Il 30 ottobre scorso ANSA e molte altre testate di giornalismo tradizionale e alcuni telegiornali hanno riportato la notizia di un documento desecretato della CIA che dimostrerebbe che Adolf Hitler scappò in Sud America invece di morire suicida a Berlino nel 1945 come ci racconta la storia.
ANSA, in particolare, ha tweetato “Hitler era vivo in Sud America Si faceva chiamare Adolf Schrittelmayor Era a Tunga in Colombia Desecretato file Cia”. Notate il tono di assoluta certezza e la punteggiatura latitante.
Dalle mie parti, in Canton Ticino, Ticinonews titola “La storia riscritta: "Hitler dopo guerra vivo in Sudamerica"”, ma si salva in corner usando il virgolettato, e lo stesso fa il Corriere del Ticino: “"Hitler vivo in Sudamerica dopo la guerra"”.
Ma leggendo bene il documento CIA in questione (HITLER, ADOLF_0003.pdf), pubblicamente disponibile sul sito dell’agenzia, emerge che questa clamorosa affermazione si basa esclusivamente su una dichiarazione fatta nel 1955 da un informatore della CIA (nome in codice CIMELODY-3, giudicato “fairly reliable”, ossia “abbastanza attendibile”), che raccontò che un suo “amico fidato” (senza nome) a sua volta gli aveva detto che un certo Phillip Citroen, ex membro delle SS tedesche, gli aveva confidato che Adolf Hitler era ancora vivo, che Citroen lo aveva contattato all’incirca una volta al mese in Colombia, e che Hitler aveva poi lasciato la Colombia per l’Argentina nel 1955.
La notizia, insomma, è basata esclusivamente su una singola diceria di terza mano. Non ci sono altri riscontri. Ma come recita la Legge di Sagan, affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie.
“Hitler” secondo il documento CIA. |
Già questo dovrebbe generare qualche dubbio sulla credibilità della notizia, ma con un briciolo di ricerca in più emerge un altro documento pubblico della CIA sullo stesso argomento (HITLER, ADOLF_0005.pdf), che invece presenta il signor Citroen come comproprietario del Maracaibo Times e racconta una storia ben diversa: Citroen detto a un ex membro della base CIA di Maracaibo di aver visto in Colombia uno che somigliava molto a Hitler e diceva di essere lui. Tutto qui.
Non sto scherzando: il documento dice testualmente che il signor Citroen “met an individual who strongly resembled and claimed to be Adolf Hitler”.
Ovviamente, se sei l’uomo più odiato del mondo, se tutti ti credono morto, cosa fai? Vai in giro facendoti chiamare Adolf e con tanto di caratteristici baffetti? E ti fai pure fotografare?
Nella foga di pubblicare lo scoop-panzana, le testate giornalistiche non si sono fatte queste domande, a quanto pare, né si sono chieste come mai “Hitler” nella foto sembri molto più giovane di quanto lo fosse il vero Hitler dieci anni prima, verso la fine della guerra in Europa. Soprattutto non hanno letto né la nota che la CIA considerò il tutto una “storia incredibile” né il terzo paragrafo del secondo documento, quello che ribadisce che la CIA stessa liquidò la segnalazione come una “apparent fantasy”, ossia “evidente fantasia”.
Dal documento 0003 della CIA. |
Dal documento 0005 della CIA. |
Bufale un tanto al chilo, inoltre, nota che la “notizia” non è neanche nuova: il documento non è stato affatto desecretato da poco, come affermano alcune testate (per esempio Newsweek), ma circola in Rete almeno dal 2013: un fatto che emerge da una semplice ricerca in Google. Metabunk.org ospita un’analisi dettagliata della vicenda.
I commenti dei lettori notano che esistono anche altri documenti pubblici della CIA della stessa serie (0001, 0002, 0004, 0006), due dei quali (0004 e 0006) toccano lo stesso argomento specifico: leggendoli attentamente si nota che la grafia del presunto cognome fu poi corretta in Schüttelmeyer e la località fu corretta da Tunga a Tunja sulla base delle note scritte a mano sul retro della foto e di una verifica geografica. Questo permette di capire quale documento è stato usato come fonte dalle varie testate giornalistiche: chi ha scritto Tunga ha chiaramente letto solo lo 0003 (quello della foto).
Meno male che il giornalismo dovrebbe salvarci dalle fake news.
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