2016/09/23

Smontato il mito che i giovani non tengono alla privacy digitale

Sento spesso dire che i giovani non danno più valore alla privacy: di solito lo sento dire da persone non giovani, con un tono di rimprovero nostalgico, accompagnato da un “Ah, i giovani d’oggi... noi non eravamo così”. Poi magari sono gli stessi che condividono su WhatsApp o Facebook o tengono sul telefonino le proprie foto intime.

Un sondaggio pubblicato due giorni fa da Pew Research Center smentisce questo mito e dimostra che l’attenzione alla privacy digitale diminuisce man mano che aumenta l’età:

– il 74% dei giovani americani (18-29 anni) ha cancellato i cookie e la cronologia del browser; dai 50 ai 64 anni lo ha fatto solo il 56%;

– il 71% dei giovani ha cancellato o modificato qualcosa che aveva pubblicato in passato, contro il 24% degli ultracinquantenni;

– il 49% dei giovani ha impostato il browser per disabilitare o disattivare i cookie, contro il 37% della fascia da 50 a 64 anni;

– la stessa tendenza si nota per il rifiuto di usare un sito che chiede il proprio vero nome (42% contro 33%) e per l’uso di un nome utente o di un indirizzo di mail temporanei (41% contro 18%).

Il sondaggio nota che i giovani adulti hanno una maggiore tendenza a limitare le informazioni personali disponibili in Rete, a cambiare le proprie impostazioni di privacy, a cancellare i commenti indesiderati nei social network, a togliere il proprio nome dalle foto nelle quali sono taggati, e ad attivarsi per nascondere la propria identità online.

Al tempo stesso, però, va detto che i giovani sono il gruppo che ha la maggiore probabilità di avere in Rete informazioni personali: non necessariamente perché ce le hanno messe loro. Magari le hanno pubblicate i loro genitori, come nel recente caso austriaco.

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