L’immerdificazione di Tiktok
di Cory Doctorow -
Link all’originale
- traduzione sotto
licenza Creative Commons Attribution 4.0.
Ecco come muoiono le piattaforme: dapprima trattano bene i propri utenti;
poi abusano di loro per migliorare le cose per i loro clienti
commerciali; e infine abusano di quei clienti per riprendersi
tutto il valore e tenerselo. E poi muoiono.
Io chiamo questo processo immerdificazione (enshittification),
ed è una conseguenza a quanto pare inevitabile che nasce della combinazione
della facilità nel cambiare il modo in cui una piattaforma alloca valore,
combinata con la natura di un
“mercato a due parti”, laddove una piattaforma si piazza fra venditori e acquirenti e tiene
ciascuno in ostaggio per l’altro, portandosi via una quota sempre più grande
del valore che passa tra loro.
Quando una piattaforma prende il via, ha bisogno di utenti e quindi si rende
preziosa per loro. Pensate ad Amazon: per molti anni ha operato in perdita,
usando il suo accesso al mercato dei capitali per sovvenzionare tutto quello
che compravate. Vendeva beni sottocosto e li spediva sottocosto. Gestiva un
sistema di ricerca pulito e utile. Se cercavi un prodotto, Amazon faceva
l’impossibile per piazzarlo in cima ai risultati di ricerca.
Questo era un ottimo affare per i clienti di Amazon. Sono arrivati a frotte,
e molti rivenditori che avevano negozi fisici sono sfioriti e sono morti,
rendendo difficile andare altrove. Amazon ci ha venduto e-book e audiolibri
che erano vincolati permanentemente alla sua piattaforma tramite DRM, in
modo che ogni dollaro che spendevamo comprando dei media era un
dollaro al quale avremmo dovuto rinunciare se avessimo cancellato Amazon e
le sue app. E Amazon ci ha venduto Prime, convincendoci a pagare in anticipo
per un anno di spedizioni. I clienti di Prime iniziano le loro ricerche per
acquisti su Amazon, e il 90% delle volte non cercano altrove.
Questo ha indotto molti clienti commerciali a entrare: venditori nel
Marketplace, che hanno trasformato Amazon nel “negozio per tutto” che aveva
promesso sin dall’inizio. Man mano che questi clienti entravano in massa,
Amazon ha cominciato a dare sussidi ai fornitori. I creatori di Kindle e
Audible ricevevano compensi generosi. I rivenditori nel Marketplace
raggiungevano un pubblico enorme e Amazon prendeva da loro delle commissioni
basse.
Questa strategia comportava il fatto che diventava progressivamente più
difficile, per chi cercava di fare acquisti, trovare cose in qualunque altro
posto diverso da Amazon, e questo voleva dire che cercava solo su Amazon, e
quindi i venditori dovevano vendere su Amazon.
È stato a questo punto che Amazon ha cominciato a raccogliere le eccedenze
dai propri clienti commerciali e le ha passate ai propri azionisti. Oggi i
venditori del Marketplace passano ad Amazon il 45% e oltre del prezzo di
vendita sotto forma di costi fittizi. Il programma “pubblicitario” da 31
miliardi di dollari dell’azienda è in realtà un sistema a
payola
[nel mondo del business musicale, pagamento dato da una casa discografica
o simile a un DJ o direttore radiofonico per far trasmettere un suo brano,
N.d.T.]
che mette i venditori uno contro l’altro, costringendoli a fare offerte per
la possibilità di essere in cima alla vostra ricerca.
Fare una ricerca in Amazon non produce un elenco dei prodotti che
corrispondono maggiormente alla vostra ricerca: fa comparire un elenco dei
prodotti i cui venditori hanno pagato di più per essere in cima a quella
ricerca. Questi costi sono incorporati nel prezzo che pagate per il
prodotto, e il requisito di “nazione più favorita” di Amazon significa che i
venditori non possono vendere altrove a un prezzo inferiore, per cui Amazon
ha dettato i prezzi di ogni venditore.
