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2007/02/27

Checkmessenger.net truffa

Attenti a Checkmessenger.net, il sito che promette favori ma ruba le password


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "franco.ba****" e "obi_wan_perhobby". L'immagine è tratta da Gxware.org.

Circola da qualche tempo la segnalazione di Checkmessenger.net, un sito che si definisce "il più grande portale su MSN Messenger in Internet" e promette di aiutarvi a scoprire i contatti MSN che vi hanno cancellato e soprattutto di farlo "in modo rapido, gratuito e sicuro".

Il sito stesso chiarisce di non essere affiliato a Microsoft: "CheckMessenger.NET NON ha nessuna relazione con MSN Messenger o Microsoft Corporation" e garantisce i suoi visitatori dicendo che "CheckMessenger.NET NON conserva né gli indirizzi di posta elettronica né LE password degli utenti che utilizzano questo servizio".

Ma secondo GXware.org, in un articolo di Salvatore Aranzulla, non c'è da fidarsi, perché c'è sotto la trappola: Checkmessenger.net vi chiede il vostro nome utente MSN e la relativa password per poter usare i suoi servizi, e quando lo fate, vi trovate espulsi da Windows Live Messenger e il vostro nome utente viene sostituito: al suo posto compare l'indirizzo di Checkmessenger.net, come conferma un lettore, Eduardo, che s'è trovato con il suo "nome cambiato e con il seguente messaggio al suo posto: http://www.CheckMessenger.net <--Scopri chi ti ha cancellato dal MSN senza farsi accorgere!!!".

Non solo: secondo Aranzulla, il servizio non funziona affatto. "CheckMessenger non è in grado di dirvi se una persona vi ha bloccato o meno, limitandosi a dire se siete nella lista utente di una persona o meno", dice nel suo articolo.

Lo scopo di questo sito-trappola, insomma, sarebbe quello di raccogliere gli indirizzi di posta dei vostri amici su MSN e di inviare loro un e-mail propagandando i propri servizi fasulli. Eccone il testo, fornito da mattia:

Hello,

I found out in http://www.CheckMessenger.NET which people had blocked or deleted me from MSN Messenger and I wanted to recommend you the service. You'll be surprised ;)

It's 100% FREE and it displays in your list of contacts all those people that you have ever included, it doesn't matter if you have already deleted them.

Some of the benefits of http://www.CheckMessenger.NET are:

- A list of the people that have Blocked you.
- A list of the people that have deleted you and you haven't noticed.
- A list of all the contacts you have ever added to your Messenger.
- Download of software, avatars, skins, etc.

And last but not least, it's completely FREE!!!

Best regards and remember to visit this website I'm recommending, you won't regret it.

http://www.CheckMessenger.NET/

Se avete utilizzato Checkmessenger regalandogli il vostro nome utente e la vostra password, posso solo unirmi al consiglio di Aranzulla: cambiate subito la vostra password e in futuro fidatevi un po' di meno del primo sito che incontrate. quindi questo servizio, che è stato ideato per raccogliere username, password e indirizzi e-mail a cui mandare pubblicità indesiderata.

Fra l'altro, mattia segnala che Gaim, un programma alternativo compatibile con MSN e disponibile per Windows, Linux e Mac, permette realmente di sapere chi ci ha bloccato: "lo vedo direttamente con una bella X quando passo il mouse vicino al contatto, cosa che con messenger non accade."

Antipirateria Microsoft presto obbligatorio

Windows Genuine Advantage cambia e diventa un obbligo


Questo articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

The Register riferisce che il sistema antipirateria di Microsoft, denominato Windows Genuine Advantage, ha subito da circa una settimana un aggiornamento importante. Questo sistema, infatti, aveva causato molte perplessità per la sua abitudine di mandare a zio Bill informazioni sul contenuto dei computer degli utenti e soprattutto per la sua propensione a segnalare come illegali molte installazioni di Windows che erano in realtà perfettamente legittime (circa il 22%).

Nelle mani di un utente sgamato, questi avvisi non sono un dramma, ma mettetevi nei panni del consumatore medio che si trova con un avviso che lo accusa di pirateria e non sa come venirne fuori. Il bello è che l'avviso di illegalità può comparire anche su un computer precedentemente dichiarato "pulito" se ne cambiate un componente.

Aggiornamento: va chiarito che Windows continua a funzionare anche dopo la comparsa dell'avviso e non blocca l'installazione di programmi.

Ora WGA ha una terza opzione più soft: invece di classificare l'installazione di Windows (specialmente XP) come "legale" o "illegale", può anche darvi un verdetto di "forse illegale". Questo ridurrà il numero dei cosiddetti "falsi positivi", ma non so se allevierà le perplessità e preoccupazioni degli utenti che ci tengono a essere in regola.

Un'altra novità importante è che finora Windows Genuine Advantage è stato un software facoltativo, ma verrà reso gradatamente obbligatorio nell'ambito degli aggiornamenti di sicurezza di zio Bill "nelle prossime settimane o nei prossimi mesi", dice The Register.

Firefox, falle da turare

Falle in Firefox 1.5 e 2.0, la pezza è pronta


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "pilli48" e "giuseppe".

Secunia segnala una serie di falle di Firefox che vanno turate subito in quanto definite "altamente critiche". Sono colpite sia la versione vecchia, la 1.5, alla quale sono rimasti fedeli molti utenti, sia la più recente versione 2.0. Chi per il momento non può aggiornare Firefox farebbe bene a disabilitare Javascript.

Una delle falle riguarda Javascript, e l'utente si trova esposto a rischi di intrusione, furto di file ed esecuzione di programmi indesiderati, scelti dall'aggressore, in caso di visita a siti-trappola o di visualizzazione di un e-mail ostile in formato HTML.

Gli aggiornamenti per Firefox sono già disponibili: riceverete un avviso automatico che vi invita a scaricarli e installarli. Accettate l'avviso e riavviate Firefox per attivarli e navigare più tranquilli.

Sempre secondo Secunia, anche Internet Explorer 7 ha dei problemi con la stessa vulnerabilità, ma in misura "meno critica".

EMI: non volete l’anticopia? Pagate

EMI: negozianti di musica online, o mi pagate, o mi tengo l'anticopia


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "franz" e "salvatartiano".

La casa discografica EMI ha suscitato speranze negli utenti ventilando l'ipotesi di vendere musica via Internet senza sistemi anticopia penalizzanti e inefficaci contro la pirateria, come raccontato di recente, anche in risposta all'appello anti-anticopia di Steve "Apple" Jobs. Sarebbe stata la prima major a farlo, a differenza delle etichette "minori" che vendono la propria musica senza lucchetti tramite siti come Emusic (che vanta 100 milioni di brani venduti).

Ma secondo Ars Technica, EMI ha cambiato radicalmente idea. O meglio, ha detto di essere disponibile a concedere la vendita dei brani dei propri artisti senza DRM a patto che i venditori le elargiscano un congruo anticipo. L'importo di quest'anticipo non è noto, ma è stato sufficiente a porre fine alle trattative con Apple, Microsoft, RealNetworks e Yahoo Music.

Un'altra ragione per il fallimento delle trattative è, stando sempre ad Ars Technica, la possibilità che la rivale Warner assorba la EMI (che è la piu' piccola delle major del disco). E la Warner ha già giurato fedeltà al DRM, costi quel che costi.

Il ragionamento che ha portato EMI a chiedere un anticipo a titolo di indennizzo contro il presunto rischio derivante dalla vendita di canzoni senza lucchetto è che tutto sommato la situazione attuale delle vendite online è soddisfacente per i discografici, anche se non lo è per gli utenti che si trovano obbligati a usare una specifica marca di lettore hardware o software per usare i brani lucchettati legalmente acquistati. Di conseguenza, ragiona EMI, se i consumatori vogliono canzoni senza lucchetti, dovranno accollarsi un costo maggiore.

Geniale. Prima si vende un prodotto menomato, poi si chiede al consumatore di pagare di più se vuole la versione intatta. Nel frattempo, i pirati della musica se la spassano, e i discografici stessi, come notava Jobs, sono i primi a distribuire versioni non lucchettate delle proprie canzoni tramite i CD presenti in tutti i negozi.

Windows OEM senza computer? OK per Microsoft, illegale per BSA

Legale comperare in Svizzera Windows OEM sfuso? Microsoft: sì. BSA: no


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "info" e "antongiulio".

Nella puntata precedente del Disinformatico radiofonico ho parlato del problema e della confusione che circonda il mondo delle licenze del software, descrivendone le clausole talvolta demenziali che hanno ispirato il titolo Licenze da uccidere della puntata (che è temporaneamente scaricabile in podcast).

In particolare, avevo ricevuto una risposta chiara e inequivocabile dal servizio clienti Microsoft in Svizzera: sì, mi è stato detto, è legale la prassi, diffusa appunto in Svizzera, di vendere da sola la versione OEM di Windows (quella normalmente abbinata a un computer), e una copia acquistata in questo modo è legalmente utilizzabile anche all'estero, con risparmi fortissimi sui costi di licenza. Questa prassi è lecita, ha detto sempre il servizio clienti Microsoft svizzero, nei "paesi di lingua tedesca" (in originale "German-speaking countries", perché ci siamo parlati in inglese).

Ma avevo girato la stessa domanda anche alla Business Software Alliance, l'organizzazione "leader nella promozione di un ambiente online sicuro e conforme alla legge" e "portavoce dei settori software, hardware e Internet presso gli enti governativi e i consumatori finali nei mercati internazionali" (fonte) che ha fra i propri membri Adobe, Apple, Autodesk, Dell, HP, IBM, Intel, McAfee e la stessa Microsoft. In teoria la BSA dovrebbe sapere quali sono le regole delle licenze dei suoi membri. Eppure la risposta della BSA, giunta dopo la trasmissione, è completamente contraddittoria rispetto a quella di Microsoft.

Il signor Hoeppner, della BSA, mi ha infatti risposto che tutto dipende dalla lingua della versione di Windows Vista OEM. Se è una versione in tedesco, l'offerta di acquisto "potrebbe anche essere autentica e legale". Ma "con tutte le altre lingue, tuttavia, la vendita di versioni OEM di Vista è permessa soltanto insieme all'hardware associato".

E' possibile che per "hardware associato" si intenda anche soltanto un disco rigido o un mouse, come dicono i rivenditori? Mistero. Resta il fatto che alla fine della fiera, il consumatore resta totalmente disorientato. Se neppure Microsoft e BSA sanno cosa è legale e cosa non lo è, che speranze ha l'utente di avere la certezza di essere in regola?

Sono regole confuse e contraddittorie come queste che stimolano il disinteresse verso il rispetto delle licenze e la disinvoltura nei confronti della pirateria del software e al tempo stesso spingono gli utenti che vogliono essere onesti verso le soluzioni semplici del software libero, che è copiabile, scaricabile, distribuibile senza alcuna limitazione.

Radio: l’anticopia rimane, licenze confuse, multa MP3

Disinformatico radio di oggi: EMI non molla il DRM, la BSA frena sulle licenze, multa per gli MP3


Stamattina, come ogni martedì, dalle 11 alle 12 sono in diretta sulla Rete Tre della Radio Svizzera di lingua italiana (con streaming in diretta e podcast in differita).

