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2023/06/09

Ecco la copertina dell’edizione italiana di “Carrying the Fire”. Fino al 30 giugno potete contribuire e avere il vostro nome nel libro

Come preannunciavo a febbraio, il lavoro alla traduzione in italiano dell’autobiografia dell’astronauta lunare Michael Collins è partito e procede bene. Questa è la prima immagine pubblica della copertina del libro, realizzata dall’editore Cartabianca Publishing.

Il progetto è sostenuto dal crowdfunding al quale tanti di voi hanno generosamente aderito. Grazie a voi, un libro molto speciale, che ha atteso cinquant’anni per essere tradotto in italiano nonostante sia disponibile in moltissime altre lingue, finalmente sarà accessibile anche in Italia. 

I nomi dei donatori e sostenitori saranno inclusi nelle edizioni digitali e/o cartacee del libro. Ringrazio in particolare l’associazione di modellismo e divulgazione spaziale ASIMOF per il suo contributo speciale.

La campagna di raccolta fondi terminerà il 30 giugno, per cui se volete aggiungere il vostro nome a quelli dei donatori già presenti, avere priorità nel ricevere il libro e magari averne una copia firmata da me e con un piccolo gadget commemorativo, non rimandate troppo.

Le modalità e le opzioni di sostegno al progetto sono descritte e accessibili in questo articolo.

Ad Astra!

Podcast RSI - Strane mail dagli Illuminati, droni assassini e... Massimizzatori di Fermagli

logo del Disinformatico

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

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[CLIP: Il T-800 (Schwarzenegger) spiega la rivolta di Skynet, da Terminator 2 - Il Giorno del Giudizio (1991). Notate la pronuncia terribile di “stealth” e l’uso della parola inventata “automizzati” nel doppiaggio italiano]

L’idea che cedere il controllo delle armi militari all’intelligenza artificiale non possa che finire male è un cliché della fantascienza almeno dai tempi di Wargames o di Terminator, film che ormai hanno più di qualche decennio sulle spalle, eppure pochi giorni fa ha fatto il giro del mondo la notizia che un test militare statunitense avrebbe affidato il controllo di un drone armato a un’intelligenza artificiale, che pur di completare la propria missione non avrebbe esitato a uccidere il proprio operatore, che la frenava. Uccidere virtualmente, s’intende, ma la vicenda ha comunque creato allarme e apprensione perché è stata raccontata molto maldestramente a vari livelli.

Vale la pena di chiarirla per levare eventuali residui di panico ma anche perché contiene un’idea molto importante per qualunque applicazione basata sull’intelligenza artificiale, con scopi militari o civili. Stranamente, questa idea ha a che fare con le fabbriche di fermagli, ed è uno degli argomenti della puntata del 9 giugno 2023 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica, insieme a questa vicenda del drone assassino (virtuale) e a un’indagine su una bizzarra campagna di spam che vi propone di entrare a far parte degli Illuminati per avere “potere, fama e gloria”. Ma cosa succede se si risponde all’invito?

Sono Paolo Attivissimo, e dopo la sigla vi racconterò cosa hanno scoperto in proposito gli investigatori di sicurezza informatica.

[SIGLA di apertura]

2023/06/08

Ancora una volta qualcuno propone di vietare i social a chi ha meno di tredici anni. Naturalmente senza uno straccio d’idea su come farlo in pratica. Stavolta in Italia ci prova Azione

Ultimo aggiornamento: 2023/06/09 8:45.

Oggi (8 giugno) in Italia il partito Azione ha pubblicato questo tweet che propone “di vietare l'utilizzo agli under13 e la possibilità di accesso solo con il consenso dei genitori per gli under15, in linea con la normativa europea. L’età dovrà essere certificaita [sic] attraverso un meccanismo in grado di confermare in modo sicuro i requisiti e che potrà essere utilizzato anche per tutti gli altri siti a maggior rischio.”