Cercate “lettini per gatti” su Amazon: tutta la prima schermata è costituita
da pubblicità, compresi prodotti che Amazon ha clonato dai propri
rivenditori, facendoli fallire (i venditori terzi devono pagare il 45% in
costi fittizi ad Amazon, ma Amazon non applica questi costi fittizi a se
stessa). In tutto, le prime cinque schermate di risultati per “lettini per
gatti” sono pubblicità per il 50%.
https://pluralistic.net/2022/11/28/enshittification/#relentless-payola
Questa è l’immerdificazione: le eccedenze vengono dapprima rivolte agli
utenti; poi, una volta che gli utenti sono intrappolati, le eccedenze vanno ai
fornitori; poi, una volta che sono intrappolati anche loro, le eccedenze
vengono passate agli azionisti, e la piattaforma diventa un’inutile montagna
di letame. Dagli
store di app per telefonini a Steam a Facebook a Twitter, questo è il
ciclo di vita della enshittification.
Ecco perché, come ha scritto Cat Valente nel suo saggio magistrale
prenatalizio, piattaforme come Prodigy si sono trasformate, da un giorno
all’altro, da un posto dove andavi per i collegamenti sociali a un posto
dove eri tenuto a
“smettere di parlare con gli altri e cominciare a comprare cose”:
https://catvalente.substack.com/p/stop-talking-to-each-other-and-start
Questo gioco delle tre carte, giocato con le eccedenze, è quello che è
successo a Facebook. All’inizio Facebook ti trattava bene: ti mostrava le
cose che avevano da dire le persone che amavi e alle quali volevi bene.
Questo ha creato una sorta di presa di ostaggi reciproca: una volta che su
Facebook c’era una massa critica di persone alle quali tenevi, diventava in
pratica impossibile andarsene, perché avresti dovuto convincere tutte queste
persone ad andarsene anche loro e metterle d’accordo su dove andare. Vuoi
bene ai tuoi amici, ma capita spesso di non riuscire ad accordarsi su quale
film andare a vedere e dove andare a cena. Lascia perdere.
Poi Facebook ha cominciato a riempire il feed con post di account che non
seguivi. All’inizio si trattava di aziende del settore dei media, che
Facebook ficcava in gola ai propri utenti in modo preferenziale affinché
cliccassero sugli articoli e mandassero del traffico ai giornali, alle
riviste e ai blog.
Poi, una volta che quelle pubblicazioni erano diventate dipendenti da
Facebook per il loro traffico, Facebook ha smorzato quel traffico. Dapprima
ha messo una strozzatura nel traffico verso le pubblicazioni che usavano
Facebook per pubblicare degli estratti contenenti dei link ai loro siti; lo
ha fatto allo scopo di spingere le pubblicazioni a fornire dei
feed di testi integrali all’interno del giardino cintato di Facebook.
Questo ha reso le pubblicazioni profondamente dipendenti da Facebook. I loro
lettori non visitavano più i siti delle pubblicazioni ma ne fruivano su
Facebook. Le pubblicazioni erano ostaggi di quei lettori, che erano ostaggi
gli uni degli altri. Facebook ha smesso di mostrare ai lettori gli articoli
pubblicati dalle pubblicazioni, ricalibrando l’algoritmo in modo da
sopprimere i post provenienti dalle pubblicazioni a meno che avessero pagato
per "amplificare" i loro articoli ai lettori che si erano esplicitamente
abbonati ad essi e avevano chiesto a Facebook di includerli nei loro feed.
A questo punto Facebook ha cominciato a ficcare più pubblicità nel feed,
mescolando la payola della gente che volevate ascoltare con la
payola degli sconosciuti che volevano sequestrare la vostra
attenzione. Ha offerto a quegli inserzionisti un ottimo affare, chiedendo
una miseria per personalizzare le loro pubblicità sulla base dei dossier di
dati personali raccattati senza consenso che avevano rubato a voi.