Prima di indicare i temi di questa puntata, vorrei anticiparvi il tema principale della prossima: interrogherò gli esperti svizzeri e italiani per farmi spiegare quali sono gli attuali diritti dell'utente per quanto riguarda la copia e la condivisione. Cosa si rischia realmente con il peer to peer? E' lecito farsi una copia di un DVD o di un CD per uso personale? Cambia qualcosa se il disco è protetto contro la copia? Se faccio un video di Youtube nel quale suono una canzone delle major e ci canto sopra ruttando (è solo un'ipotesi, tranquilli), sto violando il diritto d'autore? Come mi devo regolare se voglio includere una foto in un sito o un blog? Se un blogger è stato portato in tribunale per un topless di Jennifer Aniston, quali altri casi a rischio ci sono?

Ma non vorrei limitare le domande alle situazioni tradizionali, per cui scatenatevi: se avete domande o scenari di copia e di diritto d'autore che vorreste chiarire, scrivetemi via mail o pubblicate un commento qui sotto.

Ecco invece l'anticipazione dei temi di stamattina:

  • Torno sulla questione delle "licenze da uccidere" con l'intervento della BSA svizzera: le copie OEM di Windows non possono essere vendute sfuse se non sono in tedesco. Ma il servizio clienti di Microsoft dice il contrario. Allora, chi ha ragione?
  • Dietrofront di EMI: aveva proposto di rinunciare all'anticopia sui brani scaricabili legalmente, ma ora ha cambiato idea. Come mai, e quali sono le conseguenze per l'utente comune?
  • Grossa falla di Firefox da turare: qual è il rischio e come evitarlo.
  • L'antipirateria di Microsoft cambia le regole: diventa più difficile usare copie illegali di Windows, e chi l'ha fatta franca finora rischia di trovarsi in crisi. Fra poco, la sorveglianza sarà integrata automaticamente in XP e non sarà più facoltativa.
  • Megamulta MP3: Microsoft condannata (non definitivamente) a versare un miliardo e mezzo di dollari ad Alcatel per aver usato abusivamente la tecnologia MP3 nei propri prodotti. Il bello è che Microsoft era convinta di avere regolare licenza (pagata 16 milioni di dollari). Tremano, adesso tutti i produttori di qualsiasi lettore Mp3 hardware o software. E' in pericolo l'esistenza dello standard di fatto?
  • Antibufala: Checkmessenger.net vi promette di elencare i contatti di MSN che vi hanno bloccato. Ma in cambio vuole forse troppe informazioni. Bufala, truffa o servizio vero?

2007/02/23

Sono a Cinisello sabato 24, ci vediamo

Aperitivo informatico a Villa Ghirlanda sabato 24


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "fcreator99" e "zanzip".

Sabato 24 alle 16 (questo sabato, ossia domani al momento in cui scrivo), grazie al Comune di Cinisello Balsamo e all'associazione culturale Openlabs sarò a Villa Ghirlanda, Cinisello Balsamo, per parlare informalmente di open source, di problemi del software libero e non libero, di diritti digitali e di tutto quello che vi verrà in mente di chiedermi (per esempio qualche pettegolezzo sui pezzi tagliati dell'intervista de Le Iene) o di qualche indagine antibufala di quelle che ho svolto ma non ho mai tempo di scrivere.

Non è una vera e propria conferenza, ma una chiacchierata: Openlabs la definisce un "primo esperimento di aperitivo informatico". Infatti seguirà un rinfresco: L'ingresso è libero. E con queste ultime otto parole ho raddoppiato l'audience :-)

Tutte le info sono disponibili sul sito del Comune di Cinisello qui. E' gradita la prenotazione. Ci vediamo!

2007/02/20

Microsoft diventa compatibile con OpenDocument

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "mueslig****" e "p.fiazza".

Il formato OpenDocument, reso popolare dalla suite gratuita OpenOffice.org e recentemente diventato standard ISO (26300), è ora gestibile anche con Microsoft Word XP, 2003 e 2007. Grazie a un add-in gratuito, scaricabile presso Sourceforge.net, gli utenti di queste versioni di Word possono infatti leggere e creare file scritti in questo formato. Gli utenti di altre versioni possono usare un convertitore autonomo reperibile presso lo stesso sito.

E' un grande passo avanti verso l'adozione di un formato universalmente utilizzabile a prescindere dal programma e dal sistema operativo utilizzato. Questo, a sua volta, facilita l'adozione di sistemi operativi liberi e, in ultima analisi, farà risparmiare un bel po' di soldi agli utenti privati, alle aziende e alle pubbliche amministrazioni, come per esempio in Francia e in Belgio.

OpenDocument è il punto di partenza fondamentale di questo grande cambiamento. Guardate come ne parla un ente solitamente posato come l'UNI:

La norma tecnica UNI CEI ISO/IEC 26300, pubblicata in questi giorni come adozione nazionale della norma ISO/IEC 26300, rappresenta il capitolo finale di un lungo percorso che ha portato per la prima volta alla definizione, in ambito normativo, di uno standard universale per i documenti elettronici, svincolandoli dalla applicazione che li ha generati: si tratta del formato OpenDocument (ODF).

Ad oggi la gran parte dei documenti che siamo soliti gestire con il computer sono generati da software commerciali, ognuno dei quali possiede un proprio formato proprietario. Ciò comporta che, per poter leggere o modificare tali file, l’utente debba avere a disposizione lo stesso programma (ed in alcuni casi anche la stessa versione) utilizzato dall’estensore del documento oppure un programma che faccia da filtro per la visualizzazione.

Viceversa, il supporto a OpenDocument offerto da Microsoft consente agli utenti di Microsoft Office di restare fedeli alla loro suite ma gestire i file OpenDocument, frenando quindi la fuga degli utenti (a volte obbligata da norme legali o da esigenze di risparmio) e consentendo a Office di competere alla pari, sulla forza dei propri meriti (che sono indubbi), anziché dominare il mercato grazie a un formato segreto che lega gli utenti.

Parlando schiettamente, OpenOffice.org (che supporta nativamente OpenDocument) è molto più pesante di Microsoft Office, e ci sono molte circostanze nelle quali preferirei usare Word per scrivere i miei testi o PowerPoint per creare presentazioni perché hanno un'interfaccia più efficiente e girano veloci anche su computer modesti come quelli che ho io. Ora lo potrò fare (sì, ho una licenza per Microsoft Office, e anche sul Mac).

Il supporto OpenDocument di Microsoft verrà esteso gradatamente anche alle presentazioni e agli spreadsheet, consentendo agli utenti Powerpoint ed Excel di preparare documenti leggibili anche con altri programmi, come Abiword, Koffice o il già citato OpenOffice.org, oltre che con le applicazioni via Web come Google Docs and Spreadsheets o Editgrid.

C'è chi si preoccupa che questa sia una mossa di Microsoft per sabotare il formato OpenDocument fornendo un supporto incompleto o inadeguato che faccia fare brutta figura a questo formato; ma il software di conversione è open source, per cui è facilmente correggibile e migliorabile. Per il momento, per Microsoft questa è una mossa coraggiosa e lodevole.

A sua volta, anche OpenOffice.org si appresta ad integrare un traduttore dal formato OpenDocument al formato Open XML di Microsoft Office, per cui sarà possibile salvare in un formato Microsoft senza usare software Microsoft. Anche questo è un passo verso l'eliminazione delle barriere informatiche.

Looking Glass, Vista senza Vista

Grafica cool come quella di Vista su XP? Si può


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "Carmelo.intersi****" e "impiego81".

Vi piace Aero, l'interfaccia superganza di Windows Vista? Indubbiamente molto carina. Se volete qualcosa di analogo senza dover fare il passo a Vista, date un'occhiata a Looking Glass. E' un progetto di Sun, distribuito come open source, che usa Java per applicare ai sistemi operativi (Windows XP solo a livello dimostrativo, Linux e Solaris sul serio) un'interfaccia completamente diversa: finestre semitrasparenti e tridimensionali che si possono disporre di sbieco e addirittura ruotare per scrivere appunti sul retro, sfondi altrettanto tridimensionali, una barra delle applicazioni ancora più interattiva e intuitiva di quella di Mac OS X, e molto altro.

Forse, per chi è abituato alle interfacce tradizionali, la novità di Looking Glass può risultare eccessiva e disorientante, ma progetti come questo dimostrano che la grafica sofisticata si può ottenere anche senza ricorrere a computer ultrapotenti come esige Windows Vista. Se poi considerate che questo video dimostrativo risale al 2003, fa impressione pensare quanto tempo ci sia voluto per arrivare dove siamo ora.

Se v'intriga, date un'occhiata al sito ufficiale e al sito contenente i download per Linux, Windows XP e Solaris. Quello per Windows pesa 52 MB, ma se non avete problemi di banda potete anche cimentarvi con il Live CD da 264 MB (solo Linux). Vi sfido a resistere alla tentazione di fingervi Tom Cruise in Minority Report.

Licenze da uccidere

Windows Vista scontato e legale? Google Earth illegale in ufficio? Le stranezze delle licenze software


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "giuliano.gra****" e "brunori". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Ieri sono andato in un negozio dalle parti di Lugano per verificare una diceria che mi era arrivata da amici informatici del posto: Windows Vista OEM, l'edizione che va venduta in abbinamento a un nuovo PC ed è legata a quel PC, sarebbe invece venduta senza problemi anche senza PC. Un bel risparmio, visto che per esempio la versione Premium OEM di Vista costa circa 170 franchi (104 euro) qui, mentre la versione Premium full costa in Italia 580 franchi (359,99 euro) secondo il listino Microsoft.

Il rivenditore mi ha confermato questa prassi e fornito anche i dettagli: la versione OEM si può avere a patto di comperare contemporaneamente un disco rigido di qualsiasi marca oppure un mouse. Ma il mouse dev'essere di marca Microsoft.

Gli ho detto che le pagine Web antipirateria di Microsoft dicono che l'OEM non è vendibile separatamente da un computer, ma ha detto che c'è un "accordo particolare". Altri rivenditori svizzeri estendono la prassi ad altri componenti, come mainboard e processori. Non occorre comperare un intero computer, dicono.

E' legale? Il sito italiano di Microsoft sembra parlare piuttosto chiaro: "Attraverso la licenza OEM Windows Vista viene offerto all’utente finale preinstallato sul PC. La licenza OEM non può essere trasferita su un PC diverso da quello su cui viene preinstallata". Lo stesso fa quello francese al quale si viene rimandati visitando l'area antipirateria del sito svizzero di Microsoft. Si parla insomma chiaramente di PC (ordinateur), non di hard disk. Ma la EULA (licenza) di Vista parla di "dispositivo (sistema hardware fisico)" o "partizione hardware".

INSTALLATION AND USE RIGHTS. Before you use the software under a license, you must assign that license to one device (physical hardware system). That device is the “licensed device.” A hardware partition or blade is considered to be a separate device.

Ho girato la domanda al servizio clienti telefonico di Microsoft in Svizzera e ho ricevuto una conferma interessante: sì, in Svizzera è legale perché la vendita di software OEM separatamente dall'hardware è sancita dalla legge "nei paesi di lingua tedesca" (sic). Per cui in realtà non ci sarebbe neppure il requisito dell'acquisto contemporaneo di hardware. Non solo: il software acquistato in questo modo, mi ha detto il servizio clienti dietro mia domanda specifica, è esportabile e legalmente utilizzabile anche all'estero in tutto il mondo. E' quindi prevedibile un improvviso afflusso di clienti esteri verso i negozi svizzeri, visto il risparmio di diverse centinaia di euro nel caso di Vista ma anche di altro software.

