Fonte:
Butac.it. |
Ultimo aggiornamento: 2022/01/18 11:10.
Da alcuni giorni mi arrivano segnalazioni di messaggi vocali, diffusi su WhatsApp e altri sistemi di messaggistica, che descrivono con indignazione una situazione di negligenza
sanitaria diffusa e inquietante.
“Sai cosa mi ha raccontato mia mamma? Una che conosce è andata all’IKEA di Grancia e ha visto un suo collega che doveva essere a casa in isolamento perché positivo al Covid... le sono girati i c***ioni ed è andata in cassa ad avvisare che nel centro commerciale c’era in giro un positivo che lei conosceva. Alla cassa hanno fatto l’annuncio, dicendo che sapevano che c’era un positivo e che questa persona doveva presentarsi subito al centro informazioni, altrimenti ne avrebbero annunciato nome e cognome con gli altoparlanti e avrebbero avvisato le autorità. E così al centro informazioni si sono presentati in sette!”
Ho alterato varie parole rispetto all’originale, mantenendo però intatto il senso, e nel podcast (che verrà pubblicato questo venerdì) ho fatto rileggere il messaggio vocale a una voce sintetica per proteggere l’identità della persona che l’ha diffuso. E soprattutto vi ho risparmiato la pioggia di parole colorite rivolte alle sette persone che, secondo questo messaggio, si sono presentate al centro informazioni ammettendo la propria colpa.
La cosa strana è che circolano varie versioni di questo allarme, nelle quali cambia il luogo del misfatto (non solo Svizzera, dove Tio.ch ha ripreso questa mia segnalazione citando una variante nella quale la scena sarebbe avvenuta alla Manor di Vezia, ma anche Italia, Olanda, Austria) e cambia l’identità della persona che riconosce il positivo: a volte, per esempio, è un medico che riconosce un paziente, ma non può segnalarlo direttamente agli addetti del centro commerciale perché violerebbe la riservatezza del rapporto medico-paziente.
Anche il numero dei positivi che
confessano la propria violazione delle regole è variabile: a volte sono cinque
o otto o addirittura tredici. In alcuni casi si racconta che l’annuncio fatto tramite gli altoparlanti ha causato un vero
e proprio fuggi fuggi generale. E spesso l’allarme è stato pubblicato dai
giornali, dandogli credibilità e ulteriore diffusione.
Ma la falsariga è sempre la stessa: qualcuno dice di aver saputo che qualcun altro ha riconosciuto una persona positiva al Covid in un centro commerciale e l’ha segnalata ai gestori del centro, che hanno fatto un annuncio pubblico che ha fatto emergere anche altre persone positive che si aggiravano nel centro commerciale, con conseguente scandalo e indignazione di chi racconta la notizia e con altrettanto conseguente inoltro del messaggio vocale a tutti i propri conoscenti.
Niente panico: questi messaggi non sono la dimostrazione di un comportamento diffuso e preoccupante. Sono invece un esempio classico di leggenda metropolitana: una storia non vera che nasce chissà dove e viene diffusa dal passaparola, facilitato dai social network, perché fa leva su una paura condivisa e sul gusto del racconto con finale grottesco.
Infatti in tutti i casi nei quali le autorità hanno effettuato controlli, il racconto che circolava è risultato infondato e i direttori dei supermercati coinvolti lo hanno smentito espressamente, come spiegato con ampia documentazione dall’esperta di leggende metropolitane Sofia Lincos sul sito del Centro per la raccolta delle voci e leggende contemporanee, Leggendemetropolitane.eu (anche qui), e dai siti Bufale.net, Bufale un tanto al chilo (Butac.it) e Il Post.
È vero che ci sono stati alcuni episodi di persone positive realmente sorprese in giro (per esempio ad Assisi), ma come dice Sofia Lincos,
...negli episodi reali manca [...] la conclusione grottesca della scena, ossia il tratto tipico della nostra leggenda metropolitana. Una leggenda che [...] gioca sull’indignazione per il cattivo comportamento, ma anche sul senso di giustizia (i “colpevoli” vengono scoperti e puniti) e, forse ancor di più, sul finale paradossale, da commedia.
Per maggiore chiarezza: sì, è possibile che una persona che sa di essere positiva al Covid si comporti in modo irresponsabile e vada in giro in un centro commerciale. Quello che non è plausibile è il gran finale del racconto, ossia la minaccia di annunciarne pubblicamente nome e cognome (che sarebbe illegale) e la presentazione in massa dei colpevoli alla cassa o al centro informazioni.
Un altro elemento che distingue la leggenda metropolitana dalla notizia reale è che la fonte della vicenda è un amico di un conoscente che ha sentito raccontare la vicenda da un parente, insomma mai una fonte diretta e autorevole.
Se ricevete messaggi vocali di questo genere, non mandateli in giro: creano inutilmente indignazione, apprensione e allarme senza motivo. E le conseguenze di una condivisione possono essere pesanti: Leggendemetropolitane.eu segnala che chi ha diffuso questi allarmi è stato travolto da “decine di telefonate da parte di amici e conoscenti che gli chiedevano se fosse vero e se andare a fare la spesa fosse sicuro” con il risultato che “la sua vita era diventata un inferno”.
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