Questa è una foto presa dietro le quinte dell’intervista, nelle stesse condizioni di luce usate per la ripresa video: notate come il talento della videomaker (Anna Spacio) cambia completamente l’atmosfera e le tinte.
Credit: Rodri Van Click. |
Questa è la mia traduzione integrale dell’intervista. Ho riformulato le mie domande per maggiore chiarezza.
Cosa vi affascina della Luna così tanto da avervi spinto a creare un libro di immagini 3D dedicato ad essa, "Mission Moon 3D"?
BRIAN MAY: È una celebrazione della prima avventura dell'uomo nel raggiungere un altro corpo celeste. La Luna è quello più vicino a noi, è la sorellina della Terra, in un certo senso, nessuno aveva mai lasciato questo pianeta per mettere piede altrove. Quindi è la celebrazione di 50 anni di questa incredibile avventura che fu il progetto Apollo e che culmina con Apollo 11, l'allunaggio vero e proprio. Ed è per questo che ci piace, giusto?
DAVID EICHER: Sì, è per questo che ci piace! Non solo è vicina, ma le sue rocce sono molto simili a quelle della Terra. Questo è un indizio, emerso dalle missioni Apollo, che le sue origini sono legate alla Terra.
BRIAN MAY: La Luna ha una grande influenza in così tanti modi. Controlla le maree, ha sicuramente un influsso sul comportamento umano, ed è in cielo a darci luce argentea quando cala il sole. Ha ispirato un milione di canzoni d'amore e ha un ruolo importantissimo nella vita di ogni persona. E questi uomini hanno camminato sulla Luna e questo è tuttora incredibile per me; non avrei mai pensato di vederlo accadere nel corso della mia vita.
Avete una canzone preferita che parli della Luna?
DAVID EICHER: (ridendo) Forse è ancora da scrivere, una bella canzone d'amore che parli di Luna...
BRIAN MAY: (ridendo) C'è questa rima, in inglese, fra "Moon" e "June", "Luna" e "giugno", che se stiamo parlando di scrivere testi di canzoni è l'esempio perfetto di mancanza di originalità.
Siamo qui a Zurigo per parlare di comunicazione della scienza. Si parla spesso di crisi climatica, ma secondo voi esiste anche una crisi di comunicazione della scienza, che Starmus aiuta a contrastare?
BRIAN MAY: Starmus non è stato creato per risolvere un problema, ma è stato creato per celebrare una certa visione, ossia che l'arte e la scienza sono legate insieme e non avrebbero mai dovuto essere separate. Questa è l'etica della filosofia di Garik Israelian ed è anche la mia perché ho aiutato Garik a creare Starmus. E ogni volta che ci incontriamo per questo festival abbiamo questa meravigliosa combinazione di musica e scienza e astronomia e arte di vario genere e funziona tutto insieme, non c'è senso di separazione fra i due ambiti. Tutti danno il massimo e tutti beneficiano di questa interazione. È stato un grande successo di Garik secondo me. Ovviamente, parlare di cambiamenti climatici fa parte delle cose trattate da Starmus, ma noi parliamo di tutto. Parliamo dell'esplosione informativa, e delle varie minacce che subisce il nostro pianeta, e la relazione di Martin Rees è stata particolarmente illuminante e ci ha fatto pensare alle cose terribili che potrebbero capitare alla Terra se non ci diamo da fare rapidamente. Ma fondamentalmente Starmus è gioia, noi celebriamo e amiamo farlo, in un certo senso ci sguazziamo.
DAVID EICHER: Sono d'accordo, e credo che ci sia una crisi nella comunicazione della scienza e nella comunicazione in generale, circola tanta cattiva informazione e Internet aiuta a diffonderla velocemente e un altro aspetto di Starmus è fornire la verità, il resoconto razionale, non distorto, non esagerato a proposito della scienza. Poche occasioni fanno questo così bene quanto lo fa Starmus.
Come è nato il vostro interesse per la scienza? Brian May, lei era già interessato all’astrofisica prima degli allunaggi, o la passione è nata dopo?
