Echo è un piccolo dispositivo domestico di Amazon che si collega a Internet ed è dotato di microfoni sempre in ascolto, che consentono di usarlo come maggiordomo virtuale al quale dare ordini a voce. Echo, infatti, riconosce i comandi vocali e risponde con una voce sintetica chiamata Alexa. In una casa “smart”, per esempio, può essere usato per comandare luci, tapparelle, serrature, riscaldamento, apricancello, citofoni e altro ancora, facilitando enormemente l’attività di chiunque abbia problemi di mobilità.
Ma Echo, o meglio Alexa, come la chiamano i suoi utenti, di recente ne ha combinata una grossa, che ha rivelato i limiti di questa tecnologia e soprattutto del modo in cui Amazon l’ha impostata. Alexa, infatti, accetta ordini da chiunque, non solo dalla voce dei suoi proprietari. E così Brooke, una bimba di sei anni che vive in Texas, ha usato l’Alexa di casa per ordinare su Amazon una casa per bambole e due chili di biscotti a insaputa dei genitori e senza neanche rendersene conto: ha semplicemente detto ad Alexa “Puoi giocare alla casa delle bambole con me e prendermi una casa delle bambole?” (“Can you play dollhouse with me and get me a dollhouse?”).
Questo acquisto clandestino è stato possibile perché questi dispositivi vengono forniti da Amazon già preimpostati per gli acquisti automatici: è l’utente che deve decidere di disabilitarli o proteggerli con un codice segreto di autorizzazione. Una preimpostazione un po’ furbetta, molto vantaggiosa per Amazon, ovviamente, ma svantaggiosa per chi compra il dispositivo, secondo una tendenza sempre più diffusa fra i produttori di dispositivi e servizi informatici: la sicurezza del cliente è secondaria e quello che conta è raccogliere il più possibile dati personali da rivendere, come nel caso dei social network, oppure rendere più facile fare acquisti impulsivi, come nel caso di Amazon.
Ci sarebbe anche da riflettere sul concetto piuttosto inquietante di avere in casa dei microfoni che ascoltano tutto quello che viene detto e lo condividono con un’azienda, ma i pasticci di Alexa non sono ancora finiti: infatti la notizia della bimba texana è stata ripresa dai telegiornali statunitensi e in particolare il conduttore di un’emittente televisiva di San Diego, in California, l’ha commentata in diretta dicendo “Adoro la bimba che dice ‘Alexa, ordinami una casa per bambole’” (video, a 2:00).
Avete già indovinato cos’è successo a quel punto: numerosi dispositivi Amazon Echo dei telespettatori hanno interpretato la voce del conduttore come un comando dato da una persona in casa e hanno tentato in massa di ordinare case per bambole su Amazon. I telespettatori hanno chiamato l’emittente avvisandoli del problema e lamentandosi che il conduttore aveva fatto partire ordini indesiderati.
Amazon è corsa subito ai ripari dichiarando che gli ordini fatti per errore potranno essere restituiti gratuitamente e ha ricordato che gli acquisti automatici di Alexa possono essere disabilitati, ma il doppio equivoco ha messo in luce un problema di fondo delle tecnologie basate sul riconoscimento vocale: per ora non sono abbastanza selettive da distinguere una voce specifica da un’altra e quindi le possibilità di equivoco, dispetto o di sabotaggio sono troppo elevate.
Anche perché Amazon non può risolvere un problema di fondo: come spiegare a un bimbo o a una bimba che il bellissimo giocattolo che è appena arrivato dovrà essere rimandato indietro?
Fonti: CNN, Fortune, Graham Cluley.
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