2013/03/30

L’attracco spaziale più veloce della storia? Non è quello della Soyuz alla ISS

Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di cod328* ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Expedition 35 Launch (201303290002HQ)
Photo Credit: NASA/Carla Cioffi

Da Terra fino alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) in sole sei ore, contro i due giorni normalmente necessari: un risultato notevolissimo, quello della Soyuz TMA-08M partita il 28 marzo scorso da Baikonur con a bordo lo statunitense Chris Cassidy e i russi Pavel Vinogradov e Aleksandr Misurkin, che si è meritato l'attenzione della stampa generalista (BBC, AGI, Repubblica) oltre che di quella specializzata (NASA Spaceflight). Oltre al risultato tecnico, questa drastica riduzione dei tempi di volo ha creato un'immagine di maggiore accessibilità dello spazio che ha colpito molto l'opinione pubblica ed è un notevole successo mediatico per l'astronautica russa.

Tuttavia non si tratta del record assoluto di velocità nella storia degli attracchi orbitali. La questione merita a mio parere di essere raccontata in dettaglio, per cui procedo con ordine. Prima, però, segnalo un altro record di questa missione passato quasi inosservato: il comandante Vinogradov, all'età di 59 anni, è ora l'astronauta professionista più anziano ad aver visitato la ISS. Lo battono di poco più di un anno i turisti spaziali Dennis Tito e Gregory Olsen, entrambi sessantenni quando visitarono la Stazione rispettivamente nel 2001 e nel 2005. C'è ancora speranza per un blogger che sta incanutendo.


Il volo della Soyuz TMA-08M: un intricato balletto spaziale a due


Un veicolo automatico Progress.
L'impresa di Vinogradov, Misurkin e Cassidy rappresenta un'innovazione specificamente per quanto riguarda gli attracchi di equipaggi alla Stazione Spaziale Internazionale, ma era già stata sperimentata con tre lanci di veicoli di rifornimento Progress senza equipaggio (M-16M, agosto 2012; M-17M, ottobre 2012; M-18M, febbraio 2013) verso la ISS.

L'apparente facilità di quest'ultimo volo dei tre astronauti sulla Soyuz non deve trarre in inganno: arrivare a sei ore fra decollo e attracco ha richiesto l'adozione di nuovi sistemi di controllo del volo completamente digitali, un inserimento in orbita estremamente preciso da parte del lanciatore e una giornata estremamente intensa per gli astronauti, che in questo piano di volo possono trovarsi a non dormire per più di venti ore, fra preparativi e volo vero e proprio.

Anche la ISS deve fare la propria parte, alterando leggermente la propria orbita: questo può richiedere anche sei mesi di delicate manovre preliminari. Per l'attracco vero e proprio, inoltre, è necessario ruotare su se stesso l'intero avamposto.

Raggiungere un oggetto che orbita intorno alla Terra a circa 400 chilometri di quota e a circa 28.000 chilometri l'ora, come la ISS, è un po' come centrare un proiettile in volo usando un altro proiettile mentre si gira su una giostra: la precisione è tutto. Prima di tutto, il veicolo spaziale deve arrivare nello spazio nello stesso piano orbitale del proprio bersaglio, partendo da una base (la Terra) che ruota su se stessa e rispetto a questo piano, per cui il piano orbitale interseca la superficie in punti sempre differenti.

Il piano orbitale effettivo della ISS;
la Terra ruota rispetto ad esso
Se si riesce a inserire il veicolo nel piano orbitale corretto e con la giusta velocità e quota (e ovviamente con il verso giusto), resta poi il problema delle posizioni relative del veicolo e del bersaglio lungo l'orbita, che è una circonferenza. Se immaginate il piano orbitante come il quadrante di un orologio, può capitare che il veicolo sia alle tre e il bersaglio sia alle sei: l'angolo fra queste due posizioni è l'angolo di fase, e recuperarlo richiede manovre correttive per nulla intuitive che non provo nemmeno a spiegare e che richiedono tempo e propellente. Grosso modo, più è grande quest'angolo e peggio stanno le cose.

