Cerca nel blog

2022/01/31

“Ci ho messo circa tre ore a farlo”: lo strano spam nei messaggi diretti su Instagram

Ultimo aggiornamento: 2022/01/31 21:45.

Stamattina, durante una lezione a scuola a Canobbio (Canton Ticino), diversi studenti mi hanno segnalato di aver ricevuto tramite un social network (non hanno precisato quale) un messaggio privato come quello mostrato qui accanto: un invito a cliccare su un link, preceduto dalla frase “Ci ho messo circa tre ore a farlo. Spero proprio che ti piaccia” (in originale: “This took me about 3 hours to make. I really hope you like it”).

Poco dopo mi è arrivata la stessa segnalazione da un’altra fonte di famiglia.

Il link è giftshop7062 punto buzz. Dopo lo slash c’è il nome Instagram dell’utente che l’ha ricevuto. Per ora sembra essere un semplice redirect alla pagina di login di Instagram, secondo Wheregoes.

La cosa strana è che il messaggio diretto su Instagram che contiene questo invito arriva da un contatto del destinatario, come se l’account del contatto fosse infetto. Avete idee di cosa sia?

Secondo questo post sarebbe una truffa che circola da alcuni mesi, ma non mi è chiaro come funzioni. Se ne sapete di più, i commenti sono a vostra disposizione.

---

Aggiornamento: Stando alle vostre segnalazioni e a quello che ho trovato online, questo testo circola già da tempo (almeno da luglio-agosto 2021), appunto, ma legato a link differenti. Lo schema dovrebbe essere quello di un classico phishing: nelle versioni che ho visto in giro, il link porta a una falsa pagina di login che imita quella di Instagram. Ecco un esempio tratto da questo video a 3m35s:

Se la vittima immette le proprie credenziali nella falsa pagina di login, le regala ai truffatori, che prendono il controllo dell’account Instagram della vittima e lo usano per mandare automaticamente lo stesso invito-trappola a tutti i contatti presenti nella rubrica Instagram della vittima. Quei contatti ricevono l’invito in apparenza da qualcuno che conoscono e quindi tendono a fidarsi; la curiosità di vedere di cosa si tratta fa abbassare ulteriormente la guardia.

Il mio primo consiglio pratico è non cliccare sul link. Se l’avete fatto e avete digitato le vostre credenziali, cambiate password. Se avete usato la stessa password altrove, cambiatela anche lì.

Se vi siete protetti preventivamente con l’autenticazione a due fattori, come raccomando di fare da anni, non perderete il controllo del vostro account.

Il secondo consiglio è non bloccare il mittente, perché probabilmente non ha colpa ed è una vittima come voi.

Il terzo e ultimo consiglio è contattare a voce il mittente e avvisarlo che sta mandando in giro link-trappola, perché magari non se ne è reso ancora conto.

2022/01/29

Che fine hanno fatto le app di contact tracing?

Il 25 gennaio scorso sono stato ospite in collegamento audio/video di una puntata del programma Millevoci dedicata alla situazione delle app di tracciamento dei contatti o di tracciamento di prossimità, tanto discusse a inizio pandemia e oggi passate un po’ in secondo piano. 

I conduttori Nicola Colotti e Elisa Manca hanno ospitato anche e soprattutto Emiliano Albanese, epidemiologo, coordinatore di Immunitas Ticino, Professore di Salute Pubblica alla Facoltà di scienze biomediche dell’USI, e Angelo Consoli, responsabile del Laboratorio di Cybersecurity della SUPSI.

Qui sotto potete ascoltare la registrazione della trasmissione.

2022/01/27

I messaggi dei sottomarini militari sono in Tubular Bells di Mike Oldfield

Ultimo aggiornamento: 2022/01/31 22:20.

C’è un collegamento decisamente strano fra il film L’Esorcista (1973), l’informatica e i sottomarini militari.

Nell’album Tubular Bells di Mike Oldfield, usato nella colonna sonora de L’Esorcista in modo memorabile e inquietante, c’è realmente un messaggio nascosto, coperto dalla musica. 

Non sto parlando dei presunti messaggi satanici che si anniderebbero in certi brani musicali se vengono riprodotti al contrario, ma di un vero e proprio messaggio tangibile e concreto, che però non è stato inserito intenzionalmente da Mike Oldfield. Ma allora come ha fatto a rimanere impresso nell’album?

Per capirlo bisogna riscoprire la storia di quell’incredibile disco. Tubular Bells fu registrato nel 1973, quando Oldfield aveva solo 19 anni, presso i celeberrimi Manor Studios di Richard Branson, a Shipton-on-Cherwell, in Inghilterra, a nord di Oxford.

A un’oretta di distanza da questi studi di registrazione c’era Rugby Radio, una stazione radio militare a frequenza molto bassa o VLF, che veniva usata per inviare messaggi ai sottomarini della Marina britannica attraverso le sue antenne alte fino a 250 metri.

Questa stazione radio era talmente potente che i suoi segnali entravano negli impianti di registrazione dei Manor Studios, lasciando una traccia molto fioca a 16 kHz di cui i tecnici non si accorsero durante la registrazione dell’album di Mike Oldfield.

Insomma, in Tubular Bells sono stati registrati per errore i messaggi militari dei sottomarini, che sono lì da scoprire ancora oggi grazie all’informatica.

Infatti, come spiegato da David Schneider su IEEE Spectrum, se si prende un CD di Tubular Bells, lo si converte in un file WAV e lo si elabora con un’applicazione di software-defined radio (SDR) sintonizzata su 16 kHz in modo da demodulare i segnali a onda continua, emerge molto chiaramente del codice Morse. Nei suoi esperimenti, Schneider ha trovato molte ripetizioni delle lettere VVV (che significa “prova”) e GBR (che era la sigla identificativa o callsign della stazione radio militare).

Riccardo Rossi ha verificato questa chicca prendendo un file audio di Tubular Bells in formato FLAC e filtrandolo con il software SDR, con questo risultato:

L’idea che in un album musicale siano annidati per errore dei messaggi militari di quasi cinquant’anni fa è già abbastanza bizzarra, ma c’è di più: lo stesso software usato per estrarre questi codici dal disco di Mike Oldfield può essere usato per il monitoraggio delle eruzioni solari, che emettono potenti segnali radio VLF. Grazie al software, è possibile oggi costruire una stazione di monitoraggio di questi eventi astronomici con circa 70 dollari (o euro o franchi). Prima un equipaggiamento del genere sarebbe stato enormemente più costoso.

