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2019/06/29

Antibufala: la “videocassetta” dell’allunaggio

Ultimo aggiornamento: 2019/06/30 13:35.

Rainews ha scritto (copia su Archive.org) che sarebbe stata ritrovata e messa all’asta “l’unica videocassetta originale rimasta dei primi passi dell’uomo sulla Luna”.

Già a questo punto della notizia è inutile perdere tempo a leggere il resto, perché è chiaramente scritta da qualcuno che non sa la differenza fra bobina di nastro e videocassetta e pensa che nel 1969 si usassero già disinvoltamente le videocassette. Va un pochino meglio con Repubblica (copia su Archive.org), che parla di “uniche bobine originali dello sbarco sulla Luna”. Ma è sbagliato lo stesso.

Infatti se lasciamo perdere e andiamo direttamente alla fonte, che ovviamente Rainews e Repubblica non si degnano di linkare (suvvia, gente, siamo nel 2019 e siamo su Internet, mica al Televideo o sulla carta stampata: si possono anche usare i link), emerge una storia nettamente diversa.

La fonte originale è Sotheby’s (copia su Archive.org), che spiega infinitamente meglio le cose. Si tratta infatti di bobine (non videocassette) di nastro magnetico da due pollici, che contengono immagini più nitide e con un contrasto migliore di quello visto sui teleschermi domestici quella notte di cinquant’anni fa:

“three reels of 2-inch Quadruplex videotape transport viewers to the big screen monitor at Mission Control, with images clearer and with better contrast than those that the more than half-billion-person television audience witnessed that momentous July day on their home sets.”

Va chiarito subito che questi non sono i famosi “nastri perduti” dell’allunaggio: quelli erano speciali nastri di telemetria multitraccia, sui quali era registrato anche il segnale video diretto, fuori standard, che arrivava dalla Luna, come raccontato in dettaglio in questa sezione del mio libro online Luna? Sì, ci siamo andati!

Queste tre bobine sono invece, nella migliore delle ipotesi, delle buone copie di seconda generazione, ottenute registrando non il segnale diretto che arrivava alla Luna ma la sua versione convertita al formato standard NTSC, ottenuta mettendo una normale telecamera televisiva davanti a un monitor ad alta persistenza sul quale venivano mostrate le immagini ricevute dalla Luna. Questo sistema, rozzo ma funzionale (oltre che unico disponibile all’epoca), causò una drastica perdita di qualità delle immagini.

Le bobine, secondo Sotheby’s, recano la dicitura “APOLLO 11 EVA | July 20, 1969 REEL 1 [–3]” e “VR2000 525 Hi Band 15 ips”, che sono guarda caso le stesse parole presenti sulle etichette di questa figura del mio libro, che ho tratto anni fa dal sito della DC Video, che (guarda caso ancora una volta) è la ditta citata da Sotheby’s (“In October 2008, George’s videotapes were played at DC Video, very possibly for the first time since they had been recorded”):



Sotheby’s dice che a dicembre 2008 questi nastri sono stati convertiti in formato digitale non compresso (“digitized directly to 10-bit uncompressed files, retaining their original 525 SD4/3 specifications and downloaded onto a one terabyte hard drive (which is included as a part of the sale of these three reels of videotape)”).

Dopo la pubblicazione iniziale di questo articolo mi è arrivata la risposta di alcuni esperti del settore che avevo contattato: mi hanno confermato che il gruppo esperto di ricerca che si era occupato del caso dei nastri originali perduti era già a conoscenza di queste bobine, registrate in formato NTSC a 525 linee a Houston, e le aveva già valutate, più di dieci anni fa, nell’ambito del progetto di restauro di queste immagini. Questi esperti hanno aggiunto che non si tratta affatto di esemplari unici: ci sono numerose copie analoghe.

In altre parole, non si tratta di videocassette, non si tratta di originali e non si tratta di esemplari unici. Questi nastri erano già ben conosciuti e non offrono nessuna miglioria, in termini di qualità o contenuti, rispetto alla diretta TV restaurata che abbiamo già. Pensateci bene prima di fare un’offerta all’asta.


