|
Carica gratuita alla Wiener Haus di Como. |
Nota: per dubbi e domande frequenti sulle auto elettriche, ho aperto un blog apposito, Fuori di Tesla. Ultimo aggiornamento: 2019/08/19 15:45.
È già passato un anno da quando ho acquistato la mia prima auto elettrica, la Peugeot iOn di seconda mano che vedete nella foto qui accanto, ed è tempo di fare un primo bilancio.
La prima sorpresa, anche per me, è che la uso
molto di più di quanto avessi preventivato. L’intento iniziale era quello di usarla come
city car, per andare a fare la spesa (e portarla direttamente davanti alla porta di casa del Maniero Digitale, cosa essenziale per ragioni di salute lunghe da spiegare) o per andare in città o nelle vicinanze. Ma insieme alla Dama del Maniero mi sono reso conto che è talmente piacevole il silenzio della trazione elettrica che la usiamo anche per viaggi un po’ più impegnativi e al limite delle sue prestazioni modeste di autonomia: è appunto un’elettrica da città, non concepita per viaggi lunghi, ma la portiamo spesso oltre i suoi parametri di utilizzo normale, con un pizzico di gusto per l’avventura, come ho raccontato in
altri articoli.
E così sono arrivato a fare, con una
city car che ha 80 km di autonomia, in tutto 7000 chilometri e spiccioli in un anno (il proprietario precedente ne aveva fatti in media la metà). Lascio a casa sempre più spesso l’auto a benzina (una Opel Mokka), che uso ormai solo per i viaggi molto lunghi (prima che lo chiediate: no, quelli che ho fatto non potrei farli in treno o con i mezzi pubblici, perché ci metterei ore che toglierei al lavoro; uso comunque il treno quando posso).
Qui sotto trovate il mio riepilogo annuale: poco meno di un quarto dei miei chilometri è ora elettrico, ma soprattutto l’uso dell’auto a pistoni si è ridotto a due-tre volte ogni mese.
La seconda sorpresa è che fare viaggi ben oltre l’autonomia normale è molto più facile del previsto. Basta pianificare tenendo margini ragionevoli: in settemila chilometri, nonostante un’autonomia garantita di soli 80 km (la sua batteria ha otto anni), siamo riusciti a fare viaggetti di 170 km senza particolari ansie da autonomia e senza mai restare a piedi. In tutti i giri che abbiamo fatto, siamo arrivati alla “modalità tartaruga” (l’equivalente della “riserva” in un motore a pistoni) una sola volta. Abbiamo ricaricato e siamo ripartiti senza problemi.
Siamo riusciti a fare tutto questo anche grazie a un’osservazione ben poco ovvia per chi non ha esperienza di guida elettrica: la relativa carenza di colonnine di ricarica non è un problema, perché
una presa elettrica si trova ovunque. Una volta sono andato a fare lezione in una scuola ad Ambrì, a circa 70 km di distanza e in forte salita, restando quindi con poca autonomia per tornare verso casa fino alla colonnina già pianificata, e ho semplicemente chiesto se potevo attaccare l’auto a una delle normali prese esterne della scuola (quelle da 10 ampere). Alla fine delle lezioni avevo caricato abbastanza per ripartire senza problemi, gravando sulla bolletta dell’istituto per un paio di franchi/euro.
Non solo: se si fa un certo tragitto una volta, la volta successiva non c’è più bisogno di pianificare nulla, perché si sa già come fare. Se devo andare a Biasca (dove vado spesso per fare lezioni o conferenze), so già che sta a 56 km dal Maniero, per cui so già che posso partire col “pieno” fatto a casa, arrivare andando alla media di 90 km/h (nonostante la salita del Monte Ceneri) avendo autonomia sufficiente per tornare verso casa per 22 km e fare una ricarica rapida alla colonnina CHAdeMO sull’autostrada a Bellinzona. Nei venti minuti di tempo di ricarica, la Dama e io facciamo un pranzo veloce e siamo pronti a ripartire verso casa. Il pranzo
dura più del tempo di ricarica, per cui fermarsi a caricare non incide sul tempo di viaggio complessivo.