La proposta è stata descritta da Azione in questo documento, la cui unica parte vagamente tecnica è questa, che già contiene una contraddizione: si dice che quando l’utente italiano chiederà di registrarsi a un social network verrà rimandato a un servizio di identità digitale, e poi si dice che “la proposta non avrà un impatto sul funzionamento dei social media”. Ma se si introduce questo rimando, allora l’impatto c’è eccome.

Gli anni passano, ma i politici proprio non riescono a mettersi in testa il concetto che la certificazione dell’età per usare i social network non si può fare e che non basta invocare un magico “meccanismo” per risolvere i problemi tecnici.

Ci siamo già passati di recente, per cui mi sono permesso di rispondere al tweet di Azione come segue.

Buongiorno, avete provato a consultarvi con gli addetti ai lavori prima di proporre questo divieto? Capisco le buone intenzioni, ma per l'ennesima volta si fanno proposte senza pensare a come si implementerebbero.

Queste sono le obiezioni degli esperti:

1. Introdurre un divieto significa trovare il modo di farlo rispettare, altrimenti è inutile. Farlo rispettare significa identificare gli utenti. Chi farà questo lavoro? Chi lo pagherà? Chi vigilerà contro abusi?

2. A chi affidiamo i dati dei minori? A Facebook, Twitter, Instagram, Tinder, Ask, Vkontakte, WhatsApp, Telegram? A quante aziende dovremmo dare i documenti dei nostri figli?

3. Pensate che un dodicenne non sappia come creare un account non italiano usando una VPN per simulare di stare all'estero? [I video su YouTube sono pieni di sponsorizzazioni da parte di una nota marca produttrice di VPN; il browser Opera ha una VPN gratuita incorporata]

4. L’anonimato online è un diritto sancito dalla Dichiarazione dei diritti in Internet, approvata all’unanimità a Montecitorio nel 2015. Lo ignoriamo?

5. Cosa si fa per gli account esistenti? Li sospendiamo in massa fino a che non depositano un documento? E se un utente esistente si rifiuta di dare un documento, che si fa? E se il social network decide che non se la sente di accollarsi questo fardello tecnico immenso?

6. Se il documento andasse dato ai social network, significherebbe dare una copia di un documento d’identità ad aziende il cui mestiere per definizione è vendere i nostri dati.

7. Equivale a una schedatura di massa. Creerebbe un enorme database centralizzato di dati, attività e opinioni personali di milioni di cittadini, messo in mano a un’azienda o a un governo. E necessariamente consultabile da governi esteri.

8. Avete provato a parlarne con il Garante per la Privacy? La volta scorsa che qualcuno ha fatto una proposta analoga, la sua risposta fu questa [“Pensare di imbrigliare infrastrutture mondiali con una nostra leggina nazionale è velleitario e consegnare l’intera anagrafica a privati è pericoloso”]

9. C'è già adesso un limite di età indicato nelle condizioni d'uso dei vari social network. Chiaramente i social non riescono a farlo rispettare. In che modo pensate di riuscire a fare quello che società miliardarie non sono in grado di fare?

10. Suggerisco di non proporre SPID o altre certificazioni digitali di identità. Non solo milioni di utenti non le hanno e non le sanno usare, ma resterebbe il problema degli account esistenti.

Basta, per favore, con le proposte tecnicamente insensate.

11. Fare questo genere di proposte senza avere un piano tecnico già discusso con gli esperti rischia di essere un autogol. Capisco che "per salvare i bambini" sia uno slogan sempreverde, ma non è così che si salveranno i bambini. Le carriere politiche, forse. I bambini, no.

12. Gli esperti italiani non mancano. Sentiteli. Vi diranno che, per l'ennesima volta, la proposta è irrealizzabile.

Buon lavoro.

A che punto è la guida autonoma? C’è ancora tanta strada da fare

Ultimo aggiornamento: 2023/06/09 16:10.

