2015/04/20

Chi ha pagato il caffè di Sam?

di Paolo G. Calisse, (g)astronomo - 20 aprile 2015
Una profetica immagine di Thierry Le Gouè per il
Calendario Lavazza 2004 [Credit: Lavazza]
La missione di Samantha sulla International Space Station ha inaugurato la stagione gourmet delle missioni spaziali, ma le spese per queste attività suscitano spesso perplessità che evolvono a volte in una feroce opposizione.

Quando si seppe, per esempio, che una sofisticatissima macchina del caffè sarebbe stata inviata a bordo della International Space Station (ISS) alcuni lettori di questo blog espressero la propria contrarietà all'opportunità di finanziare iniziative del genere, soprattutto in un periodo di crisi economica come questo.

Con questo articolo proveremo a studiare quanto costa e chi paga il caffè a Samantha Cristoforetti e agli altri astronauti della ISS, oltre a tentare di fare due conti sull'entità finanziaria dell'impegno italiano nello spazio.

Negli ultimi anni gli USA hanno cominciato a riprendersi la leadership nel settore spaziale anche attraverso il riutilizzo di interi vettori (ma, paradossalmente, continuando a usare contenitori usa e getta in catene come Starbucks). Il ruolo della tecnologia italiana nello spazio è meno visibile, ma resta decisivo con lo sviluppo del nuovo Vettore Europeo di Generazione Avanzata (VEGA), realizzato dalla AVIO di Colleferro (Roma), con la partecipazione ad un gran numero di sonde e missioni, e con la collaborazione alle spedizioni ISS. Rientra in questo contributo l'arrivo a bordo dell'ultima capsula Dragon, sulla Stazione Spaziale, di una italianissima macchina del caffè, in grado di sostituire quello solubile impiegato fino ad oggi. La macchina è stata realizzata dalla Argotec di Torino su indicazioni di Lavazza, insieme ad ASI (l'Agenzia Spaziale Italiana) e Finmeccanica-Selex ES, che ne ha curato la rispondenza ai rigorosissimi requisiti spaziali.

Va precisato anzitutto che Argotec cura non solo la fornitura del caffè di bordo ma, dal 2012, quella di tutto il catering degli astronauti europei sulla ISS. Un cuoco della Argotec, Stefano Polato, ha preparato i menù di bordo prima per Luca Parmitano ed Alexander Gerst e adesso per Samantha Cristoforetti. Gli esperti della stessa azienda curano, in un modo innovativo e salutista consono alla grande tradizione gastronomica italiana, tutta la filiera che va dall'acquisizione degli ingredienti alla preparazione delle buste di cibo da reidratare inviate periodicamente sulla ISS.

Non è solo questione di menù: i cibi forniti oggi agli astronauti sono più che mai simili ai migliori prodotti cui siamo abituati noi terrestri. I vecchi metodi di sterilizzazione e conservazione, necessari per ovvi motivi, sono stati sostituiti da procedure molto più complesse in grado di conservare il gusto.


Ma come funziona la ISSpresso?


Tutti (o quasi) i segreti della ISSPresso [credit: Lavazza/Argotec]

La macchina per espresso in dotazione alla ISS non è molto più grande di una caffettiera da ufficio (42x43x36 cm), pesa 20 kg ed è alimentata a 120 VAC. Naturalmente ha passato i severissimi test necessari per la sua installazione a bordo della ISS. Al posto del classico tubetto di plastica per il trasporto del liquido delle normali macchine da caffè, per esempio, usa un tubo di acciaio speciale in grado di reggere una pressione di 400 bar, pari a quella che si trova in mare a circa 4.000 m di profondità. È inoltre progettata per non richiedere assistenza per diversi anni, salvo la sostituzione periodica di alcuni materiali deperibili.