Ho contattato anche via mail Microsoft Italia e BSA per avere un parere sulla questione, ma finora non ho avuto risposta. Comunque vada a finire, è chiaro che la confusione è facile e il cliente rischia di non sapere se e quando è in regola e di trovarsi nell'infelice situazione di aver pagato centinaia di euro in più inutilmente (va detto che, volendo essere rigorosi, una licenza OEM non è migrabile, mentre una licenza full lo è).

Le cose vanno ben diversamente nel software libero, le cui licenze consentono copia e scaricamento liberi e gratuiti, senza incubi di illegalità e disquisizioni su cosa sia un "PC" e quando quel PC perde la propria identità, come descritto nella "burla del bollino" tempo fa.

Sono tanti i misteri delle licenze del software, che sono probabilmente fra i documenti più diffusi e al tempo stesso più ignorati dell'universo. Non le legge nessuno. Una cliccata su Accetto e via. Ma cosa stiamo accettando di preciso? Andando a frugare nella licenza di Windows Vista, per esempio, salta fuori che si ha diritto al rimborso se non lo si usa, come nelle versioni precedenti (io ne so qualcosa, e ci sono precedenti specificamente svizzeri grazie a Dell):

By using the software, you accept these terms. If you do not accept them, do not use the software. Instead, return it to the retailer for a refund or credit. If you cannot obtain a refund there, contact Microsoft or the Microsoft affiliate serving your country for information about Microsoft’s refund policies.

>Questo potrebbe essere utile per chi compera un PC nuovo (specialmente un laptop) per metterci su Linux o installarci una versione di Windows di cui possiede già regolare licenza.

Ma nel contempo ci sono a volte clausole-bavaglio piuttosto curiose, come questa, tratta sempre dalla EULA di Vista:

9. MICROSOFT .NET BENCHMARK TESTING. The software includes one or more components of the .NET Framework 3.0 (“.NET Components”). You may conduct internal benchmark testing of those components. You may disclose the results of any benchmark test of those components, provided that you comply with the conditions set forth at http://go.microsoft.com/fwlink/?LinkID=66406. Notwithstanding any other agreement you may have with Microsoft, if you disclose such benchmark test results, Microsoft shall have the right to disclose the results of benchmark tests it conducts of your products that compete with the applicable .NET Component, provided it complies with the same conditions set forth at http://go.microsoft.com/fwlink/?LinkID=66406.

In sintesi, Microsoft decide se e come posso pubblicare un mio test di un suo prodotto. Interessante. Immaginate questa clausola applicata al cinema: i critici potrebbero recensire i film soltanto alle condizioni decise dal produttore. Una garanzia d'informazione imparziale, direi. L'ultima volta che ho controllato, esisteva ancora il diritto di critica, con o senza il permesso del criticato.

Ma zio Bill non è l'unico a riservare sorprese nelle licenze: ci pensa anche Google, per esempio con Google Earth. Non è permesso usare la versione gratuita o Plus di Google Earth in ufficio:

"Non è consentito eseguire il Software o utilizzare le informazioni geografiche visualizzabili né qualsiasi stampa o schermata generata con il medesimo in ambiente commerciale o professionale o per scopi commerciali o professionali per se stessi o terze parti"

Così dice la EULA. Notate la precisazione "in ambiente": quindi non è questione di scopo, ma di dove usate Google Earth. Se volete essere legali in ufficio, cacciate fuori 400 dollari.

Ma la licenza più stravagante in assoluto credo sia quella usata da Adobe nel 2000 per il libro elettronico Alice nel Paese delle Meraviglie, che ne vietava la lettura ad alta voce. Il grande Lawrence Lessig pubblicò all'epoca un interessante spiegone, nel quale racconta come Adobe tentò di chiarire che "leggere ad alta voce" non vuol dire "leggere ad alta voce", "prestare" non significa necessariamente "prestare", e altre perle del genere. Vale la pena di rileggerlo per capire come le aziende più disparate tentino continuamente di prendere possesso digitale, tramite il DRM, della cultura. Alice è fuori copyright da tempo: nessuno ha il diritto di vietarne la lettura e la copia. Ma loro, i grandi dei media, ci provano lo stesso. Per questo il DRM è male: non solo non fa nulla per frenare la pirateria tradizionalmente intesa, ma consente questo genere di pirateria. Quello in cui i pirati sono le aziende e le vittime sono gli utenti.

Radio: licenze Vista scontate, looking glass, Word abbraccia OpenDocument

Disinformatico radiofonico stamattina: licenze da uccidere


Il tema principale della puntata del Disinformatico radiofonico di oggi (Rete Tre della Radio Svizzera di lingua italiana, diretta in streaming, replica in podcast) sarà la questione delle licenze del software.

Sono ignorate e bistrattate, ma ne avete mai letta una? Conoscete i vostri diritti? Sapevate che usare Google Earth in ufficio è una violazione della licenza? A cosa avete diritto se un programma vi mangia i dati? Ed è legale quello che succede in Svizzera, dove i negozi vendono Windows Vista OEM (l'edizione che va venduta abbinata a un computer) sfuso, a patto che compriate un disco rigido o un mouse (quest'ultimo solo se di marca Microsoft)? E' una maniera legale per avere Windows a basso prezzo, magari anche in Italia? Giro queste domande a Microsoft e vediamo che cosa salta fuori.

Se il tempo lo consente, parlerò anche del software che permette a Microsoft Word di condividere documenti in formato OpenDocument (standard ISO), così finalmente gli utenti di programmi come OpenOffice.org non sono più emarginati, e delle interfacce alternative per l'uso del computer e in particolare di Looking Glass, che faceva tre anni fa quello che Vista fa oggi. Utile? Non lo so. Bello da vedere? Sicuramente.

Se volete partecipare al programma, scrivete a disinformatico@rtsi.ch oppure lasciate commenti e segnalazioni in questo blog.

2007/02/19

Quella la chiami interfaccia? QUESTA è un’interfaccia

Un'interfaccia grafica da fantascienza, ma è reale


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "archiloco" e "gb". L'articolo è stato modificato dopo la pubblicazione iniziale.

C'è molta gente che se la tira parecchio perché ha un'interfaccia grafica più bella di quella del vicino (Vista o Mac OS X o Linux con Beryl che sia). Se siete in quella categoria, auguratevi di non avere mai come vicino Jeff Han. Guardate questo suo video.

No, non è una photoshoppata: è reale. Maggiori info, in inglese, qui.

Nota: purtroppo il link porta a una pagina piena di serpenti di una pubblicità Microsoft prima di mostrare il video. Quindi se come me avete una forte intolleranza acquisita (per i serpenti, intendo), usate prudenza. La versione embedded del video, che ho ospitato per un po', salta la pubblicità, ma fa crashare il browser di alcuni lettori. Sorry.

2007/02/18

Commenti limitati, attacco in corso

Basta commenti anonimi, finché gli sciachimisti non si stancano


Gli sciachimisti stanno intasando il mio blog di commenti-spam e insulti approfittando dell'anonimato, per cui chiudo temporaneamente l'accesso libero. Chi vuole commentare può registrarsi.

Inoltre qualcuno sta vandalizzando la pagina che mi riguarda sulla Wikipedia italiana di lingua italiana, a ulteriore dimostrazione dell'approccio razionale, corretto e scientifico di chi è ossessionato dalle teorie di complotto.

Mi dispiace per la limitazione, ma è quello che succede quando i cafoni scambiano l'ospitalità per il diritto di sporcare impunemente.

2007/02/13

Windows Vista e “Le Iene”

Le Iene mordono Windows Vista


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

La trasmissione televisiva Le Iene di Italia 1 mi ha invitato negli studi di Cologno Monzese (nella foto vedete la parte "rustica" che non va mai in onda; la TV è davvero tutta finzione) per un'intervista realizzata con il loro consueto stile: raffica di domande in fila, tre secondi per rispondere, montaggio serratissimo (è per questo che a volte sembra che io risponda prima che arrivi la domanda).

Io mi sono divertito molto a fare il punto su Windows Vista, nel bene e nel male (principalmente nel male). Spero si sia divertito altrettanto Fabrizio Albergati, Responsabile Windows Business Group di Microsoft Italia: la sua interVista è qui.

Le interviste delle Iene giocano molto col montaggio, per cui tenete presente che praticamente tutte le mie risposte (e, presumo, quelle date da Albergati) erano molto più articolate di quelle che sentite nel video (il programma che "confessavo" di aver scaricato era OpenOffice.org, per esempio; il film scaricato era la versione originale, quella razzista, di Fantasia).

Prendete quindi il tutto come un momento di divertimento, come si addice alla trasmissione, non certo come una guida formale alla scelta di un sistema operativo. Vale comunque la pena di notare alcuni spunti dell'intervista di Albergati:
  • Dice che Vista costa "esattamente gli stessi soldi" di XP, che costava "249 euro nella versione Professional". 249 euro è il prezzo di XP con licenza Full (non preinstallato e non upgrade). Ma sul sito Microsoft, Vista ha una gamma di prezzi, per le versioni full, che varia da 217 euro (261 euro IVA inclusa) per la Basic a ben 475 euro (570 euro IVA inclusa) per la Ultimate (fonte). E' una bella differenza.
  • A proposito dei 99 euro della versione Academic proposta come soluzione a basso costo, va detto che si tratta di una licenza sottoscritta dalle scuole. Forse Albergati si riferiva alla licenza per studenti: in tal caso, va ricordato che scade quando non si è più studenti è utilizzabile solo per fini domestici e non per scopo di lucro (grazie a thethousand per la verifica presso il Servizio Clienti Microsoft).
  • E' molto interessante il dato sui PC attualmente in grado di far funzionare Vista: Albergati dichiara il 66%, ma è un dato riferito alla versione "leggera" di Vista (quella senza gli abbellimenti grafici che vedete nelle pubblicità): la versione completa di abbellimenti (Aero) è gestibile dal 22% degli attuali PC.
  • Albergati dichiara che sviluppare Vista è costato dieci miliardi di dollari.
  • Il numero alto e confusionario di versioni è dovuto a "richieste di mercato". Si vede che il mercato al quale si rivolge Mac OS X (una versione sola, full optional) è davvero differente.

Aggiornamento: Santo cielo, sono finito su The Pirate Bay. Ho corretto la questione della licenza studenti: Microsoft, nella sua pagina relativa alla licenza, dice che la licenza stessa "non ha alcuna validità legale nel caso in cui l'utente non rientri nella definizione sottostante". Io la interpreto come "quando non sei più studente, la licenza non è più valida", ma il Servizio Clienti ha dichiarato a un lettore, thethousand, che "la validità della licenza rimane anche quando sono terminate [le] condizioni per l'acquisto poichè la licenza è perpetua. Come tale rimangono anche le limitazioni all'utilizzo escusivamente domestico e non per scopo di lucro".


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di “roberto.orto****” e “giancarlo.ven****”.

Occhio alla truffa: rubare le password di MSN. Ma a chi?

Questo articolo era stato pubblicato inizialmente sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non è più disponibile. Viene ripubblicato qui per mantenerlo a disposizione per la consultazione.

Sta circolando un e-mail che propone "l'unico metodo reale e funzionante per trovare le password dell'email di qualsiasi utente Microsoft, Hotmail, MSN o Yahoo".