Anche i rivenditori erano diventati dipendenti da Facebook. Erano diventati
incapaci di continuare a lavorare senza quelle inserzioni mirate. Questo è
stato, per Facebook, il segnale per alzare i prezzi delle inserzioni,
smettere di preoccuparsi così tanto delle frodi pubblicitarie e mettersi in
combutta con Google per manipolare il mercato pubblicitario tramite un
programma illegale chiamato Jedi Blue:
https://en.wikipedia.org/wiki/Jedi_Blue
Oggi Facebook è in uno stato di immerdificazione terminale; è un posto
terribile dove stare, sia per gli utenti, sia per le aziende nel settore dei
media, sia per gli inserzionisti pubblicitari. È un’azienda che ha
intenzionalmente demolito una grossa fetta degli editori sui quali contava,
frodandoli e attirandoli in una “transizione al video” che si basava su
asserzioni false riguardanti la popolarità dei video fra gli utenti di
Facebook. Le aziende hanno speso miliardi per questa transizione, ma gli
spettatori non si sono mai presentati, e le aziende di media hanno
chiuso in massa:
https://slate.com/technology/2018/10/facebook-online-video-pivot-metrics-false.html
Ma Facebook ora ha una nuova proposta. Si fa chiamare Meta, e pretende che
viviamo il resto dei nostri giorni come creature da cartone animato con
pochi poligoni, senza gambe, senza sesso e pesantemente sorvegliate.
Ha promesso alle aziende che fanno app per questo metaverso che non le
fregherà come ha fatto con gli editori sul vecchio Facebook. Resta da vedere
se troverà aziende interessate. Come ammise candidamente una volta Mark
Zuckerberg a un suo coetaneo, meravigliandosi di tutti i compagni di studi a
Harvard che mandavano le loro informazioni personali al suo nuovo sito Web
"TheFacebook":
Non so perché.
Si "fidano di me"
Cretini.
https://doctorow.medium.com/metaverse-means-pivot-to-video-adbe09319038
Una volta capito lo schema della enshittification, molti dei misteri
delle piattaforme si chiariscono da soli. Pensate al mercato del SEO, o a
tutto il mondo dinamico dei creatori online che trascorrono ore infinite a
fare inutile cremlinologia delle piattaforme, nella speranza di identificare
le trappole algoritmiche che, se ci si incappa, condannano all’oblio le
opere creative nelle quali riversano i loro soldi, il loro tempo e la loro
energia:
https://pluralistic.net/2022/04/11/coercion-v-cooperation/#the-machine-is-listening
Lavorare per la piattaforma può essere come lavorare per un capo che preleva
soldi da ogni busta paga per tutte le regole che hai violato, ma non ti dice
quali sono queste regole, perché se te le dicesse capiresti come violarle
senza farti scoprire da lui e senza farti togliere soldi dalla busta paga.
La moderazione dei contenuti è l’unico settore nel quale la
security through obscurity [sicurezza tramite segretezza] è
considerata una prassi ottimale:
https://doctorow.medium.com/como-is-infosec-307f87004563
Questa situazione è talmente grave che organizzazioni come Tracking Exposed
hanno arruolato un esercito umano di volontari e un esercito robotico di
browser headless per cercare di decifrare la logica che sta dietro i
giudizi arbitrari, da macchina, dell’Algoritmo, sia per dare agli utenti
l’opzione di affinare i suggerimenti che ricevono, sia per aiutare i
creatori a evitare il furto di salario che deriva dall’essere
“shadowbanned” [banditi o resi invisibili senza esserne avvisati,
N.d.T.]:
https://www.eff.org/deeplinks/2022/05/tracking-exposed-demanding-gods-explain-themselves
Ma che succede se non c’è dietro nessuna logica? O più direttamente, che
succede se la logica cambia a seconda delle priorità della piattaforma? Se
passeggiate lungo la via principale di un luna park, vedrete qualche povero
pollo che va in giro tutto il giorno portando un enorme orsacchiotto di
peluche che ha vinto tirando tre palle in una cesta.