Altro aspetto fondamentale è che la ISSpresso può essere usata non solo per preparare il caffè, ma anche per tè, brodo e altre bevande calde, per reidratare cibo congelato, e per dare un assaggio di casa agli astronauti, “a taste of home” nella descrizione dell'esperimento sul sito NASA, dove si ipotizzano anche potenziali ricadute tecnologiche nella preparazione di bevande calde a terra. La stessa pagina mostra che il progetto per la ISSpresso è inserito nella lista ufficiale degli esperimenti per lo sviluppo tecnologico, con risultati applicabili al comportamento di fluidi in condizioni di microgravità.

Come utilizzarla? Basta inserire la spina di alimentazione nell'apposito UOP ("Utility Output Panel"), accenderla, inserire nella bocchetta d'ingresso (blu, nella foto) una bustina piena d'acqua del genere usato per reidratare il cibo sulla ISS e una vuota in quella di uscita (beige). Non resta che inserire una cartuccia di caffè nell'apposita fessura e avviare il processo. Il tutto dura qualche minuto e permette di ottenere un prodotto in tutto simile a un espresso da bar, crema inclusa, da sorbire da particolari tazzine studiate per il funzionamento in microgravità. Alla fine, grazie a un sistema sviluppato ad hoc, tutte le tubazioni interne vengono ripulite automaticamente, permettendone l'uso per bevande diverse senza fastidiose contaminazioni.


OK, ma quanto costa un caffè all'ISS bar?


Soprattutto, c'era bisogno di spendere tutti quei soldi per garantire un buon caffè agli astronauti a bordo?

Tazzine spaziali
Per rispondere a questa domanda occorre anzitutto rendersi conto delle particolari condizioni in cui operano, per periodi di 6 o 12 mesi, gli astronauti e cosmonauti a bordo della ISS. Si tratta senza dubbio di condizioni estremamente stressanti, sia psicologicamente che fisiologicamente, con richieste elevatissime dal punto di vista del rendimento e della concentrazione.

Agli aspetti generali come l'assenza di peso, la permanenza continua in locali sigillati, la lontananza da casa, i ritmi di lavoro intensi, la grandissima responsabilità e i rischi associati, si uniscono tante piccole noie, come l'assenza di un bagno propriamente detto, di luce solare, di cibi cucinati freschi o magari del conforto di una serata a cena con gli amici. Senza contare gli effetti diretti sulla fisiologia cellulare: al di là di quelli diretti su ossa e altri organi, in parte controllabili oggi con un'intensa e quotidiana attività fisica, l'invecchiamento cellulare in microgravità, per esempio, è di oltre un ordine di grandezza più rapido di quello a terra.

In questo contesto anche un “piacere” come il caffè, come recitava proprio la ben nota pubblicità Lavazza anni '90, può assumere un ruolo importante per garantire un po' di benessere e qualità della vita in più, soprattutto agli astronauti italiani.

Resta da vedere a che prezzo. Per valutarlo, va considerato innanzitutto che l'hotel load, tradotto letteralmente il “carico dell'hotel”, ovvero la quantità di materiale che la NASA reputa necessario quotidianamente per garantire la permanenza in orbita di un astronauta, è di 5 kg a persona. Fanno 5,4 tonnellate per sei persone per sei mesi. Quindi una macchina di 20 kg, anche includendo gli imballi, corrisponde a meno dell'hotel load quotidiano di tutto il personale di bordo.

Ma quanto costa e chi paga il caffè di Sam e degli altri astronauti? Secondo Antonio Pilello, Communications Officer della Argotec, interpellato direttamente, "si tratta di un investimento privato". Gli uffici stampa di Lavazza e ASI non hanno invece risposto alle richieste di informazioni. Comunque sia, la policy ISS per i programmi commerciali prevede che i costi di sviluppo possano restare nascosti se richiesto dal committente e finanziatore.