Il metodo, stando all'e-mail, è semplicissimo: si compone un messaggio che ha come destinatario un indirizzo del tipo pwd_023staff_tecnico@hotmail.it e come titolo "Lost password". Nel corpo del messaggio scrivete il vostro indirizzo di e-mail; poi lasciate una riga vuota e scrivete la password del vostro indirizzo; infine lasciate una riga vuota e poi scrivete l'indirizzo di e-mail di cui volete scoprire la password.

L'e-mail spiega che "questo è l'unico metodo attualmente funzionante per scoprire le passwords. Il metodo funziona perché il risponditore automatico del server si illude che tu sia membro dello staff, perché solo loro conoscono il modo in cui deve essere compilato il messagio [sic] di richiesta password. La vulnerabilità colpisce anche il server di yahoo, in quanto anch'esso è basato sullo stesso sistema. Questo è il miglior sistema per fregare il server, esistono altri metodi, ma nn [sic] tutti funzionano, e i pochi che funzionano rispondono al messaggio inviando la password molto in ritardo, mentre con questo avrete la sicurezza di ricevere una risposta immediata o quasi".

Riporto per intero il prolisso spiegone perché è una parte importante del messaggio: ma non nel senso che potreste credere. Si tratta infatti di una trappola. La password che viene rubata, infatti, è la vostra. La lunghezza delle istruzioni serve a mascherare il fatto che vi viene chiesto di mandare la vostra password e il vostro indirizzo di e-mail all'indirizzo indicato nelle istruzioni. Un dettaglio che nell'esaltazione prodotta dall'idea di poter fare gli spioni e nella confusione prodotta dalla prolissità del messaggio puo' sfuggire.

Diffidate, quindi, di qualsiasi messaggio che vi spieghi metodi di questo genere: finireste vittima della vostra disonestà.

2007/02/12

Jobs: basta DRM nella musica online

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "Pape" e "Steficol67".

Il 6 febbraio scorso, Steve Jobs, lìder maximo di Apple, ha infranto un tabù. Ha chiesto pubblicamente alle case discografiche di rinunciare alla tecnologia anticopia, il cosiddetto DRM (Digital Rights Management), che grava sulla musica venduta via Internet. La sua lettera aperta è pubblicata qui (in originale) e tradotta in italiano da Melablog.it qui.

L'entusiasmo degli internauti è altissimo. S'invoca San Jobs da Cupertino come il liberatore delle masse musicalmente oppresse. Ma le grandi case discografiche, la IFPI (federazione internazionale dei discografici) e la FIMI (Federazione dell'Industria Musicale Italiana) gli hanno risposto inviandogli (metaforicamente) un iPod con su un due di picche inciso col laser. Non se ne parla nemmeno, dicono. Però EMI si è staccata dal coro e si vocifera di una sua possibile rinuncia al DRM.

Cosa sta succedendo? Adesso che è passato qualche giorno si può provare a fare un po' di luce sulla faccenda.

La prima cosa che lascia perplessi è il pulpito dal quale è partita la predica. Steve Jobs rappresenta Apple, che con il negozio online iTunes è il gigante del mercato della musica venduta legalmente in Rete, con l'88% delle vendite USA (dati 2006). Due miliardi di canzoni vendute dal 2003 a oggi non sono noccioline. Il servizio iTunes ha il grandissimo merito di aver sbugiardato i discografici che pensavano che la musica venduta online non avesse futuro perché i consumatori sono disonesti, e non è un merito trascurabile. Ma tutta la musica venduta da iTunes è lucchettata con sistemi anticopia. Non è quindi un controsenso che sia proprio Steve Jobs a chiedere l'eliminazione dei sistemi anticopia?

Jobs si difende dicendo che l'anticopia gliel'hanno imposto Sony BMG, Universal, Warner ed EMI, che secondo i dati forniti da Jobs stesso controllano la distribuzione di oltre il 70% della musica di tutto il mondo. Se dipendesse da lui, Apple rinuncerebbe all'anticopia "in un batter d'occhio", senza esitazioni, perché questa sarebbe "la migliore alternativa per i consumatori". Le altre alternative prospettate sono lo status quo (sistemi anticopia incompatibili che legano l'utente a una specifica marca o gamma di lettori, il cosiddetto vendor lock-in) oppure la condivisione del sistema anticopia Apple con gli altri venditori di musica protetta (la cosiddetta interoperabilità).

Ma come, Jobs non teme di vedersi crollare il mercato delle vendite degli iPod? Dopotutto quei due miliardi di brani lucchettati da iTunes oggi funzionano soltanto sugli iPod. Se domani fossero privi di lucchetti, o se i lucchetti fossero apribili anche con lettori meno costosi di altre marche, ci sarebbe poco incentivo a comperare i lettori Apple. No?

No, dice il boss di Apple. Sono stati venduti 90 milioni di iPod, per cui in media le canzoni lucchettate presenti su un iPod sono soltanto ventidue. Tutte le altre (e un iPod recente ne contiene un migliaio) sono prive di protezione DRM. Il messaggio subliminale di Jobs è che la gente compra gli iPod perché sono fighissimi, non perché è obbligata dai sistemi anticopia.

C'è un errore in questo calcolo: l'assunto che tutti e 90 milioni di iPod venduti dal 2001 a oggi siano ancora vivi e vegeti, quando sappiamo benissimo che per motivi di obsolescenza tecnologica, di invecchiamento della batteria, di maltrattamento e di caccia al trendy, i vecchi iPod sono in buona parte defunti.

Tuttavia le vendite recenti sono state talmente spropositate rispetto agli anni passati (60 milioni di pezzi soltanto da gennaio 2006, secondo i dati di vendita compilati da Wikipedia) che il calcolo di Jobs rimane spannometricamente accettabile ma va rivisto verso l'alto. Le canzoni lucchettate sugli iPod sono in media qualche decina. E trenta o quaranta euro da buttare via in caso di migrazione ad un'altra marca di lettore, più il disagio di doversi ricomprare da capo tutta la musica protetta, sono un incentivo tutt'altro che trascurabile a restare fedeli alla Mela. Il vendor lock-in c'è, e Jobs gioca con le cifre per minimizzarlo.

E' per questo che neanche ai consumatori onesti piace il DRM: li punisce anche quando non violano la legge e limita la loro libertà di scelta. Il DRM di Apple, benché sia ritenuto "liberale" rispetto ad altri (si fa chiamare addirittura FairPlay), è l'equivalente di un disco che suona soltanto su un giradischi della Philips ma non sui giradischi di nessun'altra marca. O di un'autostrada fruibile soltanto dalle Porsche Cayenne.

Ma allora perché Jobs cerca di minimizzare l'importanza del suo DRM nel successo di iPod e iTunes e scarica la questione sulle case discografiche? Una possibile spiegazione è che Apple è impegolata in questo momento con varie azioni legali in Europa: Germania, Francia, Norvegia e Olanda ritengono che FairPlay, funzionando soltanto sui lettori Apple, sia incompatibile con la libera concorrenza, come nota il sito specializzato in questioni d'informatica giuridica Findlaw. E in Italia c'è l'esposto di Altroconsumo all'Antitrust. Questo è un danno d'immagine notevole per Apple, che ama presentarsi come amica degli utenti e maestra nell'offrire prodotti facili da usare. Dando la colpa ai discografici, Jobs cerca di salvare quest'immagine.

La spiegazione suona piuttosto plausibile se si considera l'obiezione di Jobs all'idea di adottare un sistema anticopia unico per tutti i lettori di ogni marca o di concedere ad altri produttori di lettori l'uso di FairPlay:

"concedere in licenza un sistema DRM richiede che si rivelino alcuni dei suoi segreti a molte persone in molte aziende, e la storia c'insegna che questi segreti inevitabilmente sfuggono di mano... Correggere con successo [una fuga di segreti] richiede il potenziamento del software del negozio di musica online, del software di gestione della musica degli utenti e del software dei lettori, dotandoli di nuovi segreti; poi occorre trasferire questo software aggiornato alle decine (o centinaia) di milioni di Mac, PC Windows e lettori già in uso. Tutto questo va fatto rapidamente e in maniera altamente coordinata: un'impresa molto difficile quando tutti i pezzi sono in mano ad un'unica azienda, ma quasi impossibile se più società controllano pezzi separati del puzzle e tutte devono agire all'unisono per correggere la falla."

Jobs dice che anche Microsoft sta facendo la stessa cosa, ossia adottando un sistema DRM (quello di Zune) di cui controlla tutti gli elementi, senza concederli in licenza a terzi. Sono obiezioni abbastanza deboli. La prima è smentita dall'esistenza di segreti larghissimamente condivisi: basti pensare al DRM usato per i telefonini, per esempio per la musica, i programmi TV o le suonerie. La seconda suona molto come una ripicca: certo, io sono anticoncorrenziale, ma anche zio Bill lo è. Ve la prendete con me perché sono piccolo (no, Steve, ce la prendiamo con te perché hai oltre l'80% del mercato dei lettori, mentre Microsoft non conta nulla in questo campo).

Un'altra considerazione che fa dubitare delle motivazioni apparentemente disinteressante di Jobs è che invoca la fine del DRM soltanto sulla musica, ma non sui film. Visto che Jobs è il più grande azionista individuale della Pixar, quella di Toy Story, Monsters & Co, Gli Incredibili, Cars e Alla Ricerca di Nemo, è una distinzione piuttosto curiosa.

Si direbbe, insomma, che Jobs stia invocando la fine del DRM per un proprio tornaconto: così può presentarsi come paladino dei consumatori e passare la patata bollente del DRM e della concorrenza sleale alle case discografiche, che tanto sono già impopolari. Inoltre confida che l'iPod si venda lo stesso anche senza il guinzaglio dell'anticopia. Meglio rischiare un possibile calo di vendite che vedersi escluso dal mercato in quattro paesi europei (col pericolo che altri seguano a ruota).

Ma i discografici non la bevono. Prima di parlarne, però, vale la pena di soffermarsi su una considerazione di Jobs che nasce sì dal suo tornaconto, ma tocca un tasto molto valido lo stesso: la totale inutilità, per i discografici, dei sistemi anticopia.

"Perché le quattro grandi case discografiche dovrebbero permettere ad Apple e agli altri di distribuire la loro musica senza usare sistemi DRM per proteggerla? La risposta più semplice è che i DRM non hanno funzionato, e forse non funzioneranno mai, come freno alla pirateria. Anche se le quattro grandi case discografiche esigono che tutta la loro musica venduta in Rete sia protetta da DRM, quelle stesse case discografiche continuano a vendere ogni anno miliardi di CD che contengono musica completamente priva di protezioni... Nel 2006, i vari negozi online hanno venduto nel mondo due miliardi di brani protetti da DRM, mentre le case discografiche stesse hanno venduto su CD oltre venti miliardi di canzoni completamente prive di DRM e senza protezioni... Allora, se le case discografiche vendono oltre il 90% della propria musica senza DRM, che beneficio ricavano dal vendere la piccola percentuale restante vincolandola con un sistema DRM?"

Questo è un assurdo perfettamente condivisibile, di cui si parla in Rete da anni. Va precisato che le case discografiche hanno tentato a più riprese di vendere "CD" con protezioni anticopia, ma i risultati sono stati disastrosi, come ben sa Sony. Bisogna però che ne parli uno come Jobs affinché i discografici ascoltino e magari comincino a riflettere. A prescindere dai motivi per cui ne parla, Jobs è effettivamente riuscito a suscitare un dibattito e a dire quello che nessuno osava dire per non essere tacciato di favoreggiamento della pirateria musicale: il DRM fa male alla musica, ed è una fregatura per tutti. Quindi è ora di sbarazzarsene. E lo stesso vale anche per film e altri contenuti multimediali, come scopriranno ben presto i legittimi acquirenti di Blu-Ray e HD-DVD.