Un altro esempio: siamo andati a Como (primo viaggio oltre frontiera con ELSA) per un pranzo alla Wiener Haus, dove abbiamo caricato gratis alla colonnina del ristorante. Abbiamo scelto di pranzare lì anche per questo motivo: ristoratori, meditate. Le colonnine (lente, tanto il cliente non ha fretta) sono un ottimo modo per attirare clienti e differenziarsi dalla concorrenza.
Insomma, è tutto molto meno difficile del previsto, e arrivare a casa con dieci chilometri di autonomia residua non ci angoscia più perché l’abbiamo fatto tante volte (e comunque ci sono ancora circa 10 km di autonomia “tartaruga” e lungo la strada, in emergenza, una colonnina o una presa si trova sempre).
|
Una presa di ricarica all’IKEA di Grancia. |
Visto che la mia ELSA (
acronimo di
ELectric Silent Automobile)
ha un connettore lento di Tipo 1 e un connettore veloce CHAdeMO (80% in 20 minuti) ma le colonnine nuove (sempre più numerose) usano il connettore Tipo 2, ho acquistato per circa 150 euro un cavo adattatore da Tipo 2 a Tipo 1, per cui ora posso caricare anche a tutte queste colonnine. Posso anche caricare gratis all’IKEA che sta vicinissimo al Maniero e ad alcuni dei parcheggi in centro a Lugano. Avete mai visto un centro commerciale o un autosilo regalare benzina?
Il terzo aspetto interessante è il risparmio. In questi settemila chilometri, calcolando i consumi medi della mia auto a pistoni e i costi medi di ricarica di quella elettrica, ho risparmiato circa 600 franchi (530 euro). Se avessi un’auto elettrica a lunga autonomia, che potrei caricare quasi sempre gratis, eliminerei la mia spesa di carburante, che senza ELSA ammonterebbe a circa 3500 franchi (3000 euro) l’anno. Non compro subito un’elettrica a lunga autonomia perché mi costerebbe più di quanto mi costa tenere, mantenere e rifornire la mia attuale auto a pistoni e perché investire 50.000 franchi o più per un’auto che uso tre-quattro volte al mese non è giustificabile in termini pratici.
Per chi si sta chiedendo che senso abbia parlare di 600 franchi di risparmio se poi devo pagare tassa di circolazione e assicurazione per la seconda auto: in Svizzera esiste il sistema delle targhe trasferibili. Ho una targa sola, trasferibile da un'auto all’altra in un paio di minuti, e ho una sola assicurazione che copre entrambe ma soltanto se ne uso una per volta. In famiglia guido solo io, quindi il problema di usarle contemporaneamente non si pone. Di conseguenza, avere ELSA mi costa soltanto 121 franchi (107 €) l’anno in più: 50 CHF (44 €) di assicurazione e 71 CHF (63 €) di tassa di circolazione. Ci aggiungo per completezza i 40 CHF di vignetta autostradale, che ho deciso di fare visto che ormai la uso parecchio per tragitti extraurbani.
Proprio questo uso sporadico dell’auto a pistoni ha messo in luce un’altra grande comodità: non dover andare a “fare benzina”. Carico l’auto elettrica in garage grazie alla normale presa elettrica che ho fatto installare. Quando arrivo a casa “a secco”, la attacco alla presa e non ci penso più. L'indomani mattina, senza gravare eccessivamente sul mio contatore (ELSA assorbe al massimo 2,3 kW), me la ritrovo col “pieno”. È un sistema talmente comodo che non vado quasi mai a fare cariche gratuite perché il costo del “pieno” fatto a casa (circa due euro/2,5 franchi) non giustifica il trambusto di uscire, prendere l’auto e poi aspettare che si carichi. Ho anche una colonnina veloce gratuita vicino a casa (carica all’80% in 20 minuti, “pieno” in un’ora), ma non la uso mai.