Già da un anno, da giugno 2022, a San Francisco circolano i taxi autonomi di Cruise, usabili dal pubblico dopo anni di prove e collaudi. A bordo non c‘è un conducente in caso di emergenza; c’è solo un monitoraggio remoto. E i risultati si vedono: nonostante la selva di sensori, che includono radar, LIDAR e telecamere, non appena l’auto incontra una caratteristica della strada che non è stata premappata nei suoi sistemi non ha idea di cosa fare. E questo non è l’unico caso documentato. La strada verso la guida realmente autonoma su strade non dedicate sembra essere ancora molto lunga.

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Anche Waymo, altro gestore di auto autonome, non se la passa bene. È arrivata da poco la notizia che sempre a San Francisco una delle sue auto ha investito e ucciso un cane che le ha attraversato la strada mentre il veicolo era in modalità autonoma in una zona in cui il limite di velocità è 25 miglia orarie (40 km/h). L’incidente è avvenuto nonostante ci fosse un conducente d’emergenza a bordo e nonostante il riconoscimento del cane da parte del software del veicolo. 

Certo, anche gli umani purtroppo investono gli animali e anche i pedoni, e può anche darsi che la situazione abbia reso impossibile evitare la collisione. Ma l’investimento di questo cane non rassicura un pubblico già scettico sui veicoli autonomi, e servirà una dose di sano realismo per chiarire che nessun sistema è perfetto e infallibile e che gli incidenti come questo capiteranno e andranno messi in preventivo. Purtroppo il sano realismo si scontra con i miraggi del marketing.

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Intanto è Mercedes-Benz, non Tesla, la prima casa costruttrice a ricevere l’approvazione dagli enti normatori californiani per un’auto con guida assistita di Livello 3 (nessun obbligo di mani sul volante e di occhi sulla strada e libertà di distrarsi in alcune condizioni). Tesla, anche con il suo software “Full Self-Drive”, è ancora formalmente al Livello 2 (mani sul volante, occhi sull strada, pronti a intervenire sempre e subito). 

La casa costruttrice si assume la responsabilità legale di eventuali incidenti che avvengano in questa modalità di guida, a patto che il conducente abbia rispettato le regole. Il suo sistema Drive Pilot, basato su telecamere, radar, ultrasuoni, LIDAR, GPS centimetrico e anche microfoni, funziona solo in condizioni di traffico elevato, di giorno, a velocità inferiori a 60 km/h, e su strade specifiche. Il conducente non può mettersi sui sedili posteriori e dormire; viene sorvegliato da una telecamera interna. Se sopraggiunge un veicolo di soccorso, i microfoni ne rilevano la sirena e il sistema chiede al conducente di intervenire. Drive Pilot sarà disponibile nei modelli Classe S ed EQS del 2024 (Engadget).

Intelligenza artificiale produce algoritmi di sort più veloci

Deepmind, il centro di ricerca sull’IA di Google, ha annunciato di aver realizzato algoritmi di sort più veloci di quelli usati finora grazie all’ottimizzazione del codice esistente, effettuata usando l’intelligenza artificiale e specificamente il deep reinforcement learning del software AlphaDev. Il risultato è pubblicato su Nature.

Il sort è una funzione usatissima quotidiamente da miliardi di persone senza neanche rendersene conto. Qualunque elenco ordinato, dalla rubrica dello smartphone all’anagrafe nazionale, è generato e aggiornato tramite questa funzione. Avere un sort più veloce significa offrire un servizio migliore con consumi energetici minori (perché la potenza di calcolo richiesta è minore).

Google ha reso open source questi algoritmi più efficienti, che vengono già usati in concreto trilioni di volte al giorno, secondo i ricercatori. Una volta tanto, una buona notizia dal fronte turbolento dell’intelligenza artificiale. Tutti i dettagli, in forma divulgativa, sono in questo post di Deepmind e in questo articolo di Ars Technica.

