2012/08/08

Curiosity, le foto di oggi

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Le foto da Marte trasmesse da Curiosity continuano a migliorare. Questa è una panoramica a 1773x1026 pixel, composta unendo due immagini dalle fotocamere montate sulla “testa” del robot.

Credit: NASA / JPL / Michael Howard
C'è anche una versione 3D con un'inquadratura più stretta, se avete gli appositi occhialini con i filtri blu e rossi: i rilievi e le pendenze, praticamente impercettibili nella versione 2D, qui spiccano fortemente e rendono chiare le asperità del terreno e la profondità della scena. Un'altra versione è stata preparata da @rikyUnreal ed è su Astronautinews.it.

Credit: NASA / JPL / Michael Howard
Giusto per ricordare quant'è straordinaria quest'immagine, non solo è stata scattata poche ore fa su Marte (e scusate se è poco), ma quelle montagne, situate a 20 chilometri di distanza, sono in realtà il bordo di un cratere gigantesco. Quello in cui si trova Curiosity: il cratere Gale, che ha un diametro di 154 chilometri. Immaginate quale impatto colossale può aver prodotto un cratere così grande. E al centro di questo cratere c'è una montagna alta oltre cinque chilometri, l'Aeolis Mons. Questa:

Credit: NASA/JPL-Caltech
È proprio lì che andremo con Curiosity. Questa zona di Marte è drasticamente diversa dalle pianure nelle quali sono atterrate le missioni precedenti e che erano state scelte perché non richiedevano una precisione d'atterraggio estrema come quella ottenuta da questa missione.

A proposito di atterraggio, questo è il primo fotogramma ad alta risoluzione scattato durante la discesa dalla fotocamera MARDI installata su Curiosity: si vede lo scudo termico che precipita dopo essere stato sganciato.

Credit: NASA / JPL / MSSS / Emily Lakdawalla
C'è gente che non si emoziona di fronte a queste dimostrazioni dell'ingegno umano e fa sempre le solite critiche: andare nello spazio non serve a niente, costa un sacco di soldi, e bla bla bla (per inciso, Curiosity costa ai cittadini americani meno di otto dollari a testa). Le stesse critiche alle quali rispondeva elegantemente oltre quarant'anni fa Ernst Stuhlinger, all'epoca fra i direttori scientifici della NASA. L'originale è su Letters of Note; Il Post l'ha tradotta in italiano. Leggetela: nonostante siano passati quattro decenni, sembra scritta ieri.

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