I danni sociali causati da Facebook sono ampiamente sottostimati e spesso ignorati. Traduco qui un magistrale, implacabile
thread Twitter di Cory Doctorow su questo tema, che si può leggere integralmente in originale anche
qui su Pluralistic.net. Mi sono permesso di aggiungere alcuni link e alcune note di chiarimento.
Eventuali errori e refusi sono solo colpa mia.
Se i suoi toni vi sembrano esagerati o complottisti, tenete presente che sono quelli di chi cerca di mettere in guardia da anni contro un pericolo all’orizzonte, è stato allegramente ignorato e l’ha visto arrivare e diventare realtà. Lasciateli da parte e concentratevi sulla sostanza.
Facebook
è un’azienda marcia; marcia a partire dalla testa. Il suo fondatore, il
suo consiglio d’amministrazione e i suoi massimi dirigenti sono delle
persone sociopatiche e dei mostri che commettono crimini contro l’umanità
(detto senza iperboli e senza prenderci in giro). Mentono, barano, rubano.
Sono fra i più grandi criminali della storia.
Dato che Facebook è un’azienda orribile gestita da persone orribili,
periodicamente esplode generando uno scandalo atroce. A volte i
whistleblowers (lanciatori d’allerta) o i giornalisti rivelano
crimini storici, compreso l’aiuto intenzionale a fomentare il genocidio
(senza però limitarsi a questo).
A volte questi scandali sono attuali: Facebook annuncia allegramente che
farà qualcosa di orribile, oppure veniamo a sapere di qualcosa di orribile
in corso, grazie alle fughe di notizie o alle indagini.
Grazie a un passato di fusioni anticoncorrenziali (WhatsApp, Instagram,
Onavo e altre) basato su promesse fraudolente agli enti di sorveglianza
antitrust, Facebook è cresciuta fino ad avere quasi tre miliardi di
utenti. Solo che Facebook in realtà non ha utenti: ha ostaggi.
https://www.eff.org/deeplinks/2020/07/dont-believe-proven-liars-absolute-minimum-standard-prudence-merger-scrutiny
Come dimostrato dai documenti interni di Facebook stessa, l’azienda non solo
compera i concorrenti in modo che gli utenti non abbiano un altro luogo dove
fuggire, ma introduce intenzionalmente dei “costi di migrazione” (switching costs) elevati in modo che lasciare il sistema sia più doloroso.
https://www.eff.org/deeplinks/2021/08/facebooks-secret-war-switching-costs
Per esempio, i documenti interni di Facebook mostrano che il suo
responsabile per i prodotti fotografici decise di sedurre gli utenti in modo
che affidassero a Facebook le proprie foto di famiglia, perché in questo
modo lasciare Facebook avrebbe comportato perdere i ricordi dei figli, dei
nonni scomparsi, eccetera.
Tutti odiano Facebook, specialmente i suoi utenti. Lo scopo dei costi di
migrazione elevati, dopotutto, è aumentare la sofferenza per chi migra, in
modo che Facebook possa infliggere ulteriori abusi ai propri utenti senza
temere che se ne vadano e lascino perdere tutto.
La missione di Facebook è aumentare le dimensioni del panino farcito di
merda (shit sandwich) che ti può forzare a mangiare prima che tu
decida di andartene. Ma l’azienda non è una semplice sadica: i panini
farciti di merda hanno un modello commerciale. Più ostaggi riesce a
prendere, più può spillare agli inserzionisti. Che sono i veri clienti di
Facebook.
Il termine educato per quello che ha Facebook è
“mercato a due facce” (two-sided market): vendere gli
inserzionisti agli utenti e gli utenti agli inserzionisti. Il termine
tecnico è “monopolio e monopsonio” (un
monopsonio è un
mercato che ha un singolo acquirente).
Il termine colloquiale è “racket”. Truffa. Piaga. Bezzle.
[bezzle
è un termine coniato dall’economista John Kenneth Galbraith negli anni
Cinquanta del secolo scorso per indicare un’appropriazione indebita
(embezzlement) non ancora scoperta; è in sostanza l’intervallo di
tempo fra quando il truffatore ottiene il proprio guadagno illecito e il
momento in cui il truffato percepisce di essere stato truffato]
Facebook spenna gli inserzionisti sulle rate card [tariffari delle inserzioni], poi mente a proposito del reach [portata] delle proprie
pubblicità (come quando mentì sulla popolarità dei video, mostrando una
“svolta ai video” [pivot to video] in tutti i mezzi di comunicazione
che portò alla bancarotta decine di siti di notizie e di intrattenimento).
Facebook non partì con l’intento di distruggere il giornalismo manipolando i
prezzi delle inserzioni, mentendo agli inserzionisti e ai produttori di
media. Partì con l’intento di acquisire un monopolio e di estrarre
pigioni da monopolio dagli inserzionisti e dagli editori, con
un’indifferenza patologica ai danni che queste frodi avrebbero causato agli
altri.
Avendo dimostrato di essere disposta a distruggere i giornalisti e i
produttori di media pur di estrarre qualche miliardo in più per i
propri azionisti, Facebook si è fatta parecchi nemici nei media.
Se sei un whistleblower che ha una storia da raccontare, c’è un
giornalista il cui direttore allocherà le risorse necessarie a scrivere in
dettaglio la tua storia. La combinazione di un’azienda marcia e di un gran
numero di giornalisti incazzati produce molta stampa negativa per l’azienda.
Ma resta il fatto che Facebook ha un vasto bacino di ostaggi, a miliardi, e
decide cosa vedono e quando e come lo vedono. Un tempo dicevo, scherzando
con i miei amici attivisti per i diritti umani, che l’uso migliore di
Facebook è mostrare alla gente come e perché abbandonare Facebook.