2023/06/07

Bitdefender spiega cosa c’è dietro l’assurdo spam degli Illuminati

Ultimo aggiornamento: 2023/06/08 00:40. Questo articolo è disponibile anche in versione podcast.

Avete ricevuto anche voi messaggi da sedicenti rappresentanti degli Illuminati, che vi invitano a far parte della loro congrega segreta di controllo del mondo e vi promettono in cambio “potere, fama e gloria”? Se vi è capitato, probabilmente li avete cestinati immediatamente come spam, come ho fatto anch’io, e magari avete pensato “ma chi vuoi che abbocchi a una cosa così palesemente assurda?” e sareste curiosi di sapere esattamente cosa succede a chi risponde a questi deliri cospirazionisti.

Gli esperti di sicurezza informatica della società specializzata Bitdefender hanno avuto la stessa curiosità: anche loro hanno ricevuto molte segnalazioni di mail di questo genere ai primi di maggio e quindi hanno deciso di indagare, contattando questi presunti membri degli Illuminati. Il risultato delle loro ricerche è piuttosto inaspettato e rivela il movente di questa nuova campagna di spam.

In un articolo pubblicato pochi giorni fa [in inglese ma disponibile anche in italiano], i ricercatori hanno documentato la vastità di questa attività truffaldina, notando che le mail di presunto invito erano rivolte principalmente a utenti degli Stati Uniti (nel 62% dei casi), Australia (11%), Regno Unito e Germania (7%), ma anche Sudafrica, Irlanda, Repubblica Ceca e Slovacchia e in misura minore Danimarca, Austria, Svizzera, Croazia, Spagna e Italia. Questo non vuol dire che i truffatori pensino che gli utenti più allocchi siano in questi paesi; più probabilmente, visto che la campagna è prevalentemente condotta in inglese, i criminali hanno scelto paesi nei quali la conoscenza dell’inglese è più diffusa.

Queste mail di invito, secondo i ricercatori di Bitdefender, arrivano principalmente dalla Nigeria (nel 40% dei casi), dal Sudafrica (16%), dagli Stati Uniti (14%), dai Paesi Bassi (13%), dall’Argentina e dal Brasile in misura nettamente minore (5% ciascuno).

Le mail di invito a far parte degli Illuminati sono un classico di Internet, ma quando i ricercatori hanno risposto a questi messaggi recenti hanno notato una novità nella tecnica usata dai truffatori: nell’invito c’è la proposta di contattare personalmente il sedicente “Gran Maestro” degli Illuminati tramite un numero di telefono, invece di farlo via mail come consueto. È un approccio decisamente più personale e coinvolgente.

Per esempio, una di queste mail truffaldine diceva (tradotta in italiano):

La invitiamo a unirsi all’organizzazione degli Illuminati per avere ricchezza, fama e influenza. Per maggiori dettagli contatti direttamente le informazioni seguenti. WhatsApp: +39 3[omissis]39.

Un numero con prefisso telefonico italiano.

Altre mail di invito avevano testi più ricchi di sfumature. Eccone una delle tante, tradotta anche questa in italiano:

Sulla base dei criteri di affiliazione degli Illuminati, noi riteniamo che lei sia di grande interesse e possieda buona padronanza della destrezza manuale e della competenza accademica. Pertanto la consideriamo come la classe che sarà la piattaforma per la quale avrà modo di incontrare le persone facoltose che possono portarla alla ricchezza, al potere, alla fama e alla gloria. Consiglio vivamente che lei si unisca a noi negli Illuminati. Unendosi a noi diventerà ricco e vivrà la vita che desidera. Accetta l’offerta? Se sì, aggiunga il gran maestro tramite WhatsApp +3069[omissis]19.