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Cronache di Starmus: sabato 29

Ultimo giorno di Starmus a Zurigo. Ieri ho chiacchierato con le persone che organizzano i voli a zero G in Europa, quelli usati dagli astronauti, e ci sto facendo un pensierino, ma è caruccio: 6000 euro. Organizziamo una colletta per vedere se vomito come un cane quando l'aereo inizia a precipitare ripetutamente? Magari a qualche complottista o mio hater potrebbe far piacere. Garantisco che in ogni caso pubblicherò il video. Spargete la voce anche a loro: se raccolgono metà della cifra, il resto ce lo metto io.

Dalle tante foto di ieri vi propongo questa: Claude Nicollier, astronauta Shuttle svizzero, insieme a Charlie Duke, astronauta americano che ha camminato sulla Luna, e Robert Williams, del telescopio spaziale Hubble.

Credit: Rodri Van Click.

Stamattina c‘è stato il concerto-conferenza Deep-dive in the Brain: Space, Time and Memory: i Solisti di Trondheim e Steve Vai hanno accompagnato il racconto della neuroscienziata e premio Nobel May-Britt Moser.

In attesa del concerto. Credit: Paolo Attivissimo.







Terminato il concerto, c’è stato un intervento a sorpresa del premio Nobel Robert Wilson: un richiamo all’urgente necessità di proteggere questo pianeta dallo scempio che ne stiamo facendo e di cui stiamo pagando già le conseguenze. Queste parole, pronunciate mentre l’Europa è nel mezzo di una canicola record e persino Zurigo è un forno, hanno colpito particolarmente il pubblico, che gli ha tributato un applauso speciale. Se solo gli idioti al potere capissero, avremmo le competenze tecniche e le risorse finanziarie per cominciare a risolvere questo problema qui, subito, senza lanciarci in bizzarre idee di fuggire su Marte in massa.



Il bello di eventi come Starmus, anche per i relatori, è che fra il pubblico ci sono gli altri relatori e gli astronauti, ossia le stesse persone citate nelle relazioni. Sono lì, in carne e ossa.



Durante la pausa per il pranzo, grazie alla sapiente opera di mediazione di un amico è stato possibile chiacchierare a tavola con Chase Masterson e Alan Stern (sì, quello della sonda New Horizons che ha raggiunto e superato Plutone). Stern, bravissimo comunicatore, ci ha insegnato il gesto di rivendicazione di Plutone come pianeta in piena regola:





Siparietto a tavola: mi sono presentato e poi gli ho chiesto se si ricordava di quel tipo rompiscatole pignoletto che gli aveva segnalato via Twitter l’errore nella bozza della copertina del suo libro Chasing New Horizons e al quale lui inizialmente aveva risposto dicendo che non vedeva errori. Lui mi ha detto di sì. "Sono io", gli ho detto. Ha sorriso e ringraziato.

La vicenda era questa:







Nel pomeriggio c’è stata un’altra raffica di conferenze, come quella di George Smoot:



Natalie Batalha, astronoma: Lava Worlds to Living Worlds: Exoplanets and the Search for Life Beyond Earth.



Barry Barish, astrofisico e premio Nobel: Prospects for Multi-Messenger Astronomy.



Le conferenze scientifiche si sono concluse con un panel intitolato Life in the Universe, con l’astrofisica Jill Tarter, l’astronoma Natalie Batalha, l’etologo e biologo evolutivo Richard Dawkins, e gli astrofisici Michel Mayor e Rafael Rebolo.

Fra le mille riflessioni e informazioni interessantissime sul tema è emerso anche un fatto che smonta quasi totalmente il famoso “segnale WOW”.

Sono riuscito a fare una domanda a proposito della strana mancanza di segnali della presenza di macchine di Von Neumann nell’universo. L’idea è che una civiltà aliena tecnologicamente avanzata potrebbe costruire una sonda capace di attraversare lentamente gli spazi interstellari, raggiungere un pianeta e usarne le risorse per costruire una copia di se stessa da lanciare verso nuovi mondi, dove si replicherebbe, e così via; i calcoli indicano che una tecnologia del genere invaderebbe l’intera galassia nel giro di qualche milione di anni, un niente nella durata dell’universo). La risposta è stata che non si sa e che forse le civiltà decidono che è un progetto troppo oneroso e quindi non le fabbricano.