A questo punto sovviene un pensiero: quanti altri album furono registrati in quegli studi britannici e quindi forse contengono altri segnali militari? E più in generale: man mano che la tecnologia di analisi dei segnali diventa più sofisticata e i costi delle apparecchiature scendono, quante altre tracce fantasma del nostro passato troveremo nascoste nelle vecchie registrazioni?

Ma soprattutto resta un mistero: come faceva David Schneider a sapere di poter cercare i segnali dei sottomarini dentro Tubular Bells?

---

Addenda /1

Riccardo Rossi mi ha inviato queste istruzioni per consentire di replicare il suo esperimento:

DECODIFICA TRASMISSIONE MORSE DELLA RUGBY RADIO STATION IN TUBULAR BELLS (1973)

1) Procurarsi una registrazione ad alta qualità della versione originale di Tubular Bells di Mike Oldfield registrata nel 1973 in uno dei seguenti modi:

a. DIFFICILE – Procurarsi il vinile della versione originale ed avere l’attrezzatura per farne una copia digitale in formato .wav

b. MEDIO – Procurarsi il CD con la traccia originale (e non le versioni rimasterizzate pubblicate dallo stesso Oldfield negli anni 2000) e farne una copia in formato .wav

c. FACILE – Cercare e scaricare da internet il “rip ISO” del CD o la versione .flac ad alta qualità, dopo di che convertirla in formato .wav con uno dei tanti software audio disponibili gratuitamente.

* Per scopi puramente scientifici ho caricato la traccia .flac a questo link temporaneo https://t.co/riVYXCyfyZ

** Non è un caso che non abbia preso in considerazione le versioni in .mp3, in quanto questo tipo di compressione cancella completamente (o inibisce moltissimo) la gamma di frequenze dove è rimasta registrata la trasmissione radio.

2) Procurarsi un software SDR; ce ne sono diversi gratuiti ed io ho scelto SDR# (Windows) disponibile a questo link: https://airspy.com/download/.

Questi software normalmente funzionano accoppiati ad un dongle SDR o ad una radio, ma possono anche analizzare delle registrazioni “offline” andando a leggere semplicemente un file, ed è proprio quello che andremo a fare.

3) Scompattare SDR# in una cartella e lanciare SDRSharp.exe (non è necessaria una installazione).

4) Nel pannello SOURCE in basso a sinistra, dal menu a tendina selezionare Baseband File (*.wav) e caricare il file .wav di Tubular Bells.

5) Selezionare RAW nel pannello RADIO in alto a sinistra e nel campo Bandwidth inserire il valore 44000.

6) Premere il tasto PLAY in alto a sinistra, e dovreste iniziare a sentire Tubular Bells.

7) Se notate attentamente sullo spettrogramma in corrispondenza dei 16 kHz c’è un segnale sottile, che è una cosa abbastanza inusuale per una traccia audio. Per isolare ed ascoltare solo quella fettina di spettro, selezionare CW nel pannello RADIO. La modalità CW (continuous wave) serve per la ricezione di segnali in codici morse che intrinsecamente hanno una banda molto stretta (una volta cliccato CW noterete che il software porta automaticamente la Bandwidth da 44000 a 300).

8) A questo punto sintonizzatevi sui 16 kHz cliccando la zona di interesse col mouse sullo spettrogramma (o scrivendo 16.000 nei campi numerici in alto a destra dello slider del volume). La sequenza di punti e linee ora dovrebbe essere chiaramente udibile.

Riky IU4APB

Addenda /2

Alcuni esperti di storia delle radiocomunicazioni mi hanno espresso perplessità sulla descrizione della natura militare delle trasmissioni di Rugby Radio. Riporto testualmente quello che scrive David Schneider nell’articolo che ho linkato: “[...] the British government operated a very-low-frequency (VLF) radio station to send messages to submarines”. Inoltre un articolo tematico su OurWarwickshire.org.uk dice che “During the Falklands War in 1982 a special South Atlantic short wave circuit was urgently set up for the MoD. This, together with the GBR VLF transmitter used by the MoD(N), helped in the war effort.” E questo documento dedicato a Rugby Radio dice che “During and following the 2nd World War the traffic moved from commercial telegrams to ships and diplomatic news broadcasts, to Air Ministry weather forecasts and finally played an important part in the Cold War, providing submarine communications for the Royal Navy.” Un uso militare di Rugby Radio sembra insomma ragionevolmente ben documentato. 

Chicca: il secondo documento che ho linkato cita una cosa che sembra tratta di peso da un libro steampunk di passati alternativi: nel 1926 (un secolo fa, insomma) Rugby Radio aveva una portata planetaria. Il suo segnale Morse, diffuso con 350 kW di potenza al trasmettitore, si riceveva in tutto il mondo e faceva parte dell’Imperial Wireless Network, la rete senza filo dell‘Impero britannico. E l’anno successivo (1927) fu inaugurato il servizio telefonico intercontinentale fra il Regno Unito e gli Stati Uniti. Il servizio era piuttosto esclusivo: portava un massimo di due telefonate e una telefonata di tre minuti costava circa 600 sterline di oggi, ossia settecento euro.

In 1927, just a year after the Radio Station opened, the first radio telephone service from the UK to the USA began. Later this service could carry a maximum of two telephone calls using a frequency of 60-68 kHz in the Long Wave band. The cost of a call, during the first year of service was £15 for three minutes, about £600 at today’s prices. The service was transmitted from Rugby and the receiving station for the return leg of the circuit was at Wroughton in Wiltshire. Later a receiver at Cupar in Scotland was also used. In the USA the receiver was at Houlton in Maine and the return leg transmitter at Rockypoint, New York.

Addenda /3

Nei commenti, pgc segnala che Schneider spiega in parte come faceva a sapere dei segnali dei sottomarini dentro Tubular Bells quando dice “[...] It seems the powerful emanations from this nearby station, broadcast at a radio frequency of just 16 kilohertz (within the audio range), were picked up by the electronic equipment at Branson’s studio and recorded at a level too low for anyone to notice. After learning of this, I purchased an old CD of Tubular Bells. Insomma, sembra che Schneider sia venuto a conoscenza dei radiodisturbi che affliggevano i Manor Studios in quel periodo (forse da qualcuno che ci lavorava) e che abbia semplicemente scelto Tubular Bells come uno dei vari album registrati nel periodo giusto in quello studio di registrazione.

Attenzione alle false notifiche di violazione di copyright su Instagram: servono a rubare gli account

Da alcuni mesi una nuova forma di estorsione sta facendo molte vittime fra gli utenti di Instagram, in particolare fra quelli che hanno un numero importante di follower e usano il proprio account Instagram per lavoro, come per esempio gli influencer, o per la comunicazione aziendale. 

