Ha fatto il suo debutto
pochi giorni fa
il Mac App Store: il negozio via Internet di Apple dal quale scaricare programmi
per i computer della celebre marca della mela morsicata con una formula molto
simile a quella già collaudata per iPhone e iPad. L'obiettivo dell'App Store è
semplificare l'acquisto, la gestione e la manutenzione dei programmi da parte
degli utenti (e, naturalmente garantire profitti ad Apple e ai creatori dei
programmi venduti tramite l'App Store).
Ma sono bastati appunto pochi giorni per scoprire che la sicurezza del Mac App
Store ha una vulnerabilità che fa clamore per la sua semplicità. Lo Store,
infatti, non obbliga un'applicazione messa in vendita a verificare che i dati
della “ricevuta” dello Store, necessari per attivare l'applicazione stessa,
siano riferiti specificamente a quella applicazione. Così è emerso che alcune
applicazioni accettano qualunque “ricevuta”, anche quelle di altre
applicazioni.
Colpa degli autori delle applicazioni, ma anche colpa di Apple che non impone
questa verifica. Ecco come si fa a scavalcare la sua protezione antipirateria:
si scarica il file .dmg dell'applicazione desiderata (è facile trovarlo
in giro), la si installa come se fosse una normale applicazione e poi si copiano
tre file e/o cartelle provenienti da qualunque programma regolarmente scaricato
sull'App Store (compresi quelli gratuiti).
Non è il caso di specificare quali siano questi file passepartout, non solo per
non incoraggiare la pirateria informatica ma anche perché scaricare programmi da
fonti differenti dal sito del produttore è un rischio per la sicurezza. Sophos,
infatti,
sottolinea e dimostra (video) che nulla vieta di inserire nelle copie pirata dei virus fatti su misura per
il mondo Mac: anzi, è incredibilmente semplice. Le applicazioni pirata
diventerebbero così dei perfetti cavalli di Troia.
Morale della storia:
risparmiare qualche banconota può costare molto caro anche per gli utenti della
Mela.
Fonti aggiuntive:
TheNextWeb,
Craftymind,
ZDNet.
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