla posizione centrale, lasciando come unica indicazione del suo stato una piccola spia luminosa.
Molti conducenti erano scesi dall’auto pensando di averla messa in Park quando in realtà era ancora in Drive o in folle o addirittura in retromarcia, col risultato che l’auto si muoveva da sola. Alla fine, dopo almeno 41 casi di ferimento legati a questa interfaccia, Fiat Chrysler era stata costretta a richiamarne oltre un milione di esemplari. Questo errore di progettazione dell’interfaccia è fra le probabili cause della morte nel 2016 dell’attore di Star Trek Anton Yelchin, schiacciato contro un cancello di sicurezza dalla propria Grand Cherokee lasciata inavvertitamente in folle in pendenza.
Non è solo una questione di schermi tattili al posto dei pulsanti: anche la recente moda di adottare comandi capacitivi a sfioramento ha i suoi problemi di interfaccia. Alcuni proprietari di auto Volkswagen affermano infatti che questi pseudo-pulsanti, presenti sul volante, causano incidenti.
Siccome si tratta di superfici estremamente sensibili al tocco, basta sfiorarle inavvertitamente, magari durante una manovra di parcheggio, per dare i comandi corrispondenti. Finché si alza per errore il volume dell’autoradio non è un problema grave, ma se si riattiva involontariamente il cruise control o tempomat, i cui comandi sono sulle razze del volante, l’auto accelera di colpo e a sorpresa. Le segnalazioni di incidenti di questo genere si stanno accumulando nei forum online [Ars Technica], ma per ora manca un’inchiesta formale, per cui sono dati da prendere con un pizzico di cautela. In ogni caso Volkswagen ha deciso di non attendere test formali e ha annunciato sin da ottobre 2022 che ripristinerà i pulsanti fisici veri e propri sul volante, scrivendo che “è quello che ci chiedono i clienti”.
Insomma, se vi lamentate che le interfacce touch di oggi non vi vanno a genio, non siete soli e non siete diventati brontoloni che non sanno stare al passo con i tempi. Il problema è molto concreto e diffuso, tanto che esistono aziende che vendono pulsantiere Bluetooth per ridare agli utenti dei bottoni da pigiare almeno per le funzioni più frequenti che sarebbero invece accessibili soltanto toccando uno schermo.
Il minimalismo è una scelta di design valida nell’informatica di consumo, dove l’estetica può essere privilegiata tranquillamente rispetto alla velocità e alla intuitività d’uso, ma i dati indicano che non è affatto una scelta altrettanto valida nella sicurezza stradale, anche se per molti costruttori di automobili il ritorno alle interfacce utente fisiche, con i relativi costi e le associate complessità di fabbricazione, è letteralmente un tasto che non vogliono toccare.
Fonti:
- Capacitive controls could be the cause of a spate of VW ID.4 crashes, Ars Technica, 2024;
- After complaints, Volkswagen will ditch capacitive steering wheel controls, Ars Technica, 2022;
- Tesla Model 3 gets fancy physical buttons with this Indiegogo accessory, Mashable, 2023;
- Here’s how in-car screens have grown through history, BBC Top Gear, 2021;
- The Rise of Touch Screens in Cars Explained, The Turn Signal, 2021;
- Touch screens are dangerous in cars, says European Safety Agency, Interesting Engineering, 2024;
- If Cars With Touchscreens Are Unsafe at Any Speed, Why Do We Have Them?, Kiplinger, 2024;
- Physical buttons outperform touchscreens in new cars, test finds, Vibilägare, 2022;
- How Do You Shift a Tesla Model 3 Highland? There Are Three Ways, MotorTrend, 2024.
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