Il gioco della cesta è truccato. Il gestore può usare un interruttore
nascosto per obbligare le palle a rimbalzare fuori dal cesto. Nessuno vince
un orsacchiotto gigante, a meno che il gestore voglia che lo vinca. Perché
il gestore ha lasciato che il pollo vincesse l’orsacchiotto? Perché così lo
porterà in giro tutto il giorno e convincerà gli altri polli a pagare per
avere la possibilità di vincerne uno:
https://boingboing.net/2006/08/27/rigged-carny-game.html
Il gestore ha assegnato un orsacchiotto gigante a quel povero pollo nella
stessa maniera in cui le piattaforme assegnano le eccedenze a chi ha le
migliori prestazioni: per farne un persuasore in una Truffa del Grande
Magazzino. È un modo per irretire altri polli che creeranno contenuti per la
piattaforma, ancorando ad essa se stessi e il loro pubblico.
Il che mi porta a Tiktok. Tiktok è tante cose, ed è anche un
“Adobe Premiere per teenager che vivono al telefono."
https://www.garbageday.email/p/the-fragments-of-media-you-consume
Ma quello che lo ha reso inizialmente un grande successo è stato il potere
del suo sistema di suggerimenti. Sin dall’inizio, Tiktok era veramente bravo
a suggerire cose ai propri utenti. Inquietantemente bravo:
https://www.npr.org/transcripts/1093882880
Dando suggerimenti in buona fede su cose che pensava che sarebbero piaciute
ai suoi utenti, Tiktok ha costruito un pubblico di massa, più grande di
quanto molti pensassero possibile vista la pressione mortale dei suoi
concorrenti, come YouTube e Instagram. Ora che Tiktok si è procurato il
pubblico, sta consolidando i propri guadagni e cercando di attirare le
aziende del settore dei media e i creatori che sono ancora
cocciutamente legati a YouTube e Instagram.
Ieri [il 20 gennaio scorso, N.d.T.] Emily Baker-White di
Forbes ha pubblicato un resoconto fantastico di come funziona questo
processo all’interno di Bytedance, la società che gestisce Tiktok, citando
varie fonti interne e rivelando l’esistenza di un “amplificatore“ che i
dipendenti di TikTok usano per inserire i video di alcuni account
selezionati nei feed di milioni di spettatori:
https://www.forbes.com/sites/emilybaker-white/2023/01/20/tiktoks-secret-heating-button-can-make-anyone-go-viral/
Questi video finiscono nei feed Per te degli utenti di Tiktok, che
Tiktok descrive in modo ingannevole come popolato da video
“classificati da un algoritmo che prevede i tuoi interessi in base al tuo
comportamento nell’app”. In realtà, il Per te è composto solo qualche volta da video che
secondo Tiktok possono aggiungere valore alla tua esperienza: per il resto è
pieno di video che Tiktok ha inserito per far credere ai creatori che Tiktok
sia un posto magnifico per raggiungere un pubblico.
“Le fonti hanno detto a Forbes che TikTok ha usato spesso l’amplificazione
per corteggiare influencer e brand, stuzzicandoli ad avviare
collaborazioni gonfiando il conteggio delle visualizzazioni dei loro video.
Questo suggerisce che l’amplificazione è stata potenzialmente benefica per
alcuni influencer e brand – quelli con i quali Tiktok cercava
rapporti commerciali – a discapito di altri con i quali non li cercava.”
In altre parole, Tiktok sta distribuendo orsacchiotti giganti.
Ma il mestiere di Tiktok non è regalare orsacchiotti giganti. Nonostante le
sue origini siano nell’economia cinese quasi-capitalista, Tiktok è
semplicemente un altro organismo-colonia artificiale massimizzatore di fermagli [concetto che ho spiegato qui, N.d.T.] che tratta gli esseri
umani come se fossero scomoda flora intestinale. Tiktok porterà attenzione
gratuita alle persone che vuole accalappiare solo finché non le accalappia,
e poi ritirerà quell’attenzione e inizierà a monetizzarla.
“Monetizzare” è una pessima parola che ammette tacitamente che non esiste
nessuna “economia dell’attenzione”. Non si può usare l’attenzione come mezzo
di scambio. Non la si può usare per immagazzinare valore. Non la si può
usare come unità di conto. L’attenzione è come una criptovaluta: un gettone
senza valore, che è prezioso solo finché riesci a convincere o obbligare
qualcuno a dare in cambio della valuta “reale” (“fiat currency”). La
devi “monetizzare”, ossia devi scambiare i soldi finti con soldi veri.