Allo Star Party serale, astronauti e scienziati giravano fra il pubblico a chiacchierare come se niente fosse, e qualche giornalista bislacco si divertiva come uno scolaretto.





L’instancabile Marc-André Miserez di Swissinfo.ch ha dedicato a Starmus un ultimo video di chiusura e un articolo di rammarico per l’occasione perduta dalla città per incoraggiare la comunicazione della scienza.



E così anche questo Starmus è finito. Torniamo a casa satolli di scienza e di nuovi amici, fisicamente e mentalmente stanchissimi ma contenti. A quando il prossimo Starmus? Restate sintonizzati.


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2019/06/28

Cronache di Starmus: venerdì 28

Penultimo giorno di Starmus a Zurigo: la scorpacciata di scienza prosegue e comincia a non essere facile tenere testa al fiume di conoscenza che arriva dai relatori che si susseguono sul palco. Se vi state pentendo di non aver partecipato, siete ancora in tempo oggi e domani con i biglietti giornalieri: il programma di oggi e domani è qui.

Intanto i colleghi della Radiotelevisione Svizzera e di Swissinfo hanno preparato alcuni servizi su Starmus.





Anna Spacio ha montato per la RSI questo video del concerto di lunedì scorso:



Qualche foto di Rodri Van Click dei giorni scorsi:

Harrison Schmitt, Charlie Duke, Walt Cunningham, Gerry Griffin.

Buzz Aldrin.

Rusty Schweickart.

Per tutti quelli che pensano che gli astronauti siano mogi e schivi: una....

...due...

...tre...

...e quattro.

Tony Fadell e Brian May.


Martine-Nicole Rojina, del progetto SisterMoon, ha effettuato una sessione di Moonbounce: le nostre voci sono state inviate via radio verso la Luna, che le ha riflesse, e il segnale riflesso è stato captato dopo circa 2,6 secondi (2019/07/05: Il video dell’esperimento è qui).



Nicole Stott, astronauta Shuttle e artista: eARTh from Space.




Elizabeth Blackburn, biochimica e premio Nobel: Doing science better – for all.




Helen Sharman, astronauta e chimica: From Mars to the Stars.






Alan Stern, scienziato planetario e astrofisico: Beyond Pluto.






Gennady Padalka, cosmonauta: Life Aboard the ISS.




Long Xiao, geologo planetario: The lunar exploration program of China: today and tomorrow.




Brian Schmidt, astrofisico e premio Nobel: First Stars in the Universe.




Panel Future of Space con Eugene Kaspersky, Mikhail Kornienko, Marco Preuss e Nicole Stott.















Cose che Succedono Solo a Starmus, puntata numero 2657:




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2019/06/27

Cronache di Starmus: giovedì 27

Non mi sono ancora ripreso dalla sbornia di scienza, spazio e musica di ieri e già si riparte a Starmus, qui a Zurigo alla Samsung Hall. Aggiornerò man mano questo articolo.

Stamattina il programma del mattino prevede giusto un paio di premi Nobel e un paio di astronauti:

Donna Strickland (fisica e premio Nobel 2018): Generating High-Intensity, Ultrashort Optical Pulses.






Adam Riess (fisico e premio Nobel): The Surprising Expansion History of the Universe.




Claude Nicollier (astronauta riparatore del telescopio spaziale Hubble) e Robert Williams (The Hubble): Hubble servicing and science. Particolarmente interessante il laboratorio Igluna, che simula una base lunare nelle montagne intorno a Zermatt, in Svizzera.






Sandra Magnus (astronauta): Expanding Horizons: Our next steps off the Planet.




Nel pomeriggio, a sorpresa, ci sarà una conferenza di Buzz Aldrin.

Ewine F. van Dishoeck (astrofisica, chimica, presidente IAU) IAU100: celebrating a century of progress in astronomy and its contribution to society.



Buzz Aldrin (astronauta di Apollo 11): Mission to Mars.








Xavier Barcons (astronomo, direttore generale ESO): ESO: Building and operating the most powerful ground-based astronomical observatories.






Nergis Mavalvala (astrofisica) parla di onde gravitazionali: Opening a New Window to the Universe.




Nella pausa caffé, mi imbatto in una chicca: un Magic Leap.






