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La memoria è sottoscritta non solo da Microsoft ma anche da molti altri nomi importantissimi dell’economia digitale: Amazon, Box, Cisco, Dropbox, Evernote, Facebook, Google, Mozilla, Nest Labs, Pinterest, Slack, Snapchat, WhatsApp e Yahoo. Tutti contrari alla richiesta dell’FBI.
In sintesi, spiega la memoria, secondo queste aziende “l’ordine del governo ad Apple supera i limiti delle leggi esistenti e, se applicato più estesamente, sarà dannoso per la sicurezza degli americani a lungo termine”. Questi grandi nomi collaborano regolarmente con le forze dell’ordine e molti “hanno squadre di dipendenti a tempo pieno... dedicate a rispondere alle richieste di dati dei clienti da parte delle forze di polizia”. Nessun desiderio di fiancheggiare criminali o terroristi: non c’è alcun “interesse a proteggere coloro che violano la legge. Ma [queste aziende] respingono l’affermazione infondata del governo secondo la quale la legge consentirebbe al governo stesso di requisire e comandare i tecnici di un’azienda per minare le funzioni di sicurezza dei loro prodotti”.
Spiega Brad Smith nell’annuncio: “L’ordine del tribunale a sostegno della richiesta dell’FBI cita l’All Writs Act, che è entrato in vigore nel 1789 ed è stato emendato in modo significativo per l’ultima volta nel 1911. Riteniamo che le questioni sollevate dal caso Apple siano troppo importanti per affidarle a una normativa ristretta risalente a un’altra era tecnologica per colmare quella che il governo ritiene sia una lacuna delle leggi attuali. Dovremmo invece rivolgerci al Congresso per trovare l’equilibrio necessario per la tecnologia del ventunesimo secolo... Se vogliamo proteggere la privacy personale e mantenere la sicurezza delle persone, la tecnologia del ventunesimo secolo va governata con leggi del ventunesimo secolo”.
Dopo aver citato il rispetto per il lavoro delle forze dell’ordine e le collaborazioni di Microsoft con gli inquirenti, Smith esprime un altro concetto fondamentale: “la gente non userà tecnologie di cui non si fida”. In altre parole, obbligare Apple (e poi, inevitabilmente, Microsoft e gli altri) a indebolire la sicurezza del proprio software non aiuterà gli inquirenti: i criminali e i terroristi non faranno altro che rivolgersi ad altri fornitori di hardware e software meno insicuri. Inoltre: “...la cifratura forte ha un ruolo vitale nel creare fiducia. Aiuta a proteggere le informazioni personali e i dati proprietari aziendali sensibili contro hacker, ladri e criminali, e non dovremmo creare delle backdoor tecnologiche che minino queste protezioni. Farlo ci esporrebbe tutti a rischi maggiori.... prendendo le difese di Apple, prendiamo le difese dei clienti che contano su di noi per tenere sicure e protette le proprie informazioni più private.”
Più chiaro di così non si può. Ma la vicenda ha anche un altro aspetto profondamente interessante: le crescenti richieste governative di accesso ai dati digitali dei sospettati custoditi dalle aziende nei cloud stanno trasformando il modo in cui queste aziende vedono i dati dei clienti. Se finora hanno pensato che questi dati potessero essere una miniera d’oro da analizzare e rivendere (Google e Facebook basano su questo i propri imperi economici), ora stanno cominciando a rendersi conto che avere accesso alle informazioni private dei clienti non è una risorsa, ma un onere. Un onere che espone colossi come Apple a richieste governative che possono devastarne il modello commerciale.
Nella questione è entrato anche Edward Snowden, con la sua solita brillante e concisa analisi su Twitter: “Se oltre all’utente c’è qualcun altro che può entrare, non è sicuro. L’accessibilità da parte del fabbricante è una vulnerabilità.” Per fare un paragone con situazioni più familiari, lo scenario che il governo americano sta cercando di far accettare è l’equivalente di una legge che obbliga i costruttori di case a custodire una copia delle chiavi d’ingresso di ogni casa che costruiscono. Il risultato è che i dipendenti infedeli dei costruttori possono abusare di queste chiavi e quelli fedeli sono soggetti all’interesse di criminali che, di fronte alla possibilità di razziare le case impunemente, non esiterebbero a ricorrere a corruzione e ricatti di quei dipendenti.
Ed è per questo che Apple e altri grandi nomi dell’informatica si stanno evolvendo verso una custodia dei dati dei clienti nella quale soltanto il cliente è in grado di decifrare i propri dati. Non per proteggere i criminali, ma per proteggere gli onesti.
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