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2019/06/29

Cronache di Starmus: sabato 29

Ultimo giorno di Starmus a Zurigo. Ieri ho chiacchierato con le persone che organizzano i voli a zero G in Europa, quelli usati dagli astronauti, e ci sto facendo un pensierino, ma è caruccio: 6000 euro. Organizziamo una colletta per vedere se vomito come un cane quando l'aereo inizia a precipitare ripetutamente? Magari a qualche complottista o mio hater potrebbe far piacere. Garantisco che in ogni caso pubblicherò il video. Spargete la voce anche a loro: se raccolgono metà della cifra, il resto ce lo metto io.

Dalle tante foto di ieri vi propongo questa: Claude Nicollier, astronauta Shuttle svizzero, insieme a Charlie Duke, astronauta americano che ha camminato sulla Luna, e Robert Williams, del telescopio spaziale Hubble.

Credit: Rodri Van Click.

Stamattina c‘è stato il concerto-conferenza Deep-dive in the Brain: Space, Time and Memory: i Solisti di Trondheim e Steve Vai hanno accompagnato il racconto della neuroscienziata e premio Nobel May-Britt Moser.

In attesa del concerto. Credit: Paolo Attivissimo.







Terminato il concerto, c’è stato un intervento a sorpresa del premio Nobel Robert Wilson: un richiamo all’urgente necessità di proteggere questo pianeta dallo scempio che ne stiamo facendo e di cui stiamo pagando già le conseguenze. Queste parole, pronunciate mentre l’Europa è nel mezzo di una canicola record e persino Zurigo è un forno, hanno colpito particolarmente il pubblico, che gli ha tributato un applauso speciale. Se solo gli idioti al potere capissero, avremmo le competenze tecniche e le risorse finanziarie per cominciare a risolvere questo problema qui, subito, senza lanciarci in bizzarre idee di fuggire su Marte in massa.



Il bello di eventi come Starmus, anche per i relatori, è che fra il pubblico ci sono gli altri relatori e gli astronauti, ossia le stesse persone citate nelle relazioni. Sono lì, in carne e ossa.



Durante la pausa per il pranzo, grazie alla sapiente opera di mediazione di un amico è stato possibile chiacchierare a tavola con Chase Masterson e Alan Stern (sì, quello della sonda New Horizons che ha raggiunto e superato Plutone). Stern, bravissimo comunicatore, ci ha insegnato il gesto di rivendicazione di Plutone come pianeta in piena regola:





Siparietto a tavola: mi sono presentato e poi gli ho chiesto se si ricordava di quel tipo rompiscatole pignoletto che gli aveva segnalato via Twitter l’errore nella bozza della copertina del suo libro Chasing New Horizons e al quale lui inizialmente aveva risposto dicendo che non vedeva errori. Lui mi ha detto di sì. "Sono io", gli ho detto. Ha sorriso e ringraziato.

La vicenda era questa:







Nel pomeriggio c’è stata un’altra raffica di conferenze, come quella di George Smoot:



Natalie Batalha, astronoma: Lava Worlds to Living Worlds: Exoplanets and the Search for Life Beyond Earth.



Barry Barish, astrofisico e premio Nobel: Prospects for Multi-Messenger Astronomy.



Le conferenze scientifiche si sono concluse con un panel intitolato Life in the Universe, con l’astrofisica Jill Tarter, l’astronoma Natalie Batalha, l’etologo e biologo evolutivo Richard Dawkins, e gli astrofisici Michel Mayor e Rafael Rebolo.

Fra le mille riflessioni e informazioni interessantissime sul tema è emerso anche un fatto che smonta quasi totalmente il famoso “segnale WOW”.

Sono riuscito a fare una domanda a proposito della strana mancanza di segnali della presenza di macchine di Von Neumann nell’universo. L’idea è che una civiltà aliena tecnologicamente avanzata potrebbe costruire una sonda capace di attraversare lentamente gli spazi interstellari, raggiungere un pianeta e usarne le risorse per costruire una copia di se stessa da lanciare verso nuovi mondi, dove si replicherebbe, e così via; i calcoli indicano che una tecnologia del genere invaderebbe l’intera galassia nel giro di qualche milione di anni, un niente nella durata dell’universo). La risposta è stata che non si sa e che forse le civiltà decidono che è un progetto troppo oneroso e quindi non le fabbricano.



Allo Star Party serale, astronauti e scienziati giravano fra il pubblico a chiacchierare come se niente fosse, e qualche giornalista bislacco si divertiva come uno scolaretto.





L’instancabile Marc-André Miserez di Swissinfo.ch ha dedicato a Starmus un ultimo video di chiusura e un articolo di rammarico per l’occasione perduta dalla città per incoraggiare la comunicazione della scienza.



E così anche questo Starmus è finito. Torniamo a casa satolli di scienza e di nuovi amici, fisicamente e mentalmente stanchissimi ma contenti. A quando il prossimo Starmus? Restate sintonizzati.


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