Se tutto va bene, i due veicoli si trovano a volare insieme vicini, apparentemente immobili nel silenzio del vuoto, e possono iniziare le manovre di attracco.

Questa, con parecchie semplificazioni, è la teoria: passiamo alla pratica. Dopo il decollo e l'arrampicata fino all'orbita, che ha richiesto circa otto minuti, la Soyuz TMA-08M ha effettuato quasi subito due accensioni preprogrammate dei propri motori di manovra; nel corso della seconda delle quattro orbite previste ha ricevuto da terra i parametri orbitali effettivi, che hanno permesso di effettuare altre otto accensioni dei motori per correggere la traiettoria nel corso delle cinque ore successive. Durante questo periodo l'equipaggio ha avuto modo di sganciarsi dagli angusti seggiolini e sgranchirsi, ma senza potersi togliere le tute protettive Sokol, fino all'attracco con la ISS.

L'apertura dei portelli fra Soyuz e ISS è avvenuta più di un'ora dopo l'attracco: a quel punto gli astronauti non indossavano più la tuta di volo e hanno partecipato a una breve cerimonia di benvenuto a bordo e a un ripasso delle procedure d'emergenza a bordo della ISS. Poi, dopo un breve pasto, sono andati a dormire nelle proprie cuccette sulla Stazione insieme agli astronauti che sono già sul laboratorio orbitante.

Il rientro di Vinogradov, Misurkin e Cassidy è previsto per l'11 settembre prossimo.


Pro e contro del volo veloce


Il profilo di volo accelerato ha vari vantaggi:
  • l'equipaggio trascorre molto meno tempo nello strettissimo abitacolo della Soyuz proprio nel periodo di adattamento iniziale dell'organismo all'assenza di peso, quando è spesso vittima di vertigine e nausea;
  • rimane in ogni caso aperta la possibilità di tornare al profilo di volo “lento” (circa 50 ore) in caso di problemi, anche se questo comporta un consumo significativo di propellente di manovra;
  • diventa possibile consegnare alla Stazione Spaziale Internazionale esperimenti e materiali a rapida deperibilità (questo vale anche per le missioni automatiche Progress);
  • Astronautinews.it segnala inoltre la riduzione di costi dovuta al fatto che il personale del centro di controllo di Mosca viene impegnato per un giorno solo invece dei normali tre.

Per contro comporta delle limitazioni non trascurabili, secondo questo articolo di James Oberg e questa analisi di NASA Spaceflight:

  • richiede un allineamento molto preciso del punto di lancio con la ISS, per cui è possibile soltanto da alcuni siti (per esempio Baikonur) ma non da altri, a meno di consumare quantità inaccettabili di propellente, e quindi non può essere adottato da lanciatori privati o di altri paesi (questo, per i russi, è chiaramente un bonus competitivo notevole);
  • il decollo deve avvenire precisamente nel breve periodo nel quale la rotazione terrestre porta il sito di lancio nel piano orbitale della ISS, altrimenti i piani delle orbite del veicolo e della ISS saranno troppo differenti per una manovra di correzione;
  • il decollo deve essere effettuato inoltre quando la ISS si trova in punti precisi della propria orbita: con il profilo normale è sfruttabile il 42% dell'orbita, mentre con quello accelerato si scende a meno del 6%;
  • secondo Oberg, per via di queste restrizioni orbitali possono passare anche settimane fra un'occasione e la successiva (per NASA Spaceflight, invece, le occasioni di volo veloce da Baikonur càpitano ogni tre giorni, mentre quelle di volo lento sono quotidiane), e se il vettore non è molto affidabile e non riesce a partire puntualmente l'occasione svanisce;
  • sono necessarie correzioni accuratamente pianificate dell'orbita della ISS, che possono essere rese vane da un ritardo nel lancio o da una manovra della ISS per evitare detriti spaziali;
  • l'inserimento in orbita ha dei margini di tolleranza molto ridotti, per cui un malfunzionamento anche minore del lanciatore può far fallire il piano di volo;
  • l'equipaggio non può togliersi la tuta di volo Sokol, che è piuttosto scomoda, e può soltanto togliere i guanti e aprire il casco fino all'attracco;
  • l'equipaggio ha una scaletta estremamente serrata di operazioni da compiere e questo può risultare particolarmente stressante.