Le vittime di questo attacco si trovano facilmente cercando in Instagram una frase molto specifica in inglese: this instagram account is held to be sold back to its owner, ossia “questo account Instagram è bloccato per essere rivenduto al suo proprietario”, oppure cercando il nome pharabenfarway.

Ecco alcuni esempi: si trovano vittime che hanno anche solo un migliaio di follower, oltre a quelle con centomila e più, segno che gli aggressori non si limitano a colpire i grandi utenti di Instagram.


 

 

Altri casi sono segnalati da Byu.edu e The Sun: per esempio, una coppia britannica, Al e Jen Ferguson, si è vista sottrarre il controllo del suo account Instagram, sul quale aveva accumulato circa 30.000 follower nel corso di sette anni. I due hanno ricevuto via WhatsApp un messaggio da una persona che chiedeva una sterlina per ogni follower (circa 37.000 franchi o 36.000 euro). L’intruso ha poi cambiato il nome dell’account e la bio della coppia, mettendoci la frase standard di blocco dell’account. I Ferguson hanno rifiutato di pagare e così l’aggressore ha cambiato la loro immagine di profilo e poi ha eliminato l’account insieme a circa 5000 fotografie.

La tecnica usata per prendere il controllo degli account non è particolarmente sofisticata: è questione di psicologia, non di falla informatica. Gli esperti di sicurezza di Secureworks la spiegano in dettaglio.

La vittima riceve un messaggio che in apparenza proviene da Instagram e avvisa che una delle foto pubblicate dall’account “contiene contenuto protetto dal diritto d’autore. Se non viene presentata opposizione a proposito dell’opera protetta, dovremo eliminare il vostro account. Si prega di compilare il modulo online di opposizione.” 

Il link al presunto “modulo di opposizione” è uno di quei link abbreviati che nasconde la vera destinazione e porta a un sito, gestito dai truffatori, che ha lo stesso aspetto grafico di Instagram e continua con tono minaccioso l’accusa di violazione del copyright. Se la vittima clicca sul finto modulo, viene chiesta la sua password. Se la vittima, pensando di essere su Instagram, immette la propria password la regala ai truffatori, che quindi la usano per prendere il controllo dell’account, cambiando subito password e nome utente.

Nella bio compare la dicitura “questo account Instagram è bloccato per essere rivenduto al suo proprietario” in inglese insieme a un link WhatsApp che porta a un numero di telefono: quello dei truffatori, da usare per una chat via WhatsApp per trattare il riscatto.

Per non farsi mancare nulla, i truffatori nel frattempo mettono in vendita negli appositi mercati illegali gli account di cui hanno il controllo, così se fallisce il tentativo di estorsione possono provare a rifarsi vendendoli ad altri truffatori o spammer. Al momento il portafogli Bitcoin dei truffatori ha ricevuto circa 10.000 dollari.

L’attacco, insomma, si basa sull’ansia creata dal falso avviso di violazione del diritto d’autore e dalla paura di perdere il proprio account nel quale si è investito tanto. Questo vuol dire che la difesa consiste prima di tutto nel non farsi prendere dal panico e nel fare attenzione prima di digitare la propria password. 

Ma ci sono anche delle misure di prevenzione: per esempio, l’autenticazione a due fattori, da attivare su proprio account Instagram andando in Impostazioni - Sicurezza - Autenticazione a due fattori. In questo modo, se in un momento di ansia digitate la vostra password in un sito di truffatori che si spaccia per Instagram, non perderete il controllo del vostro account.

Antibufala: sì, una signora ha davvero trovato nello spam una vincita della lotteria. No, non credete alle “vincite” che trovate nel vostro spam

Ecco. Passi una vita a raccomandare alla gente di non credere alle mail che annunciano straordinarie vincite alla lotteria, perché tanto sono tutte truffe che rubano soldi, e poi arriva una notizia come questa che smonta tutto il lavoro fatto.

La signora Laura Spears, negli Stati Uniti, ha davvero ricevuto una mail che le comunicava una vincita autentica a una lotteria che si tiene nello stato del Michigan, dove risiede. Ha vinto in tutto tre milioni di dollari. Ironia della sorte, la mail di annuncio della vincita era finita nello spam.

La signora Spears racconta che stava cercando una mail che qualcuno le aveva inviato e quindi ha frugato anche nella cartella dello spam. E lì ha trovato “una mail proveniente dalla Lotteria che diceva che avevo vinto un premio. Non riuscivo a credere a quello che stavo leggendo” ha dichiarato la signora “e così mi sono collegata al mio account presso la Lotteria per confermare il messaggio.”

La vincitrice ha ritirato di recente la vincita, come annunciato dal sito ufficiale della lotteria. Insomma, è tutto vero, e la storia ha fatto il giro del mondo (BBC; ADNKronos; Guardian). Ma attenzione: non correte a frugare nelle vostre cartelle spam alla ricerca di messaggi analoghi. Quelli che troverete lì sono e continuano a essere truffe.

Infatti nella vicenda della signora Spears c’è un particolare importante da tenere ben presente: la vincitrice aveva davvero acquistato un biglietto della lotteria del Michigan e aveva un account online presso questa lotteria. Le mail di presunta vincita che troverete nelle vostre cartelle spam, invece, riguardano lotterie alle quali non avete partecipato. E questa differenza è un criterio molto facile per distinguere i raggiri dalle comunicazioni di vincita autentiche.

E se avete qualche amico o familiare che tende ad abboccare a questi falsi annunci di vincita e adesso vi rinfaccia questa notizia della signora Spears, cogliete l’occasione per spiegare come funzionano queste truffe: la stessa mail di annuncio viene mandata dai truffatori a migliaia di persone, e se qualcuna di queste migliaia ha la malaugurata idea di rispondere riceverà una richiesta di anticipare delle “spese burocratiche”, in realtà inesistenti, se vuole incassare la presunta vincita. Ma le lotterie reali non chiedono ai vincitori di mandare soldi. Anche questa è una differenza facile da ricordare.

Informatico scopre falla in macOS che consente anche di attivare la webcam: Apple lo premia con oltre 100.000 dollari

Ultimo aggiornamento: 2022/01/28 2:40.

Se avete un computer Apple, aggiornatelo appena possibile alla versione più recente di macOS, la 12.2. Un informatico, Ryan Pickren, ha infatti scoperto una serie di falle davvero notevoli nella sicurezza dei computer di questa marca, che permettevano di prendere il controllo di tutti gli account aperti della vittima e, ciliegina sulla torta, anche della sua webcam. 