La lista dei benefici dell'eliminazione del DRM per gli utenti onesti è notevole:

  • Eliminato il vendor lock-in. Se domani voglio prendere un lettore di un'altra marca, lo posso fare e copiarci tutta la musica che avevo sul lettore precedente.
  • Eliminata la complicatissima gestione delle licenze digitali. Migrare la propria musica legalmente acquistata da un computer a un altro è come copiare dei normali file. Non occorre più fare riattivazioni, riabilitazioni e quant'altro.
  • La musica acquistata è per sempre. Scompare il rischio di trovarsi con un pugno di bit illeggibili perché il gestore del sistema DRM ha deciso di cambiare sistema (come ha fatto Microsoft) o non esiste più o non fornisce software aggiornato.
  • Usare legalmente la musica acquistata diventa facile come usare quella scaricata a scrocco, col vantaggio che la qualità della musica acquistata è garantita. Basta MP3 rippati da dilettanti che usano codec e bitrate squallidi o etichettano le canzoni coi nomi sbagliati.
  • Condividere la musica con la famiglia è più facile. Non occorre più fare i salti mortali per dare ai figli una copia di una canzone da mettere nel proprio telefonino o lettore MP3.
  • Creare una rete domestica di diffusione della musica digitale è più facile perché non ci sono lucchetti, autorizzazioni e limiti da gestire.

I discografici, dicevo, non la bevono. La Warner ha detto chiaro e tondo, per bocca del suo boss Edgar Bronfman, che l'idea di Jobs è "totalmente priva di merito". E sull'assurdo dei CD venduti senza protezioni, Bronfman ribatte che "l'idea che la musica non meriti la stessa tutela del software, dei film, dei videogame o di altre proprietà intellettuali semplicemente perché nel mondo fisico esiste un prodotto obsoleto non protetto è completamente priva di logica o di merito". Avete capito? Il CD, quello che vende venti miliardi di canzoni l'anno, è un "prodotto obsoleto" (per la precisione, Bronfman parla di legacy product). Sarà.

La FIMI, invece, ha le idee un po' confuse, almeno stando a quanto riferito da Visionblog.it: Enzo Mazza, presidente della FIMI, dice che "Steve Jobs omette il fatto che le case discografiche non hanno mai chiesto che i DRM fossero chiusi", e fin qui nessun problema, ma poi giustifica l'uso del DRM dicendo che "Alle case discografiche i Drm servono esclusivamente come strumento per la gestione dei diritti d'autore, per sapere quante copie vengono vendute e come ripagare gli autori." Questa è una baggianata. Il DRM non è un contacopie. Per sapere quante volte viene scaricata una canzone si usano i log dei server, si usa un contatore software, si usano mille altre tecniche, ma non c'è nessuna ragione per usare gli attuali sistemi DRM, che sono invece dei bloccacopie (esistono anche i sistemi DRM di watermarking, che hanno funzioni differenti, ma questa è un'altra storia). Servono a limitare dove e come viene usato un brano scaricato.

Stupisce che il presidente della Federazione Industria Musicale Italiana non comprenda un concetto basilare come questo. Confido nell'errore di trascrizione, perché altrimenti c'è da preoccuparsi, però vedo che anche a Punto Informatico Mazza ha espresso un concetto analogo ("Ma le protezioni sono solo un pezzo del DRM, uno strumento che consente di associare dati ed informazioni ai contenuti distribuiti, quindi di sapere cosa e quanto circola"). Mah.

Quello che più mi preoccupa è questa frase di Mazza: "Il domani non è il possesso dei contenuti, ma è il loro accesso, è la licenza per l'accesso ai contenuti che si desiderano in qualsiasi modo e momento, e indipendentemente dalla piattaforma."

Immaginate questa frase applicata a un libro. Il futuro auspicato da Mazza è un mondo in cui le persone non hanno il diritto di possedere un libro, ma soltanto quello di accedervi, dietro pagamento di licenza e presentazione di documento d'identità, e soltanto se e quando i titolari della licenza lo vorranno. Il giorno che non vorranno più che leggiate un certo libro perché scomodo o sgradito al governo o all'ideologia di turno, il libro non sarà più accessibile. Questo diritto eterno, imposto tramite la tecnologia, non solo va contro il diritto d'autore, che ha una data di scadenza ben precisa (anche se lunga, ce l'ha), ma ha un sapore totalitario. Forse dovrei mandare a Mazza una copia di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. Anche in quel romanzo, possedere libri era un reato.

Allora, molto rumore per nulla? Ognuno suona la propria campana e noi ci dobbiamo sorbire la cacofonia conseguente? Dipende. C'è forse una casa discografica che ha visto la luce in fondo al tunnel e ha capito che non è quella di un treno di pirati che le viene incontro. La EMI, dice USA Today, sta seriamente valutando l'idea di vendere la musica in Rete senza DRM. E Yahoo prevede che entro Natale la maggior parte del suo catalogo musicale online sarà privo di lucchetti.

"Le etichette discografiche capiscono che il DRM deve sparire: non è che una tassa sui consumatori digitali" dice Dave Goldberg, general manager di Yahoo Music, prevedendo un aumento del 15-20% se le canzoni sono acquistabili senza DRM. Il mio mini-sondaggio informale sembra indicare che la sua previsione di maggiore propensione all'acquisto sia azzeccata: al momento in cui scrivo, il 50% dei lettori dichiara che comprerebbe più musica se non ci fosse il DRM, e solo il 5% dice che la scroccherebbe di più.

Un analista della Forrester Research, citato sempre da USA Today, incoraggia EMI in modo sensato e pragmatico: "La EMI non avrebbe motivo di preoccuparsi dei pirati, perché chiunque voglia piratare la musica lo sta già facendo. Il cliente pagante è tutt'altra razza."

Appunto. Sono anni che lo diciamo. Magari i tempi sono maturi per far finalmente scendere dal pero anche le altre etichette discografiche. Steve Jobs propone ai consumatori di chiedere ai discografici di dare un taglio al DRM: armiamoci e partite, insomma. Io vorrei andare un po' più in là: mi impegno qui a comperare duecento euro di musica online senza DRM dalla prima major discografica che rinuncerà ai sistemi anticopia. Qualcun altro si associa?

Radio: Apple contro il DRM, discografici nel panico

Disinformatico di domani: Steve Jobs propone di abolire il DRM, buona idea lanciata per pessime ragioni


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

La puntata del Disinformatico di domattina (Rete Tre RTSI, dalle 11 alle 12, anche in streaming) sarà dedicata al putiferio scatenato dalla proposta di Steve Jobs di vendere la musica senza sistemi anticopia. Le case discografiche rifiutano (tranne forse EMI), la FIMI ci mette il naso per confondere le acque, e ci si chiede perché Jobs debba fare una mossa apparentemente suicida che eliminerebbe il vendor lock-in sulle canzoni scaricate da iTunes e sul suo beneamato e stravenduto iPod.

Se volete intervenire via mail, scrivetemi a disinformatico@rtsi.ch. Tutti i dettagli della questione saranno pubblicati qui dopo la diretta, come ormai consueto.

Qui sotto, nel frattempo, potete partecipare a un sondaggio informale sull'argomento. Supponiamo che i negozi che vendono musica online legalmente ve la offrano (ai prezzi attuali) senza il DRM, ossia senza i lucchetti anticopia, quelli che impediscono per esempio di usare la musica di iTunes su lettori MP3 di altre marche non-Apple (salvo acrobazie). Sareste più inclini a comperare da loro?
  • Sì: perché il prodotto diventa più fruibile e viene venduto alle stesse condizioni dei CD (anche se leggermente inferiore come qualità audio), perché si diventa liberi di ascoltare il brano su qualsiasi apparecchio (lettore, computer, autoradio), perché il consumatore onesto non viene più trattato come ladro da cui difendersi, o perché volete dare un segno di incoraggiamento ai discografici e ai loro artisti.
  • No: ne comprereste ancora di meno, perché approfittereste della mancanza di lucchetti per scroccare ancora più facilmente che con il peer-to-peer. Per esempio, comprereste una canzone e poi la dareste gratis ai vostri amici, e i vostri amici farebbero lo stesso con voi, magari anche per il gusto di fregare i discografici.
  • Come prima: per voi non cambia nulla, per esempio perché non ne avete mai comprata e non avete comunque intenzione di farlo, perché preferite continuare a scaricare gratis dai circuiti peer-to-peer, perché comperate già dai negozi online e i lucchetti anticopia non vi danno fastidio, o perché i negozi online sono troppo complicati o non offrono quello che cercate.



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2007/02/06

Scie chimiche: aria fritta con contorno di bufala e grana

Image Credit: "jpupe".

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Il podcast della puntata n. 17 del Disinformatico che tratta quest'argomento è disponibile temporaneamente presso il sito della RSI.

Per chi ha fretta

Tutte le presunte prove dei sostenitori delle "scie chimiche" sono smentite dai piloti di linea, dai meteorologi e dai controllori di volo italiani e stranieri. Non c'è nessuna persona esperta in materia che sostenga l'esistenza delle "scie chimiche". Trovate tutti i dettagli e le spiegazioni presso La bufala delle "scie chimiche", presso MD80.it e presso Meteoromagna. Se neanche questo vi basta e pensate che tutta questa gente sia corrotta e perfettamente omertosa, soffrite di ottusità terminale ed è inutile che leggiate oltre.

A proposito di ottusità: alcuni commenti dei sostenitori delle scie chimiche, in fondo all'articolo, sono scurrili e volgari. Altri ricorrono addirittura all'impostura, spacciandosi per professori universitari. Li lascio lo stesso in parte, come testimonianza della frequente inciviltà e pochezza di chi è ossessionato dai complotti di ogni genere.

Una premessa: mi occupo di questo tema con riluttanza e a titolo preventivo. È chiaro a chiunque abbia un minimo di sale in zucca e di competenza scientifica che si tratta di una bufala paranoica. Tuttavia se ne parla sempre di più (anche Repubblica tocca l'argomento), si fanno interrogazioni presso i governi, il tam-tam della Rete comincia ad animarsi, ed è quindi il caso di arginare sul nascere quest'ennesima follia complottista per evitare che si diffonda ulteriormente e crei un altro business di libri e DVD da rifilare ai creduloni.

Lo so, parlando di un'ipotesi di complotto si finisce inevitabilmente per pubblicizzarla e in un certo senso conferirle dignità, ma l'esperienza insegna che è inutile ignorare queste fantasie sperando che spariscano da sole nel dimenticatoio. Non è successo per la teoria dei falsi sbarchi sulla Luna; non è successo per l'11 settembre. Per cui eccomi qui.

Da diverso tempo circola su Internet la teoria delle cosiddette scie chimiche (in inglese chemtrails). Secondo questa teoria, alcune delle scie lasciate in cielo dagli aerei sarebbero differenti da quelle normali. Quelle normali sono sostanzialmente composte da goccioline d'acqua o cristali di ghiaccio d'acqua e sono quindi assimilabili alle nuvole (in particolare ai cirri), mentre le scie chimiche sarebbero (cito da questa pagina di Sciechimiche.org):

scie di sostanze chimiche nebulizzare [sic] nell'aria tramite sistemi di irrorazione montati su aereoplani [sic] che non appartengono al normale traffico aereo. Queste sostanze vengono irrorate a diverse altezze a seconda degli scopi per cui vengono utilizzati.

