2019/03/10

Linkiesta e le auto elettriche: perché tante sciocchezze tecniche?

Ultimo aggiornamento: 2019/03/10 14:30.

Non so se è scoppiata una moda o se si tratta di emulazione o semplicemente di un argomento che giornalisticamente “tira”, ma ultimamente noto molti articoli allarmisti a proposito dei presunti pericoli delle auto elettriche.

Dopo le baggianate pubblicate da Difesaonline, stavolta mi state segnalando un articolo di Linkiesta.it (link intenzionalmente alterato, togliete “togliquesto” dall’URL) a firma di Marco Bentivogli (che, secondo la segnalazione di un lettore, è questo Marco Bentivogli, segretario generale metalmeccanici FIM CISL, autore anche di questo articolo di critica alle auto elettriche).

Ho salvato qui su Archive.is l’articolo de Linkiesta, così potete leggerlo senza regalare clic e visibilità.

Se volete darmi una mano a correggerne gli errori grossolani, che sono frammisti a considerazioni condivisibili, i commenti sono a vostra disposizione. Comincio io segnalandone un paio di dimensioni epiche.

...per ricaricare un auto elettrica serve una rete che sostenga i 150 kW e per quella rapida almeno i 300kW. Significa che se mettiamo sotto carica una Porsche o una Tesla di ultima generazione a Piazza Barberini oggi mandiamo in black-out elettrico diversi isolati.

Questa è una scempiaggine terroristica che si poteva benissimo evitare. Io carico senza problemi la mia auto elettrica, una piccola Peugeot iOn di seconda mano, anche a casa mia, sul mio contatore domestico. A casa mia posso caricare anche una Tesla. L’ho fatto, giusto per provare, e non è andato in blackout l’isolato.

Una Tesla Model S, sotto carica sulla mia presa domestica, assorbe 11 kW. La presa è da 400 V, ma il display indica 230 V perché visualizza la tensione fra fase e neutro, mentre i 400 V sono fra fase e fase. I dettagli sono su Fuori di Tesla.


Anche in Italia conosco proprietari di auto elettriche che caricano tranquillamente di notte, sul normale contatore domestico, senza causare blackout condominiali.

Infatti non è vero che “serve una rete che sostenga i 150 kW e per quella rapida almeno i 300kW.” Nessuna auto elettrica attualmente in commercio carica a 300 kW, tanto per cominciare, e comunque 150 kW è un valore necessario soltanto per le cariche ultrarapide, che sono una situazione rara e occasionale. La maggior parte delle auto elettriche oggi in circolazione non è neanche in grado di accettare 150 kW.

Normalmente un‘auto elettrica si carica con calma, durante la notte o nelle ore di sosta, impegnando pochi kW (la mia iOn, per esempio, non assorbe mai più di 2,3 kW sulla presa domestica). La carica ultrarapida serve soltanto durante i viaggi. E ovviamente le colonnine con questa potenza sono installate non da imbecilli che tirano una prolunga, ma da specialisti che dimensionano gli impianti in modo da non mandare “in black-out elettrico diversi isolati.”

Questo, per esempio, è il Supercharger (fino a 120 kW per auto) del Monte Ceneri, in Svizzera, in una foto che ho scattato ieri. Funziona e non ci sono blackout.



E questa è invece la stazione di ricarica gratuita dell’Ikea di Grancia, vicino a Lugano: sotto carica contemporaneamente una Tesla, la mia piccola iOn e (credo) una Zoe. Nessun blackout anche qui.



Simpatica anche quest’affermazione:

Non è la prima volta che sollecitiamo, prima la Fiat e poi la Fca a investire sulla nuova mobilità e su questo è evidente il nostro dissenso sui ritardi che la strategia di Marchionne su questo tema ha generato. Ma dal 29 novembre siamo riusciti a far cambiare strada al gruppo.

Avete letto bene. Linkiesta (o Bentivogli, come rappresentante del sindacato) si prende il merito di aver fatto cambiare la politica aziendale di un’intera casa automobilistica. Poteri forti, George Soros, fatevi da parte.

Come dimostrato da ricercatori italiani nel 2004, bastano 3 sigarette fumate in un box per generare 10 volte più PM10 di un motore diesel Euro 3 in 30 min.

Chi siano questi ricercatori italiani non si sa: peccato non includere un link alla loro ricerca. Siamo su Internet, suvvia, le fonti si possono anche citare. Tim Berners-Lee ha inventato i link apposta. Ma a parte questo, il paragone è insensato e tende a far sembrare trascurabile l’inquinamento prodotto da un motore diesel.

È insensato perché io posso anche scegliere di non essere così stupido da fumare tre sigarette in un box, ma non posso scegliere di non respirare l’aria che c’è per strada. E chiunque voglia asserire che un diesel Euro 3 acceso in un box sigillato è meno pericoloso di tre sigarette è pregato di dimostrarlo concretamente. Preferibilmente con Vigili del Fuoco e ambulanza pronto a soccorrerlo.

C’è poi da affrontare il tema della standardizzazione delle tecnologie di ricarica che richiederebbe di essere affrontata almeno a livello europeo.

Non è vero: come notato nei commenti qui sotto, a livello europeo le tecnologie di ricarica sono già standardizzate intorno a due tipi di connettore: il Tipo 2 per le auto che caricano in corrente alternata e il CCS Combo 2 per quelle che caricano in corrente continua.

Per il resto, l’articolo dice cose abbastanza sensate: per esempio, dice che non basta adottare le auto elettriche per risolvere il problema dell’inquinamento, visto che anche i riscaldamenti domestici antiquati sono un fattore molto importante nella generazione di emissioni inquinanti. Verissimo. Ma non siamo mica obbligati a fare una sola cosa per volta, come sembra suggerire l’articolo.

Non è che dobbiamo prima aspettare che siano sistemati tutti i riscaldamenti per poi passare alle auto elettriche. Possiamo fare le due cose insieme, cimentarci col problema su due fronti. Questa storia di “prima di fare X dobbiamo fare Y” suona molto come una classica scusa per non fare niente.

Chi può permettersi l’auto elettrica, di fatto, toglie dalla strada un’auto inquinante e rumorosa. Chi può cambiare riscaldamento in favore di un impianto meno inquinante riduce le emissioni per tutti. Scusate se è poco.

Scrivere “L’inquinamento delle auto a combustione è minimo rispetto a quello dei riscaldamenti: finiamola, quindi, con le mode” significa incoraggiare a ignorare il problema. Significa che chi ha i soldi per comprarsi un’auto elettrica comprerà invece un altro mega-SUV inquinante, usando come alibi dichiarazioni come quelle de Linkiesta.

Proviamo a fare meno terrorismo e più concretezza. Altrimenti, oltre all’aria inquinata, ci troveremo assediati dall’aria fritta.


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