La buona notizia è che l’aggiornamento a macOS 12.2 chiude queste falle e Pickren è un hacker buono, ossia uno di quelli che invece di tenere per sé un potere del genere o rivenderlo a qualche banda di criminali informatici contatta le aziende e segnala le vulnerabilità, tenendole segrete fino al momento in cui sono disponibili delle correzioni. Per questa sua scelta responsabile Apple lo ha ricompensato con 100.500 dollari, come previsto dal programma di bug bounty dell’azienda, che prevede premi variabili a seconda della gravità della falla segnalata responsabilmente.

Ma come è possibile che delle falle di un sistema operativo (in questo caso macOS) permettano di prendere il controllo degli account della vittima? A prima vista sembrerebbero due cose molto distinte. Pickren ha spiegato i dettagli della sua tecnica di attacco.

Il primo passo è molto banale: convincere la vittima a visitare con Safari, il browser standard di Apple, un sito che fa da trappola. Il sito non contiene virus o altro: ospita semplicemente un documento innocuo, per esempio un’immagine di un tenerissimo cucciolo o il classico buongiornissimo caffé, collegato tramite un link (URI) speciale, icloud-sharing:, che viene usato normalmente da Safari per i documenti condivisi tramite iCloud.

In pratica la vittima, quando visita il sito-trappola, riceve un invito a scaricare un documento condiviso innocuo. Se accetta, come è probabile se il documento ha un nome allettante, Safari scarica il documento stesso. La vittima apre il documento, vede che è una foto non pericolosa e non ci pensa più.

Fin qui niente di speciale. Ma la falla di macOS scoperta da Ryan Pickren ha un effetto molto insolito: siccome il documento è stato scaricato usando la funzione di condivisione di Apple, il creatore del documento condiviso può cambiare a proprio piacimento il contenuto della copia scaricata sul computer della vittima. In altre parole: la foto del cucciolo puccioso viene sostituita per esempio da un programma eseguibile, che a questo punto l’aggressore può attivare sul Mac della vittima quando vuole.

L’astuzia non è finita. Normalmente macOS non consente di eseguire programmi non approvati (grazie a Gatekeeper). Ma Pickren ha scoperto un modo per eludere questi controlli. Il programma ostile iniettato nel Mac della vittima può quindi agire indisturbato, senza che la vittima riceva richieste di approvazione, ed eseguire per esempio del JavaScript che può fingere di provenire da Twitter, Google, Zoom, PayPal, Gmail, Facebook o qualunque altro sito (è possibile impostarne l’origin a piacimento) e può fare tutto quello che può fare la vittima nel proprio account presso questi servizi: pubblicare messaggi, cambiare impostazioni, cancellare contenuti e anche attivare la webcam.

Questa falla, comunque, è stata ora corretta, insieme a un’altra molto grave che permetteva di prendere il controllo dei Mac e di sorvegliarne le attività (creando una backdoor).

Morale della storia: non fidatevi delle offerte di scaricare documenti condivisi da siti che non conoscete, neanche se i documenti sembrano innocui, e aggiornate il vostro macOS appena possibile, naturalmente dopo aver creato una copia di sicurezza dei vostri dati.

A proposito di aggiornamenti Apple: ce ne sono anche per gli Apple Watch, per i media player della stessa marca, per i suoi altoparlanti smart (che finalmente introducono il riconoscimento vocale multiutente in italiano),  per gli iPhone e per gli iPad. Smartphone e tablet passano alla versione 15.3 e risolvono una falla che permetteva ai siti ostili di scoprire quali altri siti avevate visitato e di ottenere altri dati personali. Anche qui, conviene aggiornarsi al più presto. Le istruzioni per farlo sono come sempre sul sito di Apple.

2022/01/23

DragonChase 2022: andiamo in Florida a vedere la partenza di Samantha Cristoforetti. Diario di una pazzia

Credit: io, Mission-Patch e

Pubblicazione iniziale: 2022/01/23 13:55. Ultimo aggiornamento: 2022/01/27 00:10.

Sappiamo che è una pazzia e che il rischio di non farcela è alto: ma se non ci proviamo, è sicuro che perderemo un’occasione irripetibile. Insieme alla Dama del Maniero e a un paio di amici, andrò in Florida, al Kennedy Space Center, per tentare di assistere alla partenza per lo spazio di Samantha Cristoforetti. Sarebbe la prima volta che assisto dal vivo alla partenza di un razzo orbitale.

Fra noi e questo obiettivo ci sono una pandemia e l’imprevedibilità della meteorologia e della tecnologia spaziale. Troverete su questo blog il racconto di questa piccola grande avventura.

Il lancio

Samantha Cristoforetti partirà dalla storica Rampa 39A del centro spaziale Kennedy, quella usata per quasi tutte le missioni lunari con equipaggio, a bordo di una capsula Dragon portata da un vettore Falcon 9. Capsula e vettore sono entrambi progettati e realizzati dalla SpaceX di Elon Musk. Al comando della missione, denominata Crew-4, ci sarà Kjell Lindgren; il veicolo spaziale verrà pilotato da Robert Hines. Samantha, che vola come astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea, sarà specialista di missione (Mission Specialist) insieme a Jessica Watkins e sarà l’unica persona europea a bordo (gli altri tre membri sono statunitensi e sono tutti astronauti NASA).

A sinistra, la patch del volo verso la Stazione, denominato Dragonfly (libellula in inglese); a destra, quella della prima parte della missione a bordo, denominata Expedition 67.

La data di decollo attualmente pianificata è ufficialmente “non prima del 15 aprile 2022”. La data esatta del lancio verrà comunicata probabilmente intorno alla fine di febbraio e può cambiare moltissimo per via di numerosi fattori interni ed esterni (altri lanci concomitanti, condizioni meteo e altro ancora). Due settimane prima della data di lancio pianificata si terrà la riunione di valutazione denominata Launch Readiness Review, che di solito fissa la data di lancio dal punto di vista tecnico e di operatività, ma resterà fino all’ultimo l’incognita delle condizioni meteo al luogo di lancio e anche lungo la traiettoria di decollo (dato che in caso di emergenza la capsula ammarerebbe nell’Atlantico e quindi è necessario che non ci siano onde troppo alte nelle zone di possibile ammaraggio).

La destinazione del volo è la Stazione Spaziale Internazionale, di cui Samantha Cristoforetti diventerà poi comandante durante la sua permanenza a bordo (che dovrebbe durare sei mesi) quando inizierà la fase denominata Expedition 68a. Questo suo ruolo è stato annunciato a maggio 2021 (qui un articolo dell’Agenzia Spaziale Italiana). Sarà la prima donna europea a comandare la Stazione.

