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2019/02/28

Giornalisti, piantatela di gonfiare il Momo Challenge. Se lo fate, siete sciacalli

No, non metterò una foto di Momo.
Ultimo aggiornamento: 2019/03/01 7:25.

Sta scoppiando una nuova isteria mediatica: quella per il (presunto) Momo challenge. E la stanno montando i giornalisti irresponsabili, che hanno fame di panzane per riempire il vuoto dei loro giornali. Questo fa credere ai genitori che il fenomeno sia reale e quindi scatena in loro il panico in buona fede.




Ne avevo già parlato a luglio 2018, e lo spiega bene il Guardian: ci sono ZERO casi confermati di violenza autoinflitta in seguito al presunto Momo Challenge. Ma c'è il rischio che ce ne saranno, se il giornalismo continuerà a creare panico e a spacciare per realtà delle dicerie insulse.

Il Momo Challenge è semplicemente la versione 2019 del Blue Whale Challenge, che era un’altra montatura giornalistica senza alcuna conferma (e con parecchie invenzioni). Lo sciacallaggio ha bisogno di nuovi trastulli, perché si stufa in fretta di quelli vecchi.

Questo, per esempio, è un modello perfetto di “notizia” su Momo: pieno di affermazioni vaghe e non documentate, di “alcuni dicono che”, di “pare che” e “sarebbe”:


Scrivere che Momo si nasconde genericamente nei cartoni animati di Peppa Pig e Fortnite (forse per “cartoni animati” nel caso di Fornite si intendono le sessioni di gameplay su Youtube) ed è un “mostro di WhatsApp”, senza spiegare che è semplicemente una scultura brutta ma innocua, è inutile e irresponsabile.

Non c'è nessun pericolo, tranne quello di vedere a sorpresa un’immagine di una scultura con gli occhi sgranati. È la versione moderna delle storie dove a un certo punto si faceva “buh!” ai bambini. Non infetta i telefonini, i tablet o i computer. È solo una foto di una scultura.

Soprattutto non c’è nessuna organizzazione che usa l’immagine di questa scultura per ordinare ai bambini di fare cose terribili, altrimenti subiranno conseguenze terrificanti. Ci sono, però, gli stupidi e i bulletti che approfitteranno di questo panico. E più se ne parla irresponsabilmente, senza fornire i fatti, più sarà facile che ne approfittino e che qualcuno si faccia davvero male.

Questo sciacallaggio sta giocando con le vite dei nostri figli. Vado nelle scuole spesso a fare lezione, e vedo la paura che si scatena quando qualcuno cita Momo.

Visto che i giornalisti sembrano incapaci di fare il loro mestiere di informare invece di appiccare incendi e soffiare sulle fiamme, pensiamoci noi genitori.

Prendete l’iniziativa; non aspettate che siano loro a parlarvene (se hanno paura, forse non lo faranno). Dite voi ai vostri figli che Momo è solo una storia di paura inventata, esattamente come Cappuccetto Rosso. Dite loro che Momo è semplicemente una scultura: un pezzo di plastica che non ha nessun potere magico. Specificamente, è una scultura creata nel 2016 dall’artista giapponese Keisuka Aisawa ed esposto alla Vanilla Gallery a Tokyo, come spiega Know Your Meme. Avere paura di Momo è come avere paura di un pollo di gomma. Diteglielo. Rendeteli immuni a questa isteria.

Ai colleghi giornalisti ricordo che esistono raccomandazioni di esperti su come trattare questi argomenti così delicati. Consultate le risorse della International Association for Suicide Prevention e le linee guida OMS specifiche.

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