Immaginate una fotografia della Luna talmente nitida che per renderne visibili a occhio nudo tutti i dettagli sarebbe necessario stamparla su una superficie grande come la facciata di un edificio di tre piani. Ora immaginate che una foto del genere esista realmente e sia stata tenuta segreta per oltre quarant’anni, ma che un gruppo di ricercatori accampati in un McDonald’s abbandonato l’abbia scoperta, recuperata e rivelata.
Smettete pure di immaginare, perché questa storia è accaduta davvero.
Spie spaziali
Fra il 1966 e il 1967, gli Stati Uniti inviarono verso la Luna cinque sonde di ricognizione, denominate Lunar Orbiter, con l’obiettivo di creare una mappa fotografica dettagliata dalla quale selezionare i luoghi migliori per i futuri allunaggi degli equipaggi delle missioni Apollo.
Una sonda della serie Lunar Orbiter. |
La tecnica usata per riportare sulla Terra le immagini della Luna fu decisamente eroica: non disponendo di sensori fotografici digitali, che non erano ancora stati inventati, le sonde Lunar Orbiter fotografarono la superficie selenica su pellicola fotografica da 70 mm. Non esisteva ancora la tecnologia per far tornare sulla Terra queste pellicole, per cui a bordo della sonda fu installato un laboratorio di sviluppo all’interno di un contenitore pressurizzato. Le pellicole furono quindi sviluppate chimicamente, asciugate e poi sottoposte a scansione con un sistema analogico, in maniera completamente automatizzata, a bordo delle sonde. La tecnica è descritta in dettaglio nel documento NASA Lunar Orbiter Photographic Data, NSSDC 69-05, giugno 1969.
Schema del sistema di sviluppo e scansione delle sonde Lunar Orbiter (fonte: NASA). |
Le Lunar Orbiter trasmisero via radio verso la Terra il segnale di uscita di queste scansioni, che fu captato dalle grandi antenne della NASA situate in Spagna (Madrid), Australia (Woomera) e California (Goldstone).
Le fotografie furono ricostruite sulla Terra partendo da questi segnali radio e furono usate per preparare gli allunaggi. Alcune furono pubblicate immediatamente, mentre il grosso fu offerto al pubblico nel 1971, dopo i primi sbarchi umani sulla Luna con equipaggio ad opera degli Stati Uniti. Ma la versione che fu presentata al pubblico fu intenzionalmente e fortemente degradata, con un contrasto estremo e con striature molto marcate. La reale qualità delle spettacolari immagini della Luna scattate dal programma Lunar Orbiter rimase segreta.
C’erano infatti due problemi che impedivano alla NASA di rendere pubblici gli originali.
Il primo era che la corsa alla Luna fra Stati Uniti e Unione Sovietica era ancora aperta e i sovietici avrebbero potuto sfruttare gratuitamente le immagini americane per le proprie missioni, senza dover costruire e lanciare delle proprie sonde.
Il secondo era che le fotocamere delle Lunar Orbiter erano fondamentalmente uguali a quelle dei satelliti-spia militari, semplicemente modificate per fare ricognizione fotografica della Luna anziché del territorio nemico sulla Terra, e il governo statunitense non voleva assolutamente far sapere ai russi quanto fosse sofisticata e potente la tecnologia americana di ricognizione satellitare strategica.
Sui giornali uscirono quindi versioni scadenti delle foto e il pubblico, ignaro dell’inganno, si dovette accontentare. Ma alla NASA un gruppo selezionato di esperti sapeva come stavano realmente le cose.
Luna virtuale
Le prime tre missioni della serie Lunar Orbiter fotografarono una ventina di siti lunari ritenuti potenzialmente accettabili per un allunaggio: servivano zone pianeggianti e senza asperità.
Fra l’11 e il 25 maggio 1967, la sonda Lunar Orbiter IV scattò una serie di foto della faccia visibile della Luna. In segreto, le immagini in qualità originale furono stampate e composte per ottenere un mosaico dettagliatissimo della superficie lunare. La risoluzione era talmente elevata che la panoramica complessiva, stampata in una scala sufficiente a rendere visibili i dettagli più piccoli, misurava 12 per 16 metri e fu disposta sul pavimento di una grande sala, nella quale gli analisti e anche gli astronauti entravano scalzi per camminare virtualmente sulla Luna.
Le immagini originali delle Lunar Orbiter stampate e usate alla NASA per scegliere i siti di allunaggio. |
Nonostante le dimensioni, alcuni dettagli di queste foto richiedevano comunque l’uso della lente d’ingrandimento. Certe immagini, scattate da una quota di circa 44 chilometri, mostravano dettagli inferiori al metro, e la quinta missione Lunar Orbiter acquisì immagini della faccia nascosta della Luna e dettagli dei siti di allunaggio, producendo una cartografia selenica quasi completa. Ma una volta usate, queste fotografie eccezionali furono archiviate per proteggere i segreti militari della tecnologia che le aveva rese possibili e al pubblico fu presentata solo una copia di qualità ridottissima.
La faccia nascosta della Luna e una falce di Terra. Versione in bassa risoluzione della foto Lunar Orbiter 1117. |
La falce di Terra della foto precedente; notate la risoluzione elevatissima. |
McMoon
I circa 1500 nastri sui quali erano stati registrati i segnali radio prodotti dalle scansioni di queste pellicole di ricognizione rimasero in magazzino per due decenni. Nel 1986 fu necessario decidere se continuare a conservarli oppure distruggerli. La decisione spettava a Nancy Evans, archivista del Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, in California. Lei non se la sentì di mandarli al macero e quindi se li portò a casa e li mise nel proprio garage.