Samantha Cristoforetti in addestramento sulla Terra, nel 2021. L’oggetto è una croce di riferimento sporgente (stand-off cross) del bersaglio ottico di attracco (Credit: ESA).

Il vettore SpaceX sarà un Falcon 9 che ha già volato tre volte, l’esemplare B1067. La capsula Dragon è invece un esemplare nuovo.

L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha pubblicato un articolo dedicato alla patch della missione Crew-4 e al suo significato.

La nostra “missione”: Dragonchase 2022

Abbiamo già prenotato i voli aerei di andata e ritorno, scegliendo formule rimborsabili e rinviabili in caso di cambiamenti nella data di lancio (o anche in caso di nostre positività al tampone Covid, obbligatorio prima di prendere l’aereo), ma può anche succedere che il lancio venga rinviato dopo che siamo arrivati in Florida.

Ci tratterremo una decina di giorni, per cui abbiamo un minimo di margine per eventuali rinvii brevi del lancio, ma sappiamo che c’è il rischio di dover ripartire senza vedere il decollo di Crew-4. Per cui abbiamo pensato al viaggio come occasione per rivedere (per alcuni di noi, vedere per la prima volta) lo storico centro spaziale statunitense e altre cose interessanti della Florida e incontrare amici appassionati di spazio che si stanno radunando in Florida per la stessa occasione: se poi ci capita di assistere al lancio, tanto meglio.

Non abbiamo previsto di incontrare Samantha: solo la famiglia più stretta ha il permesso di avvicinarsi ai membri dell’equipaggio, e per farlo sta tutta in quarantena per due settimane prima del lancio. È una precauzione che vale per tutte le missioni spaziali con equipaggio, anche in periodi senza pandemie; ora vale ancora di più. Tuttavia due giorni prima del lancio c’è una possibilità di un saluto a distanza a tutto l’equipaggio. Vedremo come andranno le cose.

Nel frattempo ho preparato in fretta e furia la nostra patch di missione; avendo pochissimo tempo, ho preso spunto dal sito che genera automaticamente patch spaziali, ho preso un’illustrazione di un decollo Dragon/Falcon 9 pubblicata da Natália Brondani e ho fuso il tutto con qualche licenza artistica nel logo che vedete a inizio articolo. Considerato che ci ho potuto dedicare mezz’ora scarsa a notte fonda, non mi posso lamentare. Anche il nome della missione, DragonChase 2022, è un’idea partorita di corsa. Non è originale, ma rende bene il concetto della nostra piccola pazzia.

Come seguire il lancio

SpaceX, ESA e NASA TV trasmetteranno come consueto il lancio in streaming: pubblicherò i link specifici appena possibile, ma intanto segnatevi il canale YouTube di SpaceX. SpaceLaunchSchedule.com ha una descrizione generale del lancio. Su Twitter, Astronomia Pratica segnalerà i passaggi della Stazione (e quindi anche della Dragon che inseguirà la Stazione fino ad attraccarvi) sopra l’Italia e il sud Europa in generale. Gli amici di Astronautinews.it dedicheranno sicuramente vari articoli alla missione. Samantha Cristoforetti è su Twitter come @astrosamantha.

Data e orario di lancio non sono ancora stati annunciati definitivamente, ma la meccanica orbitale obbliga la Dragon a decollare in corrispondenza di passaggi della Stazione sopra il Kennedy Space Center (latitudine 28.45, longitudine -80.52) o nelle sue vicinanze, per cui i siti che calcolano il moto orbitale della Stazione ci dovrebbero permettere di avere un’idea delle varie finestre di lancio che saranno disponibili. Tuttavia i calcoli soffrono di notevoli imprecisioni quando si cerca di fare previsioni a lungo termine a causa della variabilità della densità atmosferica alla quota della Stazione (sì, c’è ancora una tenuissima atmosfera a quella quota, e ha un effetto frenante) e di eventuali manovre per evitare detriti.

Di conseguenza, le previsioni attendibili coprono circa dieci giorni. Le trovate su Heavens-above.com (questo è il link specifico per il KSC) o su Ny2o.com (è necessario un login). Spot the Station, della NASA, si spinge fino a 15 giorni, e pubblica i dati grezzi delle effemeridi, generati dal Trajectory Operations and Planning Officer (TOPO) della Stazione, insieme alle manovre pianificate che possono influenzare l’orbita. Ne sapremo di più man mano che ci avviciniamo alla data di lancio.

Pubblicherò prossimamente un articolo in cui descriverò in dettaglio lo svolgimento di una missione Dragon con equipaggio. Nel frattempo, potete rivedere i lanci precedenti in queste registrazioni delle rispettive dirette video.

Ad astra e (come suggerisce Samantha Cristoforetti) nuannarpoq!

Crew Demo-1 (marzo 2019):


Crew Demo-2 (maggio 2020):


Crew-1 (novembre 2020):


Crew-2 (aprile 2021):


Crew-3 (novembre 2021):

2022/01/27

Intanto arrivano gesti di sostegno e incoraggiamento bellissimi come questa animazione della patch realizzata da @TheSclerochron1:

2022/01/21

Podcast RSI - Video porno nei convegni, fotoritocco senza app, super-riconoscimento facciale, hacker nel Far West

logo del Disinformatico

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

I podcast del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

2022/01/20

Hacker nel Far West

Ultimo aggiornamento: 2022/01/23 19:50. 

È una scena classica da western: l’eroe si accorge che sta per avvenire una rapina e corre a perdifiato per avvisare lo sceriffo, arrivando appena in tempo. Se invece vedeste un cowboy che corre semplicemente... fino al telefono più vicino restereste probabilmente spiazzati. 

Ma la realtà storica è questa: già nel 1890, quindi sul finire dell’era western comunemente intesa, negli Stati Uniti si potevano comperare i telefoni, e questi telefoni venivano “hackerati” dai cowboy per telefonare gratis nelle grandi pianure rurali.

Il problema non era procurarsi il telefono: lo si poteva ordinare per posta. Ma mancavano i cavi telefonici, che le compagnie come la Bell Telephone installavano soltanto nelle città. Tirare centinaia di chilometri di cavi per servire una manciata di persone non aveva nessuna convenienza economica.

Ma alcuni rancher intraprendenti si resero conto che in realtà i cavi c’erano già: bastava essere un pochino creativi. Le loro enormi proprietà erano infatti delimitate dal filo spinato, che è in sostanza un filo metallico in grado di condurre corrente e quindi anche di trasportare un segnale telefonico.