Eric Betzig (chimico e premio Nobel): Microscopic Explorations of Inner Space: The Secret World Inside Our Cell. Con la sua microscopia ci ha permesso di analizzare le cause di malattie gravissime. Ha mostrato molecole intracellulari mosse dal moto browniano. Impressionante.




E per finire, un panel di premi Nobel: la lista ufficiale comprendeva Donna Strickland, Edvard Moser, Kurt Wüthrich, Elizabeth Blackburn, May-Britt Moser, Adam Riess, Robert Wilson, George Smoot, Brian Schmidt, Barry Barish, Eric Betzig, ma non tutti sono riusciti ad arrivare in tempo. Quanti ne riconoscete in questa foto? Questa gente, che ci ha regalato conoscenze che non hanno prezzo, dovrebbe essere più famosa di qualunque tronista o calciatore o starlette della TV.





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2019/06/26

Cronache di Starmus: mercoledì 26

Che dire: ho intervistato Brian May, ho visto il documentario Apollo 11 con gli astronauti protagonisti in sala (Buzz Aldrin e Charlie Duke), e ascoltato conferenze straordinarie. Di mattina ho fatto il resoconto degli interventi come inviato della Radiotelevisione Svizzera ne Il Quinto Elemento della Rete Uno, interamente dedicato a Starmus, che potete riascoltare qui.

















































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2019/06/25

La maledizione dei connettori USB

Questo articolo è il testo, leggermente ampliato, del mio podcast settimanale La Rete in tre minuti su @RadioInblu, in onda ogni martedì alle 9:03 e alle 17:03. 

Sarà capitato anche a voi. Prendete una chiavetta USB, tentate di inserirla nell’apposita presa di un computer e scoprite che non entra. Così la capovolgete, nella speranza di orientarla correttamente, e scoprite che non entra lo stesso. La capovolgete ancora, rimettendola nella posizione iniziale... ed entra perfettamente.

La maledizione dei connettori USB, che hanno due soli modi possibili di inserimento ma puntualmente entrano soltanto al terzo tentativo, è un tormentone dell’informatica, un’assurdità tecnologica che ha prodotto non solo innumerevoli esasperazioni ma anche numerosissimi memi e parodie. Cose del tipo “Hai inserito una chiavetta USB al primo colpo? Oggi sei invincibile.”

Per capire come mai questa particolarità affligge soltanto questo tipo di connettore ma non tutti gli altri che si usano in informatica bisogna risalire alle sue origini. Se vi siete mai chiesti chi mai può aver progettato un connettore così bizzarro, la risposta è Ajay Bhatt, direttore del gruppo di lavoro presso la Intel che creò lo standard USB nel 1994 e lo pubblicò nel 1996.

Bhatt era consapevole del problema del connettore non invertibile: anzi, fu una scelta ben precisa, fatta per ridurre i costi e facilitare l’adozione di questo standard di collegamento per dispositivi. Oggi i connettori USB sono ovunque, ma al loro esordio non era affatto così: nei computer c’erano connettori di ogni genere, quasi sempre incompatibili tra loro, e l’USB fu concepito proprio per eliminare queste incompatibilità. Invece di avere nei computer una porta per la stampante, una per il mouse, una per lo scanner e una per i dischi esterni, con l’USB sarebbe stato possibile collegare qualunque dispositivo a qualunque porta. La U di USB, infatti, sta per Universal.

Per convincere tutti i fabbricanti di computer ad adottare lo standard USB era quindi importante che fosse semplice e costasse poco. Renderlo invertibile avrebbe aumentato i suoi cablaggi e le saldature necessarie e avrebbe quindi aumentato i suoi costi, e quindi fu scelto il compromesso di avere un senso obbligato di inserimento. Anche la forma rettangolare fu adottata per contenere i costi rispetto a una sagoma circolare o asimmetrica.

Non va dimenticato che rispetto alla giungla di connettori differenti che c’era prima, l’USB era un enorme passo avanti e quindi a quei tempi il disagio sembrava più che accettabile. Se vi ricordate com’erano fatte le porte SCSI, seriali o parallele, con le loro viti o clip di serraggio e i loro ingombri mastodontici, le ragioni della scelta di Ajay Bhatt diventano parecchio più comprensibili.

