Pronto il podcast del Disinformatico
È disponibile temporaneamente sul sito della Rete Tre della RSI il podcast della scorsa puntata del Disinformatico radiofonico. Ecco i temi e i rispettivi articoli di supporto:
Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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Prossimi eventi pubblici – Donazioni – Sci-Fi Universe
Mi hanno scelleratamente invitato a parlare al Festival del Giornalismo che si tiene a Perugia in questi giorni. Alle 18 di oggi (giovedì) sarò all'Hotel Sangallo per un workshop intitolato Le regole della verità, sulle tecniche d'indagine del cacciatore di bufale, insieme a Marco Gisotti dell'Università di Roma La Sapienza. Il workshop è già tutto prenotato, ma ci si vede in giro per il Festival, se vi va.
Martinobri, amico e assiduo commentatore di questo blog, ha organizzato per il 23 giugno la seconda Cena dei Disinformatici: un'occasione mangereccia per conoscersi di persona dopo tante conversazioni fatte tramite i commenti del blog. Se vi va, il ritrovo è fissato per le 20 in un ristorante di Milano ed è indispensabile prenotarsi: per tutti i dettagli contattate Martino presso martibell chiocciola tin.it. Ci vediamo!
Una bella serata in buona compagnia è quel che ci vuole per ritemprarsi lo spirito (e rifocillarsi in abbondanza), e anche quest'anno la Cena dei Disinformatici per me è riuscita perfettamente in questo intento: spero abbia fatto altrettanto per tutti i partecipanti. Un saluto a chi non c'era ma voleva esserci e s'è perso il poltergeist spaccapiatti che ha perseguitato la Cena (chi c'era, sa; io taccio per difendere gli innocenti) e una ghiotta occasione per conoscersi meglio e dialogare al di fuori dello spazio pubblico dei commenti di questo blog. Ancora, ancora!
Questo è quello che è successo negli anni sessanta: eravamo in guerra con l'Unione Sovietica. Una guerra fredda, con un po' di guerra “calda” nel sud-est asiatico. Così avevamo paura di loro, perché avevano lanciato lo Sputnik – che fra l'altro, la gente non se lo ricorda ma era l'involucro svuotato di un missile balistico intercontinentale.
E “Sputnik” significa “compagno di viaggio”: tutto pacifico, insomma. Ma era la testata di un missile balistico, senza gli esplosivi. E quello fu quindi un segnale. E a noi, in America, venne il panico. La NASA fu fondata sull'onda della paura dello Sputnik. Bene. Così andiamo sulla Luna per paura che la Russia ci dominasse dall'alto. Poi andiamo sulla Luna e gli appassionati di spazio dicono “Oh, siamo sulla Luna nel 1969, saremo su Marte entro altri dieci anni!” Non avevano capito assolutamente le ragioni per le quali eravamo andati sulla Luna in primo luogo! Eravamo in guerra; quando abbiamo visto che i russi non erano pronti per andare sulla Luna abbiamo smesso di andarci anche noi. Questo non dovrebbe stupire nessuno che guardi di nuovo quel periodo.
Ma nel frattempo quell'intera epoca aveva galvanizzato la nazione. Lasciamo stare la guerra come motore. Ci galvanizzò tutti a sognare il domani. A pensare alle case del futuro, alle città del futuro, al cibo – tutto era FutureWorld, FutureLand, l'Esposizione Universale, tutte queste cose erano incentrate sul consentire alla gente di realizzare il domani. Era un atteggiamento culturale che ci era stato dato dal programma spaziale. E ne abbiamo raccolto i benefici di crescita economica perché avevamo gente che voleva diventare scienziato o ingegnere: la gente che rende possibile oggi che esista il domani. E anche se non sei uno scienziato o un tecnologo, darai valore a quell'attività. E queste, nel ventesimo secolo, sono le fondamenta delle economie di domani. Senza di esse, tanto vale che ci trasciniamo di nuovo alle caverne dove siamo diretti in questo momento – rovinati.
Sono stanco di ripeterlo, ma lo devo dire ancora: il budget della NASA ammonta a quattro decimi di cent per ogni dollaro di tasse. Se tenessi in mano un dollaro di tasse e lo tagliassi orizzontalmente per quattro decimi dell'un per cento della sua larghezza non arriverei neanche all'inchiostro. Quindi io non accetto che si dica “Non ce lo possiamo permettere”!
Vi rendete conto che gli 850 miliardi di dollari di salvataggio delle banche, quella somma di denaro, è più dell'intero budget di gestione della NASA di cinquant'anni? E quindi quando qualcuno dice “Non abbiamo abbastanza soldi per questo programma spaziale”, io chiedo “No, non è che non avete abbastanza soldi: è che la distribuzione dei soldi che state spendendo è distorta in un modo che vi fa eliminare l'unica cosa che dia alla gente qualcosa di cui sognare: il domani. La casa di domani, la città di domani, i trasporti di domani.” Tutto questo è finito negli anni settanta, dopo che abbiamo smesso di andare sulla Luna. È finito tutto. Abbiamo smesso di sognare.
E quindi io sono preoccupato che le decisioni del Congresso non tengono conto delle conseguenze di quelle decisioni sul domani. Mirano al rapporto trimestrale, mirano alla prossima tornata elettorale, e questo sta ipotecando il vero futuro di questo paese. Il domani non c'è più.
Se raddoppiate il budget della NASA – adesso è mezzo cent sul dollaro – lo portate a un cent, siate temerari, portatelo a un cent... Basterebbe per andare entro breve tempo su Marte con della gente e tornare sulla Luna e andare oltre a visitare un asteroide. La NASA, per quel che posso giudicare io, è una forza della Natura senza eguali. E quindi quello che mi preoccupa è che se togli il programma spaziale umano – un programma che, se fai avanzare le frontiere, fabbrica eroi – è un operatore di forza sulla filiera dell'istruzione che stimolerà la formazione di scienziati e ingegneri, di matematici e tecnologi. Fai nascere queste persone e le introduci nella società. Sono loro che fanno arrivare il domani.
Mezzo centesimo. Ci compri la Stazione Spaziale, lo Space Shuttle, tutti i centri della NASA, i veicoli robotici, il telescopio Hubble, tutti gli astronauti. Tutto.
Nessuno più sogna il domani. L'agenzia che ha il maggior potere sui sogni di una nazione è ora a corto di fondi per fare quello che deve fare: far avverare i sogni.
Quanto paghereste per l'Universo?