Nel caso delle criptovalute, la strategia principale di monetizzazione era
basata sull’inganno. Gli exchange e i “progetti” distribuivano un
sacco di orsacchiotti giganti, creando un esercito di
capre di Giuda,
credenti incrollabili, che convincevano i loro pari a dare al gestore del
luna park i loro soldi e a cercare di mettere anche loro qualche palla nel
cesto.
Ma l’inganno produce solo una certa quantità di garanzia di liquidità
[liquidity provision]. Prima o poi i polli finiscono. Per fare in modo che tanta gente tenti il
tiro delle palle serve la coercizione, non la persuasione. Pensate a come le
aziende statunitensi hanno messo fine alle pensioni con benefici definiti
che garantivano un pensionamento dignitoso e le hanno sostituite con
pensioni tipo 401(k) che si basano sul mercato e obbligano a scommettere i
propri risparmi in un casinò truccato, trasformandovi nel pollo seduto al
tavolo, pronto per essere cucinato:
https://pluralistic.net/2020/07/25/derechos-humanos/#are-there-no-poorhouses
La liquidità iniziale delle criptovalute è arrivata dal ransomware.
L’esistenza di un serbatoio di aziende e di persone prese dal panico e dalla
disperazione, i cui dati erano stati rubati da criminali, ha creato una base
di liquidità in criptovalute perché potevano riavere i loro dati soltanto
scambiando soldi veri con criptovalute fittizie.
La fase successiva della coercizione sulle criptovalute è stata il Web3:
convertire il Web in una serie di caselli a pagamento che si potevano
valicare solo scambiando soldi veri con criptodenaro falso. Internet è una
necessità, non uno sfizio; è un prerequisito per partecipare pienamente al
mondo del lavoro, all’educazione, alla vita familiare, alla salute, alla
politica, alle attività civiche, persino alle situazioni romantiche. Tenendo
in ostaggio tutte queste cose dietro dei caselli di criptovalute, gli
hodler speravano di convertire i loro gettoni in soldi reali:
https://locusmag.com/2022/09/cory-doctorow-moneylike/
Per Tiktok, distribuire orsacchiotti gratuiti “amplificando” i video postati
da creatori e aziende di media scettiche è un modo per convertirli in
credenti incrollabili, convincerli a mettere tutte le loro fiche sul
tavolo, abbandonare i loro tentativi di crearsi un pubblico su altre
piattaforme (ed è comodo che il format di Tiktok sia caratteristico,
rendendo difficile riusare i video fatti per Tiktok e utilizzarli su
piattaforme rivali).
Una volta che quei creatori e quelle aziende di media saranno stati
presi all’amo, inizierà la seconda fase: Tiktok ritirerà l’“amplificazione”
che piazza i loro video in faccia a gente che non ne ha mai sentito parlare
e che non ha chiesto di vedere i loro video. Tiktok sta eseguendo un
balletto delicato: c’è un limite alla enshittification che possono
infliggere ai feed dei loro utenti, e Tiktok ha tanti altri creatori ai
quali vuole dare orsacchiotti giganti.
Tiktok non si limiterà ad affamare i creatori privandoli dell’attenzione
“gratuita” attraverso la rimozione del trattamento preferenziale
nell’algoritmo, ma li punirà attivamente smettendo di inviare i video agli
utenti che si sono abbonati a loro. Dopotutto, ogni volta che Tiktok ti
mostra un video che avevi chiesto di vedere perde un’occasione di mostrarti
invece un video che vuole che tu veda, perché la tua attenzione è un
orsacchiotto gigante che può regalare a un creatore che sta corteggiando.
Questo è esattamente quello che ha fatto Twitter nell’ambito della sua
marcia verso l’immerdificazione: grazie ai suoi cambiamenti di
“monetizzazione”, la maggior parte della gente che ti segue non vedrà mai le
cose che posti. Io ho circa 500mila follower su Twitter, e i miei
thread prima avevano abitualmente centinaia di migliaia o anche
milioni di letture. Oggi ne hanno centinaia, forse migliaia.