Avrete probabilmente notato che finora non ho parlato di ecologia o inquinamento: non è un caso. Certamente mi rendo conto che togliere 7000 km di percorrenza a pistoni ha ridotto il mio contributo all’inquinamento, specialmente nei viaggi brevi o nei percorsi cittadini nei quali l’auto a pistoni ha consumi agghiaccianti ai quali normalmente non si pensa (il computer di bordo della Mokka mi dice 12,4 litri per 100 km quando faccio i 5 km che mi servono per andare a fare la spesa; 6,4 l/100 km quando viaggio in autostrada). E la lezione di quest’anno di guida è che le auto elettriche sono particolarmente utili e usabili già ora per ridurre l’inquinamento in città senza svenarsi (ELSA mi è costata circa 10.000 euro). Ma devo ammettere che il vero motivo per cui mi piace l’auto elettrica non è perché mi fa sentire nobile paladino dell’ambiente (o
nazivegano elettrico, come mi ha detto qualcuno a proposito degli automobilisti elettrici che se la tirano). È una buona cosa inquinare meno, ma io vado in elettrico soprattutto perché è
piacevole.
È passato un anno e ancora adesso guidare ELSA mi diverte. Adoro il suo silenzio, la sua accelerazione vivace e fluida a ogni semaforo, l’assenza totale di vibrazioni, la sua semplicità di guida senza cambi di marce e senza frizione. In più è divertente
“hackerarla” e fare esperimenti, per esempio collegando al suo connettore OBD un
OBD Link LX Bluetooth, accoppiato a un vecchio tablet sul quale gira un’app (
CanIon) che fornisce in tempo reale i dati di consumo e altri parametri dell‘auto.
|
ELSA modificata con un tablet per il monitoraggio dei consumi. |
Studiando i dati forniti dall’app ho imparato come ottenere un’autonomia maggiore e come guidare in maniera più efficiente. È nato insomma il gioco di calcolare come fare un viaggio ottimizzando i consumi e le tappe di ricarica. È un po’ come andare in barca a vela rispetto ad andare in giro in motoscafo: è ovvio che il motoscafo ti porterà sicuramente a destinazione, ma vuoi mettere il piacere di arrivarci usando soltanto il vento e il tuo ingegno, veleggiando nel silenzio?
In sintesi: è passato un anno, ma la Dama ed io siamo ancora innamorati di ELSA.
Ma la lezione più importante di quest’anno elettrico è come rapportarsi con chi ha auto a pistoni. Ci sono parecchi automobilisti elettrici che si atteggiano a salvatori del mondo e criticano aspramente chi rimane ancorato all’auto “fossile” (e di questi atteggiamenti mi sono probabilmente macchiato anch’io in passato), senza rendersi conto che per molti l’auto elettrica è semplicemente irraggiungibile per motivi di costo o per difficoltà di ricarica. È inutile rinfacciare l’inquinamento a chi ha un’utilitaria di dieci anni fa e non può permettersi di cambiarla, neanche con un’altra auto a pistoni meno inquinante, o non ha un garage nel quale installare una presa elettrica.
Criticare e sfottere chi magari vorrebbe passare all’elettrico ma non può è inutile: crea solo ostilità. So di andare controcorrente nel dirlo, ma a mio avviso anche riservare parcheggi per la ricarica, togliendoli alle auto a pistoni, contribuisce a generare risentimento (
“ci sarebbe un posto, accidenti, ma è riservato per i ricchi con le Tesla”). Forse la scelta intelligente sarebbe dotare di una presa di ricarica lenta
tutti i posti auto (o almeno la metà), senza riservarne nessuno per le elettriche.
Il messaggio, a mio parere, non deve essere
“Dovete passare tutti subito alle auto elettriche, sporchi inquinatori, assassini del pianeta!” rivolto a tutti, ma per ora deve essere un appello a chi ha il portafogli ben fornito:
“Ehi, le auto elettriche sono divertenti, vivaci, cool e molto più facili da usare di quel che pensi; provale e valuta se comprarne una al posto del tuo macchinone attuale. Risparmierai un sacco di soldi in carburante.” Insomma, chi può permettersela, se la compri: farà un favore a tutti, oltre che a se stesso.
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.