Per anni, Facebook ha saputo che nei giochi online del suo social network, come Angry Birds o PetVille, c’erano bambini che spendevano centinaia o migliaia di dollari e spesso si è rifiutata di rimborsare queste spese chiaramente non autorizzate dai genitori.
In un caso esemplare, un quindicenne ha accumulato debiti per 6500 dollari in un paio di settimane, a furia di giocare, e Facebook ha negato il rimborso. I dipendenti dell’azienda di Zuckerberg descrivevano questi giovani come whale: il termine che si usa nei casinò per identificare i giocatori che spendono grandi cifre. I polli da spennare, insomma.
Gillian: Would you refund this whale ticket? User is disputing ALL charges …
Michael: What’s the user’s total/lifetime spend?
Gillian: It’s $6,545 – but card was just added on Sept. 2. They are disputing all of it I believe. That user looks underage as well. Well, maybe not under 13.
Michael: Is the user writing in a parent, or is this user a 13ish year old.
Gillian: It’s a 13ish yr old. Says its 15. Looks a bit younger. She* not its. Lol.
Michael: … I wouldn’t refund
Gillian: Oh that’s fine. Cool. Agreed. Just double checking.
Non solo: Facebook commissionò un‘analisi interna per capire come mai nel 93% dei casi i risarcimenti alle carte di credito dei genitori dei giovani giocatori di Angry Birds erano dovuti al fatto che questi genitori non erano consapevoli che il gioco potesse causare addebiti senza chiedere password o autorizzazioni.
L’analisi fece emergere inoltre il fatto che l’età media dei giocatori di Angry Birds era di cinque anni. Ma Facebook decise di non intervenire, perché qualunque misura per avvisare i giocatori che stavano spendendo soldi veri rischiava di intaccare gli incassi, e anzi chiese agli sviluppatori di giochi di non ostacolare le spese fatte dai minorenni a insaputa dei genitori. In un promemoria interno, Facebook chiamò questa prassi con un nome eloquentissimo: Friendly Fraud, ossia “frode amichevole” oppure, per analogia con il termine friendly fire, “frode da fonte fidata”.
Da allora Facebook ha introdotto maggiori controlli sui pagamenti, ma sembra che per farlo sia stata necessaria l’azione legale collettiva che ha reso pubblici questi comportamenti interni dell’azienda. Resta da vedere se la mentalità aziendale è davvero cambiata.
Fonti: Revealnews, Il Post.
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