Evans e alcuni colleghi, con un piccolo finanziamento della NASA, riuscirono a trovare quattro enormi unità Ampex FR-900, macchine speciali necessarie per leggere i segnali memorizzati sui nastri. Anche queste finirono nel garage dell’archivista. Dopo vent’anni di abbandono erano in pessime condizioni, piene di sporco e ragnatele, ed era necessario restaurarle pezzo per pezzo. Ma per farlo occorreva trovare tecnici che si ricordassero delle tecnologie militari degli anni Sessanta e sapessero ricreare i componenti mancanti, in particolare le testine di lettura, i demodulatori e i convertitori da analogico a digitale. Alcuni ricambi furono trovati su eBay.
Passarono anni, finché nel 2007 il tentativo di recuperare le foto delle Lunar Orbiter fu annunciato pubblicamente sul sito NasaSpaceflight.com e si fecero avanti vari esperti, fra cui Dennis Wingo, presidente dell’azienda aerospaziale SkyCorp, che sfruttò la propria rete di contatti alla NASA per radunare le risorse umane e tecniche necessarie per il progetto, denominato LOIRP (Lunar Orbiter Image Recovery Project), e lo cofinanziò insieme a Keith Cowing, ex dipendente della NASA.
Con l’aiuto di Ken Zin, veterano dell’esercito ed esperto negli apparati di registrazione a nastro militari, riuscirono a riparare un lettore FR-900 e a presentare nel 2009 le prime immagini recuperate, fra le quali spiccava una stupenda immagine obliqua del cratere Copernico.
Una delle prima foto recuperate mostra il cratere Copernico della Luna, ripreso obliquamente dalla sonda Lunar Orbiter 2 il 24 novembre 1966 da una quota di circa 45 km. |
Il lavoro fu svolto nei locali di un McDonald’s abbandonato vicino al centro di ricerca Ames della NASA a Mountain View, in California. Il sito fu prontamente ribattezzato “McMoon”.
L’interno del McDonald’s trasformato in laboratorio di recupero. Sul pavimento si notano le bobine di nastro magnetico e un sacco a pelo. Credit: Steve Jurvetson. |
Con l’aiuto di studenti della San Jose State University e di veterani della Ampex, fu ricostruito il sistema di catalogazione dei nastri, ciascuno dei quali conteneva una singola immagine. Dal restauro emerse che lo scanner analogico a bordo delle Lunar Orbiter aveva una risoluzione di 5 micron (200 linee per millimetro) e che il segnale era stato trasmesso verso la Terra usando una compressione analogica lossless (priva di perdite).
Convertita in formato digitale, ognuna di queste foto di cinquant’anni fa occupa circa 2 GB e misura circa 19.000 per 16.000 pixel, ben più delle migliori fotocamere digitali professionali di oggi. La qualità delle immagini originali delle Lunar Orbiter, insomma, era infinitamente superiore alle versioni sgranate pubblicate negli anni Sessanta e Settanta, per esempio su Life Magazine.
La Terra vista dalla Luna dalle missioni Lunar Orbiter, nella versione intenzionalmente degradata pubblicata nel 1971 (sopra) e nella versione restaurata (sotto). |
Importanza storica
Oggi tutte le circa 2000 immagini delle sonde Lunar Orbiter ricevute sulla Terra e archiviate sui nastri sono state recuperate, restaurate e pubblicate su Internet presso Moonviews.com e presso la NASA qui (sito attualmente in manutenzione, ma archiviato su Archive.org) e qui. Scaricarle non è facile, a causa delle loro dimensioni enormi, ma sono comunque disponibili a chiunque.
Queste fotografie non hanno soltanto un valore storico come reperti di un’era pionieristica e di una tecnologia sorprendentemente all’avanguardia nonostante risalga a cinquant’anni fa: grazie alla loro ricchezza di dettagli, sono un riferimento fondamentale per valutare la frequenza degli impatti meteorici significativi sulla Luna, che è un dato importantissimo per i progetti di ritorno alla Luna con equipaggi e di insediamenti permanenti. Confrontando le immagini di cinque decenni fa con quelle delle sonde attuali, come la Lunar Reconnaissance Orbiter, è infatti possibile rilevare e quantificare i crateri formatisi nell’ultimo mezzo secolo.
Questi dati di riferimento insostituibili sono sopravvissuti soltanto grazie alla scelta morale di un’archivista tenace, Nancy Evans, e alla determinazione dei veterani. Chissà quante altre pagine storiche dell’esplorazione spaziale giacciono impolverate, in attesa di essere recuperate: purtroppo il tempo stringe, perché i supporti si deteriorano, gli apparati di lettura diventano sempre più rari e la memoria vivente di coloro che sanno come farli funzionare se ne sta andando inesorabilmente.
Microfilm delle missioni Lunar Orbiter, dalla mia collezione personale, donatemi dalla Specola Solare di Locarno, Svizzera. |
Dettaglio della porzione iniziale di una delle bobine di microfilm delle missioni Lunar Orbiter. Dalla mia collezione personale. |
Fonti: BoingBoing, Moonviews, Nasa.gov (archivio foto RAW), World of Indie, Technology Review (con foto del sito di Apollo 14), Business Insider, PetaPixel, Wikipedia, LPI, Nasa.gov, Moonviews (Earthrise su Life Magazine), Moonviews (Apollo 12), Nasa.gov, Time, The Living Moon.
Questo mio articolo è stato pubblicato per la prima volta su carta sulla rivista Spazio Magazine dell'Associazione ADAA, è stato aggiornato e ampliato rispetto alla pubblicazione iniziale e vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori di questo blog. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.
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