Ai prezzi di sviluppo e fabbricazione di questo esemplare unico vanno poi aggiunti quelli di verifica del prodotto e di trasporto in orbita. Un progetto come questo può generare facilmente decine e decine di interminabili meeting di alto livello, telefonate, documenti e test di verifica. Solitamente i costi di questo tipo vengono inclusi nel cosiddetto overhead che lo sponsor deve garantire in aggiunta ai costi vivi di progetto, ma considerata l'utilità della ISSpresso potrebbe esserci un contributo da parte del Consorzio ISS stesso.

Tentiamo ora una stima dei costi di trasporto da terra all'ISS. Bisogna innanzitutto distinguere costi vivi e prezzi pagati da un qualsiasi partner privato che, una volta approvato un suo progetto, desiderasse trasportare un oggetto a bordo della Stazione Spaziale. Per farlo, può per esempio contattare Nanoracks, una compagnia che si autodefinisce "The Concierge to the Stars" (letteralmente "il portiere per le stelle"). Nanoracks infatti ha un po' il ruolo del portiere dei vecchi stabili: prende in carico il "pacco" dal postino e lo consegna al condomino dei piani superiori - in questo caso molto superiori, a circa 450 km di quota.

Jeffrey Manber, uno dei fondatori di Nanoracks, sostiene che il costo per volume di una consegna da parte di una compagnia straniera si aggira intorno ai $60.000 (circa € 48.000) per litro di volume, ma ci sono sconti per volumi superiori. Per il volume della ISSpresso la spesa di spedizione complessiva potrebbe superare quindi $3.000.000 (€2.400.000 circa): non proprio bazzecole, ma non è detto che la ISSpresso sia stata spedita a bordo così (vedi sezione aggiornamenti in coda all'articolo).

Se invece consideriamo il costo del trasporto di ogni kg di carico utile in orbita con la navicella Soyuz, si dovrebbe aggirare tra i 10 e i 30 mila dollari. Moltiplicando per i 20 kg della ISSpresso raggiungiamo una cifra tra i 200.000 e i 600.000 US$. Queste spese sono state coperte probabilmente dai partner commerciali, ma anche questo non è dato sapere.

In definitiva, considerata la complessità del progetto, possiamo ipotizzare che tra tutto Lavazza e gli altri eventuali sponsor abbiano investito da uno a due milioni di euro, distribuiti su due o tre anni.

Può apparire una cifra elevata, ma se la si paragona ad una tipica sponsorizzazione sportiva, come il costo di una scritta in bella vista su un'auto di Formula 1, non è poi così tanto. Red Bull, per fare un confronto, ha investito oltre un miliardo e mezzo di dollari in dieci anni solo nella Formula 1, senza includere tutte le numerosissime altre sponsorizzazioni in sport estremi. Una cifra da capogiro, che tuttavia le ha permesso profitti e bilanci in crescita costante. Naturalmente i dettagli sono diversi – il logo Red Bull è ormai visible ovunque vi sia un'impresa un po' folle – ma anche il prezzo necessario a mantenere competitivo un team di F1, o a permettere il lancio col paracadute di Felix Baumgartner dalla stratosfera, sembrerebbe più elevato di quello di una ISSpresso di diversi ordini di grandezza, e Lavazza non è certo da meno: il fatturato della compagnia nel 2013 ammontava ad oltre 1.300 milioni di euro di cui il 4%, pari a 52 milioni, per la pubblicità. Una spesa di qualche milione di euro, ripartita su più anni, è senz'altro compatibile con un'azienda di queste proporzioni, così aggressiva sui mercati stranieri.

La nostra Astrosamantha con un prototipo
della ISSpresso [credit: Argotec]
Alla fine, se consideriamo 12 caffè al giorno fino al 2024 (come negare anche agli astronauti non ESA un buon caffè all'italiana?), possibile anno del decommissioning della ISS, il costo del singolo caffè dovrebbe risultare superiore, rispetto a quello di un solubile consumato a bordo, di circa €50 a tazzina. Considerate le incertezze su cui si fondano queste stime, questo valore non è troppo lontano da quello di una tazza di Black Ivory, considerato, a circa €40 a tazzina, il caffè più caro del mondo (nonostante venga "processato" dall'intestino di un elefante). A questo vanno aggiunti i costi di manutenzione, dell'acqua, della corrente e del caffè, che sarebbe però necessario coprire anche nel caso di caffè solubile (di cui non siamo in grado di formulare una stima dei costi). Senza considerare che la stessa macchina verrà impiegata per altri usi essenziali, come la reidratazione degli alimenti.