E quali sono questi scopi? Secondo le pagine Web dei sostenitori della teoria, che chiamerò per brevità sciachimisti (absit iniuria verbis), si va dalle operazioni militari per creare una sorta di gigantesca, tossica antenna temporanea in cielo a un "progetto volto a rallentare il preoccupante aumento della temperatura terrestre".

Ma ci sono anche ipotesi ancora più preoccupanti: la cosiddetta "ipotesi Monsanto", per esempio.

Vaste aree agricole dopo la comparsa delle scie, sono state letteralmente bruciate e il terreno reso pressoché sterile…ai normali semi ovviamente, non a quelli standardizzati per quel tipo di condizioni.

Semi che, ovviamente, verrebbero venduti in esclusiva dalla Monsanto con lauti profitti.

Se non vi soddisfa questo scenario, potete sempre attribuire alle scie chimiche effetti ancora più nefasti:

Alcuni sospettano che il governo statunitense, d'accordo con altri governi coinvolti nel programma, stia autorizzando il rilascio graduale di bio agenti, allo scopo di vaccinare le popolazioni dall'alto. Questo, potrebbe talvolta essere la causa di malattie (SARS, AVIARIA) arrecate a qualche persona ammalata dal vaccino stesso

Un'accusa mica da ridere. E c'è di più. Dice Sciechimiche.org:

si pensi alla strana epidemia di patologie respiratorie che ha colpito da qualche mese, circa il 40% della popolazione italiana!

Capito? Il freddo, il fumo di sigaretta e l'inquinamento cittadino non c'entrano nulla. Se vi viene il mal di gola, non è perché avete lasciato a casa la sciarpetta. È tutta colpa delle scie chimiche.

Ma ancora non basta. Gli sciachimisti sostengono che le scie chimiche "possano davvero fare parte di un programma atto a ridurre il numero della popolazione". E linkano un articolo di una vecchia conoscenza undicisettembrina, Maurizio Blondet, che descrive un'inquietante proposta di eliminare quattro miliardi di persone. Perché? Perché i carburanti fossili si stanno per esaurire, e non bastano per tutti. Per non parlare dei parcheggi in centro.

Ovviamente si tratta di progetti ultrasegreti, dei quali soltanto gli sciachimisti sono a conoscenza, in ossequio a un'inossidabile tradizione del complottismo: il complottista è un avanguardista, un orgoglioso e inquieto depositario di un sapere che gli altri ancora non hanno l'intelligenza di cogliere, e quindi si sente superiore a noi imbecilli che non sappiamo e che pensiamo che le scie chimiche siano quelle di chi ha mangiato troppi broccoli e fagioli.

I sostenitori delle scie chimiche hanno anche identificato il modus operandi di queste irrorazioni venefiche:

non si tratta né di aerei di linea né commerciali, poiché spesso transitano in zone in cui il traffico aereo è inesistente e soprattutto ignorano i limiti di quota e distanza che regolano la sicurezza di volo. Inoltre sono stati fotografati sia in volo sia in aeroporti, sono spesso aerei bianchi senza insegne, cisterne dei cieli normalmente usate per rifornire di carburante i caccia da guerra in quota, ma che a quanto pare possono essere adibite ad altro scopo. [fonte]

Non solo: sanno anche esattamente chi c'è dietro:

In altri paesi, come il Canada, molte persone si sono già mobilitate e hanno scoperto l'implicazione dei militari americani dietro questo progetto. [fonte]

Notate la certezza con la quale esprimono l'accusa: non dicono che potrebbero esserci dietro i militari, magari gli americani, ma dicono chiaro e tondo "hanno scoperto l'implicazione dei militari americani". L'accusa è precisa ed è fornita senza spazio per dubbi o equivoci sull'identità dei colpevoli.

È a questo punto che scatta il Principio della Talpa Suicida, valido per tante ipotesi di complotto oltre a questa: se hai davvero scoperto i terribili segreti di una banda di assassini pronti a tutto e vuoi rivelarli, forse pubblicarli su Internet con sotto il tuo nome e cognome è un tantinello incauto.

Gli sciachimisti sono venuti a conoscenza (dicono) di un piano segretissimo degli americani per inquinare il pianeta e forse far fuori quattro miliardi di persone. Se gli americani sono disposti a far schiattare oltre metà dell'umanità, non si faranno certo scrupoli a far fuori senza troppi complimenti chiunque spifferi i loro piani in un rintracciabilissimo sito Web o si avvicini anche solo vagamente alla verità, giusto?

E allora come mai gli sciachimisti sono ancora vivi e liberi di parlare?

Origini

Una volta tanto sappiamo abbastanza precisamente da dove nasce questa teoria. Risale alla metà degli anni Novanta, e fu il giornalista canadese William Thomas il primo a descriverla diffusamente al grande pubblico nel 1997.

Aggiornamento (2007/12): Thomas lo fece dopo aver letto i messaggi pubblicati su Internet da un certo Richard Finke, dell'Ohio, a settembre del 1997. Nel suo primo messaggio a Biowar, una mailing list dedicata al bioterrorismo, Finke (che dichiara di essere un contabile, non esperto di biologia o chimica) sosteneva di avere prove che gli aerei rilasciavano un pesticida, l'etilene dibromuro, immesso appositamente nel carburante, e che questo faceva parte di un piano per un "genocidio all'ingrosso", come racconta qui Jay Reynolds nel riassumere le origini del mito. Ringrazio la redazione di Focus.it per aver fornito suggerimenti preziosi per reperire quest'origine, descritta nel numero di dicembre 2007 della rivista.

Le idee sciachimiste furono diffuse da alcuni popolarissimi programmi radiofonici statunitensi, come quello di Art Bell, che è un appassionato di ufologia, paranormale, piramidologia, misteri e complotti di ogni genere: per esempio, fu il suo talk show a diffondere la storia di John Titor, il "viaggiatore nel tempo". Alcune fonti indicano specificamente le puntate del 25 gennaio, 18 febbraio e 17 marzo 1999 (sto cercando di procurarmele).

Thomas è autore di numerosi libri su ogni sorta di complotti, come si può vedere nel suo sito, e afferma di avere varie prove e testimonianze della realtà del fenomeno. Anche Finke e il suo socio Larry Wayne Harris, ispettore di fosse settiche, tentarono di offrire servizi di "consulenza per la bioguerra difensiva e la sopravvivenza ai disastri" attraverso una società chiamata LWH Consulting. Lo scopo di lucro era presente fin dall'inizio, insomma.

Le "prove"

Potreste pensare che se gli sciachimisti fanno in Rete queste affermazioni agghiaccianti, debbano avere il supporto di prove ineccepibili (e un'assicurazione sulla vita molto costosa). Ecco il loro vademecum su come distinguere una scia normale da una scia chimica:

Le scie chimiche assomigliano inizialmente alle normali scie di condensazione, ma sono molto più spesse, si estendono per tutto il cielo e spesso vengono tracciate a croce, a reticolo e lungo linee parallele. Invece di dissiparsi rapidamente, le scie chimiche si espandono e formano "piume" e "code di cavallo". Nel giro di mezz'ora o meno, si aprono formando tenui formazioni che si uniscono a formare un velo bianco sottile o una 'falsa nuvola tipo cirro' che persiste per ore. [Rense.com]

E, come già detto, vengono rilasciate da misteriosi aerei bianchi senza insegne. Secondo lo "scopritore" delle scie chimiche, questi aerei sarebbero anche privi di finestrini, come documentato da fotografie che li ritraggono all'opera.

Una delle "prove" presentate dai sostenitori delle scie chimiche è data dalle interrogazioni parlamentari. Se si fa un'interrogazione, vuol dire che il fenomeno è reale, no? Certo. Chiedetelo al Questore della Camera italiano Edouard Ballaman, che si fece bidonare fino all'interrogazione alla Camera dalla bufala del numero succhiaricarica.

Un'interrogazione parlamentare significa semplicemente che il parlamentare (in questo caso Piero Ruzzante, come documenta lui stesso qui e qui) crede che esista una determinata situazione. E a volte anche ai parlamentari capita di prendere una cantonata, specialmente se si appoggiano a riviste dedicate al complottismo e alla pseudoscienza come Nexus (citata appunto da Ruzzante). È lo stesso meccanismo alla base di quest'interrogazione al Consiglio Regionale della Sardegna (a nome Davoli-Uras-Pisu).

Gli sciachimisti portano anche "prove" di popolazioni che hanno subìto un improvviso aumento di malattie (almeno così affermano, senza mai fornire documentazione, come al solito) e di persone che hanno fatto analisi chimiche, trovando bario e altre sostanze, e dicono che è tutta colpa delle scie chimiche: ma prima di arrivare a conclusioni così ardite (e se fosse colpa di qualcos'altro?) bisogna vedere se le scie chimiche effettivamente esistono.

Perché le scie chimiche sono una bufala

Ho già accennato al Principio della Talpa Suicida come prima obiezione fondamentale alla teoria di complotto. La seconda obiezione, di buon senso ancor prima che di scienza, è che i cospiratori, chiunque essi dovessero essere, respirerebbero la stessa nostra aria, per cui non si capisce come farebbero a proteggere sé stessi e i propri cari contro il nefasto effetto delle scie chimiche.

La terza obiezione, sempre di buon senso, è che disperdere nell'atmosfera delle sostanze chimiche generando delle scie "strane" e vistosissime, che attirano l'attenzione sull'aereo militare in missione mortale, sarebbe il piano segreto più stupido dell'universo. È come se James Bond andasse in giro nel covo del supercattivo di turno con addosso la scritta "Guardatemi! Sono una spia!" e un bersaglio a cerchi concentrici. Come osserva acutamente un lettore nei commenti qui sotto, se davvero l'unico modo per fare queste venefiche irrorazioni segrete è usare aerei che producono delle scie molto visibili, perché non farle di notte?

Passiamo alla scienza. Tutti i comportamenti descritti dagli sciachimisti rientrano fra quelli che possono avere anche le normali scie di condensazione: si disperdono più o meno rapidamente a seconda delle condizioni atmosferiche. Assumono forme differenti a seconda del vento in quota. Si interrompono e ricominciano quando l'aereo passa da una zona dell'atmosfera a un'altra che ha condizioni differenti, e questo capita anche a distanze molto modeste perché l'atmosfera è piena di correnti e quindi è in continuo rimescolio (per questo gli aerei, durante il volo, ogni tanto sobbalzano). Tutto qui.

La disposizione a X o a griglia deriva semplicemente dal fatto che gli aerei tendono a seguire direttrici di volo ben precise, dettate dalle norme di navigazione aerea: è come se ci fossero delle strade nel cielo, con i relativi svincoli e incroci. Le scie degli aerei non fanno altro che segnare visivamente quelle direttrici e le loro intersezioni. Basta guardare una carta nautica.

Chi osserva le scie degli aerei da terra, inoltre, non ha alcuna percezione delle quote differenti alle quali si formano: scie che apparentemente s'incrociano o sembrano adiacenti possono essere separate da centinaia o migliaia di metri. Una scia a quota più alta, essendo più lontana, ha un aspetto più sottile di una che si forma a quota relativamente più bassa.

