Si parla
molto di Datagate e del fatto che molte grandi aziende statunitensi
del settore informatico, come Facebook, Google, Apple, Microsoft e
altre, hanno ammesso di aver consegnato i dati degli utenti al
governo americano. Queste aziende ora hanno un problema d'immagine:
chi si fiderà più di loro per qualunque dato personale?
Così è
partita una sorta di campagna di trasparenza per fare chiarezza su
chi ha condiviso cosa e con chi. Salta fuori che non è soltanto il
governo statunitense a chiedere i dati degli utenti: lo fanno anche
altri stati, anche se in misura molto minore. Questa nuova voglia di
trasparenza è un'occasione per mettere in luce questo aspetto del
funzionamento dei servizi della Rete che solitamente resta segreto.
Pochi giorni
fa Apple, per esempio, ha pubblicato un dossier (Report
on Government Information Requests)
che elenca le richieste di dati di cui è legalmente in grado di
parlare. Il dossier era scaricabile
qui come PDF, ma ora non c'è più. C'è però in Google la copia
cache: cercate in Google il titolo del documento e cliccate sul
triangolino accanto al link al sito Apple che viene elencato tra i
risultati. La tabella più significativa è ripubblicata per esempio
qui.
Emerge che
gli Stati Uniti hanno richiesto i dati di circa 2000-3000 utenti (i
dati americani sono volutamente approssimativi). Un numero molto
superiore a quello di tutti gli altri paesi. Al secondo posto c'è il
Regno Unito, con 141 account, e al terzo c'è la Spagna, con 104. La
Svizzera si colloca verso il fondo della classifica con sei account.
L'Italia, a titolo di confronto, ha chiesto ad Apple dati su 76
account.
C'è però
anche un altro dato interessante: di queste richieste, quante vengono
esaudite? Il dato per gli USA è riservato, ma per il resto la
classifica cambia completamente aspetto: Portogallo, Russia e Bahamas
hanno fornito dati nel 100% dei casi (che erano, va detto, al massimo
due per ciascun paese), mentre i paesi dove Apple è stata meno
collaborativa sono San Marino, Polonia, Bielorussia e Brasile, tutti
allo 0%. La Svizzera si attesta al 17%, ben al di sotto della media
europea.
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