E di filo spinato ce n’era tanto. Nel periodo di picco, nel West ne veniva posato oltre un milione di chilometri ogni anno. Bastava attaccare un telefono alla recinzione e si poteva telefonare da un capo all’altro del filo, dato che i telefoni di quell’epoca erano autoalimentati da una batteria e generavano un segnale elettrico molto potente. Non serviva un centralino e non serviva un abbonamento. 

Si potevano anche fare chiamate collettive: anzi, quando qualcuno faceva una chiamata, squillavano tutti i telefoni presenti sul circuito. Ci si metteva d’accordo con una sequenza particolare di squilli per indicare la persona con la quale si voleva comunicare, ma era normale che rispondessero un po’ tutti. Le occasioni per parlare con qualcuno erano pochissime e quindi erano benvenute.

Questa strana storia di hacking nel Far West è documentata da storici come Rob MacDougall, della University of Western Ontario, in Canada, e raccontata da riviste come New Scientist (21/28 dicembre 2013) in tempi recenti e dalla Electrical Review del 1897, che segnala un ranch in California in cui “fra i vari accampamenti c’è una comunicazione telefonica tramite le recinzioni di filo spinato”. Il New England Journal of Agriculture, sempre nel 1897, cita due contadini del Kansas che vivevano a un miglio di distanza l’uno dall’altro e avevano collegato due telefoni al filo spinato per parlarsi.

In Texas, poi, c’era una recinzione, quello dell’XIT Ranch, che si estendeva per oltre 260 chilometri, e ai primi del Novecento “furono installati moltissimi telefoni nel ranch. Dove possibile, il filo superiore delle recinzioni veniva usato come linea telefonica, anche se la qualità del ‘servizio’ era atroce”, spiega il Texas Standard nel 2021. E non erano casi isolati: nel 1907 questi sistemi telefonici artigianali raccoglievano circa tre milioni di utenti, ossia mezzo milione in più di quelli della compagnia telefonica Bell. Trovate altre informazioni e dettagli in proposito su Atlas Obscura, How Stuff Works, Inc.

Queste reti telefoniche di filo spinato avevano però un limite: consentivano soltanto telefonate locali. Alla fine prevalsero le compagnie telefoniche, che offrivano chiamate interubane verso chiunque, anche se a pagamento, e oggi i cowboy comunicano le emergenze usando modernissimi telefoni satellitari, che prendono la linea anche dove non c’è il segnale radio della rete cellulare convenzionale.

Fonte: NBC News.

Storie dimenticate come questa, però, sono importanti per ricordare che non sempre è necessario ricorrere a tecnologie complicate, software e sistemi digitali per ottenere risultati sorprendenti. E se dovesse capitarvi di vedere un western in cui qualcuno telefona, non stupitevi e non gridate all’errore. La storia della tecnologia è piena di soluzioni alternative finite nell’oblio. Ogni tanto conviene ripassarle.

Riconoscimento facciale senza computer: il test per sapere se siete super-riconoscitori

“Non dimentico mai una faccia” sembra la classica battuta da film di serie B, ma per alcune persone è una realtà. Esistono infatti i cosiddetti super-riconoscitori, ossia individui che hanno una capacità eccezionale di riconoscere e ricordare i volti delle persone, arrivando a identificarle anche in immagini sgranate e confuse in mezzo a una folla. 

Si parla spesso dei sistemi informatici di riconoscimento facciale, visti a volte come minaccia che consente la sorveglianza automatica di massa e a volte come strumento potentissimo per rintracciare terroristi e altri criminali nelle immagini delle telecamere di sorveglianza, ma si parla molto meno di questi super-riconoscitori, che sono in sostanza dei sistemi di riconoscimento facciale biologici e hanno prestazioni superiori a quelle dei sistemi elettronici. Sono, in pratica, la versione reale dei mentat, i computer umani resi celebri nella fantascienza dalla saga letteraria e cinematografica Dune di Frank Herbert.

Yenny Seo, di Melbourne, è uno di questi “computer umani”: è una super-riconoscitrice. In una recente intervista per il Guardian, ha raccontato di essersi accorta di questa sua capacità superiore alla media sin da bambina e di averla messa in pratica con molta cautela per non inquietare le persone.

Una volta, ha detto al Guardian, ha usato il proprio talento per consentire di acciuffare un taccheggiatore seriale che rubava spesso nel negozio dove lei lavorava durante gli studi universitari. Le telecamere di sorveglianza avevano ripreso delle immagini del ladro, ma erano di pessima qualità. Furono mostrate comunque al personale del negozio e quindi anche a Yenny. Quando il ladro entrò di nuovo nel negozio, Yenny lo riconobbe subito e allertò l’addetto alla sicurezza.

Questa capacità di riconoscimento facciale viene usata da tempo dalle forze dell’ordine di vari paesi, che reclutano le persone che la manifestano. La polizia di Londra, per esempio, ha una squadra speciale che esamina le riprese delle scene dei crimini e l’ha usata nelle indagini per rintracciare gli autori di un avvelenamento di una ex spia russa avvenuto a Salisbury, nel Regno Unito, nel 2018. Yenny Seo al momento non fa parte di questi gruppi.

Si sapeva da sempre che ci sono persone più o meno brave nel riconoscere i volti, e che esiste la prosopagnosia, ossia l’incapacità totale o parziale di identificare un viso o di distinguerne uno da un altro; il fenomeno opposto, vale a dire il super-riconoscimento, è emerso grazie a Internet.

Nel 2017 un gruppo di ricercatori della University of New South Wales, in Australia, che studiava la prosopagnosia, si è accorto che esisteva un 1-2% della popolazione che aveva una capacità eccezionale di riconoscimento facciale ed era in grado di memorizzare volti non familiari anche dopo averli visti solo per qualche istante. 

Questa scoperta è stata possibile grazie allo strumento di test online che i ricercatori hanno pubblicato, invitando le persone di tutto il mondo a provarlo.

Le cause di questa capacità straordinaria sono ancora tutte da capire, ma se volete sapere se siete dei super-riconoscitori potete usare ancora adesso questo strumento. Vi verrà mostrata una prima serie di volti da memorizzare e poi una seconda serie: dovrete dire quali volti avete già visto e quali no. Yenny Seo è stata scoperta sfruttando proprio questo test, che è già stato utilizzato da oltre 100.000 persone. Yenny è tuttora tra le prime cinquanta in classifica.

Se siete come me e vi piazzate in fondo alla graduatoria, consolatevi: almeno la prossima volta che incontrate qualcuno che dovreste conoscere ma non riconoscete potrete scusarvi dicendo che non è pigrizia o disinteresse, è che siete fatti così... e lo certifica pure un test medico.

Ritoccare facilmente le foto gratis e senza installare app con Cleanup.pictures

Ultimo aggiornamento: 2022/01/21 9:30.