Ho appena pagato a Twitter 8 dollari per avere Twitter Blue, perché
l’azienda ha indicato fortemente che mostrerà le cose che posto alle persone
che hanno chiesto di vederle solo se pago un riscatto. Questa è la battaglia
più recente in una delle guerre più lunghe e a fuoco lento di Internet: la
lotta sull’end-to-end:
https://pluralistic.net/2022/12/10/e2e/#the-censors-pen
In principio vi erano i Bellhead, i fan della compagnia telefonica
[la statunitense Bell, N.d.T.], e i Nethead, i fan della rete.
I Bellhead lavoravano per le grandi compagnie telefoniche e credevano che
tutto il valore della rete appartenesse doverosamente all’operatore. Se
qualcuno inventava una nuova funzione, come per esempio l’identificazione
del chiamante, quella funzione doveva essere realizzata solo in un modo che
consentisse all’operatore di far pagare ogni mese per usarla. Era il
Software-As-a-Service, versione telefonica.
I Nethead, invece, credevano che il valore dovesse spostarsi verso la
periferia della rete e si dovesse spandere, in forma pluralizzata. In
teoria, Compuserve avrebbe potuto “monetizzare” la propria versione
dell’identificazione del chiamante facendo pagare 2,99 dollari extra per
vedere la riga “Da:” nella mail prima di aprire il messaggio –
facendoti pagare per sapere chi stava parlando prima che tu iniziassi ad
ascoltare – ma non lo fece.
I Nethead volevano costruire reti diversificate con tante offerte, tanta
concorrenza, e un passaggio facile e a basso costo fra concorrenti (grazie
all’interoperabilità). Alcuni lo volevano fare perché ritenevano che la rete
prima o poi sarebbe stata integrata nel mondo e non volevano vivere in un
mondo di locatori affamati di riscuotere affitti. Altri credevano
sinceramente nella concorrenza di mercato come fonte di innovazione. Alcuni
credevano in entrambe le cose. In ogni caso, vedevano il rischio di cattura
della rete, la spinta verso la monetizzazione attraverso l’inganno e la
coercizione, e volevano tenerli lontani.
Concepirono il principio dell’end-to-end: l’idea che le reti
dovessero essere progettate in modo che i messaggi di chi voleva farsi
sentire venissero consegnati ai punti di arrivo di coloro che volevano
ascoltarli, nella maniera più rapida e affidabile possibile. In altre
parole, anche se un operatore di rete avesse potuto fare soldi mandandoti i
dati che lui voleva che tu ricevessi, il suo dovere sarebbe stato
quello di fornirti i dati che volevi vedere tu.
Oggi il principio dell’end-to-end è morto a livello di servizi. Gli
utili idioti di destra sono stati ingannati, facendo loro credere che il
rischio di una cattiva gestione di Twitter sarebbe stato un
“woke shadowbanning” [un blocco non annunciato dei post, in base a
dettami di “correttezza politica” estrema, N.d.T.], in base al quale le cose che dicevi non sarebbero arrivate alle persone
che avevano chiesto di ascoltarle perché al “deep state”
[“governo sommerso”, N.d.T.] di Twitter non piacevano le tue
opinioni. Il rischio reale, ovviamente, era che le cose che dicevi non
sarebbero arrivate alle persone che avevano chiesto di ascoltarle perché
Twitter può fare più soldi immerdificando i loro feed e facendoti pagare un
riscatto per il privilegio di essere incluso in quei feed.
Come dicevo all’inizio di questo saggio, l’enshittification esercita
una gravità quasi irresistibile sul capitalismo delle piattaforme. È
semplicemente troppo facile girare la manopola dell’immerdificazione fino al
massimo. Twitter ha potuto licenziare la maggior parte del suo personale di
elevata competenza e girare lo stesso la manopola fino al livello massimo,
anche con una squadra ridotta all’osso di lavoratori H1B
[non statunitensi che hanno il permesso di residenza in USA solo finché
lavorano in settori ad alta professionalità, N.d.T.]
disperati e demoralizzati, che la minaccia dell’espulsione dal paese
incatena alla nave di Twitter che sta affondando.