Apple, con il suo iMac, fu il primo grande fabbricante ad adottare le porte USB come standard nel 1998; gli altri seguirono a ruota, e il resto è storia. Lo standard USB è oggi ovunque e si è evoluto: è diventato più veloce e, con la versione C, è ora finalmente reversibile.

Se volete diventare abilissimi inseritori di chiavette USB al primo colpo, il trucco è semplice: guardate dentro il connettore e la presa prima di collegarli e scoprirete che hanno un verso di inserimento abbastanza evidente. Sarete invincibili.

Cronache di Starmus: martedì 25

Il primo giorno di conferenze a Starmus è stato molto ricco: due storici dei programmi spaziali (John Logsdon e Yuri Baturin, che è stato anche cosmonauta) e un astronauta musicista (Chris Hadfield) hanno iniziato la giornata. Purtroppo Michael Collins, astronauta di Apollo 11, non ci sarà.

Ma ci sono Al Worden, Charlie Duke, Harrison Schmitt e Rusty Schweickart, astronauti delle missioni Apollo, e c’è anche Gerry Griffin, direttore di volo di quelle missioni. Scusate se è poco.


























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2019/06/24

Cronache di Starmus: lunedì 24. Il concerto e gli astronauti

Il primo giorno dello Starmus Festival è interamente dedicato alla cerimonia di consegna della Medaglia Stephen Hawking e al concerto che vede insieme Hans Zimmer, Steve Vai, Brian May, Rick Wakeman e la violinista Rusanda Panfili. Come supporter, Chris Hadfield, l’astronauta canadese che aveva cantato Space Oddity nello spazio in un video memorabile e l’ha ricantata dal vivo stasera.

Fra il pubblico, insieme a noi, sette astronauti veterani delle missioni lunari.

Questa è la storia di questa incredibile serata, raccontata per ora attraverso i tweet che sono riuscito a fare nonostante l’emozione. Al momento è un po’ caotica e fuori sequenza, man mano che raccolgo le foto e gli appunti.

Prima dell’inizio ufficiale arrivano artisti e astronauti, e la ressa dei fotografi è micidiale, ma io e Anna, la videomaker della RSI che copre l’evento, riusciamo a piazzarci decentemente e portarvi qualche foto (i video verranno trasmessi dalla RSI prossimamente).



Arriva Brian May, e i fotografi sono tutti per lui, ma chi conosce l’astronautica riconosce volti familiari, come quello dell’astronauta Shuttle e ISS statunitense Nicole Stott.


Per non parlare di questi signori:

Da sinistra: Charlie Duke, Rusty Schweickart, Walt Cunningham, Al Worden. Tutti astronauti del programma Apollo.


Brian May e l’astronauta britannico Tim Peake.

La sala principale della Samsung Hall.

Accompagnata dalla magnifica musica della 21st Century Symphony Orchestra e da nientemeno che Rick Wakeman, inizia la cerimonia di consegna delle Medaglie Stephen Hawking, che per la prima volta avviene in memoria, e non più in presenza, del fisico britannico. La serata è condotta da Chase Masterson (Leeta di Star Trek: Deep Space Nine).



Brian May presenta la Medaglia Hawking.

Parla il presidente dell’Armenia, Armen Sarkissian, che è un fisico prestato alla politica, e invita tutti in Armenia per la prossima edizione di Starmus. Anche Tony Fadell, creatore dell’iPod e di varie generazioni di iPhone, e Carlos Moedas, Commissario UE per la Scienza, Ricerca e Innovazione, tengono discorso brevi, intensi e appassionanti, ispirati e riferiti alla prima fila straordinaria di astronauti Apollo che li ascoltano.

Poi a sorpresa, così, arriva Peter Gabriel. Perché a Starmus succedono spesso cose come queste.











Pubblico in piedi per Buzz Aldrin, 90 anni, una carriera dedicata alla comunicazione scientifica dopo Apollo 11.


Poi comincia il concerto vero e proprio, presentato da Kip Thorne, e scusate se è poco.



















La RSI ha montato questo video del concerto, che ha beneficiato della voce possente di Vittorio Grigolo e del violino di Rusanda Panfili:



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