Capita spesso, dopo aver scattato una foto, di accorgersi troppo tardi che c’è un oggetto o una persona che non si voleva inquadrare o c’è una macchia, una ruga o una scritta che distrae troppo, oppure ancora c’è il classico turista che passa davanti nel momento sbagliato e rovina l’inquadratura. 

Eliminare questi difetti con il fotoritocco, però, richiede tempo, talento e programmi appositi, e i risultati sono spesso deludenti e molto vistosi.

C’è però un sito che promette di rendere molto più facile questo tipo di fotoritocco senza alcun bisogno di installare software: si chiama Cleanup.pictures e lo si può provare gratuitamente.

Il procedimento è molto semplice: si visita il sito con un browser qualsiasi e si trascina sull’apposita area l’immagine che si vuole ritoccare. Fatto questo, si prende il pennello virtuale offerto dal sito e lo si passa rapidamente sopra l’area che si vuole sistemare: non c’è bisogno di seguire con precisione dei contorni e anzi conviene pennellare un po’ al di fuori dei bordi dell’elemento da eliminare.

Per rimuovere una persona da una foto di gruppo, per esempio, bastano davvero pochi secondi anche a un imbranato come me, come mostro in questa foto stock



La tecnica utilizzata ha un nome complicatissimo: Large Mask Inpainting with Fourier Convolutions (PDF). I ricercatori che l’hanno sviluppata la chiamano più concisamente LaMa. In pratica, l’inpainting consiste nel ricostruire le zone mancanti di un’immagine (per esempio lo sfondo dietro una persona rimossa) usando gli elementi adiacenti in maniera intelligente, adoperando in questo caso le cosiddette convoluzioni di Fourier

Cancellare un oggetto posato su un tavolo, per esempio, richiede che al posto dell’oggetto venga ricostruita correttamente la trama della superficie del tavolo stesso.

Ecco un esempio veloce di cancellazione di un oggetto con ricostruzione dello sfondo: notate quanto è approssimativa la mia selezione dell’oggetto. Il cartello di divieto di sosta viene un po’ distorto, e l’ombra della colonnina non viene rimossa, ma considerato che ci ho messo letteralmente dieci secondi non è malaccio.



Cleanup.pictures si basa su software open source, quindi liberamente ispezionabile, riutilizzabile e modificabile: lo trovate su GitHub. Potete insomma crearvi la vostra copia gratuita oppure usare quella già pronta sul sito omonimo, che offre una versione a pagamento che produce risultati a maggiore risoluzione. 

Attenzione, però, alla riservatezza delle immagini che caricate: ho contattato i responsabili del sito per sapere se le foto ritoccate vengono inviate al sito o se restano sui nostri computer, visto che c’è un traffico di dati con il sito (il servizio non funziona offline) e al momento non ho ancora ricevuto risposta. Prudenza, quindi, e buon divertimento. 

---

2022/01/21 9:30. La risposta è arrivata: Cyril Diagne, che gestisce Cleanup.pictures, dichiara che le foto non vengono conservate e vengono cancellate immediatamente dalla memoria dopo l’elaborazione.

Video pornografico irrompe in convegno Zoom di senatori italiani: password pubblicata dagli organizzatori

Screenshot parzialmente oscurato da me.

L’occasione è molto seria: un convegno sul tema della pubblica amministrazione trasparente e del recepimento della direttiva UE Public Sector Information, organizzato online su Zoom da un movimento politico italiano e trasmesso dalla Web TV del Senato della penisola in diretta il 17 gennaio scorso. Fra gli ospiti c’è anche il premio Nobel 2021 per la fisica Giorgio Parisi.

A un certo punto del convegno, sullo schermo dell’austera Sala dei Presidenti di Palazzo Giustiniani e sui monitor dei relatori collegati via Zoom e del pubblico che sta seguendo il convegno tramite Internet compare un video molto esplicito: un’animazione digitale che mostra le attività intime di un personaggio che molti gamer avranno riconosciuto immediatamente. È Tifa Lockhart di Final Fantasy VII.

Le immagini rimangono sullo schermo per un’interminabile manciata di secondi nel silenzio e nel gelo dei partecipanti, intanto che la regia del convegno tenta disperatamente di eliminare dallo schermo il video, nel quale gli osservatori più attenti e impassibili noteranno l’indirizzo del suo creatore, l’animatore digitale juicyneko. La regia cerca di rimuovere dalla sessione Zoom l’intruso, anzi gli intrusi che sono entrati nella riunione e hanno sommerso la relatrice non solo con immagini poco pertinenti ma anche con grida in lingua straniera fortemente distorte (se qualcuno riesce a decifrarle, me lo segnali nei commenti) e poi con un video musicale tratto da YouTube.

L’intero incidente è stato immortalato sul sito di Radio Radicale qui (dal minuto 26 in poi; immagini ovviamente non adatte a un pubblico sensibile).

La senatrice Maria Laura Mantovani, che ha aperto il convegno, ha dichiarato che si è trattato di “un episodio gravissimo, un vero e proprio attacco” e ha annunciato che avrebbe sporto denuncia alla polizia postale italiana.

Può sembrare strano e preoccupante che degli intrusi riescano a violare la sicurezza di un sito istituzionale e a irrompere in una riunione politica, ma c’è un dettaglio che potrebbe ridimensionare parecchio la vicenda. 

L’informatico Andrea Lazzarotto ha infatti notato che il link per collegarsi al convegno tramite Zoom era stato pubblicato alcuni giorni prima sui social network dalla senatrice stessa (e, notano altri, anche da un suo collega, il senatore Mario Turco), con tanto di passcode, ossia il codice numerico necessario per accedere a una riunione Zoom. Il link era https://us02web.zoom.us/84618000732 e il passcode era 631228.

Con questo link e questo passcode e senza le opportune impostazioni restrittive di Zoom, irrompere nel convegno sarebbe stata solo questione di cliccare sul link e digitare il codice, sperando che la regia non si accorgesse che nella sala d’attesa virtuale c’erano degli utenti non previsti e li ammettesse alla riunione. C’è chi fa notare che la senatrice ha un notevole curriculum informatico e quindi critica questa sua decisione di pubblicare link e passcode, ma è probabile che ci sia stata una sequenza di errori commessi anche da altri.

La dinamica dettagliata dell’incursione non è stata ancora resa nota, ma sulla base di quello che si sa fin qui non sembra che si sia trattato di un attacco particolarmente sofisticato dal punto di vista tecnico.

Si tratterebbe insomma di un semplice caso molto visibile di zoombombing: vandali che entrano in videoconferenze i cui codici di accesso sono stati incautamente pubblicati dagli organizzatori.