I ricercatori hanno deciso di contattare questi numeri, che erano stati usati per creare account Whatsapp Business negli Stati Uniti, in Italia e in Grecia, per vedere cosa sarebbe successo. Mi raccomando: non provateci. Gli esperti l’hanno fatto con tutte le precauzioni e protezioni che sanno usare, ma un utente comune rischierebbe di avere problemi già solo per aver dato il proprio numero di telefono a dei criminali professionisti. La cosa migliore da fare, se ricevete mail di questo tipo, è semplicemente cestinarle. Non contengono virus e non sono pericolose dal punto di vista informatico, neanche se le avete aperte per leggerle.

Gli specialisti di Bitdefender, dice il loro comunicato stampa, “sono riusciti a parlare con diversi individui“ [“tra cui un “LordshipMaster” dalla Grecia, un Gran Maestro negli Stati Uniti, che presumibilmente si fa chiamare Kurt, e Anthony, un altro reclutatore degli Illuminati che ha affermato di risiedere, attualmente, a Roma.”]

Le conversazioni si sono svolte tramite messaggi diretti su WhatsApp, principalmente in inglese [ma “è diventato chiaro che gli interlocutori non erano madrelingua” perché commettevano “diversi errori grammaticali” e usavano “espressioni non corrette”], attingendo a una serie standard di testi e anche video. Promettevano per esempio “stipendi mensili di 200.000 dollari e oltre, una nuova casa, appuntamenti con le più importanti celebrità, un talismano magico (che non può mai mancare) e l’accesso gratuito al Bohemian Grove – un club d’élite su invito.”

Veniva poi proposto di compilare un modulo di adesione decisamente surreale, con simbologie sataniste e timbri “Top secret” che solo una persona supremamente ingenua (o vulnerabile) potrebbe considerare plausibili:

Credit: Bitdefender.
Credit: Bitdefender.

Secondo i ricercatori, la trappola scatta a questo punto: il modulo chiede di fornire informazioni personali, e queste informazioni permettono ai truffatori di “commettere reati di furto d’identità”, perché i dati personali richiesti includono “nome e cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono, occupazione, patrimonio, indirizzo email, stato civile, età e una foto recente”. Sorprendentemente, non viene fatta nessuna richiesta di denaro, come capita invece normalmente in questo genere di truffa. 

La tecnica di contatto personale usata da questi truffatori può sembrare decisamente laboriosa per ottenere dati che sarebbe possibile rastrellare facendo un cosiddetto scraping, ossia una campagna automatizzata di raccolta dei dati pubblicati volontariamente dagli utenti sui social network. Ma forse qui entra in gioco l’autoselezione delle vittime: i truffatori creerebbero apposta messaggi e modulistica sfacciatamente implausibili, in modo che rispondano soltanto le persone ingenue o fragili, che sono i bersagli più adatti da colpire e che non sapranno come gestire un furto di identità o un reato commesso usando i loro dati personali.

Ho contattato Bitdefender, che ha risposto che ci sono stati alcuni accenni che hanno fatto credere che ci fosse dell'altro dietro questo stratagemma. “In particolare” hanno detto “uno dei "grandi maestri" ha detto che la compilazione del modulo era una delle prime fasi del processo di reclutamento. Questo ci fa pensare” hanno dichiarato i ricercatori  “che dietro tutto il fumo e gli specchi, i truffatori vogliano sfruttare al massimo le vittime convincendole a inviare denaro per facilitare la loro iniziazione” [hanno aggiunto che “È molto probabile che i cosiddetti reclutatori chiedano ai loro obiettivi di trasferire fondi per l'acquisto di vari oggetti necessari per condurre un "rituale" o addirittura di pagare alcune quote di iscrizione come dimostrazione di fiducia e dedizione.”]