Le "prove" fotografiche degli sciachimisti sono piene di effetti di questo genere. Ne vedete una qui sotto, che su Sciechimiche.org è etichettata come esempio di scie chimiche conclamate (qui):

Immagine tratta da Sciechimiche.org (link diretto; copia su Archive.org).

Anche una scia intermittente non è da considerare anomala, come invece sostengono alcuni sciachimisti. Come dicevo, l'atmosfera ha zone calde e fredde, umide e secche, ed è in continuo rimescolamento. Se un aereo attraversa una zona in cui si avvicendano condizioni atmosferiche diverse, la scia di condensazione si forma soltanto dove lo consentono le condizioni dell'atmosfera.

Ma che dire dei misteriosi "aerei bianchi senza insegne" e senza finestrini? C'è chi dice di averli visti e persino fotografati. Come ben spiegato dal ponderoso (e riccamente illustrato) documento sulle scie chimiche preparato dagli esperti di MD80.it, sito di riferimento per i professionisti del volo italiani, qualsiasi aereo ad alta quota, visto da terra, tende ad assumere una colorazione bianco-azzurrognola per via della diffusione della luce nell'atmosfera. Esattamente come fanno le montagne innevate viste da lontano. E le livree degli aerei di linea sono praticamente tutte bianche ("senza insegne", appunto) nella zona inferiore del velivolo.

L'apparente mancanza di finestrini è spiegata dal fatto che le foto mostrate dagli sciachimisti sono scattate da grande distanza (l'aereo è a vari chilometri di quota e raramente sta direttamente sopra il fotografo) con un teleobiettivo, e l'atmosfera tende ad offuscare i dettagli. Le immagini sono sfuocate e la loro bassa risoluzione non permette di distinguere un oggetto piccolo come un finestrino.

Provate ad andare a qualche chilometro da un aeroporto e guardate gli aerei che atterrano. Ne vedete i finestrini? Appunto. Oltretutto esistono anche gli aerei commerciali da trasporto, che effettivamente non hanno finestrini. L'assenza reale o apparente di finestrini, quindi, non prova assolutamente nulla.

Lo stesso documento di Md80.it spiega anche le segnalazioni di "scie chimiche" a bassa quota: sono semplicemente i vortici di condensazione (vapore acqueo, insomma) che si formano sull'aereo in determinate condizioni atmosferiche e che si possono osservare in molte immagini disponibili in Rete, come questa e questa. Non si tratta di fumogeni di quelli usati per abbellire i voli acrobatici, ma di pura e semplice condensazione momentanea di vapore acqueo.

Anche le "appendici strane" notate da alcuni sciachimisti sulle ali degli aerei non hanno nulla di strano: sono semplicemente le carenature degli attuatori idraulici che muovono i flap. Quelle situate alle estremità delle ali sono le winglet, alettine sempre più diffuse sugli aerei moderni.

Lo "sfiatatoio" che si vede sulla coda di alcuni aerei, invece, non è lo scarico dell'irroratore chimico, ma semplicemente l'ugello di scarico del generatore ausiliario o APU (Auxiliary Power Unit): una piccola turbina a gas.

Ma allora cosa c'è dietro la mania delle scie chimiche?

È chiaro che la teoria sciachimista è letteralmente campata per aria. Dunque perché tanto clamore? La gente è davvero così ingenua?

In parte sì. Complice il rimbambimento mediatico di giornali che dedicano la prima pagina alle lettere di consorti indignate e relativi maritini e di programmi televisivi stracolmi di niente, l'alfabetizzazione scientifica del cittadino medio è a livelli patetici, creando un terreno fertilissimo per qualsiasi teoria che faccia leva sulle paure istintive. Ma non è solo questo.

Bisogna aggiungere il fatto che il mistero si confeziona con poca fatica e vende molti più giornali della più intrigante delle ricerche scientifiche. Il complottismo paga, perché permette di vendere libri, gadget, talismani e DVD, e appaga, perché crea seguaci; si diventa guru. Allora diventa chiaro perché le cariatidi del complottismo, come Luogocomune.net, spaziano dall'11 settembre agli sbarchi lunari alle scie chimiche: si chiama diversificazione del prodotto. E diventa chiaro perché le scie chimiche persistono. Sono un business.

Speciale “scie chimiche” al Disinformatico radiofonico sulla RTSI

Come ogni martedì, oggi c'è una puntata del Disinformatico (Radio Svizzera di lingua italiana, Rete Tre, ore 11 in punto, in streaming in diretta e con replica anche in podcast). Dopo due settimane di tentativi bloccati dai Men in Black, finalmente oggi la puntata è dedicata interamente alla storia delle "scie chimiche". Date un'occhiata ai siti sostenitori di questa teoria, come Sciechimiche.org o Chemtrails.ch, e mandate i vostri commenti e dubbi all'indirizzo del programma, che è disinformatico(chiocciola)rtsi.ch.

A fine trasmissione troverete in questo blog il dossier completo sulle scie chimiche.

Come diceva l'indimenticato Leonardo "Leopardo", buon ascolto e buon divertimento!

2007/02/04

Antibufala: boicottiamo il signor Müller, quello degli yogurt

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "maurizio" e "mrbalfy". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Sta cominciando a circolare un appello che promuove il boicottaggio dei prodotti della ditta Müller perché (dice l'appello) il signor Müller (nella foto) si sarebbe macchiato di varie colpe: le principali sono che avrebbe abusato degli aiuti economici dell'UE e sarebbe anche sostenitore di un partito tedesco definito "fascista" dall'appello. Ecco il testo dell'appello:

Una storia vera sul Signor Müller.

Eccolo qua è il Sig. Müller.

Il Sig. Müller viene da Aretsried che sta in Baviera, quindi giù nel sud.

Il Sig. Müller è un imprenditore, e ciò che viene prodotto nelle fabbriche del S. Müller sicuramente l'avete già visto quando siete stati nei supermercati.

Il Sig. Müller infatti produce tante cose che sono fatte di latte. Insomma, veramente sono le mucche che fanno il latte, ma il Sig. Müller lo impacchetta bene e fa in modo che arrivi nel supermercato dove voi, dopo, lo potete comprare. ...

Siccome il Sig. Müller è un imprenditore, ha pensato di intraprendere qualcosa e ha costruito una fabbrica. Più precisamente, la costruisce nella Sassonia, nell'est. In fondo, a nessuno serve una nuova fabbrica di latte perchè ce ne sono già troppe che già producono troppi latticini.

Ma il Sig. Müller l'ha costruita lo stesso.

E siccome nella Sassonia la gente è povera e non trova lavoro, lo stato da soldi a chi costruisce nuove fabbriche. Infatti, di posti di lavoro, a differenza del latte, non ce ne sono mai abbastanza.

Quindi il Sig. Müller ha compilato una domanda, l'ha portata alla posta e l'ha spedita.

Poi, qualche giorno dopo, la regione Sassonia ed i signori dell'Unione Europea a Bruxelles gli hanno mandato un assegno di 70 milioni di Euro. 70 milioni è una cifra con sette zeri, quindi tantissimi soldi. Molto più di quanto entri nel vostro salvadanaio.

Il Sig. Müller, dunque, ha costruito la sua nuova fabbrica ed ha assunto 158 persone.

Evviva il Signor Müller!

Quando la fabbrica del Sig. Müller poi ha prodotto tanti latticini, lui si è accorto che non riusciva a venderli tutti, poichè ci sono già troppe fabbriche e latticini. Insomma, in fondo lo sapeva già prima, ed anche i signori della regione Sassonia e dell'Unione Europea già lo sapevano, anche perchè veramente non è un segreto. I soldi glieli hanno dati lo stesso.

Non i loro soldi, i vostri.

Sembra strano, ma è così.

Allora, cosa ha fatto il Sig. Müller?

Su in Bassa Sassonia, abbastanza lontano nel nord, il Sig. Müller ha un'altra fabbrica. Sta lì da 85 anni, ad un certo punto il Sig. Müller l'aveva comprata. Siccome ora aveva la bella fabbrica nuova in Sassonia, il Sig. Müller non aveva più bisogno della vecchia fabbrica in Bassa Sassonia.

Quindi l'ha chiusa e 175 persone hanno perso il lavoro. Se siete stati attenti a scuola avrete già notato che il Sig. Müller ha eliminato 17 posti di lavoro in più di quanti ne avesse creato.

Per fare questo, ha preso 70 milioni di Euro.

Se dividete i 70 milioni di 17 - potete pure prendere la calcolatrice - saprete che il Sig. Müller per ogni posto di lavoro eliminato ha preso più di 4 milioni di Euro. Eccolo come ride, il Sig. Müller, certo, solo quando nessuno guarda . Del resto ha la faccia molto triste e racconta a tutti quanto sta male.

Ma il Sig. Müller non senne [sic] sta lì seduto ad aspettare cosa succede, anzi, pensa a come fare a stare meglio. Dovete sapere che è risparmiatore il Sig. Müller. Sicuramente conoscete i contenitori del latte del Sig. Müller. E' buono e ci entravano 500 ml, cioè mezzo litro di latte. Da un pò [sic] di tempo, comunque, il Sig. Müller il suo latte lo vende in delle belle bottiglie, non più in confezioni di carta. Le bottiglie sono pratiche perchè si fanno richiudere e sono belline.

Comunque, dentro ora ci sono soltanto 400 ml ma costano lo stesso. Così risparmia il Sig. Müller - e risparmiare è una virtù, lo sappiamo tutti. Se ora volete sapere perchè della gente come il Sig. Müller non viene appesa all'albero più vicino, allora vi devo dire che queste cose semplicemente non si fanno.

La prossima volta, però, che siete nel supermercato, perchè non lasciate semplicemente nello scaffale le cose del Sig. Müller e comprate le cose che vi stanno accanto. Sono ugualmente buone e spesso costano anche di meno, e forse (?) sono prodotte da un imprenditore che nel termine "responsabilità sociale" vede ancora un senso.

Ah già, ora mi viene in mente che il Sig. Müller vuole anche risparmiare sulle tasse di successione e ha deciso di trasferire la sua residenza in Austria. Se anche voi siete dell'opinione che un comportamente così sfruttatore non è bello, perchè non mandate questo mail in giro per la repubblica (o per l'Europa - nota della traduttrice) per far vedere a tutti dove finiscono le loro tasse pagate faticosamente.

Già, dimenticavo ... a tutti coloro che ancora non lo sanno; il Sig. Müller appoggia la NPD (partito nazionaldemocratico della Germania, cioè fascista) in quanto è un suo caro amico. Un'altro [sic] motivo per lasciare le cose negli scaffali!

Dalla struttura del testo (e dalle sue atroci sgrammaticature) si capisce che è una brutta traduzione di un originale in tedesco, che era accompagnato da una foto. Le prime segnalazioni della versione italiana risalgono a fine gennaio 2007: a me è arrivata via mail per la prima volta il 29 gennaio, ma Google ne trova il 23/1 (autistici.org). Un altro messaggio su Autistici.org attribuisce la fonte dell'appello all'ASCI.

L'appello, tuttavia, è assai più vecchio. Infatti un esemplare dell'originale tedesco è disponibile qui su Gomopa.net ed è datato 28 ottobre 2005 (sì, 2005). Un altro esemplare in tedesco, non datato, è pubblicato qui su Brennessel.com, riporta la "firma" di Manfred Reichl e non include gli ultimi due paragrafi: la versione italiana potrebbe quindi essere un appello-chimera, nato dalla fusione di più storie. La stessa troncatura compare anche altrove e in questa versione datata 24 ottobre 2005 e in questa datata 1 ottobre 2005. Questa versione invece include anche le accuse di simpatia verso l'NPD.