La risposta di Facebook è stata prevedibile. Come scrivono Ryan Mac e Sheera
Frenkel sul New York Times, il Project Amplify di Facebook è
un’iniziativa, diretta da Zuckerberg, per promuovere sistematicamente la
copertura positiva di Facebook e del suo fondatore, compresi articoli
generati da Facebook stessa.
https://www.nytimes.com/2021/09/21/technology/zuckerberg-facebook-project-amplify.html
In altre parole, alcuni dipendenti di Facebook hanno l’incarico di scrivere
soffietti,
ossia articoli che esaltano quanto è grande l’azienda, e l’algoritmo di
Facebook pompa questi articoli rispetto a quelli dei veri giornalisti che
presentano resoconti dettagliati, documentati e con fonti multiple della
condotta fraudolenta e depravata dell’azienda.
Il Project Amplify è una svolta rispetto alla politica di Facebook,
durata a lungo, di pubblicare scuse non sincere per i propri scandali. Fonti
dell’azienda hanno detto ai giornalisti che tutti hanno capito che queste
scuse non convincono più nessuno, per cui l’azienda è passata a spingere
rosee ciarlatanerie.
Uno dei dirigenti di questo progetto è Alex Schultz, "un veterano in azienda
da 14 anni che è stato nominato chief marketing officer l’anno
scorso," ma l’impulso principale proviene da Zuckerberg stesso, uno degli
uomini più odiati del pianeta.
Amplify è semplicemente una delle strategie di Facebook per distorcere il
dibattito riguardante l’azienda. A luglio ha castrato Crowdtangle, uno
strumento di analytics ampiamente utilizzato, che dimostrava che i
post più popolari di Facebook erano la disinformazione demenziale di estrema
destra e le cospirazioni.
https://pluralistic.net/2021/07/15/three-wise-zucks-in-a-trenchcoat/#inconvenient-truth
Inoltre Facebook ha dichiarato guerra legale senza quartiere (accompagnata
da una campagna di disinformazione) per far fuori Adobserver, un progetto
della New York University che traccia la disinformazione politica pagata
sulla piattaforma.
https://pluralistic.net/2021/08/05/comprehensive-sex-ed/#quis-custodiet-ipsos-zuck
Facendo chiudere Crowdtangle e Adobserver, Facebook spera di controllare le
scoperte fatte dal mondo accademico sul ruolo dell’azienda nella
disinformazione, nell’odio e nelle molestie. L’azienda gestisce un proprio
portale di ricerca, nel quale si pretende che i ricercatori accademici
accedano a dati riguardanti la piattaforma.
Ma così come ha fatto con i giornalisti che pubblicano articoli a proposito
di Facebook, l’azienda ha sommerso di offese i ricercatori accademici che
hanno svolto ricerche su di essa.
I dati del suo portale erano difettosi e quindi esponevano le tesi di
dottorato e di master al rischio di dover essere ritirate. A metà tesi, i
ricercatori si sono ritrovati al punto di partenza.
https://www.nytimes.com/live/2020/2020-election-misinformation-distortions#facebook-sent-flawed-data-to-misinformation-researchers
Col senno di poi, la decisione di Facebook di sfruttare il proprio algoritmo
per promuovere ciarlatanerie favorevoli all’azienda sembra inevitabile. Non
solo nessuno crede più alle scuse dell’azienda (ammesso che ci abbia mai
creduto), ma Facebook sembra incapace di assoldare degli
spin doctor competenti.
Considerate la bomba giornalistica del Wall Street Journal, i
Facebook Files: una serie di resoconti che documentano dettagliatamente quanto l’azienda
sia disposta a danneggiare i bambini, commettere frodi e a consentire a
milioni di persone favorite e potenti di violare impunemente le sue regole.
https://www.bloomberg.com/news/newsletters/2021-09-16/facebook-s-promised-to-gain-the-public-s-trust
La risposta di Facebook è stata sinceramente patetica: in un blando post, il
suo principale agente pubblicitario, il diffusamente disprezzato politico
britannico Nick Clegg, pagato milioni per rappresentare Facebook sulla scena
mondiale, ha denigrato il giornalismo del WSJ senza presentare alcuna
smentita dei fatti.
https://about.fb.com/news/2021/09/what-the-wall-street-journal-got-wrong/
È il genere di difesa maldestra per la quale Facebook è famosa (o
malfamata). Chi può dimenticare il disastro assoluto del suo programma
Internet Basics in India, dove ha corrotto le compagnie telefoniche
per esentare dai limiti sui dati cellulari se stessa e i servizi che
sceglieva?
https://www.theguardian.com/technology/2016/may/12/facebook-free-basics-india-zuckerberg
Questa manovra per assassinare la neutralità della Rete, spacciata per un
modo di portare Internet ai poveri (cosa che non fa assolutamente), è stata
oggetto di una consultazione da parte degli organi di controllo delle
società telefoniche indiane.
Facebook inviò degli allarmi ingannevoli a milioni dei propri utenti
indiani, ingannandoli affinché mandassero un fiume di lettere precompilate
agli organi di controllo, supplicandoli di lasciare intatto il programma
Internet Basics.
Ma chiunque scrisse la lettera precompilata non si prese la briga di
controllare se era pertinente alle questioni affrontare dagli organi di
controllo, e così questi milioni di lettere furono ignorati.
Facebook perse! È quasi come se la gente capace di combattere le battaglie
politiche non se la senta di lavorare per Facebook e le uniche risorse umane
che l’azienda riesce ad attirare sono i coglioni opportunisti che nessuno
prende seriamente e che tutti detestano.
Strana, questa cosa.