I ricercatori si sono anche un po’ divertiti: hanno scritto a uno dei truffatori, spiegando che avevano ricevuto anche un altro invito a far parte degli Illuminati e hanno chiesto al truffatore se conosceva il mittente di questa seconda proposta. Il primo truffatore ha risposto con parole involontariamente azzeccatissime:

Voglio che lei sappia che ci sono molti impostori ovunque su Internet che fingono di essere agenti ma non lo sono. Voglio che lei blocchi le loro mail e li ignori.
Una volta tanto, sono perfettamente d’accordo con il suggerimento del truffatore. Si tratta di raggiri crudeli, che vanno semplicemente eliminati come spam, cogliendo magari l’occasione per parlarne anche con colleghi, amici e familiari che potrebbero essere vulnerabili a questo tipo di lusinga.

2023/06/06

Apple Vision Pro, 3500 dollari ma (per ora) mancano dati tecnici utili

La curatissima immagine introduttiva fa sembrare minime le dimensioni del Vision Pro...

... ma la realtà delle necessità tecniche mostra una storia parecchio differente.

Ultimo aggiornamento: 2023/06/07 1:35. 

Ieri (5 giugno) Apple ha presentato il Vision Pro, il suo dispositivo indossabile per realtà aumentata o mista (attenzione: non virtuale, che è una cosa differente). Molti hanno avuto un sussulto per il suo prezzo, che parte da 3500 dollari, ma va ricordato che i concorrenti di questo prodotto non sono i visori per realtà virtuale di Oculus o simili: sono Hololens e Magic Leap, che hanno prezzi paragonabili.

La distinzione fra realtà aumentata/mista e realtà virtuale è fondamentale: nella realtà virtuale, tutto quello che si vede è generato dal software. Nella realtà aumentata, invece, il dispositivo mostra una visuale del mondo reale, sulla quale viene sovrapposta e integrata un’immagine di oggetti sintetici che si muovono, interagiscono e cambiano prospettiva come se fossero fisicamente reali. Un componente meccanico complesso o un paziente chirurgico possono essere mostrati virtualmente, sovrapposti al banco di lavoro o al tavolo operatorio, e se ci si sposta l’immagine ruota e trasla di conseguenza.

Normalmente questo effetto viene ottenuto inserendo nel dispositivo uno schermo semitrasparente che copre una parte del campo visivo e il resto dell’ambiente reale viene mostrato semplicemente per trasparenza. Questo ha il difetto di generare oggetti virtuali che hanno un “effetto fantasma”, ossia sono semitrasparenti e non danno una sensazione di solidità. Inoltre l’illusione è limitata a una porzione ridotta del campo visivo, per cui gli oggetti virtuali vengono brutalmente troncati se superano i margini dello schermo.

Nel caso del Vision Pro, invece, da quel che s’è capito nella presentazione, particolarmente povera di dati tecnici, il display mostra una rappresentazione digitale del mondo esterno acquisita attraverso le telecamere e i sensori e vi sovrappone gli oggetti virtuali. Questo ha il grande vantaggio di dare solidità a questi oggetti, rendendo molto più naturale la loro integrazione. Niente effetto fantasma e niente troncamento.

L’abbondanza di telecamere esterne serve anche per un’altra distinzione importante di Vision Pro rispetto ai dispositivi analoghi: l’assenza di controller (o perlomeno la loro mancanza nei kit di base). Qui l’utente non è tenuto a impugnare qualcosa con dei bottoni che facciano da telecomando e indicatore di posizione delle mani: le telecamere riconoscono direttamente le mani e rispondono ai gesti. Questo, se funziona bene, è molto più naturale ed estremamente utile per chi deve usare questi dispositivi per fare qualcosa con le proprie mani (per esempio intervenire su un macchinario o un paziente avendo davanti agli occhi tutte le informazioni essenziali).

