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2017/01/03

Come nasce una bufaletta giornalistica: il nome della figlia di Samantha Cristoforetti

Questo articolo è stato aggiornato estesamente dopo la pubblicazione iniziale del 2017/01/03 e vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori: se vi piace, potete farne una anche voi. Ultimo aggiornamento: 2017/01/06 10:40.

La notizia in sé è lieta: Samantha Cristoforetti ha dato alla luce una bimba. Il modo in cui la stampa italiana l’ha gestita, invece, è piuttosto deprimente: è un esempio, piccolo ma chiaro, di come il giornalismo (non tutto, ma quasi tutto) oggi lavori di fretta, in maniera dilettantesca e superficiale, andando contro le regole più elementari del mestiere.

La notizia della nascita è stata data oggi inizialmente dal Trentino, che ha annunciato che il parto è avvenuto “alla fine di novembre” ma che l’astronauta “ha protetto il suo segreto gelosamente, come la sua creatura, fino a ieri, quando la notizia è trapelata”. L’articolo ha annunciato anche il nome, anzi i nomi, della bimba: “Kelsey, come coraggiosa. Amal, come speranza”.

Praticamente tutti i principali nomi della stampa e dei media italiani e italofoni hanno ripreso la notizia: Repubblica, Panorama, ANSA, La Stampa, Corriere della Sera, Sky TG24, per citarne alcuni. E il Trentino si è ampiamente autocompiaciuto dello scoop.

Fin qui la vicenda scivolerebbe via leggera, con un festeggiamento mediatico collettivo della buona notizia e magari una riflessione sulla discutibile intrusione nella vita privata di un capitano dell’Aeronautica Militare – non di una starlette in cerca di notorietà – e nella sfera personale di una famiglia che ha ripetutamente e chiaramente espresso il desiderio e il diritto di essere lasciata in pace. Samantha Cristoforetti è sempre stata disponibilissima a parlare della propria attività pubblica e del proprio lavoro nello spazio, ma è sempre stata chiara nel difendere la propria vita privata da gossippari e paparazzi, più interessati al suo taglio di capelli o alla tinta del suo tailleur che ai suoi esperimenti scientifici.

Ma c’è un dettaglio rivelatore che rende la notizia interessante per chi vuole capire come lavora il giornalismo: tutti hanno pubblicato il nome sbagliato della bimba, copiando e ricopiando l’errore iniziale. Un errore modesto, dovuto alla fonte informale della notizia (“è trapelata”, scrive il Trentino), ma sufficiente a consentirne il tracciamento. So dello sbaglio semplicemente perché via Twitter ho chiesto conferme della notizia del Trentino alla fonte diretta, cioè a Samantha, che cortesemente ha risposto segnalandomi fra l’altro la questione del nome. Per rispetto verso la bimba e la sua famiglia, non pubblico il nome corretto: mi sembra sensato che sia Samantha Cristoforetti a decidere se e quando farlo.

Questo errore collettivo dimostra che tutti hanno copiaincollato dalla notizia originale. Dimostra che nessuno è riuscito a ottenere conferme dalla diretta interessata, dai familiari, dagli amici oppure dall’Agenzia Spaziale Europea o dall’ASI [2017/01/06: dopo la pubblicazione iniziale di questo mio articolo, alcuni colleghi mi hanno scritto in privato per dirmi che ci hanno provato, ma senza successo], ma tutti hanno comunque pubblicato la notizia e il nome con toni di certezza, senza esitazioni.

In altre parole, chi ha fatto giornalismo copiaincolla ha violato una delle regole di base del mestiere di giornalista, ossia mai spacciare per certe delle notizie che hanno una sola fonte. Specialmente se la sola fonte è indiretta ed è un’indiscrezione. Se proprio si vuole pubblicare la notizia, si specifica che si tratta di una voce non confermata invece di presentarla come fatto assodato. Non è difficile: in questo caso basta scrivere “la bimba si chiamerebbe, secondo indiscrezioni, Kelsey Amal, ma mancano conferme.” Tutto qui.

È così che si crea una piccola ma eloquente bufala: stavolta non la creano gli internauti, ma i giornalisti che lavorano male, non sanno rispettare il desiderio di privacy di una famiglia e pensano che aver scoperto il nome di una bambina sia uno scoop. Peccato.

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