2016/10/21

È bastata una mail per fregare l’account di posta al capo della campagna Clinton

Credit: The Smoking Gun
Pochi giorni fa ho raccontato l’epic fail informatico di John Podesta, capo della campagna presidenziale di Hillary Clinton, che si è fatto fregare gli account iCloud e Twitter perché non erano protetti dalla verifica in due passaggi nonostante fosse chiaramente sotto attacco, visto che le sue mail riservate di lavoro erano finite in mano a Wikileaks. Ma come c’erano finite? Ora lo sappiamo, e non è una bella storia.

Secondo l’analisi della società di sicurezza informatica SecureWorks, pubblicata su Motherboard, John Podesta si è fatto soffiare la casella di mail di lavoro (su Gmail) perché il 19 marzo scorso ha cliccato su un link ostile in una finta mail di allerta apparentemente proveniente da Google. Il link portava a una finta pagina di login di Gmail, precompilata con il suo indirizzo, nella quale il malcapitato ha presumibilmente immesso la propria password, regalandola così agli spioni.

La stessa cosa è successa tre giorni dopo a William Rinehart, un membro dello staff della campagna presidenziale Clinton, e a molti altri giornalisti e componenti dello staff di Hillary, in un attacco che secondo gli esperti è di matrice governativa russa.

Chiunque ne sia l’artefice, sembra incredibile che tutte queste persone in posizioni di grandissima responsabilità abbiano abboccato all’esca e non sappiano che non si deve mai, mai, mai cliccare su un link in un messaggio d’allerta, non importa chi ne è il mittente apparente, e specialmente se il link è mascherato tramite un abbreviatore come Bit.ly (per esempio, http://bit.ly/2eppfIw porta al mio articolo precedente sul caso Podesta).

Nel loro resoconto, gli esperti di SecureWorks sottolineano queste raccomandazioni e aggiungono un trucco: per sapere dove porta un link abbreviato basta copiaincollarlo nella casella del browser e aggiungergli un “+” in coda (per esempio http://bit.ly/2eppfIw+): si viene portati in modo sicuro al sito di Bit.ly, che mostra il link di destinazione esteso.


Fonte aggiuntiva: Esquire.

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