La tentazione di immerdificare viene amplificata dai blocchi
sull’interoperabilità: quando Twitter bandisce i clienti interoperabili,
decide di menomare le proprie API e terrorizza periodicamente i propri
utenti sospendendoli per aver incluso nelle loro bio i loro nomi su
Mastodon, rende più difficile abbandonare Twitter e quindi aumenta la
quantità di immerdificazione che gli utenti possono essere forzati a
ingoiare senza rischiare che se ne vadano.
Twitter non diventerà un “protocollo”. Scommetto un testicolo (non uno dei
miei) che progetti come
Bluesky non
avranno alcuna presa significativa sulla piattaforma, perché se Bluesky
venisse implementato e gli utenti di Twitter potessero riordinare i propri
feed per minimizzare l’enshittification e abbandonare il servizio
senza sacrificare i propri social network, questo stroncherebbe la maggior
parte delle strategie di “monetizzazione” di Twitter.
Una strategia di enshittification ha successo solo se viene applicata
in dosi centellinate. Anche l’utente vittima del peggior lock-in alla
fine raggiunge un punto di rottura e se ne va. Gli abitanti del villaggio di
Anatevka nel
Violinista sul tetto
tollerarono per anni le incursioni violente e i pogrom dei cosacchi, fino al
momento in cui non ne poterono più e scapparono a Cracovia, New York e
Chicago:
https://doctorow.medium.com/how-to-leave-dying-social-media-platforms-9fc550fe5abf
Per le aziende confuse dall’immerdificazione, quell’equilibrio è difficile
da raggiungere e mantenere. I singoli product manager, direttori e
azionisti attivisti preferiscono tutti i guadagni rapidi al prezzo della
sostenibilità, e fanno a gara a chi riesce per primo a mangiarsi il capitale
iniziale. La enshittification è durata così a lungo solo perché
Internet si è devoluta in
“cinque siti web giganti, ciascuno pieno di screenshot degli altri
quattro”:
https://twitter.com/tveastman/status/1069674780826071040
Con un mercato controllato da un gruppo di monopolisti amiconi fra loro, non
compaiono alternative migliori che ci attirino e ci portino via; se
compaiono, i monopolisti non fanno altro che comprarsele e integrarle nelle
strategie di immerdificazione, esattamente come quando Mark Zuckerberg ha
notato un esodo di massa di utenti di Facebook che stavano passando a
Instagram e così ha comprato Instagram. Come dice Zuck,
“È meglio comperare che competere”.
Questa è la dinamica che si nasconde dietro l’ascesa e il declino di Amazon
Smile, il programma nel quale Amazon dava una piccola cifra a enti benefici
di tua scelta quando facevi acquisti su Amazon, ma solo se usavi lo
strumento di ricerca di Amazon per trovare i prodotti che compravi. Questo
dava ai clienti di Amazon un incentivo a usare il suo sistema di ricerca
sempre più immerdificato, che poteva rimpinzare di prodotti di venditori che
pagavano la
payola e dei suoi prodotti-fotocopia. L’alternativa era usare Google,
il cui strumento di ricerca ti mandava direttamente al prodotto che stavi
cercando, e poi faceva pagare ad Amazon una commissione per averti mandato
da Amazon:
https://www.reddit.com/r/technology/comments/10ft5iv/comment/j4znb8y/
La fine di Amazon Smile coincide con l’aumentata
enshittification della ricerca in Google, l’unico prodotto di
successo che l’azienda è riuscita a creare internamente. Tutti gli altri
suoi successi sono stati comprati prendendoli da altre società: video,
documenti, cloud, servizi per telefonia mobile. I suoi prodotti interni,
invece, sono flop come Google Video, cloni (Gmail è un clone di
Hotmail), o adattamenti di prodotti altrui, come Chrome.