BRIAN MAY: È iniziato nella mia infanzia e soprattutto per merito di un popolarissimo programma della TV britannica, The Sky at Night presentato da Sir Patrick Moore, che tutti abbiamo amato e ci ha spalancato gli occhi, ci ha fatto guardare il cielo con meraviglia e ci ha fatto godere tutta questa visione. Quindi sì per me risale alla prima infanzia. Ma naturalmente anche gli allunaggi sono stati un forte impulso, ci siamo resi conto di colpo che potevamo influenzare le cose ed essere davvero là fuori nello spazio. E tu? (rivolto a David)
DAVID EICHER: Io sono cresciuto in una famiglia scientifica, mio padre era un professore di chimica. Io ho sempre avuto interesse per la scienza di ogni genere. Ricordo che a 7 anni ho visto l'allunaggio e mi ha emozionato tantissimo, ma per me è successo a 14 anni, quando ho visto Saturno in un telescopio: mi ha elettrizzato e mi sono reso conto che volevo fare astronomia.
Cosa consigliereste ai giovani, quindi? Comprare un telescopio e guardare Saturno?
BRIAN MAY: Assolutamente sì, procuratevi un telescopio, implorate, rubatelo o prendetelo in prestito (ride) e guardate Giove, guardare Saturno, vi cambierà la vita. È molto triste che la maggior parte di noi cresce in città dove le stelle quasi non si vedono ed è una perdita terribile. Ancora quando ero bambino io potevi guardare in su in una notte limpida e vedere migliaia di stelle. E ti dava tanta ispirazione, vedevi la Via Lattea, oggi invece se vivi in qualunque città grande o media in occidente non vedi nulla, devi andare lontano, dove non c'è inquinamento luminoso, e vedere le meraviglie e gli splendori del cielo, ti sconvolgeranno.
Dove eravate durante l’allunaggio di Apollo 11?
BRIAN MAY: Questa è facile, io ero in Cornovaglia a casa della mamma del mio batterista Roger, e abbiamo visto l'allunaggio sul suo piccolissimo televisore da circa 10 pollici ed è stata una cosa straordinariamente emozionante eravamo tutti intensamente coinvolti. È stato magico. E mio papà, che non era certo uno sciocco, lavorava in aeronautica ed era un bravissimo scienziato e ingegnere, mi aveva detto circa un anno prima che non sarebbe mai successo e che non avevamo la tecnologia per farlo. E invece è successo, noi siamo rimasti tutti stupiti.
DAVID EICHER: Io ero a casa, in una cittadina universitaria dell'Ohio. Ricordo di essermi emozionato perché a 7 anni potevo stare sveglio fino a tardissimo, fino alle 11 di sera, per vedere quelle immagini incerte in bianco e nero, per me è stato assolutamente elettrizzante e ha innescato il mio interesse per la scienza anche prima di Saturno.
Adesso va di moda fare comunicazione della scienza sonorizzando i dati, ossia creando suoni a partire dai dati scientifici raccolti. Cosa ne pensate?
BRIAN MAY: So che Garik è stato uno dei pionieri in questo campo. Ci abbiamo provato anche noi insieme a Garick ma poi siamo stati troppo presi da altre cose. Garik è stato uno dei pionieri, lui li chiamava "suoni stellari". I suoi suoni stellari erano vere onde di pressione, mentre molti di questi suoni odierni derivano invece da onde elettriche che puoi prendere da una stella o altro e convertire in qualcosa che si comporta come un'onda sonora, ma non è reale. I suoni di Garik invece erano reali. Ci abbiamo sperimentato per fare musica, ma sinceramente non è musica. Se vuoi la mia opinione schietta, non è veramente musica: sono suoni e la musica è fatta di suoni, ma i suoni sono solo un ingrediente. Deve esserci un intervento umano e so che non verrò amato per quello che sto per dire, la musica delle sfere per me è una serie di suoni e la musica vera è quella che viene dagli esseri umani.
PAOLO ATTIVISSIMO: Dott. Brian May, David Eicher, grazie per averci dedicato il vostro tempo.
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.
Nessun commento:
Posta un commento
Se vuoi commentare tramite Disqus (consigliato), vai alla versione per schermi grandi. I commenti immessi qui potrebbero non comparire su Disqus.