Nimoy era affetto da tempo da una malattia polmonare ostruttiva cronica allo stadio terminale, che l'attore ha attribuito al fumo, abitudine che aveva smesso trent'anni fa. Negli ultimi tempi aveva scritto su Twitter della propria sofferenza nel respirare e aveva invitato tutti ad abbandonare questo veleno: “Non fumate. Io fumavo. Vorrei non averlo mai fatto.”
Don't smoke. I did. Wish I never had. LLAP
— Leonard Nimoy (@TheRealNimoy) January 11, 2015
Nei giorni scorsi era stato ricoverato in ospedale, ma si è spento a casa a Bel Air. Lascia la moglie, Susan, e i figli Adam e Julie. La sua carriera è stata vasta e lunghissima, sia come attore cinematografico e televisivo, sia come regista (Tre scapoli e un bebé, Rotta verso la Terra e molti altri film), ma tutti lo conoscono come il signor Spock di Star Trek, metà umano e metà vulcaniano, cultore della logica e della scienza come soluzione ai problemi e acuto osservatore della condizione umana.
Nimoy era stato in Italia nel 2002 alla Sticcon di Bellaria: un incontro emozionante che racconto qui con alcune foto.
Per me, che seguo Star Trek sin dalla fine degli anni Sessanta, Nimoy/Spock è sempre stato parte della vita. La sua logica, il suo aplomb, la sua sottile ironia mi hanno insegnato tanto e mi mancheranno immensamente. Star Trek e Spock non erano soltanto un telefilm di fantascienza e un tizio con le orecchie a punta: erano un modello di comportamento da cui farsi ispirare, una visione positiva del futuro che oggi non è più di moda ma che ha dato speranza nel futuro a tanti della mia generazione.
Spock era il nerd supremo. Per un certo ragazzino mingherlino che viveva in un paesino della Lombardia degli anni Settanta, innamorato della scienza e dello spazio ma tagliato fuori quasi completamente dalle fonti alle quali saziare la propria sete di sapere, attorniato da coetanei il cui orizzonte mentale raramente andava oltre i pali della porta del campetto di calcio, scoprire con Star Trek che là fuori c'era qualcuno come lui, che veniva accettato e anzi rispettato, anche se soltanto in un telefilm, è stato un toccasana.
Finita l'ultima copia di Scientific American comprato con fatica da papà in aeroporto, rilette per l'ennesima volta le struggenti Cronache Marziane di Ray Bradbury, c'erano i libri di Star Trek scritti da James Blish, che facevano rivivere le puntate televisive (all'epoca non c'erano videoregistratori e in Italia Star Trek non c'era comunque) e mandavano tra le righe un messaggio che non aveva bisogno del tenente Uhura (donna, e per di più di colore, ma trattata alla pari cinquant'anni fa) per essere decodificato, ed è valido ancora adesso. Non sei solo: ci sono altri come te, e sii fiero della tua diversità.
Se oggi io sono quello che sono, è anche per merito di Spock e di Star Trek. Per questo, e per molto altro, grazie di cuore, signor Nimoy. I am, and always shall be, your friend.
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