Si tratta quindi di valori elevati, ma ogni attività nello spazio ha un costo nettamente superiore all'equivalente a terra. In questo caso tale valore è coperto completamente o quasi, da sponsor privati.

Tutto sommato, se alcune compagnie italiane riescono ad occupare una posizione preminente in un settore così sofisticato non dovremmo che gioire, anche se qualche euro l'avesse tirato fuori anche qualche istituzione come ASI. Non ci resta che raccomandare a Samantha quindi, che vede un'"alba" ogni ora e mezza circa - il periodo orbitale della ISS - di non esagerare con la caffeina.


Insomma Samantha, ma quanto ci costi?


Bisogna inoltre considerare l'entità dell'impegno italiano nello spazio. La quota italiana ESA di circa 1300 milioni di euro è seconda solo a quella di Germania e Francia (vedi immagine). Ma facciamo un confronto con altre spese tipiche di uno stato moderno. Questo importo è pari a solo 3 volte quanto speso, per esempio, per il recupero del complesso de La Maddalena in Sardegna, realizzato per il G8 e mai usato. Bruscolini, in fin dei conti, rispetto all'entità di certi a volte bizzarri progetti pubblici di utilità nulla.

Il bilancio ESA 2015. La quota italiana è del 10,2%, seconda sola a
quella di Germania (24,6%) e Francia (22,2%) (credit: ESA)
Soprattutto considerando il ritorno economico e di immagine per il Paese a fronte di questo impegno. A parte l'elevato numero di astronauti (5 missioni sulla ISS), ricercatori e dirigenti impegnati nelle varie sedi europee dell'Agenzia, l'Italia ha ottenuto un gran numero di commesse industriali: oltre ai nodi Harmony e Tranquility, componenti essenziali della struttura pressurizzata realizzati a Torino da Thales Alenia e in grado, il secondo, di produrre tra l'altro l'acqua potabile, il Paese dispone di un intero modulo, il Leonardo, e ha realizzato il modulo Columbus per studi di microgravità.

Sono stati anche prodotti in Italia la Cupola, famosa per le straordinarie vedute della Terra, e gran parte dei moduli automatici ATV, senza considerare partecipazioni enormi in un gran numero di missioni e strumenti a bordo di altre sonde. Escludendo la missione Futura di Samantha Cristoforetti, infine, l'Italia ha portato sulla ISS circa 150 esperimenti.

Un bilancio, possiamo quindi concludere, nettamente in attivo per il Paese e l'industria nazionale, a dispetto delle inchieste giudiziarie che coinvolgono, purtroppo, l'Agenzia Spaziale Italiana.

Le stime che ho effettuato sono di mio pugno e migliorabili. Ben vengano quindi commenti e maggiori informazioni che non mancherò di inserire nel testo se circostanziate e dopo opportuna verifica.


Questo articolo è stato aggiornato dopo la sua pubblicazione iniziale:

20/4/2015 - Riformulato confronto con costo caffè Black Ivory (su suggerimento di Paolo Attivissimo).


21/4/2015 - Jeffrey Marden, Managing Director di Nanoracks, mi ha confermato oggi che la spedizione nello spazio della ISSpresso è stata curata direttamente dalla NASA (per cui i costi dovrebbero essere inferiori).

22/4/2015 - Ho cambiato "AVIO di Rivalta di Torino" ad "AVIO di Colleferro (Roma)". Grazie a Fabio per la segnalazione.

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