Per tutte queste ragioni, non è ancora stato deciso se questo nuovo profilo di volo verrà adottato anche per le missioni Soyuz successive.


Questioni di record


Un attracco in sole sei ore è un risultato particolarmente notevole anche perché solo uno dei due oggetti coinvolti aveva ampi margini di manovra: la Stazione, a parte qualche correzioncella, ha un'orbita sostanzialmente non modificabile. Sta insomma alla Soyuz fare quasi tutto il lavoro di adeguamento.

Richard Gordon e Pete Conrad nel 1966.
Foto NASA S65-58504
Ma in altri casi, nei quali entrambi i veicoli spaziali potevano cooperare ed essere coordinati significativamente, questo record è stato battuto ampiamente: per esempio, nel lontano dicembre del 1966 la missione statunitense Gemini XI (con a bordo Pete Conrad e Richard Gordon, foto qui a destra) riuscì a compiere un attracco nel corso della prima orbita, in soli 94 minuti, al proprio bersaglio automatico Agena, in orbita intorno alla Terra.

Va detto, però, che in questo caso i due veicoli erano stati lanciati a poche ore di distanza l'uno dall'altro, semplificando molto la determinazione delle posizioni relative e riducendo l'angolo di fase; inoltre uno dei due veicoli non era dotato di equipaggio.

Fra l'altro, già che c'erano, Conrad e Gordon usarono il motore del veicolo Agena per spingersi fin a 1374 chilometri di distanza dalla Terra, ben più in alto delle successive missioni Shuttle, stabilendo un record d'altitudine battuto soltanto dagli equipaggi delle missioni lunari Apollo. Furono i primi esseri umani a vedere la Terra intera come una sfera, ancora prima di quelli dell'Apollo 8.

A quanto mi risulta, questo della Gemini XI è in assoluto l'attracco orbitale più veloce nel quale almeno uno dei due veicoli aveva un equipaggio a bordo.


Rendezvous fra equipaggi


Se vogliamo limitarci agli attracchi nei quali entrambi i veicoli avevano a bordo astronauti e non erano stati entrambi lanciati dalla superficie poco prima, a prima vista il volo della Soyuz non sembra avere rivali. Ma se accettiamo di allargare leggermente i criteri, per esempio ponendo che la superficie di partenza non debba essere necessariamente quella terrestre, il record della Soyuz è battuto.

Le missioni lunari Apollo, infatti, prevedevano il decollo dalla Luna di un veicolo, con a bordo due astronauti, che doveva attraccare con un altro veicolo, sul quale c'era il terzo astronauta, stando in orbita intorno alla Luna. Le missioni Apollo 11, 12, 14, 15, 16 e 17 attraccarono tutte in meno di quattro ore dopo il decollo dalla Luna.

In particolare, è l'Apollo 14 a detenere il record assoluto di velocità per un attracco orbitale fra due veicoli dotati di equipaggio. Fra il momento in cui il modulo lunare Antares decollò dalla superficie della Luna, con a bordo Edgar Mitchell e Alan Shepard, e quello in cui attraccò al modulo di comando Kitty Hawk che lo attendeva in orbita intorno alla Luna ai comandi di Stuart Roosa passarono infatti soltanto un'ora e 47 minuti (fonte). Era il 6 febbraio 1971.

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