L'appello è catalogato dal servizio antibufala dell'Università di Berlino qui, e ne viene indicata e linkata la possibile fonte originale: un servizio di Kontraste, rubrica dell'emittente televisiva ARD Das Erste, intitolato "Milchkrieg in Sachsen". Le informazioni riportate dall'appello sarebbero almeno in parte (quelle riguardanti l'ammontare delle sovvenzioni) confermate da una ricerca dell'organizzazione ambientalista tedesca BUND, datata luglio 2005.

Ulteriore conferma, ma soltanto degli importi, proviene dall'azienda stessa. Secondo questa fonte, la Müller avrebbe infatti pubblicato una smentita dell'appello, pubblicata anche qui in versione più estesa (la mia traduzione spiccia è qui sotto fra parentesi quadre, datemi una mano a migliorarla), che però conferma i 70 milioni di euro.

La smentita è firmata dal servizio clienti della Molkerei Alois Müller GmbH & Co. KG - Zollerstr. 7 - 86850 Aretsried
. Se qualcuno se la cava meglio di me col tedesco, può contattare la Müller alle coordinate riportate sul sito dell'azienda.

In der anonymen E-Mail, die in den letzten Tagen durch das Internet kursiert, werden Behauptungen gegen die Unternehmensgruppe Theo Müller aufgestellt, die nicht der Wahrheit entsprechen. Wir verstehen die Besorgnis der Verbraucher und möchten deshalb zu den angesprochenen Punkten gerne Stellung beziehen:

[Nell'e-mail anonima che sta circolando ultimamente in Rete vengono fatte delle affermazioni contro il gruppo Theo Müller che non corrispondono a verità. Comprendiamo la preoccupazione dei consumatori e vorremmo quindi rispondere alle questioni sollevate:]

In der Rundmail “Eine schöne Geschichte über Herrn Müller” wird behauptet, mit der Errichtung des Werkes Leppersdorf und mit staatlichen Zuschüssen in Höhe von 70 Mio. Euro seien 17 Arbeitsplätze vernichtet worden. Das entspricht nicht der Wahrheit!

[Nella catena di Sant'Antonio diffusa via e-mail e intitolata "Una bella storia a proposito del Sig. Müller" si afferma che con la creazione della fabbrica di Leppersdorf e con sussidi nazionali per un valore di 70 milioni di euro furono eliminati 17 posti di lavoro. Questo non corrisponde alla verità!]

Die Wahrheit ist, dass mit dem Bau von Europas größter und modernster Molkerei mittlerweile insgesamt 1760 Menschen eine Arbeitsstelle gefunden haben. Damit ist die Unternehmensgruppe Theo Müller einer der größten Arbeitgeber in der Region, erzielt entgegen dem derzeitigen Trend Wachstum und schafft stabile Arbeitsplätze.

[La verità è che la costruzione dello stabilimento lattiero più grande e moderno d'Europa ha creato 1760 posti di lavoro. Di conseguenza il gruppo Theo Müller è uno dei più grandi datori di lavoro della regione, in contrasto con l'attuale tendenza, e realizza posti di lavoro stabili.]

Aus wirtschaftlichen Gründen war es sinnvoll, die sächsische Molkerei und die niedersächsische Käserei an einem Standort zusammen zu legen. Das machen andere Unternehmen auch - nur verlagern die meisten Unternehmen die Arbeitsplätze ins Ausland und nicht in strukturschwächere Gebiete Deutschlands. Durch die Verlagerung in eine neue, modernere Produktion wurde weiterhin die Produktqualität verbessert - und ein hochwertiges Qualitätsprodukt sichert natürlich auch langfristig Arbeitsplätze.

[Per ragioni economiche, aveva senso mettere nello stesso luogo la fabbrica in Sassonia e lo stabilimento caseario della Bassa Sassonia. Lo fanno anche altre aziende, ma la maggior parte trasferisce i posti di lavoro all'estero, non verso aree strutturalmente sfavorite della Germania. Inoltre la qualità del prodotto è stata migliorata tramite la sua collocazione in una produzione nuova e moderna: e un prodotto di alta qualità e valore assicura naturalmente posti di lavoro a lungo termine.]

Die Arbeitnehmer der Harzer Käserei haben Arbeitsangebote mit Übergangszusagen erhalten. Allerdings haben dauerhaft nur 5 Mitarbeiter dieses Angebot angenommen. Allein in den letzten 3 Jahren wurden im Werk Leppersdorf 500 neue Arbeitsplätze geschaffen und 70 Ausbildungsplätze für Jugendliche mit nahezu vollständiger Übernahmequote. Betrachtet man auch die indirekten Arbeitsplätze so können wir 300 weitere Arbeitsplätze (inkl. Zeitarbeitnehmern) dazurechnen.

[I dipendenti dello stabilimento caseario di Harzer ricevettero offerte di lavoro con garanzie di transizione. Tuttavia soltanto cinque lavoratori accettarono definitivamente l'offerta. Soltanto negli ultimi tre anni, presso lo stabilimento di Leppersdorf sono stati creati 500 nuovi posti di lavoro e 70 apprendistati per giovani, con un tasso di assunzione pressoché totale. Ci sono anche da considerare gli impieghi indiretti, per cui possiamo calcolare altri 300 posti di lavoro (compresi i temporanei).

Das Investment der Unternehmensgruppe Theo Müller betrug in den letzten 3 Jahren 300 Mio. Euro, allein in der Region Sachsen. Die staatlichen Subventionen von 40 Mio. Euro zuzüglich der 30 Mio. Euro aus dem EU Haushalt sind Zuschüsse, die jeder Unternehmer erhält, der in den neuen Bundesländern Arbeitsplätze schafft. Für die meisten Unternehmen ist es dennoch günstiger, im Ausland produzieren zu lassen. Das sieht die Unternehmensgruppe Theo Müller anders und engagiert sich für den Standort Deutschland. Dazu gehört, neben der Schaffung der 1.760 Arbeitsplätze in enger und kooperativer Zusammenarbeit mit den Staatsministerien und Behörden in Sachsen, auch die Abnahme der Milch aus der Region sowie Auftragsvergaben an Baufirmen, Maschinenbauer, Handwerksbetriebe etc.

[L'investimento del gruppo Theo Müller assomma, negli ultimi tre anni, a 300 milioni di euro soltanto nella Sassonia. Le sovvenzioni statali di 40 milioni di euro, più i 30 milioni dall'Unione Europea, sono importi che spettano a ogni imprenditore che crea posti di lavoro nei nuovi Länder della Repubblica Federale Tedesca. Ciononostante, per la maggior parte delle imprese conviene lo stesso produrre all'estero. Questo pone il gruppo Theo Müller sotto un'altra luce e mostra il suo impegno per la Germania. Questo in aggiunta alla creazione di 1760 posti di lavoro in cooperazione stretta con i Dipartimenti dello Stato e le autorità della Sassonia, e alla raccolta del latte della regione e all'indotto.]

Unsere Arbeitnehmer stellen nicht nur Milchprodukte für den deutschen Markt her, wir exportieren auch noch in benachbarte Länder - und garantieren dabei höchste Qualität und Frische.

Einen weiteren, unwahren Punkt in der Rundmail “Eine schöne Geschichte von Herrn Müller” möchten wir auch noch kurz klären: Hier wird berichtet, dass es Müllermilch nur noch in 400ml Flaschen - statt wie zuvor in 500ml Bechern gibt. Auch das entspricht nicht der Wahrheit. Die Müllermilch Original im 500ml-Becher ist nach wie vor in den Geschmacksrichtungen: Schoko, Banane und Erdbeere am Kühlregal erhältlich.


[I nostri dipendenti non si limitano a realizzare prodotti a base di latte per il mercato tedesco, ma esportano tuttora verso i paesi vicini, garantendo pertanto massima qualità e freschezza. C'è un altro aspetto falso nell'appello che vorremmo chiarire brevemente: l'appello dice che il latte Müller è disponibile soltanto in bottiglie da 400 ml, diversamente da prima, quando era in contenitori da 500 ml. Anche questo non corrisponde a verità. Il latte originale Müller nel contenitore da 500 ml è ancora disponibile sui ripiani refrigerati dei supermercati nei sapori cioccolato, banana e fragola.]

Unsere Müllermilch in der PET-Flasche ist durch ihre handliche Form bei unseren Verbrauchern sehr geschätzt und beliebt. Die zahlreichen positiven Reaktionen bestätigen uns dies immer wieder. Mit dieser neuen Flaschenform sind wir den Wünschen unterschiedlicher Verbrauchergruppen nachgekommen, die auch unterwegs unsere Müllermilch genießen möchten.

Die Herstellungskosten der hochwertigen PET-Flasche sind höher, sie bietet jedoch deutliche Vorteile: Uneingeschränkte Wiederverschließbarkeit und höherer Transportschutz.


[Il nostro latte nella bottiglia in PET è molto apprezzato dai consumatori per la sua forma pratica da impugnare. Le molte reazioni positive lo confermano. Con questo nuovo formato abbiamo assecondato i desideri dei vari gruppi differenti di consumatori che vorrebbero consumare il nostro latte anche mentre sono per strada. I costi di fabbricazione della bottiglia in PET di alta qualità sono maggiori, ma i vantaggi offerti sono chiari: richiudibilità illimitata e maggiore protezione durante il trasporto.]

Wir hoffen, dass wir Ihnen nun alle Zweifel an der Unternehmensgruppe Theo Müller ausräumen konnten und versichern, dass die größte, modernste und innovativste Molkerei Europas sich weiterhin für den Arbeitnehmer-Standort Deutschland einsetzen wird. Ebenso garantieren wir für unsere Milchprodukte die höchste Produktqualität, die unsere Verbraucher zu schätzen wissen.

[Speriamo di poter eliminare ogni dubbio riguardo il gruppo Theo Müller e rassicurare che l'industria lattiera più grande, moderna e innovativa d'Europa si adopererà ulteriormente per i posti di lavoro in Germania. Allo stesso modo, garantiamo la massima qualità del prodotto, che i nostri consumatori apprezzano.]

Questo è quanto sono riuscito a scoprire fin qui: sulle accuse politiche di affiliazione a partiti "fascisti", alcune fonti indicano che Theo Müller è invece collegato alla CSU, ma magari qualche lettore che sta in Germania può far luce sulla la questione.

Sarebbe interessante approfondire anche la questione che vede Greenpeace contrapposta a Müller a proposito dell'uso di alimenti geneticamente modificati per le mucche che producono il latte dell'azienda, ma questa è un'altra storia non pertinente all'appello che circola.

L'indagine è aperta: in attesa di novità, valutate voi se è il caso di diffondere l'appello. In un caso complesso come questo, posso soltanto presentare i fatti. Bisogna tuttavia tenere presente che l'appello contiene tutti i classici meccanismi emotivi e luoghi comuni delle bufale di successo: la paura degli alimenti alterati, un allarme di interesse generale, l'avidità della grande azienda, l'intrallazzo e la corruzione delle grandi burocrazie, e persino l'equazione stereotipata "tedeschi=nazisti". Tutto questo è motivo di prudenza, visti i casi precedenti che si sono rivelati fasulli.