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2023/01/03

Walt Cunningham, astronauta di Apollo 7, 1932-2023

Pubblicazione iniziale: 2023/01/03 23:21. Ultimo aggiornamento: 2023/01/04 20:00.

Walt Cunningham, uno dei tre protagonisti della storica missione Apollo 7 che a ottobre del 1968 segnò la ripresa dei voli spaziali umani statunitensi dopo la tragedia di Apollo 1, è morto oggi a Houston all’età di 90 anni in seguito alle complicanze di una caduta. Ne danno annuncio la NASA (anche qui) e NPR.

 

Cunningham fece un solo volo spaziale in tutta la propria carriera, ma quegli undici giorni che trascorse in orbita intorno alla Terra, a bordo di una capsula mai collaudata prima, insieme al suo comandante Wally Schirra e al pilota del Modulo di Comando Donn Eisele, furono una tappa fondamentale del Progetto Apollo che rese possibile, già l’anno successivo, l’atterraggio dei primi due esseri umani sulla Luna.

Se qualcosa fosse andato storto, se qualcuno dei tanti sistemi della navicella della cui gestione era responsabile Cunningham avesse funzionato male, quell’allunaggio sarebbe avvenuto ben più tardi e forse sarebbero arrivati per primi sulla Luna i sovietici con il loro vettore N-1 e il loro veicolo lunare LK (come immaginato dalla serie TV ucronica For All Mankind). Senza il successo di Apollo 7, nessuno avrebbe osato l’incredibile balzo di Apollo 8, la prima missione umana intorno alla Luna, alla fine del 1968.

Da sinistra, Donn Eisele, Wally Schirra e Walt Cunningham, a bordo della portaerei USS Essex, appena tornati dalla loro missione. Foto KSC-68PC-211.

Quel successo, però, fu accompagnato dal primo “ammutinamento” nello spazio, quando i tre astronauti, afflitti da un sovraccarico di lavoro e da un raffreddore che in assenza di peso causava congestioni dolorose e altri problemi, a un certo punto decisero di respingere alcune delle richieste insistenti del Controllo Missione, e lo fecero con parole decisamente pesanti, mai sentite prima in una missione spaziale. Al momento del ritorno sulla Terra, Schirra, come comandante, decise di rifiutare l’ordine di indossare i caschi per il rientro, come previsto invece dalle procedure per poter affrontare un’eventuale depressurizzazione della capsula, perché temeva che affrontare il normale cambio di pressione di rientro mentre erano congestionati dal raffreddore e senza poter fare la manovra manuale di bilanciamento della pressione intraauricolare (il classico tapparsi il naso e soffiare dal naso) avrebbe portato alla rottura dei timpani dell’equipaggio.

La NASA non perdonò queste trasgressioni; conferì ai tre la Exceptional Service Medal e la Distinguished Service Medal, ma nessuno di loro volò più nello spazio (Schirra era al suo terzo volo; Cunnigham e Eisele al primo). Cunningham restò alla NASA come direttore del reparto Skylab dell’Ufficio Astronauti dell’ente spaziale fino al 1971. Schirra lasciò subito la NASA, cosa che aveva già deciso di fare prima della missione Apollo 7; fece il commentatore televisivo delle missioni lunari e si dedicò ad altre attività, morendo nel 2007 durante un intervento chirurgico. Eisele lasciò la NASA e l’Aeronautica Militare statunitense nel 1972, diventando consulente e imprenditore; morì nel 1987, a 57 anni, per un infarto durante un viaggio d’affari a Tokyo.

I dettagli delle avventure di Walt Cunningham, in questa missione e nelle tante altre cose che ha realizzato nel corso della sua lunga vita, sono raccontati senza peli sulla lingua nel suo libro The All-American Boys, disponibile anche in italiano con il titolo I ragazzi della Luna (Mursia).

Io con Walt Cunningham a Tradate, aprile 2011. Credit: Rodri Van Click.

Ho avuto il piacere e l’emozione di incontrare Cunningham e sua moglie Dot in varie occasioni, sia in Italia sia negli Stati Uniti, grazie alla sua amicizia con l’esperto di storia dello spazio e organizzatore di eventi spaziali Luigi Pizzimenti, e di tradurre per il pubblico le sue apparizioni in Italia, chiacchierando con lui anche in privato. Era tornato in Italia nel 2017, sempre grazie a Luigi Pizzimenti e all’associazione ADAA.

Walt Cunningham e la moglie Dot allo Sheraton Malpensa nel 2017. Credit: Rodri van Click.

L’ho visto per l’ultima volta nel 2019 allo Starmus di Zurigo. Uomo dei suoi tempi, non era il tipo da dire le cose a metà: era ben conosciuto per la sua posizione estremamente scettica sul ruolo umano nei cambiamenti climatici, considerava eccessivamente cauti gli astronauti Shuttle e i piani della NASA degli anni Duemila, e non nascondeva la sua intolleranza totale per la presidenza Obama e per le sue riforme sanitarie.

Questo è il video della sua conferenza a Tradate nel 2011:

Un altro testimone della Storia che se ne va.

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