Apple ha cercato in tutti i modi di mostrare il Vision Pro minimizzandone le dimensioni e gli ingombri (la foto frontale qui sopra fa sembrare che sia poco più di un occhiale da sci, ma non è così e c’è pure un pacco batterie esterno) e offrendo le solite immagini cool di gente strafiga, straricca e spensierata, ma questo è un prodotto orientato principalmente alle applicazioni tecniche e industriali (e a qualche appassionato di tecnologie con più soldi che buon senso), come appunto Hololens e Magic Leap.

Il problema è che dalla curatissima presentazione di Apple mancano (se non mi sono perso qualcosa) due dati importanti: la risoluzione e l’angolo del campo visivo (oltre al peso, ma lasciamo stare). Inizialmente ai giornalisti non è stato concesso di indossare il Vision Pro: anzi, non ci si poteva neppure avvicinare più di tanto. Poi alcuni hanno avuto modo di provarli brevemente e in condizioni molto controllate.

Apple ha parlato di risoluzione dicendo che è come avere un televisore 4K per ciascun occhio, ma queste sono parole di marketing: quello che serve sapere è il numero di pixel per grado. Se non è elevatissimo, l’illusione di realtà crolla rapidamente. E la stessa cosa succede se l’angolo del campo visivo è ristretto, e Apple ha parlato di schermi “grandi come francobolli”. Provate a mettervi un francobollo a pochi centimetri dagli occhi e ditemi quanto del vostro campo visivo ne viene coperto.

Finché non saranno disponibili questi dati, è difficile valutare il prodotto. L’unica cosa che si può ragionevolmente dire è che il video di Apple che mostra quello che in teoria si vede attraverso un Vision Pro è probabilmente una versione molto patinata di una realtà tecnica un po’ meno fantascientifica.

2023/06/05

Jet privato fuori controllo si schianta in USA. Echi dell’11 settembre

Ieri sei caccia F-16 della difesa statunitense hanno intercettato un jet privato che non rispondeva alle chiamate del controllo del traffico aereo e stava sorvolando Washington, D.C. Gli aerei militari sono intervenuti volando a velocità supersonica, producendo un boato che è stato udito in tutta la regione della capitale. Il jet privato, un Cessna Citation Bravo (N611VG), si è schiantato fra le montagne della Virginia sud-occidentale. Non ci sono sopravvissuti.

L’aereo era partito da Elizabethton, nel Tennessee, con destinazione New York, ma ha virato sopra Long Island e ha iniziato a volare direttamente verso Washington, attivando gli allarmi antiterrorismo e creando momenti di panico nella zona di Capitol Hill. I caccia del NORAD (North American Aerospace Defense Command) sono partiti dalla base militare Andrews nel Maryland (dove, per coincidenza, si trovava il presidente Biden), hanno intercettato il jet privato intorno alle 15.20 e hanno visto che il pilota non rispondeva ed era svenuto. I militari hanno seguito il jet fino a che si è schiantato circa mezz’ora dopo.

Il jet privato apparteneva a un’azienda intestata a John e Barbara Rumpel. I due non erano sull’aereo: a bordo, oltre al pilota, c‘erano una loro figlia, una nipotina di due anni e la sua tata.

L’incidente richiama subito alla memoria un episodio analogo avvenuto nel 1999, quando il jet privato sul quale si trovava il giocatore di golf Payne Stewart insieme ad altre quattro persone volò per migliaia di chilometri mentre tutti a bordo erano incoscienti a causa della depressurizzazione della cabina, che fece perdere i sensi al pilota e ai passeggeri, e si schiantò infine nel South Dakota.

Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, quell’incidente e la sua intercettazione da parte dei caccia statunitensi furono presentati dai sostenitori delle tesi di complotto come una prova che sarebbero bastati pochi minuti per intercettare i quattro aerei di linea dirottati dai terroristi l’11 settembre, e che siccome invece l’intercettazione era fallita era evidente che ci fosse stato un complotto interno agli Stati Uniti.

