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Dai primi di ottobre 2004 circolano varie versioni di un appello secondo il quale
alcuni prodotti alimentari attualmente in vendita conterrebbero "peperoncino cancerogeno" o più propriamente peperoncino trattato con un colorante, il Sudan rosso 1, ritenuto cancerogeno.
Le marche dei prodotti citate dall'appello sono fra le più note:
Kraft, Star, Cirio, Del Monte, Barilla, Conad, Arena e tante altre. L'appello è insolitamente circostanziato: cita l'Agenzia regionale protezione ambientale di La Loggia, in provincia di Torino, il procuratore aggiunto Raffaele Guariniello e una decisione della Commissione Europea del 20 giugno 2003, e segnala che
il colorante pericoloso si può trovare anche in sughi pronti, salumi e paste.
Inoltre l'appello talvolta cita, apparentemente come garante, il
"Dottor Alessandro Barelli [...]
Direttore del Centro Antiveleni del Policlinico Gemelli, Docente e Ricercatore nel campo della Tossicologia e della Rianimazione".
La dovizia di dettagli, decisamente inconsueta per la media degli appelli circolanti in Rete, ha una ragione ben precisa:
l'appello è infatti autentico, anche se contiene alcune lievi imprecisioni.
Infatti il Sudan rosso 1 è effettivamente un colorante che è considerato cancerogeno dall'Unione Europea ed è effettivamente stato rinvenuto in numerosi prodotti alimentari contenenti peperoncino in vendita in tutta Europa nel 2003 e nel 2004.
In sintesi, l'elenco di prodotti citato dall'appello è tratto, spesso in modo incompleto, da un'
indagine del settimanale di difesa dei consumatori
"Il Salvagente", pubblicata il 21 ottobre 2004.
Secondo varie fonti, compreso il Ministero della Salute,
i prodotti elencati non sono però gli unici a rischio. Lo sono, infatti, tutti i prodotti che contengono peperoncino contaminato con Sudan rosso 1, che è principalmente di provenienza indiana. Tali prodotti comprendono alcune miscele di spezie, couscous, curry, tandoori masala, salsicce e paste alimentari, e altro ancora. Lo sono anche molti prodotti di origine non italiana. I prodotti contenenti peperoncino italiano e i peperoncini italiani freschi non sono a rischio:
non è il peperoncino in sé a essere cancerogeno, ma il colorante Sudan rosso 1 che vi viene immesso.
L'Unione Europea ha già disposto, sin da giugno 2003, misure d'emergenza per bloccare l'importazione di ulteriori partite di peperoncino contaminate dal Sudan rosso 1 e per disporre la distruzione delle partite già importate nell'UE. Tuttavia, fonti giornalistiche e del Ministero della Salute italiana segnalano che
anche nel 2004 sono state trovate partite contaminate.
In dettaglio, il problema della presenza del Sudan rosso 1 negli alimenti è emerso a giugno 2003, quando l'Unione Europea, a seguito di segnalazioni provenienti dalla Francia, ha
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'UE del 21/6/2003 una
"Decisione della Commissione [...]
recante misure di emergenza relative al peperoncino rosso e ai prodotti derivati".
Da questa decisione cito alcuni paragrafi che corrispondono a quanto descritto nell'appello:
- "Il 9 maggio 2003 la Francia ha notificato attraverso il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi l'individuazione del colorante Sudan rosso 1 in peperoncini rossi originari dell'India. Non risulta che la notifica riguardi prodotti di origine comunitaria [....]"
- "In base ai dati sperimentali disponibili il colorante Sudan rosso 1 può essere considerato una sostanza cancerogena genotossica. Pertanto è impossibile stabilire una dose giornaliera tollerabile. Sudan rosso 1 può anche provocare reazioni di sensibilizzazione per via cutanea o per inalazione. L'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha inoltre classificato il colorante nella categoria 3 delle sostanze cancerogene."
- "Gli Stati membri vietano l'importazione di peperoncino rosso e dei prodotti derivati, definiti all'articolo 1, a meno che le partite siano accompagnate da un certificato comprovante che il prodotto non contiene il colorante Sudan rosso 1 (CAS n. 842-07-09)."
- "I prodotti [...] nei quali è stato individuato il colorante Sudan rosso 1 devono essere distrutte [sic]."
Il problema è stato inoltre segnalato, in termini che confermano la sostanza dell'appello, da moltissime fonti:
- Libero news, settembre 2003
- Prontoconsumatore.it, ottobre 2003
- La trasmissione RAI La Radio a Colori del 24 settembre 2003, la cui registrazione è ascoltabile via Internet e le cui pagine di approfondimento forniscono molti dettagli, compresi i nomi di altri prodotti italiani contenenti Sudan rosso 1 trovati nei negozi esteri
- Tiscali notizie dell'11 novembre 2004
- Il sito della Food Standards Authority britannica, ente preposto al controllo della qualità degli alimenti, che elenca i prodotti contenenti Sudan Rosso 1
- Un rapporto del Ministero della Salute italiano sulle segnalazioni di presenza di Sudan rosso 1 nel 2003 nei prodotti italiani venduti all'estero e in Italia e nei prodotti esteri in vendita in Italia, che segnala che "la tipologia degli alimenti riscontrati positivi al Sudan 1 è eterogenea, comprendendo sia miscele di spezie e condimenti (tra cui paprica e pepe) sia prodotti alimentari quali sughi piccanti, salami, pesti rossi, pasta piccante."
- Un altro documento del Ministero della Salute italiano, datato luglio 2004 e riferito al secondo trimestre 2004, che conferma il persistere del problema: "La situazione nel secondo trimestre del 2004 conferma il trend emerso lo scorso anno, essendo pervenute 37 notifiche (48 notifiche nel primo trimestre)". Le notifiche in tutto il 2003 erano state 129.
Per finire, l'apparente "garante" dell'allarme, il
"Dottor Alessandro Barelli, [...]
Direttore del Centro Antiveleni del Policlinico Gemelli, Docente e Ricercatore nel campo della Tossicologia e della Rianimazione", esiste realmente. Una ricerca in Google conferma quanto indicato nell'appello: Alessandro Barelli è effettivamente il direttore del Centro Antiveleni nel Dipartimento di Tossicologia Clinica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Largo Agostino Gemelli 8, Roma, noto anche come "Policlinico Gemelli".
A quanto risulta, il dottor Barelli ha ritrasmesso l'appello dal proprio indirizzo privato. L'uso dell'indirizzo privato sembra indicare l'intento di non coinvolgere il Policlinico Gemelli come autorità garante del messaggio.
L'indagine antibufala completa, con i suoi eventuali aggiornamenti, è a vostra disposizione
su Attivissimo.net.