Ma come si fa a evitare questo tipo di incidente? Ci sono alcune precauzioni fondamentali, che conviene ripassare a chiunque abbia intenzione di organizzare videoconferenze con qualunque piattaforma, da Zoom a Teams.

  • Se si tratta di una riunione chiusa, nella quale tutti i partecipanti devono poter parlare e condividere il proprio video e delle immagini, come avviene per esempio nelle lezioni scolastiche a distanza, le coordinate della riunione non vanno assolutamente pubblicate ma vanno date in privato soltanto a quei partecipanti, con la raccomandazione di non condividerli con nessuno al di fuori dei partecipanti stessi.
  • Se invece la videoconferenza prevede un certo numero di partecipanti che parlano e condividono video e immagini e un numero più ampio di persone che possono soltanto assistere senza poter intervenire, allora ci sono due soluzioni: usare l’apposita modalità webinar di Zoom oppure diffondere in streaming la videoconferenza su Facebook, Twitch o Youtube, e dare al pubblico soltanto il link che porta a questo streaming. 
  • Se si usa la modalità webinar di Zoom, il link può essere pubblicato tranquillamente, perché soltanto chi entra nella videoconferenza con gli specifici account Zoom preventivamente impostati dalla regia come relatori può apparire in video e condividere immagini.

Attenzione: molti amministratori di sessioni Zoom pensano che per evitare problemi di condivisione di video imbarazzanti sia sufficiente bloccare in Zoom la condivisione di immagini, ma non è così: un utente molesto può infatti virtualizzare la propria webcam, per cui se ha la possibilità di apparire in video con il proprio volto nella riunione può facilmente mostrare un video al posto della propria immagine.

Gli strumenti per fare videoriunioni in sicurezza e senza interruzioni imbarazzanti ci sono, insomma: basta usarli e farli usare.

2022/01/15

Incredibili immagini dallo spazio dell’eruzione a Tonga di poche ore fa

Ultimo aggiornamento: 2022/01/17 8:30.

Poche ore fa si è verificata una poderosa eruzione di un vulcano semisommerso situato a circa 65 km dalla capitale di Tonga, nell’Oceano Pacifico. Le immagini riprese dallo spazio lasciano senza parole.

Secondo quanto riferito dalla BBC, l’eruzione ha causato uno tsunami che ha colpito il paese e il boato è stato udito a oltre 800 km di distanza a Fiji.

Le immagini originali dalle quali sono state generate le sequenze qui sopra provengono dal satellite giapponese Himawari-8 e dal satellite statunitense GOES West.

Anche questa sequenza di immagini proviene dal satellite Himawari-8 e mostra l’onda di pressione che si propaga in mezzo il pianeta.

L’onda di pressione ha raggiunto anche l’Italia.

Scott Manley ha radunato le immagini e i dati più significativi in questo video (in inglese):

 

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico) o altri metodi.

2022/01/13

Volete sapere come scavalcare la protezione delle cartucce delle stampanti Canon? Ve lo spiega Canon

C’è una tendenza molto diffusa nel mondo delle stampanti: integrare nelle cartucce d’inchiostro o di toner un piccolo circuito integrato che consente alla stampante di identificare se la cartuccia inserita è originale o prodotta da terzi.

Questo consente ai produttori di stampanti di scoraggiare l’uso di cartucce alternative, dato che gli utenti si ritrovano con messaggi di allarme che li confondono se provano a usare inchiostro o toner non originali, che spesso costano molto meno di quelli del produttore e funzionano altrettanto bene.

Nel caso delle stampanti HP, questo circuito integrato viene usato per bloccare del tutto l’uso di cartucce alternative e addirittura per impedire l’uso di cartucce originali in una regione del mondo diversa da quella iniziale. Se si compra una stampante HP in Europa, per esempio, non si possono usare cartucce originali HP provenienti dagli Stati Uniti. 

Questo permette alle aziende di impedire che un utente approfitti delle differenze di prezzo fra le varie regioni del pianeta e introduce barriere commerciali artificiali che danneggiano i consumatori, ma crea anche situazioni paradossali. Normalmente viene da pensare che sia improbabile che una stampante vada a spasso per il mondo, ma... che succede alle stampanti installate a bordo delle navi? 

Una nave da crociera, per esempio, è in sostanza un albergo viaggiante, con tanto di uffici che devono stampare cose di tutti i generi. Se la nave fa la spola anche solo fra l’Africa e l’Europa, è attrezzata con stampanti HP europee e sta finendo la scorta di toner, non può semplicemente comprarlo nel primo porto africano che raggiunge, perché Africa ed Europa hanno due codici regionali differenti per HP. Deve farlo arrivare da un fornitore che gli procuri cartucce che appartengono alla stessa regione alla quale sono vincolate le sue stampanti. Potete immaginare i costi e i disagi per le navi che girano per tutto il mondo. E vorrei sottolineare che qui stiamo parlando di cartucce originali.

I produttori di stampanti che adottano questa politica di blocco regionale sono tanti: Wikiwand cita anche Lexmark, Canon, Epson e Xerox. 

Gli utenti, ovviamente, non gradiscono molto queste complicazioni artificiali, per cui hanno accolto con molta ironia la notizia che Canon, a causa della penuria mondiale di circuiti integrati, ha dovuto spiegare ai propri clienti come scavalcare le restrizioni che Canon stessa ha imposto sulle proprie cartucce per stampanti.

In una pagina del sito di Canon, infatti, si legge (in italiano; ho trovato anche una versione in inglese e una in tedesco) che la “continua carenza globale di componenti per semiconduttori” ha obbligato l’azienda a rendere disponibili “toner senza chip fino al ripristino della normale fornitura”. Questo vuol dire che la stampante dà errore quando si inserisce una cartuccia originale perfettamente funzionante e dice che la cartuccia non è riconosciuta ed è forse difettosa oppure non è originale.

Se l’utente si fida di quello che gli dice la stampante, butta via la cartuccia “difettosa” e ne prova un’altra, per scoprire che dà esattamente lo stesso problema. Se il malcapitato utente non scopre quella pagina di istruzioni di Canon e non è fra i destinatari della mail che Canon sta inviando per avvisare del problema, non riuscirà a stampare, pur avendo una stampante che funziona e una cartuccia originale altrettanto funzionante.

Le istruzioni per risolvere la magagna artificiale sono per fortuna molto semplici: basta ignorare il messaggio di errore e cliccare su OK o Chiudi per proseguire. Ora avete un modo per fare bella figura con i colleghi disperati che non riescono a stampare.