Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle gentili donazioni di “lunasalva*” e “ema2*”. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento, come ha fatto ricocr*). Ultimo aggiornamento: 2015/09/08 13:00.
È la tendenza commerciale del momento: vendere dispositivi che di nascosto rubano dati personali ai clienti, in modo da guadagnare sulla vendita di questi dati oltre che dei dispositivi.
Compri una Smart TV e senza saperlo le tue abitudini televisive vengono schedate e rivendute a chi si occupa di misurare gli ascolti dei programmi o degli spot. Metti un selfie su un social network e la tua foto geolocalizzata, in cui indossi un capo con un logo famoso o brindi con una Red Bull, viene riconosciuta da sistemi automatici di riconoscimento dei loghi (come Streamditto) e venduta ai pubblicitari, ansiosi di sapere chi consuma il loro brand, dove lo fa e a che età lo fa. Compri un gingillo elettronico di fitness e le condizioni del tuo cuore vengono acquisite e rivendute a chi vuole dati statistici sulla salute della popolazione.
E magari è tutto legale, perché hai cliccato Accetto i termini e le condizioni d'uso senza tentare di decifrarle, perché la vita è troppo breve per passarla a leggere il burocratese, e quindi non sai che cosa hai dato il permesso di fare.
La sfrontatezza di questi spioni commerciali non conosce limiti. Capita anche che compri un telefonino e te lo trovi preinfettato. G Data ha pubblicato un rapporto sul malware che segnala, fra le altre cose, un numero crescente di smartphone che contengono malware già al momento della vendita.
Secondo G Data, nessun produttore di telefonini è così cretino da rischiare la propria reputazione preinfettando i propri prodotti in fabbrica (ma chissà perché mi viene in mente il nome Lenovo), per cui si presume che la colpa sia degli intermediari. “In aggiunta ai ricavi ottenuti dalla rivendita del dispositivo, cercano di ottenere guadagni aggiuntivi dai dati rubati agli utenti e dalle pubblicità forzate”, spiega G Data.
Tipicamente il telefonino viene preinfettato alterando un'app legittima molto popolare, per esempio quella di Facebook, che viene attivata dall'utente per poterla usare, dando quindi i permessi di accesso ai dati. Questo permette a terzi, che comandano l'app infetta, di accedere a Internet, leggere e mandare SMS, installare app, vedere e modificare i dati presenti sul telefonino, leggere la rubrica dei contatti, sorvegliare la posizione dell'utente, ascoltare e registrare le telefonate e le conversazioni, fare acquisti o transazioni bancarie fraudolente, e così via.
Il bello è che l'utente non si accorge di nulla se non installa un antivirus. Ma anche se lo installa, comunque non può rimuovere il malware dal telefonino, perché l'app infetta è una di quelle fissate nel firmware. Il telefonino, fondamentalmente, è da buttare.
Quali sono gli smartphone preinfettati in fabbrica? Secondo G Data, sicuramente lo Star N9500, lo Star N8000 e l'IceFox Razor, ma sono stati rilevati casi riguardanti marche come Huawei e Lenovo. Riporto qui testualmente l'elenco parziale dei telefonini preinfettati pubblicato da G Data: “Xiaomi MI3, Huawei G510, Lenovo S860, Alps A24, Alps 809T, Alps H9001, Alps 2206, Alps PrimuxZeta, Alps N3, Alps ZP100, Alps 709, Alps GQ2002, Alps N9389, Andorid P8, ConCorde SmartPhone6500, DJC touchtalk, ITOUCH, NoName S806i, SESONN N9500, SESONN P8, Xido X1111”. Ho chiesto a G Data, che mi ha confermato che Andorid P8 non è un errore di battitura.
Adesso quel telefonino di marca sconosciuta che avete comperato pensando di fare un affarone perché costava pochissimo magari non vi sembra più così tanto un acquisto furbo.
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