La ricerca in Google Search era basata sui princìpi definiti nel
paper fondamentale del 1998 dei fondatori Larry Page e Sergey Brin,
“Anatomy of a Large-Scale Hypertextual Web Search Engine”, nel quale
scrissero che
“i motori di ricerca finanziati dalla pubblicità saranno intrinsecamente
favorevoli ai pubblicitari e contrari ai bisogni dei consumatori”.
http://ilpubs.stanford.edu:8090/361/
Anche con questa comprensione fondante dell’enshittification, Google
non è riuscita a resistere al proprio canto delle sirene. Oggi i risultati
di Google sono un pantano sempre più inutile di link auto-preferenziali ai
propri prodotti, di pubblicità di prodotti che non meritano di salire
spontaneamente in cima all’elenco, e di spazzatura SEO parassitaria che
cavalca tutto il resto.
L’enshittification uccide. Google ha appena licenziato 12.000
dipendenti, è in panico totale per l’ascesa dei chatbot di
“intelligenza artificiale”, e sta facendo pressing a tutto campo per
avere uno strumento di ricerca guidato dall’intelligenza artificiale, ossia
uno strumento che non ti mostrerà quello che gli chiedi ma ti mostrerà
invece quello che pensa che dovresti vedere:
https://www.theverge.com/2023/1/20/23563851/google-search-ai-chatbot-demo-chatgpt
È possibile immaginare che uno strumento del genere possa produrre
suggerimenti validi, come faceva l’algoritmo di Tiktok pre-immerdificazione.
Ma è difficile immaginare come Google possa riuscire a progettare un
front-end di ricerca sotto forma di chatbot che non sia
immerdificato, visti i potenti incentivi di product manager,
direttori e azionisti a immerdificare i risultati fino all’esatta soglia
alla quale gli utenti sono quasi seccati abbastanza da andarsene, ma non del
tutto.
Anche se dovesse riuscirci, questo equilibrio di inusabilità quasi (ma non
del tutto) totale è fragile. Qualunque shock di natura esterna, per esempio
un nuovo concorrente come Tiktok che penetri i fossati e le muraglie della
Big Tech, uno scandalo di privacy, una rivolta di lavoratori, può indurre
oscillazioni violente:
https://pluralistic.net/2023/01/08/watch-the-surpluses/#exogenous-shocks
L’enshittification è veramente il modo in cui muoiono le piattaforme.
E questo, in realtà, va benissimo. Non abbiamo bisogno di monarchi eterni di
Internet. Va benissimo che emergano nuove idee e nuovi modi di lavorare. I
legislatori e i responsabili delle politiche non dovrebbero concentrarsi sul
preservare la senescenza crepuscolare delle piattaforme morenti. Semmai
l’attenzione delle nostre politiche dovrebbe concentrarsi sul minimizzare il
costo agli utenti quando queste aziende raggiungono la propria data di
scadenza: stabilire per legge diritti come l’end-to-end
significherebbe che per quanto autocannibale possa diventare una
piattaforma-zombi, chi vuole parlare e chi vuole ascoltare possano sempre
incontrarsi:
https://doctorow.medium.com/end-to-end-d6046dca366f
E chi decide le politiche dovrebbe focalizzarsi sulla libertà di uscita: il
diritto di abbandonare una piattaforma che sta affondando ma continuare a
restare collegati alle comunità che ci si lascia alle spalle, fruendo dei
media e delle app acquistate, e preservando i dati creati:
https://www.eff.org/interoperablefacebook
I Nethead avevano ragione: l’autodeterminazione tecnologica è contraria agli
imperativi naturali delle aziende tecnologiche. Guadagnano più soldi quando
ci portano via la libertà: la nostra libertà di parlare, di andarcene, di
collegarci.
Per molti anni, persino i critici di Tiktok hanno ammesso a malincuore che
per quanto fosse sorvegliante e inquietante, era veramente abile a
indovinare cosa volevi vedere. Ma Tiktok non ha potuto resistere alla
tentazione di mostrarti le cose che vuole che tu veda invece delle cose che
vuoi vedere tu. L’immerdificazione è cominciata, ed è improbabile che ora si
fermi.
È troppo tardi per salvare Tiktok. Ora che è stato infettato
dall’enshittification, non ci resta che ucciderlo dandogli fuoco
[riferimento al meme
“kill it with fire”,
N.d.T.].