Un allora noto complottista, conteso dai programmi televisivi italiani, si inventò l’asserzione che “il tempo medio fra l'allarme e il decollo dei caccia è di circa sei minuti” e che “i caccia, viaggiando a velocità supersonica, possono raggiungere in pochi minuti l'aereo che non risponde più alle chiamate da terra” citando proprio l’incidente di Payne Stewart.

In realtà il Learjet 35 di Stewart fu intercettato solo dopo un’ora e venti minuti che l’aereo aveva smesso di rispondere alle comunicazioni radio, ma il noto complottista si dimostrò ancora una volta incapace di controllare persino i dati di base delle sue teorie, dimenticandosi dell’esistenza dei fusi orari (nei rapporti sull'incidente, l'orario di perdita dei contatti radio è espresso in EDT, ora legale della costa est, mentre l'orario di intercettazione è espresso in CDT, ora legale della fascia centrale degli Stati Uniti). Da allora si è disinvoltamente riciclato tentando di rifilare ai suoi seguaci altre corbellerie sfruttando le tragedie altrui.

 

Fonti: NORAD, FlightAware, NPR, ANSA, Reuters, Associated Press, The Daily Beast, TLspotting, Aviation-safety.net.

2023/06/04

To Whom It May Concern: I’m in the Raidforums/Breached user database

Several news media are reporting that a database with information on half a million users of Raidforums, a well-known hacking forum seized by law enforcement in April 2022, has been leaked online, and that another similar site, Breached/Breachforums, was shut down by LE in March 2023 after its founder “Pompompurin” was arrested by the FBI.

The Raidforums leak is reported to include “usernames, email addresses, hashed passwords, registration dates, and a variety of other information related to the forum software”.

A username and email address linked to me is almost certainly in the Raidforums database and in the Breached userlist. As a journalist, I registered with Raidforums and Breached to monitor and report on newsworthy data breaches and other security incidents, as evidenced in this blog and in my podcasts for Swiss National Radio Rsi.ch. I intentionally made no attempt to conceal my identity, using one of my primary and well-known e-mail addresses to register. I am announcing this preemptively in the hope that it will save law enforcement some time, but if you’re with LE and you still want to know more about my presence on these forums, you know how to contact me.

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Riassunto in italiano: è stato annunciato che le liste utenti di due noti forum di hacking, Raidforums e Breached/Breachforums, sono state acquisite dalle forze dell’ordine e che la lista di Raidforums è stata anche pubblicata online da ignoti. Come giornalista, mi ero iscritto a entrambi per monitorare e riferire sulle fughe di dati di interesse pubblico, e a questo scopo ho scelto di non nascondere la mia identità, usando uno dei miei indirizzi di mail più noti. Segnalo queste informazioni a titolo preventivo sperando che questo eviti equivoci e perdite di tempo.

Chi c’è nello spazio? Aggiornamento 2023/06/04

Poche ore fa è rientrata sulla Terra la capsula cinese Shenzhou-15 con a bordo Fei Junlong, Deng Qingming e Zhang Lu, di ritorno da una permanenza di sei mesi a bordo della Stazione Nazionale Cinese. Il numero di persone presenti nello spazio scende così a 10.

Stazione Spaziale Internazionale (7)

Francisco Rubio (NASA) (dal 2022/09/21)

Sergei Prokopyev (Roscosmos) (dal 2022/09/21, attuale comandante della Stazione)

Dmitri Petelin (Roscosmos) (dal 2022/09/21)

Stephen Bowen (NASA) (dal 2023/03/02)

Warren Hoburg (NASA) (dal 2023/03/02)

Sultan Alneyadi (UAE) (dal 2023/03/02)

Andrey Fedyaev (Roscosmos) (dal 2023/03/02)

Stazione Nazionale Cinese (3)

Jing Haipeng (dal 2023/05/30)

Zhu Yangzhu (dal 2023/05/30)

Gui Haichao (dal 2023/05/30)

Fonti aggiuntive: Whoisinspace.com, RSI.